Critica Sociale - Anno XVII - n. 19 - 1 ottobre 1907

CRITICA SOCIALE 297 tutti lamentano e fingono di voler correggere, ma che, di fatto, sempre più rincrudisee a danno della },"'anteria, in~llettualmente questa ha poeo da invidiare al Ber– saglieri ed agli Alpini. Parliamo do1la truppa, chè gli Lflfolall si equivalgono interamente. Com'è dunque che Alpini e Bersaglieri sono a un ~rado d'istruzione e di preparazione tanto maggiore di quello della Fanteria di linea? Se gli onorevoli Commissari, con..tatata allo grandi manovre la deplorevole verità di questo fatto, ne vor– ranno la spiegazione, Interroghino coloro che hanno vissuto a lungo nei reggimenti. Risponderanno tutti n. un modo: che, se le Fanterie speciali fossero riunite in brigate, deperlrebhero fino al llvello della !fanteria di linea; porchè sono i Comandanti <lolle brigato - cho qua.si tutti provengono dallo Stato Maggioro o percib giudica.no come insufficienti i Colonnelli cho, so ancho abbian fatto la Scuola di guerra, non porh.rono mal l'aquila sul berretto - sono questi Comandanti dello brigate cbo, avvalendosi dolio mal definite loro attri– buzioni;' scendono troppo direttamente nei reggimenti, Invadono le funzioni dei Colonnelli, paralizzandone l'at~ tivltà, rendendo inutile la preziosa loro pratica degli uomini e del comando di uomini e generando non in– fondati timorl 1 malcontento e sconforto. Fu detto cla. altri, ccl ò verissimo, che le brigate, In Italia, non sono che grossi reggimontl di sol battaglioni, comandati da Generali. E, se questi scendono al posto dei Colonnelli, questi, a lor volta, debbono invadere quello dei Comandanti doi battaglioni; e cosl di seguito, giù giù flno all'Ufflciale subalterno, cui s'impone di annientarsi In funzioni, che per regolamento sono dei Sottufficiali, ai quali vengono poi Imposte fumr,loni pari a quelle disimpegnate dai caporali. La Fanteria di linea non conosce il lavoro sereno ed utile, ratto di responsabllità personali o di soddisfazioni morali, fondato sulla reciproca stima di superiori e in– feriori; c'è una tutela continua, opprimente e demora– lizzante, prodotta da un'iugiu'Jta malfldanza, che nasce negli Uffici del Comandi di brigata e conduco a risul– tati opposti a quelli dporati. Sembra quasi che ogni Ufficiale superiore o Oenerale di l!"'anteria sia in dovere di pensare che i suol subordinati - tutti senza ecce– zione e uritea.mento perchò di Fa.uteri!\ - debbano essere un blocco dl vagabondi e di Inetti i perclb ciascuno cerca di salvare l'Esercito facendo li mestiere del proprio Inferiore. Ne viono 1 conseguenza naturalissima, che tutta questa gente 1 cho perde costo.ntomente di vista le proprie fun• zioni per esercitare altro funzioni lnferiori 1 sl trovi poi interamente spostata quando, in grandi manovre o in guerra, debba ad un tratto rienfrare, con piona respon– sabilità1 nel proprio grado, sviluppando, in mozzo a difficoltà. notevolmente accresciute, azioni e concetti che non ba imparato a sviluppare nella quiete del tempo di pace. Noi crediamo fermamente che, so - a semplice titolo di prova - si costituissero in Italia due 11010Divisioni su tre reggimenti, messi alla diretta dipendenza del Comandante llella Divisione, questo Divisioni e questi reggimenti <Il vorrebbero i migliori di tutto l'Esercito .... e la soluzione del problema s'Imporrebbe da sè. E perchà questo? Perchè i Comandanti superjori 1 avendo funzioni di grado ben dl!itlnte e defluite e avendo ben altro di più gravo a che pensare, non avrebbero tempo di scendere ad intralciare e scompigliare il la– voro del loro inferlorl. ... E qui vi preghiamo di notare, Onorevoli della Com– missione (se mai leggerete questa misera e sconfortata prosa), che, ragiona.udo, siamo entrati da un pezzo In piena questio11emomle; quella q ue3tlone che i tanti ministri non toccano, o aflorano con una volata retorica che tranquillizzi i timidi e i pavidi. Invece esiste ed è il vero nodo della questione mili– tare italiana.; perchò - ò bene dichiararlo apertamente e forte - potremo escogitare i più meravigliosi stru– menti di gutlrra e i piÌl sapienti organici, mai se non sapremo bon risolvere la questiono del morale, l'Eser– cito italiano (pur avendo tanti preziosi elementi) sarà. sempre \'Otato alla sconfitta. P. Nocce10. Ai p1·ossimi nume1·i : L'igiono noltn scuoln del prof. ETTORE SAVAGNO:-lE. L'EVOLUZIONE P LITICA INFRANCIA e lei c1·isi IYii'icola Risposta ad Angelo Crespi 2. - La questione. Passiamo ora alla questione meridiom\le. Angelo Crespi è pnrticolannonte severo per le popolazioni del Mezzogiorno 1 L1hesi misero in sub– buglio per una questione puramente economica. Un seguace del " materialismo economico " dovrebbe trovare ciò ben naturale. Proprio il vostro distinto collaboratore Olindo Malagodi scriveva nella Tribuna, in occasione delle ultime elmdoni generali politiche in Francia 1 che questo pacso, dal punto di vista della evoluzione politica, è piìl arretrato dei paesi anglosassoni e tedcschi 1 O\'e la lotta politica ha luogo sul terreno degli interessi materiali immediati: que– stioni di tariffe dognnali 1 d'imposto, di tributi indi– retti, ecc.; mentre in Francia si lotta. sopra piatta• forme ideologiche. Il rimprovero rivolto da Malagodi ngli elettori francesi è dunque esattamente il contrario di quello che Crespi fa alle nostre popolazioni meridionali. Decisamente, come dice il fabnlista, è difficile con• tentare tutto il mondo e il proprio genitore! Fu, credo, Enrico Heine che contrapponeva i fran– cesi, che fanno la rivoluzione per dei principi, ai Tedeschi, che non si rivolterehbero (se si rivol– tassero mai) se non per qualche soldo di aumento di tassa sulla birra o sul tabacco. La rivolta del Mezzogiorno francese dimostra che il realismo eco• nomico non è speciale alle popolazioni tedesche. Ri• mane da sapere se, dal punto di vista degli interessi materiali, la rivolta meridionale è giustificata. Qual è la ~ouclizione attualo della popolazione delle provincie ribelli? Tutti i testimoni oculari vi diranno che è, dopo una lunga prosperità, la miseria -vera, la generale rovina. Da che deriva? Dal fatto - rispondo Crespi - che, protetti da.Ile tariffe do• ganali, i viticultori si misero a moltiplicorn il loro vino, senza riguardo alla potenza di consumo del 1>nbhlico nò alla qualità del prodotto. - Affermi\• zione inesatta. Consultiamo infatti le cifre: Nel 1875 la Francia produceva 83.836 migliaia cli ettolitri di vinoi nel 1877 ne produceva 56.405; nel 1900, 67.353; infine, nel 1906, non ne produsse che 52.079. Così, mal– grado l'aumento de Ila popolazione, la produzione ciel vino diminul, dal 1875, all'incirca di un terzo. 'l'utta_via, il raccolto non potò e::;sere smaltito.

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