Critica Sociale - Anno XXI - n. 4 - 16 febbraio 1911

52 ORTICA SOCIALE Non sarebbe il suffragio universale, ma avremmo questi notevolissimi vantaggi: 1° gli elettori salirebbero certamente e immedia– tamente da 3 milioni ad al111eno 5 milioni e mezzo; 2° questi aumenti certi e immediati portereb– bero nel numero degli elettori una relativa perequa• zione t'ra le varie classi sociali, fra i vari gruppi della classe lavoratrice, fra le varie rngioni, elevando il livello appunto in quei grnppi sociali e in quelle regioni, in cui ce n'è bisogno; avremmo cioè dav– vero quel!' '' aumento immediato di due milioni di :lavoratori ,,, che per altre vie è impossibile, e distri· huito per giunta in proporzione della necessità; 3° i lavoratori dei paesi non analfabeti e ricchi di organizzazione, i quali non avessero il titolo mi– litare nè un titolo scolastico, avrebbero il vantaggio dell'f1rticolo 100 ripristinato in forma più manegge– vole. li! sarebbet·o tanti altri elettori che si aggiun– gerebbero gradatamente ai 5 milioni e mezzo di cittadini immediatamente iscritti □elle liste elettorali. Sarebbe un vero " avviamento automatico ,, al suf– frngio universale, dopo il quale la questione del diritto di voto non avrebbe più bisogno di essere agitata. La riforma si fonderebbe sul principio che, " dato che occorra per essere elettore un titolo di capacità speciale, l'essere stato sotto le armi, cioè l'essere uscito dal paese, avere viaggiato, essere vissuto con uomini di altre regioni od altre abitudini, deve es– sere considerato come indice di una speciale capacità per lo meno eguale a quella di chi è andato per alcuni anni, quand'era piccino, nlla scaletta del vil– Jaggio1 essendo magari ridiventato analfabeta negli anni successivi. Quei cittadini, la cui speciale capa– cifa non si possa desumere dal servizio militare prestato, devono attestarla col certificato scolastico o con la domanda firmata di loro mano ,,. Q11,sta riforma sarebbe comb:zttu/a fe,·ocemente so– pratutto dai cleputctti meridionali. VI. Definiamoci! Ma questa o altre forme, più o meno efllcaci ed ac– cettabili, cli estensione parziale del diritto elettorale possono servire in seguito come base di transazione, quando da noi non si possa ottenere di più; non possono, non debbono essere poste avanti da noi fino dal primo momento, c0me piattaforma di agi– tazione nel paese o come tessera di contrattazioni nella Camera. Noi - se vogl-iamo fare sul serio - non abbiamo il diritto di sacrificare i bisogni legittimi di nn solo cittadino, se prima non abbiamo fatto tutto quanto era in noi per trascinare nella lotta Ja massima quantifa possibile di cittadini. Ora, fino a questo momento, non abbiamo fatto nulla per compiere questo dovere elementare: nessuna opera sistema– tica di propaganda, nessuno sforzo sincero e coerente per dare al (>aese la sensazione che veramente vo– yl-iamo la riforma elettorale. Mi sarebbe facile accu– mulare a decine qui i ritag1i di giornali socialisti, in cui, in questi ultimi anni, il suffragio unive'rsale è stato dichiarato inutile e magari ridicolo e as– surdo. Per cancellare i tristi effetti dell'inerzia e delle ironie passate abbiamo parecchio da lavorare. Solo dopo che avremo provato per un po' di tempo a smuovere la massa, solo allora potremo - se la massa realmente non risponderà - sacrificarne una parte. lìJ, per ismuover1a., bisogna chiedere ciò che è il diritto di tutti, non ciò che può servire solo ad una parte. Chiedendo giustizia per tutti, possiamo tra– scinare con noi tutti, o, nella peggiore delle ipotesi, , BibliotecaGino Bianco una parte. Chiedendo un privilegio per una parte sola., rendiaìno indifferenti od ostili tutti gli esclusi, e togliamo anche a coloro, che vorremmo favorire, lo slancio morale che viene dal potersi riferire a un principio generale di giustizia. A cedere su qualche punto saremo sempre a tempo. E non è detto che dobbiamo proprio cedere. Non è detto che non si possa conquistare tutta la posi– zione. Lavoriamo - questo è il solo nostro dovere immediato. ]~ per ora. non abbiamo che dei doveri. In seguito si vedrà. Per quanto riesciremo a procn• rarci di filo, per tanto tesseremo di tela. E non ab– biamo fretta. Non mettiamo il carro avanti ai buoi. Non pretendiamo di mietere nella Camern prima di avere seminato nel paese. Se avessimo cominciato due anni fa., oggi saremmo a posto. Abbiamo pre– ferito baloccarci coll'anticlericalismo bloccardo e cogli scioperi generali alla Ferrer. Non pretendiamo di rac– cogliere a 1,n tratto il frutto di una campagna di propaganda ohe non abbiamo ancora fatta. E, per iniziare la campagna per la riforma elet– torale, è necessario che ci definiamo. La vogliamo o non la vogliamo sul serio una seria riforma elet– torale? Lo sentiamo o non lo sentiamo sinceramente ed efficacemente questo problema? - Se sì, deci– diamoci una buona volta ad agire energicamente, logicamente, fanaticamente: bruciamo i vascelli, e sarà quel che sarà. - Se no, è meglio fare qual– cos'altro. Piuttosto che fermarci senza fede a mezza strada, è preferibile non cominciare nemmeno. Piut– tosto che far male, è preferibile non far nulla. Non c'è bisogno cli essere molto addentro alle se– grete cose, per sapere ohe parecchi tra gli uomini più autorevoli del Partito socialista sono indifferenti o avversi ad ogni iniziativa per la riforma eletto– rale. Avranno ragione, avranno torto. E 1 così. Finchè si trattava di discutere, i contrasti erano utili. Ma, quando si tratta di agire, non si può andare avanti volendo e disvolendo, secondo che dieno la spinta ora gli uni, ora gli altri. E non ci. si deve illudere di poter mantenere l'unità d'azione a furia di acco– modamenti, cli rattoppature, di abilità. Chi osserva oggi il Partito socialista italiano non può non constatare che due tendenze fondamentali si contendono in esso il primato: l'anticlericalismo e il suffragismo. Entrambe le tendenze, purchè sin– ceramente sentite e fortemente volute, purchè dirette dal pensiero che le riforme da esigere in qualunque campo devono essere utili alla intera classe lavora– trice e ohe non ci si deve limitare a piccoli boccon– cini di matrimonì civili e di avviamenti o di ac– conti sequestrati dai piccoli gruppi d'avanguardia - entrambe le tendenze hanno in sè le loro ragioni, i loro vantaggi, i loro inconvenienti. Ognuna, presa per conto suo, può esser degna di dare occupazione seria al Partito. Ma tutte e due insieme non possono occuparci, perchè ciascuna deriva da una speciale vi– sione della realtà attuale e porta in sè uno speciale insieme di necessità tattiche. Voler fare dell'ecclettismo per contentar tutti, si– gnifica o rimanere in una permanente sterile oscil– lazione, oppure prendere un pizzico di anticlerica– lismo, un piizico di legislazione sociale, un pizzico di riforma elettorale, un pizzico di riforma tributa– ria, perdere nei particolari frammentari ogni ve– duta d'insieme, ridurre tutta l'opera del Partito alla so)lecitazione cli piccole riformette misurate col con– tagocce, e distribuite ora cli qua ora di là, secondo che si vuol tacitare ora questo, ora quel gruppo più influente. E tutte queste riformette, quando ser– viranno a qualche cosa, non serviranno che ad au– mentare i diritti di chi ha già dei diritti, e ad ap– profondire il dislivello fra le organizzazioni d'avan– guardia e la massa lavoratrice disorganizzata.. Ci è necessario definirci. Definirci magari contro

RkJQdWJsaXNoZXIy