Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 6 - dicembre 1977

delle lotte, dei contrasti, delle soffe– renze; è sempre accaduto così e quin– di non -penso che ora debba essere diverso. Infatti non lo è. Ciò che pe– rò momentaneamente è una catastro– fe, spiritualmente è il Padre che pur– ga la vite, cioè toglie i tralci secon– do l'espressione di Giovanni nel IV Vangelo. A mio avviso, la cosa migliore per la Chiesa è che scoppi la piena con– flittualità; nonostante tutto, il valore positivo del lefebvrismo, consiste nel– l'aprire la conflittualità. La cosa peg– giore invece è la tacitazione clerica– le dei conflitti. Io spero nella conflittualità affin– ché cessi questo aspetto di molle, di grigio, di pseudo pio, di tedioso, di ir– rilevante nella vita ecclesiale; deve apparire che, in realtà, i problemi che la storia discute sono in radice problemi ecclesiali. Ma, per questo deve cadere l'immagine rassicurante della Chiesa, simile al caro oggetto di famiglia, sempre identico, mentre tutto cambia. Spero invece che la Chiesa diventi il luogo dello scanda– lo, in senso cristiano, per tutto ciò che è fariseo e ben pensante; biso– gna augurare alla Chiesa di essere nel senso del Cristo e se questo è u– na catastrofe dal punto di vista mon– dano, è una crescita dal punto di vi– sta spirituale. EDOARDO BENVENUTO : Sono perfettamente d'accordo su quale debba essere il ruolo della Chiesa e sull'identità del cristiano. Resta però il problema della traccia che tutto ciò lascia nella storia. Mi spiego: il cristiano non deve at– tendere ad un compito storico come suo obbiettivo prioritario, come ele– mento di definizione del suo essere cristiano; però il ruolo storico, di fat– to, emerge e si pone alla coscienza del singolo cristiano non come il pro- bibliotecaginobianco blema della sua identità ma come un problema di coerenza. Ecco, nel momento in cui il cristia– no, nutrito di fede, speranza e cari– tà, nella pienezza della sua diviniz– zazione, si dedica a fare il medico, l'ingegnere, il politico, l'animatore sociale, anche a sua insaputa, lascie– r à una traccia della sua identità, op– pure si vuol dire che il suo operare ha solo un rilievo empirico, per cui è assolutamente indistinguibile l'azio– ne del cristiano da quella del mus– sulmano? Penso che non sia così. La lettera a Diogneto esorta i cristiani ad essere identici agli altri per quan– to riguarda la città, ma poi li chiama l'anima del mondo e quest'anima vi– vifica al punto che il mondo sarebbe diverso se non vi fosse. Ebbene, se esiste una traccia storica e se questa traccia storica, in fondo, la possiamo ravvisare all'interno della coscienza del singolo cristiano, come problema etico di coerenza, allora si può anche individuare non una proposta secola– re ma un insieme di proposte in cui sia detto quello che, in fondo, è agi– bile al cristiano. Non credo che una proposta bella, ricca, attraente e compatta come quella che hai avanzato, possa pre– scindere da tutta una problematica che lo Spirito ha indicato alla Chie– sa negli ultimi secoli. Certo non cre– do che si debba continuare l'impo– stazione che la Chiesa ne ha dato; però quelle istanze prima risolte in modo riduttivo, debbono ora essere, in qualche modo risolte e non affida– te ad un generico: fede, speranza, ca– rità. Altrimenti la proposta può es– sere buona come vessillo di battaglia, ma non esser lo come proposta teolo– gicamente coerente ed equilibrata. G!ANNI BAGET: Sono d'accordo sul fatto che la traccia debba rima– nere; ma la questione è sulla via e– scatologica di Cristo nella storia, 25

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