Critica Sociale - Anno XIX - n. 2 - 16 gennaio 1909

CRITICA SOCIALE 31 pensiero collettivo come elemento determinante dei fe– nomeni sociali. L'organizznzione operaia adottò finora quasi esclusivamente, come arme di lotta e come sub– strato di potenzialità necessario alle sue conqni~te 1 la forza delle braccia, adoperata come fattore positivo o negativo; e l'organizzazione professionale, che fu ad essa seguace nel tempo e negli atteggiamènti, iniziò la propria esistenza con le stesse armi e con la stessa men– talità. Ma i peculiari elementi umani, onde si componeva, e le speciali resistenze, che era destinata ad incontrare, dovevano palesare ad essa, prima che all1organizzazione operaia, le deficienze di quella dottrina e scoprire alld. sua attività l'orizzonte inesplorato della psicologia col– lettiva. Con la cura dedicata ai pubblici sel'vizt, l'orga– nizzazione proressionale ha immedesimato la sua causa con quella della maggioranza della nazione, e ha quindi trovato la via maestra per penetrare la coscienza sociale Ma questa conquista è una dottrina, è una legge e: come· tale, se da un lato rappresenta un punto di arrivo, rappresenta più ancora, sovratutto nella sua attuazione e nelle ripercussioni pratiche, un punto di partenza; essa scopre uµ mondo di fenomenalità nuove, di atteggia– menti da prendere, di temperamenti e adattamenti da subire. Fino a qual punto possono gl'interessi materiali im– mediati di una classe venir sagrlficati alle sue con– quiste ideali e ai vantaggi di tutta la collettività P Quale è, ai fini altruistici, il limite di rendimento dell'egoi– smo individuale, il limite oltre il quale le forze ego– istiche perdono il loro potere di coesione sociale e più non servono alle forme superiori di vita di una orga– nizzazione? In qual modo bisogna far corrispondere e proporzionare l'elevazione progressiva della mentalità di una classe all'opera di questa, rivolta ai fini più alti e meno sentiti e più lontani da lei ? Ecco i problemi. . ·• . Tutti i giorni noi vediamo sorgere dal mare Infinito della collettività umana, impulsività nuove di azione, indisciplinate, ribelli, e sono mosse dai bisogni imme– diati, e non si coordinano con nessuna delle forma– zioni !:!Ociali eiistentl, anzi con esse contrastano e ten– tano distruggerle. Gli attriti della vita ne smussano, via via, le asperità maggiori, ed essi si organizzano in forme nuove o ei incanalano in quelle preesistenti, e prendono sistemazioni definite e armonizzanti col tutto, e diventano anche elementi di ordine e di conservazione sociale. In questo processo di emersione incessante di attività nuove è la vita della società, è la ragione, la forza del suo divenire. Le vecchie formazioni sociali, sorte in tempi in cui l'evoluzione civile era appena percettibile nel corso dei secoli, non avevano organi adatti ad accogliere questa neogenesi incalzante, e la ostacolavano, la com– primevano, flnchè non ne venivano travolte; esse costi– tuivano, e purtroppo costituiscono ancora, i regimi pa– terni. Ma le formazioni nuove, gl'istituti effettivamente democratici, devono saperle Incanalare e utilizzare e la loro compagine deve essere evolutiva. Qui risiede tutta la superiorità delle moderne organizzazioni; senza tale qualità esse saranno sterili, perchè si consumeranno fra due forze opposte, che tendono a distruggerle: quella eovversiva, che sorge dal basso, e quella conservatrice degl'lstituti storici che ad esse sovrastano. Prima del Congresso di Napoll, nell'anno in cui ho appartenuto 1 insieme al Mandolfo, al Consiglio federale, io - che non sono venuto alla Federazione per rlce– rere, ~erç)lè ad essa non ho ancora mai chiesto nulla - vedevo con dolore tanta indisciplinatezza di movimenti nella classe degli insegnanti o tanta ostilità. verso di essi da parte della maggioranza del Consiglio. Presen– tivo allora - e :Mondoiro non lo può negare - cito questa via era chiusa, che per essa non si poteva giun– gere ad una soluzione benettca, perchè non avrebbe portato che alla disorganizzazione e all'assopimento, mali ugualmente gravi, fra i quali non saprei indicare il peggiore. E, cercando una soluzione che permettesse di rendere feconde tante energie e cli mantenere salda la compagine federale 1 mi pareva che essa consistesse nel ricon.oscere e sistemare, nell'organismo della Fede– razione, le Categorie, eh~ non rappresentavano soltanto un particolare bisogno economico, ma anche una specia– lizzata competenza didattica, e pensavo a un più com– plesso organismo, nel quale lo Sezioni, organi locali più specialmente politici, avrebbero potuto convivere con le Categorie, organi nazionali di carattere specialmente tecnico. Sostenni e votai l'ordine del giorno Barbagallo, dopo avere constatato l'irreducibilità dei miei colleghi del Consiglio, e dopo che esso, modificato secondo le mie idee, aveva perduto ogni carattere di minaccia sin– dacalista. È trascorso più di un anno, ed ho atteso alla prova la politica vincitrice del Congresso. Mandolfo dlce di avere ridotto a mansueto vitello quel toro, che potrebbe anche essere la stessa Federazione, ed ha ragione ; egli ha vinto, ma ha vinto uccidendo un principio e un si– stema, che avrebbero dovuto essere cari anche a lui; ha ucciso l'essenza democratica della Federazione degli insegnanti. Ora, alla prova dei fatti, le sue vecchio armi pole– miche, che servirono contro il pericolo sindacalista, si spuntano, ed egli e i suoi seguaci devono pensare a distric!:Lrsida quel cul-de-sac più vero, in cui si trovano impigliati. Io questo momento non è più possibile formulare un programma, perché sono venute meno le fol·ze su cui appoggiarlo; allo stato presente delle cose non si può ohe attendere un risveglto di attività, risveglio peraltro che non può essere lontano, perchè i bisogni della classe sono molti, le conquiste fatte poche e manchevoli, e lo Stato, da parte sua, viene disfacendo, coi regolamenti e con altri mezzi, quel po' di tela legislativa che la Fe– derazione ha tessuta. .A.rezzo, àicembre 1908, Prof. FELICE CERAMIC0LA, Non abbiamo voluto togliere al prof. Ceramicola l'opportunità, di chiarire meg·lio le idee: accennate nel suo articolo della fine di novembre e confu– tate già da Ugo Guido Mondolfo. L'argomento è grave, perchè il torpore, di cui sì cercano le cause e i rimedì, è ammesso e deplorato da uua parte e dall'altra; e i termini e l'interesse della. disputa eccedono i limiti della speciale J!'ederazione qui considerata. Ma non ci sembra che, anche da questa replica,, si effonda una luce decisiva. Eliminata dichiaratamente ogni velleità di bat– tibecchi personali, e poichè lo stesso Ceramicola ammette i pericoli di un sindacalismo ultra, la necessità di coordinare i desiderata dei Gruppi, e l'importanza essenziale dei fini ideali che la :F'ede– razione si propone (in una. bella conferenza, di cui egli ci ha inviate le bozze, questi punti sono anche più esplicitamente e vivamente illustrati), dov'è qui - diremo meglio - dove fu mai la ca– gione del dissenso? Come lo studio delle riforme necessarie alla scuola media può qualificarsi un diversivo a~dormentatore? Le categorie! Forseché,

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