16 LA CRITICA POLITICA Strumenti della storia, Carlo e il Tanucci, avevano tentato di reagire alle .condizioni economiche, sociali, spirituali di stasi d'un popolo che non aveva mai avuto una vita politica comunale, o se l'aveva avuta in principio, non era stato capace di reagire ali' imposizione del pugno di -ferro dei re svevi. Il Barbarossa aveva distrutto Milano, ma non lo spirito d'autonomia dei milanesi; Federico II s'era rotto i denti nella lotta coi , comuni padani. Quaggiù invece eran bastate a_lcune disposiz.ioni legislative di quest'ultimo, ed una rigida linea politica, per fiaccare ogni velleità di resistenza da parte delle Università del Regno. · Il Ministro che aveva una impostazione dottrinaria, perchè proveniva t da una cattedra di leggi, era stato, sia pure con non chiara consapevolezza, sorretto dal Re, nella lotta contro le insidie della Chiesa alla giurisdizione regale. Nell'ambiente napoletano essi avevano trovato alcuni~ appoggi e formidabili resistenze. Gli aiuti erano quelli del nucleo d' intellettuali, eredi della tradizione dell'accademia degli Investiganti, sorti dal rifiorimento spirituale che era stato notato così lucidamente da Pietro Giannone nell' )storia, e favorito e protetto dagli ultimi vicerè spagnuoli. Nella grande capitale, rivaleggiante per popolazione con Parigi, unico centro pensante del Mezzogiorno, era sorta una volontà nuova che aveva avuto modo d'affermarsi durante l'occupazione austriaca. Essa aveva la sua massima manifestazione spirituale nelle opere di Pietro Giannone che erano una continua battaglia di redenzione autonomistica. Ed infatti nel problema dei rapporti con la Chiesa era insito quello della sovranità statale meridionale ; come in seguito vedremo. La ribellione contro le usurpazioni ecclesiastiche era un mezzo per dare una vita morale· · allo Stato e alla Nazione. Cosl, nel periodo austriaco, erano già poste le premesse del regime autonomo, e questo per logico processo e per necessità d'esistenza doveva continuare la battaglia anticlericale. Ma se una simile concezione politica era ben chiara a molti intellettuali che t15ìl:avan<F à. Napoli e a molti personaggi che siedevano in Sacro Regio Consiglio e alla Camera di S. Chiara, ad essa si opponevano anche formidabili interessi, tra- . dizioni, privilegi, nello interno del Regno. Era la condanna ali' impotenza ,~ del centralismo, che avocando a sè tutte le funzioni, aveva isterilito ed uc? ciso ogni sensibilità politica nella provincia. Ed ecco le cagioni del cosidetto fallimento carolino, incapacità cioè di un centro autoritario a mettere in J movimento un organismo anchilosato. Ma appare altresì arbitrario arrestarsi alla partenza del monarca per la Spagna e chiudere con essa un periodo st~rico, per constatare senz'altro un siffatto fa1limento, mentre molti riJuitati . dell'azione di quel primo periodo si poterono vedere in proseguo, durante la reggenza ed il regno di Ferdinando, ed essi furono relativamente note-· voli. Solo che i governanti non avevano alcun potere miracoloso, e ·niente: poteva supplire alla povertà spirituale dell'ambiente meridionale, schiav·o I per questo motivo di baroni ·e di preti. * * * Da una opposta illusione si lascia sedurre un giovane valente studioso, Adolfo Pannone. Egli ci presenta una esposizione dell'ordinamento giuridico · dello stato borbonico: potere centrale, organica provinciale, organica locale, Biblioteca Gino Bianco
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