La Critica politica - anno V - n. 1 - gennaio 1925

LO STATO BORBONICO PRIMA DELLA RIVOLUZIONE 15 del Re appare come quella di un degno interprete delle rinnovate esigenze e aspirazioni del suo popolo? Lo storico moderno deve necessariamente compiere una revisione dei giudizi degli storici del passato. E cosl Michelangelo Schipa, con una mole imponente di riçerche archivistiche, batte in breccia la leggenda del felice regno Carolino. L'opera or sono due anni pubblicata, che è una ristampa migliorata e completata del lavo!o comparso nel 1902-1903 nell'Archivio Storico per le Provincie Napoletane, ci mostra il famoso capostipife della dinastia borbonica come un bonaccione di non eccessivo ingegno, dedito . alla famiglia ed ai divertimenti della caccia, incapace di imprimere un indirizzo unitario all'opera incerta dei suoi ministri, nella quale erano da ammirare piuttosto le intenzioni che i risultati pratici. Alla partenza di Carlo per la Spagna le condizioni del Regno erano press'a poco quelle del precedente periodo viceregale. Un maligno studioso, dal segreto animo di eversor di troni e di tiranni, potrebbe osservare che, in fondo, a considerar bene tutti i re, anche i più grandi, ci troveremmo dinanzi a figure non molto dissimili da quella del re saggio celebrato dal Colletta. Le loro demiurgiche facoità non erano, nella maggior parte dei casi che esteriori qualità decorative, accom- , pagnate da un innato buonsenso che permetteva loro di secondare l'opera di intelligenti ministri, interpreti delle necessità del momento. Uno spietato esame, sul tipo di quello compiuto con tanta accuratezza e sapienza di fonti documentarie dallo Schipa, demolirebbe forse la totalità dei sovrani illuminati del secolo decimottavo, e chi sa quali disastrosi effetti produrrebbe sulla fama delle grandi figure coronate del decimonono. Eppure, non sappiamo se per esclusivo merito di Re Carlo e del Tanucci, come crede il Colletta, qualche mutamento. era avvenuto. Uno studioso (1), che seguendo le orme dello Schipa ha esaminato sulle fonti d'archivio il susseguente periodo della Reggenza, e ne ha tracciato un interessante quadro - il Vinciguerra - è costretto a riconoscere che l'aria era cambiata, che uno stato di animo nuovo era in tutte le popolazioni, qualche cosa di non tangibile, ma non per questo di scarsa importanza. NeJla accurata indagine dello Schipa tale constatazione di una nuova ripresa dei valori 1norali sembra mancare. Ed è ben naturale che sia così, poichè le· ingiall~te carte delle segreterie di Stato, nel loro stile protocollare, difficilmente potevano rivelare quel che non era in atcun modo espresso, ma che diveniva una precisa intuizione solo nell' istante in cui si compiva un fatto cosl grandioso come l'abbandono del giovane Regno e del regale fanciullo ai loro destini da parte di chi èra stato l'autore e dell'uno e dell'altro. Carlo si allontanava, riconquistato dalla solenne e gloriosa tradizione - spagnuola. Il Regno viveva ormai di vita propria (per quanto, sin chevisse Carlo, all'ombra dello stendardo rosso-oro), e se nulla di positivo s'era ottenuto, dobbiamo riconoscere, ripetendo una elegante immagine del Vinciguérra, che molto s'era tentato, intrapreso, rimuginato; e •rimaneva quindi il calore di quel fuoco smosso, e poi non ravvivato con nuova legna. (1) MARIO. VINCIGUERRA: La regge11,za borbonica nella minorità dl Ferdina11,doIV (Napoli, < Archivio storico per le provincie napoletane>, 1915-1916-1917). I Biblioteca Gino Bianco

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