Critica Sociale - Anno XII - n. 22 - 16 novembre 1902

350 CRITICASOCIALE tare, poichò essi possono contrattare, pel trRmitc del_la.Coopcrntivtt, da p:1ri n pari coi ~rand i indu– strrnll, collo ~rnnrli Banche, coi ,rrrtndi possidenti. Qui la soliclnrictà non ò solta1fto nell'idea fonda.• mentolo dell'istituto, mn scendo senza 1m1arrirsi per tutti i suoi rami. ,:: solid11rietìl (1uellft che interdico nito CooJ)erativo di Ycndrro a credito affinchò i soci piìt disordinoti non facciuno ricadere' sui pili pun– tuuli il dt1nno della loro insolrnnza. t solidorietà ~u~lla 1>crcui i soci rinunciano a una parte dei pro– fitti per crcnro un fondo d~stiuato al mutuo soccorso all'educazione, ulla propF1ga11da, per aumentare iÌ capit11lc con cui si esercita l'ozicnda sociale. Con– tiene <1ucstnnuova forma economica il germe della futurn proprietù collcttiv11, soµ-natn dni socilllisri? 1:; dcssa piuttosto destinntn a germinare continurunente il frutto della piccoht proprietà. privata rinascente coll'nluto del ri~purmìo o dclhL previdenza? Non tur– binino l'opern mistcrio1-1a della fccondt1zìone sociale coi preconcetti dei nostri sistemi personttli. La coo– J}crnzioue ò, sua mercè, un istituto che non attende !'nssetto clefiniti\'O per dare i suoi frutti: <'SSRopera 11 bono, nnche C\'Olvcndosi \'Orso nitre forme ccono– michC', poichò R880<'ia gli oppressi in un'opcrn di virile riscatto. ... l nuovi istit.uti ~iuridiri non f11,·oriscono solamente la solidarietà che si SJ>iCJ,ril nell'online dello spazio fra coloro che vi\'ono nella stessa età; fa,·oriscono anche quella soliduriet:) che si spieJ,rRnell'ordino del tem1>0 fra le ~encrazioni che si succedono. Vi sono ingenti opere pubbliche di ir•icne cli difesa di miglioramento edilizio e fondinrio; che 'sarcbher~ con~annntc n _restare trn lo fisime dei progettisti se In ncchezza d1 una sola. generazione dornsse farne lo spese. Tuttn\'Ìfl essa riesce a cscg-uirle, traendo un prestito sulle gc11cri1zioni futuro e loro lasciando il pensiero di pai:ttrne gli interessi o di rimborsarlo. C~mo mai. ò possibile questo, che pare un ns surdo, d~ un debitore corno lo Htnto, che dice ai suoi cit.tn– d111i:ho hisol,{no di un in~cnto capitalo prestatemelo· ma in \'Orità. ve lo confcHsO elio 11011 ,'.o lo rostituirÒ mai! o. \'O lo restituirò qllfmdo mi piacorn, o ,·o lo rest1tu1rò secondo lo placido scadenze di un piano cli nm~nortnmcnto che andrà sino alh1 quarta ~eno– raz10110? Paro un patio schorno\'olc, oppure ù In storia di tu.tti i dì i cd ù rcs,o possibile perchò il diritto, clisci– J>hnnmlo lo _cner~io oconomieho dell'ombiente, ha regolato la c1rcoluziono elci titoli di credito in modo che non solo potete contare sull"interes.:e pattuito allo suo preciso scadenze, ma potct.e in <1nalsi11si !nomento convertire quei titoli in dcnnro, anticipando ~I mo!n~nto l~nhmo, cosl lontano che pare un so;::no, 111 cm I nostri credi potrunno esigf'rno il rimborso clall? tuto emittente. Cosl, age\'olando e proteggendo la c1rcoh,ziono dei crediti, il diritto hl\ reso possibile una spesi\ ~!Jtta.du una. gcncr11zione e 1>agilbile da un'11ltra str111gcndole in unn feconda solidariot.'l. . . \In la figum J:iuridica che sembra collcµ-are più d1rctbu11e11tc '" vecchia. nllu. nuova generazione ò il contrritto 1, fo"'oro cli terzi. Il diritto clossico romano era dominato da quf'sto concetto: ~ ognuno deYo pensare ai casi suoi· pcrchò ogni incli\'icluo è il migliore custod(' elci pro1;ri inte– ressi ,,. J_,ncoscicmm modcrnu, animata lit, 11110 spirito socii1lo pili progredito, rompo qucll'in\'olucro cli aputico egoismo insegnondo che " ognuno 1>uùpensare 1rnche ai casi degli altri per fttr loro elci bono .,. Conseguenza cli quel principio fu il di\'ioto di stipulare a favore dei terzi o il di\•ioto passò nel codice "i1•cnte in una. formula empil'icR. che semhm una mn:sima r•iudi– zinria (art. 1128). Ma intorno nl tradizionale divieto fiorirono recentemente così rigogliose eccezioni che 111 sua esistenza ò in pcrirolo, t:rnfo che nei codici J>Ìl1r('CC'nti e autorc,·oli il riconoscimento giuridico del contratto n ro,·ore dei terzi ò divenuto la regola. )[creò suu, l'opera cli cnriti\ o di previdenza può ras::g-iungerc, col tramite cleJrimpresa che contratta con voi, la persona remota che \'Olete beneficare. )lcrcè s1111, il sacrificio inflessibile ciel padre, che assicurò i suoi cari contro i danni economici della morte 1>rccoce, il rispnrmio nccumulato frusto 11.frusto por pro\'vcclero ttl1'1wvenirc dello proprie creature, ò posto ,ti sicuro contro i 1>oricolidel fallimento, contro i sequestri dei creditori o \'a diritto a beneficio dei superstiti nel momento in cui il bisogno batterà 1>iì.1 ns1>rn111f'ntoulle loro 1>ortc. La dottrina, nella cui mente \'ilJra lo spirito so– cittlc dei nostri tempi, sottilmente costruì unn teoria 1,cr cui, conslderu11clo il beneficato come il titolare di quel diritto, come il padrone di <1uolcapitale, lo JH'Otessc contro quelle forzo clissol\'onti. Persino il fisco contcmplft h1 pnraboht che trasporta il rispnrmio do una generazione ad un'ultra senza farle pagare il 1>assnggio colln tr1ssa di successione. Bisognll pro– prio dire che i tempi sinno sRturi di spirito Rociole se il vecchio R\'aro si ò hu:1ciato bonnriamcnte giuo– care quel tiro birhone . . .. Cari ,'ìlmlenti, carl co1111x.19nì ciel nostro laroro, La solidarielù sempre piì.1 penetrante ne1l 1 orgR- 11ismosocio!(' ri:-rlliara il prohlcmn della vita e final– mente lo spic~a. I nnnnzi al monotono, tormentoso problem11: dove andiamo, perchò vi\'inmo °! lo stesso egoista, che '"i"c come se l'univer so fosso fotto per lui, si tro,·a nlla. fine i-consola.to e sperduto, nnche se il suo passato fu tutto fe lice, 1>crchò qual rnlore ha la \'ita <'ho non fl:in cancellato dalla morto? { 1 ) che Yalc In \'ita so l:Lmorte n1111ulla anche IIL ricordanza di ,werla \'issuta? che \'aloro hanno le nostre gioie se si perdo J>CrAino In coscicnzn. di Rverlc godute? La vita, con– siderntn in ogni indi\'iduo, staccntamcnte, come un fenomeno fL sò, ò 11110 stupido u frodolento scherzo della nnturn, che crea 1>erdistru~i::ero. Il problema della. vita non si risolve se 11011 vi si introduco la funziono dell'infinito: la vita non ha. rnlore se la si considera corno finita. Lu fede o ht scienz11.si nccordano noi riconoscerlo. ~IU nclh, i;ol11zionedei r>rohlemi socìtlli l'infinito non dC\'O cercarsi fuori tlclhl ,•ita, oltre la. tomha - J)ft<'SO sconosciuto da. cui nessun \'inggiatore ò mai ritorrrnto - dC\'O cercarsi <1ui,sulla terra, coi soli clementi che essu ci 1>or~c, nel moto infinito delle generazioni, che si succedono nel medesimo cnmpo d'azione. L'unico modo per rendere immortale la vita ò di fonderla colle nitre ,·itc che ,·h·ono nella nosrr,L ot:'i, di continuarh, nelle nitro \'ÌtC che piglieranno il no– istro (}Osto SO\'ra hL terrn; di prodigare nel esse i frutti della nostr,1 c~istenz 1, di iilcntificare )t) ,·oci dcll'uuima nostrn con quelle dclrauima collcttirn . Allorn, nel scntimrnto che tu \'ita continua, le Cll('rgie del lll\'Oro divengono spontnncamontc pH1 into111;e o piì1 lictC', pcrcllò 11011 si liwom poi sl11Jiti succm1si, coll'unsla tormentosa di non raggfon~cro il premio, ma. scronnmcnt<•, fiduciosnmcnte, 1>crmaturare risul– tati lontuni, a luugn scndcnza, corno se non si do– \'CSSOmai rnorirC', od è questo il lavoro piì1 eletto, che aumenta il J)atrimonio morale o scientifico dcl– l'1111rnnit1't. Allora nel scntirrnmto che la \'ila continua, l'nninm si prorouclo generosamente in opero buone (1) co~\ Tol~tol 1)0110 I\ 11robh.>lllndt'l\11 \'IIA 11CII(',rne Co11ft,.1'/.(J11l; ,·edl In 1•ropoi,IIO Il' ('l0<1ue11tl C(lllfrr("nto del 11ror. I. l'):TllOSr., r. S~t:,rlu e '·- Tvl#O'- S°IIIJ)(III,· 100:?,11•i;. 78 (' """"· I

RkJQdWJsaXNoZXIy