Critica Sociale - Anno X - n. 16 - 16 agosto 1900

Critica Sociale RIVIST .Il QUIN1)fCIN.llLE DEL SOCl.llUSMO Nel Regno: Anno L. 8 - Semestre L. 4 - All'Estero: Anno L. 10 - Semestre L. 5,50. Lette,·e, vaglia, ca,·totine,vaglia all'Ufffclo di CRITICASOCIALE- MILAN9:Portici Galleria V. E. 23 (1.' ,rm nobile) Anno X - N. 16. I)' Non si vende a 11umeri separati. Milano, 16 agosto 1900. SOMMARIO Attualità. I tepp'8tL dtLL'Ordllle {FILIPPO TURATI). o la borsa o la vita! A 1wopostto della nostra ,·espo11sabtutcì m<wa1e 11egU assasst11U (1"01). J St11dac<1U ai mesti.ere tn Ft·a,1ckl e ii nuor;o di.segno dt ieuue, r (PAOI.O l)RAMAS). L'llnlma dt Lkb,:ntcllt (CLAUDIO TRl:l\'l::S). Studi aoclologicl. Obb/.etto t umiu dtt p,•ouramma ,101111110(ARTURO l.Al!RIOLA). Q,,e,tto: A Rerum 8Cr!J)tor (S. CAlOIARERl·SCURTI), {,a q11esti-One merWIOnale t li feaeratlsma, III (R~;RUM SClllPTOR). Politica municipale. J,lmm t fin' delle imprese m1mktpati (G. B. D•: i\lA!tTINI). Filosofia, letteratura e varietà. .Fl·aUl>l't e mv,ste: " NOI Rogno (10111\Mafia " o " 011 ur1101<101la– voro " di N. Cola)anni, (jJ. t·.) P11bbUcazl-011t pervem1te in dono. I TEPPISTI OEl.il.i' O~Oil'{E Se, fra cinquant'anni o fra un secolo, un tran– quil.lo erudito sfoglierà i giornali della decorsa:quin– cUcina, forse penserà che Fitalia borghese sia stata travolta da uua fugace epidemia cUdelirio. AJl'imman– cabiJe sua ingenuità, ignara dei piccoli, miserabili motivi di passione, cljodio, cli cassetta sovratutto, che suasero tanta orgia di iperboli e di vilipendii, che tolsero ogni proporzione fra le parnle e le cose e sembrarono risuscitare concetti e tendenze sepolt.i negli ipogei dclJa mentaJità e della storia - vero reversioni ataviche da paranoico - niun'altra spie– gazione parrà più verosimiJe cli quella 1 che buona parte del paese sia stata convertita, per qualche set– timana, in un clamoroso ricovero di pazzcrcJli. La triste, feroce, inutile uccisione ciel Re, deplorata unanimemente da tutti gli spiriti onesti ed equilibrati, non appare come un fatto che trova riscontri frequen– tissimi, e spesso esaltazioni apologetiche, in tutto il decorso del.la storia, specialmente - come è ovvio ~ nei paesi e nei tempi ov'ò maggiore la compres– sione politica; ma diventa, nella retorica alcoolizzata di innumerevoli gazzette, il piÌl nero e mostrnoso misfatto della storia, il disastro irreparabile delle istituzioni e del paese. Poi -· come è iJ proprio di ogni esagerazione cli portare naturalmente alla incon– seguenza - in altri numeri o colonne degli stessi giornali vi avvien cli leggere questo: che il sangue di Umberto ha ridato al paese la coscienza di sò, che ha annichilito i nemici delle istituzioni, che ha persuaso le classi dirigenti ad unirsi) a smettere gli egoistici dissiclii) a dedicarsi alfine per davvero al benessere degli umili; tnlchè vi avvicu lii pensare - mettendovi por un istante nei panni cli un Pro- curatore del Re - se questa esaltazione della prov– videnzialità di un delitto non ne implichi Ja giusti– ficazione e non cada sotto un certo articolo di Coilice penale. Convien dire, per la verità, che i Procuratori del Re italiani non vi hanno pensato; essi erano troppo occupati a forbiciare gli articoli in cui Pram– polini e gli altri scrittori socialisti protestavano contro il regicidio, e affermavano 1 una volta di più, la inu– tilità della violenza e del sangue, la intangibilità del djritto a.lla vita. Poi ripiglia.va pili a.lta.la nota del vituperio. Un italiano doveva vergognarsi di essere tale; l'Italia fu battezzata la terra dell'assassinio, non perchè - come è vero, pur troppo - essa dia il maggior nu– mero di assassi11ii, dovuti alJa brutale imp1ùsività, alla vergognosa ineducazione delle sue misere plebi, ma perchò vi è nato Gaetano nresci, l'attuale regi• cida, e prima cli esso Passanante, Lega, Acciarito, Caserio; dimenticandosi gli Henry, i Ravachol, i Gui– tcau (veri e propri criminali-nati, assai pili cli quegli altri) e i Nobiling e gli IIOclel e tutta una serqua di altri stranieri, cli cui basta fare Pelenco •- e fu dato da qualche giornale - per constatare come, anzi, l'Italia sia stata, in questo secolo, una delle nazioni meno fertili in fatto di attentati politici. E il Bresci non era soltanto - come ò - un cri– minale politico, un tristo fenomeno cli delinquenza sanguinaria e settaria (dubitare del suo pieno equi– librio mentale, chiamandolo, come fece la Giunta cli Milano, un forsennato, era già crimenlese); ma era e doveva essere, una belva, un vigliacco, l'ultimo dei vigliacchi, il disonore perpetuo della stirpe umana. Così lo definirono, con assoluta sicurezza, persone che di Ju.i, della sua psicologia, della sua vita, ignora,– vano ed ignorano semplicemente tutto. Nella piì:1 colta e civile città d'Ttalia, in Milano, ru· deplorato nella stampa che la polizia lo abbia protetto, non lasciando che la folla subitamente lo linciasse; altri invocò l'immediata erezione della forca; altri (e non soltanto giornali reazionarii) chiedono tuttora che il processo sia rapido, sommario, di pura apparenza; altri ancora ne vogliono soppressa la pubblici ti\; e non dubitano di volere così distrutte, d'un colpo, faticose conqui-ste cli millennii di storia, che sono la ragione, la sostanza, l'onore della civiltà; la quale fa sacro il giudicabile, sacro ]e garanzie della difesa, primissima fra queste la pubblicib\ elci giu– dizii; la quale demolì i patiboli come disumani, inutili e perniciosi al.la gentìle;-;za del costume; la quale, in ogni tempo, clacchò diradaronsi le te– nebro deJ\a barbarie, volle ben distinti - sebbene punibili entrambi - il delitto politico, cui muove una idealità per quanto follo ed assurda, dal delitto comune, cui non altro generò so non abbietta con– cupiscenza. personale. Così fu [)Otutostampare, senza pure una timida protesta, che al regicida. rinchiuso, isolato, vigilato, nella cella, viene i:tpplicata regolar– mente la tortura; il direttore <lei Cellulare milanese, che smentì notizie insi~nificanti di ammutinamenti di detenuti, non credette di dovo1· :sm(•ntire{1ucll'i1t– crcdihile ohhrohrio! =

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