Critica Sociale - XIII - n.10-11 - 16 mag.-1 giu. 1903

152 CRITICA SOCIALE Eccettuata dunque l'Il'1anda, dove sono in giuoco ragioni tutt'affatto speciali, negli aJtri paesi la po• polazione, non solo non diminuisce, ma va conti– nuamente crescendo nonostante l'emigrazione. E si capisce. L'emigrazione non è che un prodotto, sto per dire meccanico) dell'eccesso della mano d'opera sul capitale; eccesso che può derivare tanto dalla rapida distruzione del capitale, quanto da un rapido aumento della popolazione. Quale di questi due fe. nomeni avviene nell'Europa moderna? Senza alcun dubbio il secondo; perchè Ja ricchezza, nonostante i continui e lamentati sperperi dovuti al militarismo, al protezionismo e a un malinteso socialismo cli Stato, va continuamente crescendo in tutte le prin– cipali nazioni. Ma purtroppo essa non cresce da per tutto colla stessa velocità con cui aumentano gli abitanti. Per questo, nei paesi 1 come la l1'rancia. 1 dove il capitale abbonda ed è invece scarsa l'eccedenza delle nascite sulle morti, è pure esigua, per non dir nulla, l'erni· grazione. Vedi, a questo proposito, gli indici nume– rici della tabella smriportata . .Ma nei paesi, come l'Jnghilterra, dove la ricchezza è it1 progressivo e grandioso aumento, ma dove pure la popola.zione cresce in modo significautissimo, l1emigrazione, per quanto vada diminuendo, giunge sempre a delle cifre elevate. E i paesi infine, ·come l'r.talia, che turno, accanto a un timido risveglio economico, un cre– scendo formidabile cli abitanti, dànno all'emigrazione contingenti sempre maggiori. Poche sono ormai le nazioni d'Europa che possano vantare (se il numero, come pensa,•a .Beccaria, è un ,,anto) una densità cli popolazione uguale alla nostra. Le statistiche rlel 1898 da.vano infatti ver ogni chi– lometro quadralo: J3elgio Jnghilterrn. e Galles . Paesi 13assi ltalia . Germania. Austria. Svizzera Francia Danimarca Scozia Irlanda Svezia Norvegia Al.llt1tnll per ogni Kmq. 22G 207 152 110 100 84 . i5 7 I 59 54 54 li 6,6 Nell'Europa continentale, dunque, dopo il Belgio e i J>aesi Bassi (piccoli Stati non più estesi cli al– cune nostre regioni e di cui, a rigor di logica, non si può tener conto nel presente ragguaglio statistico), l'Italia è il paese che h la pili grande densità cli popolazione. Ora, di fronte a tanto numero cli bocche (souo queste, negli organismi, le parti economicamente piì1 interessanti), quant'è la nostra ricchezza? Non crediamo cl 'esagern.re affernrnndo che, tanto assolu– tamente quanto in confronto colle nitre nazioni ci– vili, la ricchezza dell'Italia è scarsa, mal distribuita e in via di non troppo sensibile aumento. I calcoli più esatti che si possano avere in materia ci dicono infatti che la ricchezza è in Inghilterra . . Francia Oermania. . Austria-Ungheria . Italia . . .. HM(l!to J)er nl.11tnnto L.• 6600 5560 2840 1!)60 ,, 1830 . Volendo integrare queste cifre, relative alla rie• chezza patrimoniale, con quelle riguardanti il reddito del lavoro, abbiamo per ogni famiglia di cinque persone i seguenti redditi : Jnghilterra Francia Germania. Austria ltalia Hcdd!to J>er fRmlglln di i, persone L. 8310 ,, 0415 2i00 1250 835 Aggiungiamo, a miglior conferma, gli indici ror– niti dall'ammontare del risparmio: Inghilterra li'rancia . l Sassonia. 0erman1a f' . russ1a . Italia. H1Iw1trmlo J>Cr nl.lltfmfo [,_ ]20 114 315 185 74 Le cifre riportate dimostrano eloquentemente la nostra inferiol'ità economica di fronte a quelle grandi nazioni d'l<Juropa con cui ci illudiamo spesso di poter camminare cli pari passo. E le nostre consirlerazion i rtevono essere ancora più pessimiste, se guardiamo alla distribuzione della magrn ricchezza so1>raindi· cata. È stato infatti calcolato 1 sia pure vari anni addietro, che, in .ltalia., su 10 mila famiglie, 5630 abbiano un reddito inferiore alle 500 lire. 2225 2145 da 500 a 1000 lire. <la 1000 !ire in su. Dunque 7865 ramiglie su 10 mila, cioè quasi i t;~, avrebbero un reddito inferiore alle mille lire. l~ questo stato economico, non troppo allegro, dà segni di qualche notevole miglioramento? Grandi sono le illusioni che amiamo farci al proposito. Ma, come giustamente notava Luigi Einaudi, or fa più d'un anno, su queste stesse colonne ('), siamo ben lontani dai "70 miliardi cli ricchezza nazionale cho qualche fertile immaginazione aveva già regalato all'Italia risorta dalle recenti crisi economiche. Le variazioni della nostra ricchezza negli ultimi anni, secondo le cifre portate dallo stesso Einaudi nell'articolo citato, sarebbero: quinquennio 1876 - 1880 fJ. 46.204.973.SiS 1881 - 1885-86 1886-87 - 1890-91 1896-97 - HI00-01 51.667.2•11.200 54.6i9.416.45I ,, 51.915.453.481 rJ notevole ribasso dell'ultimo quinquennio ò do• vuto alla cifra eccezionale degli anni 1 9G-97 e 1 98-9D, in cui si ebbero soltanto 50 miliardi in cifra tonda; nel lD00-D0l si ebbe invece un sensibile rialzo a 55.728.74-6.372 lire. In ogni modo) anche secondo gli studi fatti dal Bodio, il risparmio annuo delPHalia non supera il mezzo miliardo. Cifra misera questa, confrontata cun l'accumulazione delle altre nazioni (la li'rancia accumula in media un miliardo e mezzo di lire all'anno); miserrima poi di fronte al- 11incremento forte, costante e progre~sivo della nostra popolazione, che in 1.9 anni (dicembre 18tìl -- feb– braio 1901) è salita di circa 4 milioni di abitanti (210 mila per anno), senza contare le migliaia. cli persone che emigmno periodicamente. " Chi J)Otrebbe aftèrmare sul serio che vi sia abbon– danza di capitali in Jtalia? - si domanda il Bodio ( 2). ( 1) 1/Ql"(I, (ltqU i/Pl"QJ>QSJH, 111 CRl"l"ICA Socuu: dol 1° fcl.11.lrfllO190Z, p!lg. 33. {ti Dell'tmJgra-=:kmt w,wrna e r/elt'applic;:1zlm1t t111/a lt(lgt SI fltll• naio 1901, In 1Jo11ettt110 flett'emtg1·a:i.011t, 11.s.

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