Critica Sociale - Anno VIII - n. 6 - 16 marzo 1898

82 CRITICA SOCIALE . . . La taHica parlamenta,·e non è agevole sempre, nò f,l;i preflnisce per rormule, nè forse si giudica bene chi non sia nell'ambiente. I deputati socialisti si trovaronodi fronte a un aspro dilemma. La critica da essi fatta - teoricamente esatta ed esauriente, praticamente inefncace per la mancanz., d'ogni at· tivo ed energico consenso popolare - li spingeva, da un lato, a respingere la legge, quanto meno a mantenere tutti i loro emendamenti, il che a un dato punto si chiarì essere il medesimo. I nemici reazionari della legge avrebbe,·o votati gli emen– damenti socialisti; la legge avrebbe poi naufragato uelle secche del Senato, per rimanervi sepolta o l'ipigliare l'andirivieni fra le due Camere almeno per un altro decennio. Su di ciò si aveva l'univer• sale consenso. Dall'altro canto, essi non dovevano dissimularsi i vantaggi reali, per quanto insufficienti, della legge proposta. Se questa, in talune sue parti, dà meno che non tolga agli operai (toglie il diritto, sia pure troppo spesso illusorio, di chiamare respons;.ibili gli industriali in ogni caso di colpa loro o dei loro commessi); se la misura dell'indennità è irrisoria, massime nei casi più gravi (da 3 a IO mila lire per l'invalidilà permanente ed assoluta); se il modo di essa (liquidazione in capitale, anziché io rendita vitalizia, per ~li inrortunii permanenti; in caso di morte indennità agli eredi, anche testamentari, anziché ai soli aventi diritto agli alimenti) si presta a ragione,•oli censure; se dal qualsiasi beneficio della legge sono esclusi forse nove milioni di sa– lariati dei campi (i quattro quinti di tutti i sala– riati); se ne sono escluse le malattie professionali che non hanno carattere di accidenti e di lesioni traumatiche: se insomma sono veri i difetti nolati dal Maironi, dal Bissolati, dal Nofri - non però ò meno vero che a circa due milioni di operai della grande industria sarebbe quind'innanzi, in caso di infortunio, assicurato un aiuto, che invano. ad eccezione di pochissimi, avrebbero sperato dall'im– pero del diritto comune. Di più; l'assicurazione ob– bligatoria, la persistenza ciononostante (non am– messa neppure dalla legge germanica) della re– sponsabilità civile in caso di reato d'azion pubblica (lesione inl'olontaria sopra i 20 giorni}, significano la sconfitta ciel diritto liberista tradizionale, l'am– missione, per quanto iniziale, d'un di1•itto nuovo del lavoro, rispondente ad esigenze nuove, il rico– noscimento ciel principio che il salario vuol essere integrato e al lavoratore, dalla società che lo sfrutta, vuol essere assicurata la vita. Ora, tra svantaggi e vantaggi, dato pure che si facessero equilibrio, v'è questa rilevante differenza: che i primi potranno a mano a mano eliminarsi dall'opera accorta ed assidua dei lavoratori iute– res~ati: i secondi, dati una volta, più uon si ri• t.olgono e sono suscettivi di meravi11lioso sviluppo. E la 1egislaziouo sociale che si inizia per davvero anche in Italia. nell'importanza del qual fatto ha· stava (ove altro mancasse) a fare accorti i deputati socialisti l'accanita opposizione degli industriali. « Mentre crediamo - gemeva, e non del tutto a torto, l'on. Colombo, invocando ahimè! invano « la giustizia • fra operai e padroni - mentre crediamo clidisarmare i socialisti, ecco che, accettandone in parte le idee, spalanchiamo loro le porle! • Ma, oltre le cose per sò stesse, vi sono (massime in politica) le impressioni che le cose fanno. Po– teva la caduta della legge non es ere gran danno; era danno gravissimo che la legge cadesse ad opera dei socialisti, attirati in un tranello. L'insinuazione, già affacciatasi nella discussione, che ad essi l'ef– fettuazione di un beneficio sia pur tenue agli operai 810 IO PC~ I.. d colpiti da inforlunio premesse assai meno che non il poter dimostrare, a vantaggio elettorale proprio e del partilo, l'impotenza ed il malvolere perti– nace delle classi dirigenti; cotesta odiosa insinua– zione, che gli sfruttatori del proletariato avrebbero abilmente maneggiata, non ammetteva altra ri– sposta decisiva che il fatto. I deputati socialisti dovevano rinunciare ai loro emendamenti, divenuti troppo preziosi ai loro nemici. Tale fu dunque la soluzione necessaria: non di– ciamo che fosse anche lieta. Ora attendiamoci, dalla magnanima borghesia italiana, questo misero moncherino di legge, largito a chi neppure lo chie– deva, attendiamoci di vederlo divenire arme, giu– stificazione e pretesto di novella e più feroce rea– zione. Non ci hanno dato la legge sugli infortunii 1 Ora beo potranno, se strilliamo appena, rincararci le manetle e le fucilate. Ed è certo che ben altra avrebbe potuto e dovuto essere la condotta dei nostri deputati quando li avesse francheggiati l'ag-itazione popolare. Allora, non più il pericolo di vedere ia legge sepolta: ma la dilazione avrebbe anzi significato la probabilità di vedere in tutto o in parte accettati, da ambi i rami del Parlamento (l'altro, come osservava Bis– solati, si pote\'a, al caso, risanguare con opportune in(o1·nale), le migliorie contenute negli emenda– menti socialisti: iudennità piene o più larghe, ed estese a tutte le malatlie professionali; reudita vi• talizia nei casi di sventura insanabile; devoluzione ai congiunti viventi del lavoro della vittima, in– vece che agli eredi; prevenzione severa degli ac– cidenti e delle malattie; solidarietà sindacale e re– ciproco cont,-ollo dei padroni; regolamenti ed ispet• tori di ferro; Consiglio superiore del lavoro composto per metà di lavoratori salariati. . . . La conclusione! l'abbiamo già delta: fare che la voce dei deputati socialisti sia voce e coscienza del pl'Oletariato tutto quanto. Intanto, non abbandonare la parlita; continuare la cl'itica della legge; reclamarne a gran voce la attuazione sincera e severa; propornee sostenerne il miglioramento sollecito. E insieme non dimenticare !'altre parti - e le pii, neces arie - della legislazione tutelatrice del lavoro. Se la legge sugli infortunì fu data per la prima, è perché era quella che costava meno ai padroni, i quali vi trovarono il modo di allontanare da sè (salvo in pochi casi) l'incubo e l'alea dei pro– cessi di l'isarcimento. Ma il maggiore degli infor– tunì del lavoro è nella strage dei fanciulli conse– gnati a 9 anni (ed auche prima) all'asfissia degli opifici e al furor delle macchine; è negli orarii illimitati e nei salarii di fame dei milioni di donne operaie. Qui la vergogna dell'Italia, rimasta dietro anche alla Russia, qui e1.iandio la cagione della condizione arretrata delle industrie italiane. Per questo operai e socialisti si mettano in campagna. Sarà più utile, pensiamo, che agilare ed agitarsi per l'abolizione del duello. LA CRITICA SOCIALE. l compagni Angelo Piz:orno e Carlo Sambucco hanno cominciato col I O mar.:o a pubblica,·o quindicinalmente in Torino una ,·ivista del socialismo iltustraia, letreral'ia e politica, intitolala Germinai (via Orto Botanico IO). Auguriamo abbondante la germina::ione delle idll - e quella, non menQ necessaria, dei ltltO)'i e deqli ah• //OnQti,

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