Critica Sociale - XIX - n. 14-15 - 16 lug.-1 ago. 1909

ùlHTICA SOCIALE D'indole affatto diversa è invece la questione politica, che riguarda la potenzialità che dobbiamo dare ai 11ost,·i armamentij tutte le critiche alle amministrazioni mili– tari non servono affatto contro la tesi rlella necessità di accrescerli; anzi possono lasciar supporre che su questa si sia d'accordo. . * • llregiudiziale alla questione militare politica è quella c·he riflette la necessità delle patrie e il dovere di difen– derne l'autonomia anche con le armi. Jn una recente po– lemica il partito socialista 1 colle sue voci più autorevoli, rispose affermativamente a questo quesito, e ciò serve n. eliminare equivoci che genererebbero pericolosi dis– Ridì interiori e fornirebbero armi ai suoi aV\'OTeari. D'altra parte, in Italia, uua vera corrente antipatriot– tica non esiste neppure fra i socialisti; vi è bensl una corrente di reazione a quel patriottismo spropositato, che tende a sprofondarci in un eccesso di spese:' ma a.ncbe que11to 1 chiamiamolo cosl 1 antipatriottismo pole– mico è pericoloso 1 in quanto tende a spostare la que– stione dal suo ,·ero terreno per portarla •ml terreno della polemica beneista ed antiherveista. Quanto più altamente e sinceramente i socialisti si professeranno pronti ad accorrere por i primi in difesa della patria 1 se questa venisse ingiustamente attaccata 1 e a consentire nuovi armamenti per la sua difesa, se fossero necessari, tanto più riuscirà rafforzata. la loro tesi della non necessità di nuovi armamenti per la di– fesa di essa; in quanto questa tesi non sarà più, come ora, sospettata di autipatriottiamo. Anche è falsa, e troppo vaga, per quanto seducente, la rormula 1 giusta la quale bisogna commisurare la po– tenzialità militare alla potenzialità economica del paese. Come fare que9to ragguaglio? Dovvranno le spese mi– litari non oltrepassare una data percentuale delle en– trate? o una data somma per abitante? :Ma la poten– zialità militare, essendo un flne 1 non un mezzo, non può essere commisurata se non al flne cui deve servire. Or, poichè questo fine è la difesa della patria, se questa aia realmente minacciata, converrà, per chi non sia bervelsta, sacrificargli ogni allro bene. Ma, se, al contrario, questi pretesi pericoli di attacchi nemici sono chimere, quand'anche noi italiani fossimo tutti ricchi come pascià, per quale ragione dovremmo buttar via tanti milioni? Senza dire che una formola di questo genere, tanto cara a molti democratici, auto– rizzerebbe a chiedere nuove somme per g\j Jlnnamenti, ogni qualvolta le entrate mostrino di aumentare e il paese di prosperare, come è appunto avvenuto recente– mente. Viceversa, se quei pericoli non esistono, la di– scussione dovrà volgersi su i fini rii politica estera a cui gli armamenti dovrebbero servire, per vedere se quelli valgano o no la spesa necessaria. Si parla di ordinamento militare a scopo puramente difen'Jivo: anche qui sono da osservare diverse cose. Anzitutto codesta formula implica la rinuncia a qual– sia:,i guerra non materialmente difensiva; il che è er– roneo per due ragioni: prima, perchò può accadere cbe, per difendersi da un attacco ritenuto inevitabile, sia op– portuno attaccare per i primi, come fece 11 Austria nel 1S59, come il Giappone nel 1904.; secondo, percbè potrebbe anche presentarsi la necessità di una guerra offensiva, in vista di una flnalità politica o di giustizia interna– zionale, che si imponesse in modo assoluto. Rinunciarvi a priori equivarrebbe a rinunciare ad ogni politica estera efflcaco e positiva. Anche, poi, accettando la formola della pura difensiva, la questione ò tutt'altro che risolta, perchè resta sempre da vedere qua.le potenzialità dovranno avere le nostre forze difensivo per difenderci seriamente; e, sempre re– stando su la base di quella rormola, si potrebbe ugual– mente essere costretti ad ammettere la necessità di armamenti maggiori, ove si trattasse, per esempio, di difenderci dall'Austria-Ungheria, chAdi tanto va aumen– tando i propri. :Non si deve quindi pensare a una difeda. da pericoli astratti; ma bisogna prima esaminare quali siano i pe– ricoli di cmi abbia.mo qualche ragione di temere, e ve– dere poi quali mezzi, oltre quello delle forze militari, possiamo impiegare per allontanarli. . .. Dicono i fautori delle spese militari: tutte le grandi potenze accrescono i loro armamenti, specialmente na– vali; l'Austria-Ungheria, io particolare, li rivolge contro di noi. Se noi stiamo con le mani a.Ila cintola, resteremo presto di gran lung!l inferiori. Si risponde: i bilanci militari assorbono fin troppo delle entrate dello Stato, a danno dei bilanci civili; proseguendo per q nesta. via 1 non solo ai metterà in pe– ricolo la solidità Jel bilancio 1 ma. si renderanno impos– sibili le grandi riforme sociali per molti anni ancora, e cioè la riforma tri1Jutaria 1 i provvedimenti per la scuola, le pensioni operaie 1 le opere di boniflca 1 ecc. Senonchè entrambi questi ragionamenti sono troppo n11ilaterali e astratti. I fautori delle spese militari tengono conto soltanto degli interessi e doveri dell'Halia. all'estero; gli opposi– tori, soltanto degli interessi interni del paese. Conviene tener conto degli uni e degli altri, e dare a ciascuno il suo esatto valore. Base, principio e intento ultimo co– mune vuol essere la tutela degli intere!;si prevalenti. Qua.li siano e come meglio si tutelino, è problema. da risolversi su dati concreti 1 con valutazione di fatti attuali, io rapporto alle condizioni precise del momento storico che attraversiamo. . .. Anzitutto, a che devono servire l'esercito e la marina militare? Per la tutela dell'ordine interno, per la difesa delle colonie, per la protezione dei connazionali all'e– stero, e infine per fare la guerra i difensiva od oft"'tmsiva, ma sempre determinata da una causa di giustizia inter– uaziònale o di tutela della civiltit. Messo fuori questione il quantitativo cli rorzo militari necessario p'er i tre primi RCOpi,sui quali non v'è da discutere, restano in discussione quelle maggiori forze ebe si mantengono unicamente per il caso di guerra. Queste si possono mantenere per tre scopi: 1° fare una guerra; 2° difendere lo Stato; 3° appoggiare una politica estera predeterminata, in modo da assicurarne il successo. Il primo scopo è fuori questione, perchè l'Italia non ha ora intenzione di muover guerra ad alcuno. Restano gli altri due. Quanto alla difesa. dello Stato, è assurdo oggi parlarne in astratto, presupponendo in tutti gli altri Stati indistin– tamente dei possibili attaccanti. Convien badare unica– mente ai pericoli concreti, a quelli che la realtà ci di– mostra, sia pu_relontanamente, possibili. A che serve che si siano spesi dei milioni per fortificare certi punti della nostra frontiera settentrionale contro la Svizzera? Da quella parte è ridicolo temere una guerra. Teoricamente si potrebbe anche concepire che qualche grande potenza, la Germania per esempio, dopo aver conquistata la Sviz-

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