La Critica politica - anno V - n. 1 - gennaio 1925

... LO STATO BORBONICO PRIMA DELLA RIVOLUZIONE 19 Nuovamente il problema giuridico si colorisce d'un aspetto morale: mancando l'autonomo affermarsi delle città e d·elle ville fra potere monar- , - chico e potere feudale, la lotta monotona, ostinata, con la pesantezza d'una anacronistica eredità secolare, si continuò sino al periodo borbonico. Ed anche in questo campo, un po' trovando appoggio negli istinti puramente economici della borghesia terriera, un po' nel diffuso dottrinarismo dell'epoca, i Borboni, o chi per essi, seppero scegliere un indirizzo proprio, ed a fianco alla rivendicazione della sovranità dinanzi al pontefice, condussero la lotta per eliminare fra popolo e re ogni altro potere intermedio. Esaminando sul Pannone lo svolgimento della legislazione indirizzata a questo fine nel periodo carolino, ho avuto l'impressione che la documentaziQne sia un po' imprecisa; certo in molti punti è in contraddizione o non combacia con quella dello studio dello Schipa; ma poichè non ho a disposizione le collezioni delle Prammatiche dell' Alfano e del Giustiniani, e quelle dei Regi dispacci del Gatta, non posso giudicare quale delle due esposizioni sia la più esatta. È certo però che nel successivo periodo di Ferdinando, l'abolizione dei pedaggi, la limitazione dei diritti baronali sulle terre comunali, l'incitamento alle Università di contestare presso i Tribunali la legalità di molte prestazioni, lo stesso· Decreto del 1792 non messo in esecuzione, furono una decisa spinta alla liquidazione della feudal\tà compiuta in regime francese. E se non sempre l'azione del Tanucci ebbe efficaci risultati, specie ai primordi del Regno, non si può però disconoscere che essa avesse una linea logica ed unitaria in questo senso, durante il lungo periodo in cui il ministro fu al governo, mentre diede forse i suoi frutti quando non v'era più. Ed a precisare la fisionomia assolutistica del regime, egli contribui con la organizzazione delle segreterie, che costituendo il centro dell'azione amministrativa assunsero l'aspetto di vera rappresentanza pubblica, diminuirono i poteri dei Consigli della Corona, e gettarono le prime basi di una moderna burocrazia. II Pannone ha dei lucidi capitoli trattanti delle Università demaniali e feudali, dell'amministrazione finanziaria, dell'esercito e della macina, qell' istruzion~; argomenti in cui c' è poco da _notare come nuovo indirizzo governativo. Importante per gli effetti sull' istruzione la cacciata dei gesuiti del 1767, compiuta però ad imitazione dell'iniziativa spagnuola. Il lavoro dell'egregio studioso in complesso può renderci persuasi delle generiche buone intenzioni dei Borboni, buone intenzioni che su per giù si trovavano anche nei tanto infamati vicere spagnuoli, e forse si trovano nei governanti di tutti i tempi. Certo -essi contribuirono a creare nel Mezzogiorno lo stato moderno, e non furono ajutati, durante il primo settantennio, da un risveglio di vita politica nella borghesia, avvenuto invece in Toscana e Lombardia. Nonostante le sue deficienze organiche ed i molti errori compiuti, il regime borbonico avrebbe avuto la possibilità di inserirsi riell' Italia unificata (allo stesso modo che la Baviera degnamente figura nel Reich germanico) se negli ultimi suoi anni di vita non avesse avuto sovrani e ministri che, ingannati da una lunga esperienza di governo- senza collaborazione qi ceti. medii, rimasero sordi alle esigenze dell'ora, e si lasciarono condurre a gesti autoritari di violenza contro una classe che ormai risve-- gliata ,pretendeva di partecipare al potere. Il colpo di testa di Ferdinando II nel 1848 fu un atto da suicida. Biblioteca .Gino Bianco

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