Critica Sociale - Anno VI - n. 11 - 1 giugno 1896

CRITICA SOCIALE 169 nonostante il Congresso di ·Parma, venne pochis– simo osservata, fu la causa dell'incremento notevole del socialismo italiano nelle ultime elezioni po– litiche. (1) E qui sento gridare alla contraddizione. - Come! Ella dice di queste cose dopo aver sostenuto la necessita, per la propaganda socialista, dell'avvento al potere di un partito borghese che garantisca la libertà,? - La contraddizione non esiste affatto, perché la reazione crispina, per il momento storico in cui è avvenuta, per i modi con cui fu attuata, per le qualità morali dell'uomo che la diresse, ri– veste caratteri del tutto eccezionali e rappresenta un vero disastro per la classe dominante. Infatti, all'indomani delle turpitudini della Banca romana, dell'assoluzione dei ladri di milioni, della sottra– zione di documenti per salvare da un processo la rivoluzione italiana; l'istituzione di tribuna li mili– tari illegali, le condanne enormi di una moltitudine di galantuomini per reato di opinione, lo sciogli– mento violento di centinaia di associazioni svilup– pantisi nell'orbita delle leggi, la violazione dello Statuto, ecc., per opera di un uomo che, essendo a capo del governo, è continuamente accusato, con documenti irrefragabili, di reati comuni, tutto ciò imprime realmente alla reazione crispina un ca– rattere di eccezionalità che nessuno può negare. La futura reazione clerico-moderata sarà molto più abile ed il suo metodo principale sarà, la narcotiz– zazione del cervello per mezzo del pietismo. In– tanto si è incominciato con una stolta e criminale campagna contro la scienza: il resto verrà poi. Parecchi oratori, sulla questione della tattica elettorale, oltre la « intransigenza », proposero che sia sostenuta, nel prossimo Congresso nazionale, la necessità della espulsione dal Partito di quei socia– listi che non seguissero scrupolosamente la tattica scelta dal Congresso medesimo. E la tattica da scegliersi, lo si capisce bene, non può essere che la «intransigente»! In queste dichiarazioni di voto, colla formula del mandato imperativo per la « in– transigenza» e colla proposta di espulsione dei compagni inclisèiplinati, c'era un qualche cosa di aspro, di astioso, di giacobino, un qualche cosa di così diverso da quella serenità di pensiero e di parola che è ritenuta indispensabile per tutti i socialisti, che io ne rimasi dolorosamente impres– sionato. La disciplina, per un partito politico, è una gran cosa, ma a patto che la tattica da esso adottata lo guidi sicuramente sulla via migliore. La storia è piena di esempì di partiti i quali, per una tattica sbagliata, furono condotti alla dissoluzione. La tat– tica di un partito deve essere il prodotto della conoscenza sicura delle condizioni etnografiche, storiche, psicologiche del popolo in cui il partito vive e si svolge; non deve essere l'imitazione cieca e sterile di quanto si fa in un paese sostanzial– mente diverso; deve essere scelta dopo larga di– scussione, non impòsta da imperativi categorici; sopratutto non deve trovarsi in urto col buon senso, colla logica e colla scienza. Altrimenti si salverà la disciplina, ma si rovinerà il partito; ed a ciò bisognerà che pensi seriamente il prossimo Con– gresso nazionale. Vi stringo, caro Turati, la mano e mi confermo Lucca, 21 maggio 1896. vostro affez.mo EDOARDO BONARDI. (I) A Milano, nelle elezioni amministrative del i895, i voti alla lista socialista, avendo noi appoggiato anche in parte la lista radicale, salirono, col pili. stretto computo, a circa 4200, da. circa 1700 che e11ano l'anno precedente: furono quasi triplicati nel corso ùi pochi· mesi. (Nota della CRITICA). BibliotecaGino Bianco DIRITTO C STITUZIONALE DEL PARTITO Gli imperativicategoricinei nostri congressi I risultati e le impressioni dei recenti Congressi regionali socialisti sollevano una questione di pro– cedura che - come tutte le vere e non cavillose questioni di procedura - è eminentemente sustan– ziale, attiene alle guarentigie reciproche degli ap– partenenti al' partito, quindi alla reale unità e allo sviluppo di questo: intendiamo dire dei mandati imperativi. Argomento bifronte: da un lato, abbiamo i man– dati onde le Sezioni e i Circoli investono i loro delegati che vanno ai Congressi; dall'altro, i man– dati, o più esattamente, gli obblighi che i Congressi possono imporre alle Sezioni ed ai singoli. Sotto il primo aspetto, si fratta di assicurare la sincerità e la maggior possibile bontà delle deliberazioni. Sotto il secondo, si tratta di una questione di poteri, di una vera questione di diritto costituzionale interno del partito: si domanda, cioè, fin dove possano le– gittimamente spingersi i poteri di un Congresso nel senso di coartare l'azione delle minoranze. A toccare questo doppio tema ci spingono espli– citamente varì compagni con lettere; implicita– mente vi ci spingono i commenti che vediamo farsi dai giornali del partito ai deliberati dei Congressi recenti, specialmente sulla tattica elettorale. Questi giornali non pongono, in propri termini, la questione dei mandati imperativi; ma parecchi di essi deplo– rano la contraddizione in cui avvenne a più dele– gati di trovarsi fra il mandato ricevuto e il con– vincimento acquistato nella discussione: tantochè votarono contro coscienza o parlarono in senso contrario al voto che si confessavano forzati a dare. Tutti poi, anche i giornali favorevoli al deliberato prevalso, lamentano la evidente « impreparazione » dei congressisti. Citammo, nello scorso fascicolo, le parole chiare del Prampolini e del Lavoratore Comasco, cui altri fecero eco nella successiva quin– dicina. Che più~ persino i fautori più dichiarati della tattica unitaria insistono sulla necessità cli studì e di ragguagli ulteriori. Così il Bidolli, in questo nu– mero della C1·itica, fa voto perché noi si spieghi meglio le ragioni della nostra convinzione, e vor– l'ebbe una polemica basata a relazioni obiettive sullo stato degli operai e sulla relativa importanza dei partiti radicali nelle varie provincie. Un compito, ognuno lo vede, non facile a fornirsi, nè in un mese, nè tampoco in un anno. Ora questo senso confessato di« impreparazione », che cosa dice e a che cosa conclude? A una sola cosa, ci sembra: che in materie complesse, diffici.li, dove non si tratta di un pericolo imminente alla vita del partito, dove il partito impara da ogni. successiva esperienza e aggiusta la sua soma cam– min facendo; in questioni la cui soluzione è, da luogo a luogo, o in breve lasso di tempo, mutabile, come appunto, esempio tipico, quella della condotta nelle elezioni; converrebbe (è il meno che le pre– sunte minoranze possano chiedere) evitare la forma dogmatica e imperativa, sia nei mandati ai delegati, sia nelle deliberazioni dei Congressi. In realtà, quello di <( impreparazione » è con– cetto affatto relativo. Vi hanno argomenti, sui quali, per la complessità e varietà e variabilità che s'è detto, una preparazione compiuta e contemporanea di tutto un partito non appare raggiungibile mai: sempre sarà riservata a successive esperienze e a un più maturo esame una nuova parola. Certo, tanto più su cotali argomenti, la preventiva discus– sione è desiderabile si faccia, per salvare il dele– gato dalla sorpresa di suggestioni impreviste e non

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