Critica Sociale - Anno XVII - n. 19 - 1 ottobre 1907

CRI'l'ICA SOCI AT,E È' <ltmque il ronsumo che diminlfisre. Da che di– pende? Anzitutto dalla circostanza che parecchie nitre be,·ande tendono a sostituirsi al vino; un poco il sidro, e più la birra e i dh·ersi alcoolici conosciuti col nome di ape1"iUvi. Si beve meno vino a tt"L– vola, perchè, poco prima, ci si è abbastanza alcooliz– zati coll'assenzio, col by,-rh o coll'amer Picon, e si teme, aggiungendo del vino, di mutare il lieve ecci– tamento in vera ubbriachc:.-,za. Il fatto è triste, ma è cosl: l'assenzio ra la guerra al vino. D'altro canto, le persone che si astengono da ogni alcoolico di– ventano sempre più numerose, ma, siccome questo movimento nntialcoolista non ha presa che in uno strato di popolnzione assai ristretto, e specialmente nella colta borghesia, non deve avero che una ri– percussione insignificante sullo smercio del vino, cd è un fattore che si può trascurare. Ln. frode o la speculazione accentunno la crisi. Che i viticultori, per i primi abbiano dato l'esempio della frode, è ancora un'asserzione da controllare, è forse un'accusa IEW1ciata leggermente, ma non importa! Il fatto che i ,,iticultori, attualmente, non hanno inte– resse n. frodare e sono vittime di una concorrenza sleale perchè fraudolenta, ò certo. Quanto agli intermediarii, il Journal des Econo– mistes è obbligato esso stesso a riconoscere la loro azione nefasta, constatando che i consumatori 1>n– gano 40 franchi l'ettolitro di vino, che i produttori vendono al massimo per rn franchi! L'industrializ– zazione della viticoltura (veggasi in proposito il libro di Aug é•Laribé :La question agraire dn socialisme), assicurando numerosi vantaggi alla grande produ– zione, portò un colpo sensibile ai piccoli produttori e li costrinse a mantenere le loro posizioni per mezzo dei Sindacati. Infine, l'attuale scarsa vendita dei vini deriva, in modo indiretto, dalla grande crisi filosserica. Prima di quest-a, la prosperità economica delle quattro o cinque nostre provincie meridionali viti• cole c,ra grande. Era forse questa· la popolazione rurale 1>iùricca di Europa. Non fosso che per questo, doveva essersi elevata un po' al disopra del livello int.ellettuale, che il Crespi le presta caritatevolmente, quello cioè del musgicco russo! E invero, quanto ad istruzione popolare, la prnvincia clell'J/érnult ò nlla testa di tutte lo provincie francesi, l'analfabetismo vi è ignorato, e gli istituti secondarii (convitti e licei) sono, nelle provincie ribelli, proporzionalmente più ,rnmerosi e frequentati che nelle altre regioni. Se in Italia le provincie politicamente più avanzate sono quelle del Nord, iD Francia avviene il rovescio; il Settentrione è il baluardo della reazione clericale e monarchica, il Mezzodì ò da lungo tempo anticleri– cale e repubblicano avanzato. Al colpo di Stato del 2 dicembre 1851, fu nelle provincie dell'Jlérqult, dell'Aude, dei Pirenei orientali. la più energica resistenza all'Impero e il maggior numero di supplizi e di deportazioni. E' a. Mont– pellier che, dopo la dP8fatta della Comune, si fondò il primo giornale socialista francese, cui collabora– rono Giulio Guesde, Paolo 1,Iinck, Brousse, Malon. Dacchò il partito socialista fece la sua comparsa solla scena parlamentare, la città di Nimes (nel Gard) elesse sindaco e deputato un semplice operaio bottaio, Numa Oilly, il denunciatore primo delle mal– versazioni del Panama, che perciò fu condannato al carcere. Attualmente, tutti i deputati delle provincie meridionali sono socialisti e radicali avanzatissimi. Lo stesso sindaco di Narbona, :u'Cl'l'Onl,fu sempre socialista. 'l'utto ciò sembra indicare che queste provincie sono lunge da essere coal idiote, così politicamente sonnacchiose, come il Crespi suppone. Gli è che da un pozzo erano regioni economicamente privilegiate. La ricchezza diffusa spingeva da un lato all'istru- zione e al progresso, dall'altro al piacere e al lusso. !)rima della fillossera, la ricchezza media del conta– dino di quelle regioni, s'io la precisassi, urterei forse nello scetticismo del lettore; ma quei, che l'han vista, attesteranno per me. Beziers era una città del pia– cere, che per la varietà degli svaghi e del lusso non la cedeva a un gran centro. Si raccontano ancora i i:;ai aneddoti del tempo, quando il contadino orna,•a il suo salotto di due pianoforti, per simmetria, e non comperava un mobile di lnsso senza essersi prima assicurato che quello acquistato dal conte tale o tal altro costava meno caro. Questa vita di cuccagna finì con una catastrofe. La fillossera, attraverso i viticultori, rovinò tutti ~Ji abitanti. I viticultori avevano le mani bucate. JiJ' appunto ciò che si rimprovera alla popolazione di Linguadoca, di non a,·er ratto economie negli anni grassi. Ma poichè, viceversa, si rimprovera spesso al contadino francese la sua tirchieria al confronto di quei lavoratori inglesi che fanno la gaia vita, questi poveri francesi 11011 sanno più che pesci pigliare. Certo, cotesta consuetudine di, prodigalità rese più acuta la crisi. A furia, tuttavia, ,li perseveranza, di coraggio, coll'aiuto anche del Governo, i viticultori ricostitui– vano a poco a poco le loro vigne, ma con viti mne• r,rane. Ma la fortuna fu effimera. 11 prodotto della vite americana non pareggia quello delle viti di– strutte; esso dà un vino povero di alcool e che si conserva rnnle. Per non rinunciare del tutto alla esportazione e non dover vendere subito, ecco la sofisticazione, l'aggiunta di zucchero e le manipola– zioni chimiche - che viceversa discreditano la pro– duzione. Altra calamità: durante la crisi, la popola– zione si avvezzò ai succedanei del vino (assenzio, ecc.), ciò che restrinse ancora il mercato. Tutte questo circostanze e altre che sarebbe lungo noverare, nuo,•o malattie della vite, lu-ohs finanziari i, como il Panama, che colpirono le piccole borae, aumento dei tributi sproporzionato al lento crescere della ricchezza rurale, ecc., ridussero rapidamente quella popolazione ad una miseria, tanto pii1 atroce pcl confronto col benessere precedente. Ciò spiega la violenza della reazione, l'esasperazione convulsio– naria della carestia, che, se è scusato nel musgicco russo non mai stato guastato dall'agiatezza, come non lo sarà nel contadino della Linguadoca? Si rimprovera ai viticultori rovinati di essere pro– tezionisti. Come socialista, io condanno il protezio– nismo, perchè favorisce un ceto di produttori o di intermediarii a spese della massa consumatrice. JI Governo protezionista fayorisce, in fondo, (lello mi– noranze. Ma n~m può rimprpverarsi a un gruppo so– ciale di esser protezionisto, ossia di voler vendere caro e acquistare a buon prezzo, perchè questo è l'ep;oismo umano elementare; tutti i paesi d'Europa, (salvo l'Inghilterra, che non vi ha interesse) sono protezionisti, gli Stati Uniti d'America lo sono al– l'eccesso, e gli stessi operai, quando, come in Au– stralia o agli Stati Uniti si oppongono alla introdu– zione della. mano d'opera forestiera, sono protezionisti a loro modo. Se dunque i viticultori francesi reclamano la pro– tezione dello Stato, possono aver torto, ma non perciò vanno trattati da barbari; essi fanno come tutto il mondo, essi seguono la legge per cui ogni passeg– gero cerca di occupare il miglior posto nel compar– timento di un treno, senza preoccuparsi dol suo vicino. Sarà poi una delusione 1 ma intanto chi an– nega si aggrappa a tutto ciò che trova. Ora, il )Jezzogiorno viticolo annega. Non è facile trovar rimedio ad un male che nasce dal regime istesso capitalistico, il quale crea le crisi periodiche di sovraproduzione, come, prima di Marx ed Engels, dimo– strarono E'ourier, Sismondi, L. Blanc, Proudhon, ecc.

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