Alfabeta - anno V - n. 49 - giugno 1983

Patafisica P er Calder6n de la Barca la vita è sogno: un sogno da immaginare, da vivere, uno stato allucinatoriò in cui transustanziare il reale. È sogno a occhi aperti. Un sogno trionfale dell'uomo sul suo destino. Sigmund Freud al contrario sogna a occhi chiusi, e dalla tormentosa ossessione e simbologia onirica risale alle contrapposte pulsioni di Eros e Thanatos, la compresenza delle quali consente e accompagna il nostro ciclo biopsichico. Il sogno di Freud è condizione e accumulo di vita nervosa, è proiezione mentale, è liofilizzazione di emozioni, di rimozioni, di frustrazioni, di gratificazioni, è la nostra storia personale - che ora cerchiamo di scaricare sul persona/ computer e non più sul confessore, prete o psicanalista che sia. Per Alfred Jarry la vita non è sogno, non è trasposizione di un atto nel suo equivalente psichico, non è allucinazione ottica. Per Jarry l'atto vale in sé e per sé, in quanto viene compiuto, proposto, buttato in faccia all'alterità dello spettatore, del testimone. Per Jarry l'atto, il gesto, l'opera - anche letteraria - è e deve essere spettacolo, esibizione di sé, comportamento, provocazione. Alla fine, cosa ci attendiamo dall'arte? una bella nenia? un delicato chiaroscuro, un bell'accordo? la gratificante approvazione dei nostri 'status symbols'? e dei luoghi comuni del villaggio-vacanze o della 'prima' della Scala? in palco s'intende, e sporgetevi bene per esser visti dagli altri binocoli indaganti per ogni dove, sporgetevi nella tensione proiezionale che dalla balaustra spazia su fino ai fans delle gradinate popolari annullati dai bagliori e dagli scintillii di preziosi cristalli e opaline, mentre la luce dalle lampadine profuse a centinaia piove verso il basso parterre plateale composto di ben allineati seggi entro cui sprofondano, senza possibilità di mossa veruna, i ben polpacciuti culi del melomane operistico, che non può pagarsi il palco. Se saprete sporgervi al di là del pensabile, nella tensione di muscoli pronti a lacerarsi o quanto meno sull'orlo dell'irreversibile, la fatalità potrebbe esservi amica e favorirvi un gesto, un tonfo' che della serata in senso spettacolare, emozionale, provocatorio ed esibizionistico, rappresenterebbe l'apogeo, la summa. Jarry fu grande ammiratore dei balzi, dei tonfi, delle cadute. Ammirava Lesteven, lo spagnolo di Montmartre che, condannato per vari reati, sfuggì di mano alle guardie e si buttò da una finestra uccidendosi nel 1894: «È meglio vivere, rispondono a tutto gli idolatri della moda. Tu, Lesteven, morto in volontaria bellezza, li contesti con il tuo balzo scimmiesco; e voi sferici che mi annusate con quelle mitrie vescovili dei vostri nasi rincagnati ... non vivete, non negatelo, voi non vivete, non c'è niente di male, voi fate di meglio, Siete ... Vivere è atto e le sue lettere non comunicano altro che il delirio di una coccinella rovesciata. ... Vivere va inteso come vita di relazione, vita nella cassa da chitarra del tempo che lo plasma ... Vivere è il Carnevale dell'Essere». e on Jarry la vita è spettacolo, spettacolo provocatorio, è esibizione, ovvero esposizione, ovvero mostra, la mostra dei mostri, la mostrificazione, di cui mi sono occupato in altra sede: «Chiamo mostro ogni originale e inesauribile bellezza» (Jarry). La mostra che il Comune di Milano presenta a Palazzo reale indica un'area estetica e letteraria di superamento dei vari movimenti artistici e delle avanguardie storiche per far luogo al regno della immaginazione e della spettacolarità del quotidiano. Anche le contraddittorietà e assurdità della vita contemporanea trovano nella sbandierata patafisicità universale le loro gratificazioni. Lungi dal1' essere represse o ridicolizzate, esse assurgono a simboli e metafore di soluzioni immaginarie. Jarry ama andare in bicicletta, tirare di scherma, esplodere colpi di pistola anche in mezzo alla gente. Jarry ama farsi vedere, ama farsi fotografare a ogni piè sospinto. Jarry è il teatro di se stesso. Come precorse Dada, così figliò Picabia che di quel movimento fu uno dei massimi esponenti proprio per la sua attività dissacratoria e contraddittoria a un tempo. Picabia fu un esibizionista al pari di Jarry, come lui un guastatore di stili, un inventore di gesti, insomma fu come lui un attore. Sotto tale profilo e dato il continuo identificarsi in Jarry della vita con l'opera, ecco che il senso della teatralità patafisica non poteva non provocare, ancorché spesso a .livello inconscio e involontario, una vasta influenza nel campo teatrale, filmico, della performance, della canzone, ecc., e condensarsi in opere di gran valore esemplificativo. Vorremmo aggiungere che l'essere nato Jarry quale autore di teatro, col suo ormai famosissimo Re Ubu, ha quasi nuociuto anziché giovato alla diffusione della patafisicità teatrale e spettacolare, bloccando il pubblico sulla sola idea della rappresentazione del grottesco, del volgare, del farsesco. È un po' come quando parlando di me e della mia pittura si dice subito: «Ah! quello dei generali ... » E il commento avviene nonostante i vari e numerosi e fra di loro differenti e articolati periodi in cui ho cimentato la mia pittorica patafisicità. Per vero, l'identificarmi con Ubu non mi dispiace affatto: anche se, versando ormai in età matura, preferirei essere un novello dottor Faustroll e, sapiente come lui, corrispondere con famosi scienziati e con loro discutere di astrazioni matematiche e di dimensioni spazio-temporali. Torniamo a Ubu, il quale fu rappresentato ben presto un po' ovunque, e anche in Italia - e preBibl1otecaginobianco Enrico Baj cisamente a Roma, per la regia di Anton Giulio Bragaglia, il 3 giugno 1926 al Teatro degli Indipendenti. Nel 1951, a cura di Sergio Dangelo, Ettore Capriolo e Vittorio Orsenigo, un'altra edizione dell' Ubu veniva rappresentata al Piccolo Teatro di Milano e ora da qualche anno è tutta una fioritura teatrale ubuesca. La Cooperativa Teatro U di Torino si è pure cimentata in una elaborazione teatrale del Dottor Faustro/1, in cui veniva ripreso il concetto della famosa navigazione epigeica di un Faustroll approdante alle varie isole abitate da mondi e personaggi fantastici. L'intuizione esibizionisticadi Jarry si trasfuse nella spettacolarità del teatro sintetico di Marinetti, che con Jarry fu in corrispondenza, nella provocatorietà dei dadaisti, per approdare all'ideale surrealistico di bretoniana memoria, che privilegiava l'invenzione nella vita e l'arte nei gesti e nei comportamenti di ognuno e d'ogni giorno, piuttosto che nella «opera» definita dell' «artista» di professione. L a Pata~sica non è solo spettacolo. E soprattutto luogo di pensiero irriverente: irriverente verso la massificazione conformista e abitudinaria che ci affligge. E poiché non è questa la sede per un trattato, ci accontenteremo di alcune definizioni. Dunque, la Patafisica: 1. è la scienza delle soluzioni immaginarie, 2. è tutto e il contrario di tutto, 3. è l'ultimo pensiero disponibile, 4. è principio di equivalenza d'ogni cosa, 5. è inclusiva, 6. è illimitazione, 7. è la fine dei fini. Per altro, se dall'affermazione passiamo al negativo, la Patafisica: a. non è una scienza, è la SCIENZA, b. non è un comitato di salute pubblica, c. non vuole salvare l'umanità, d. non si divide in correnti: vi è una sola patafisica che si patafisica col patafisico dei modi patafisici, e. non vuole convincere nessuno, f. non è peggiore né migliore, g. non propone problemi dato che non vi sono soluzioni. Da un punto di vista descrittivo, la Patafisica, «scienza che abbiadegli oggetti descritti dalla loro virtualità, si pone al di là e al di qua di leggi e regolamenti. Poiché gli ideali di salvezza finale e di giustizia sociale sono patafisici, viene riconfermato l'alto messaggio ultraterreno e umanitario della Patafisica. La quale in ultima istanza si domanda: è mai possibile che gli uomini siano tanto coglioni? e che credano sempre alle stesse cose? L'interesse per il regno della incomprensibilità è stato bene espresso - e al più alto grado di chiarezza gnomica - da Einstein, scienziato tenuto io gran conto dal Collegio di Patafisica, quando ha affermato che «l'incomprensibile è che vi sia ancora qualcosa di comprensibile». Sulla via dell'appropriazione biologica del degrado e della perdita entropica di energia, Virgilio Dagnino si è espresso definitoriameote: «Peggiorare o perire». La Patafisica permea tutti i campi dell'effimero quotidiano, in quella che definiremo «patafisica involontaria giornaliera», ove l'iovolontariato è connesso non tanto ~----------------------------~ a una non volizione quanto piuttoEUROPE sto alla istintualità di base, a quelMars-Avril 1981 lo insomma che etologi e behavioreyae lltt6ralre memaelle Alfred Jarry i,;....,--H<-_'t,ti. r-~•' "vu-{c. (c.>.,J~ ,,,.,~J,. • v~......,_,+--~.t.'.. 'Yf': ,..,.J::;--~/ ~f,tf,r! M.,....__~,.._,*.: -...,1-· .l f,,'t/i' .A,... o-:_ . ·.,., .: ,... ': "-"""-' -~ • ,J /<. .tfi:i_ ~.- l'-""-- d '1.'- • •/ i risti definiscono quale «meccanismo scatenante innato» (Msi, pregasi non confondere le sigle!). Il meccanismo scatenante negli animali dà via libera alla aggressività: nell'uomo fa emergere lo specifico patafisico involontario. E nella teorizzazione dell'effimero patafisico che l'assurdo e il contraddittorio quotidiano possono trovare l'opportuna sede per un continuo approfondimento. Inarrestabile è il fluire di quella che è stata definita «universalis pataphysica ubiquitas». Per limitarci alle ipotesi più banali, che dire degli «scioperi bianchi» o dello «zelo»? quando cioè la macchina produttiva vien fermata non già con l'astensione del lavoro, ma con la scrupolosa applicazione dei regolamenti che a quel dato lavoro !)resiedono. • Ormai si è costretti a sostenere che limitate trasgressioni ai regolamenti costituiscono una retta applicazione degli stessi io quanto consentono le finalizzazioni volute. In epoche di numerose condanne a morte, come nel dopoguerra per criminalità bellica, molti condannati tentano il suicidio. Ci pensano allora i medici a rimetterli in sesto, per poter eseguire la sentenza capitale all'ora prestabilita. I governi, la polizia, i partiti sono ben poco degni di fede nel mantenere gli impegni assunti e le promesse fatte. Ma nel mettere a ~----------------------------~ morte vogliono dimostrare la più Seguiranno poi lettristi e situazionisti a sospingerci verso quella «civiltà dello spettacolo» che, individuando la teatralità ovunque, fa del nostro vissuto quotidiano una continua rappresentazione. La «messa in scena», detta anche «sceneggiata», non è che la metonimia di quel «teatro dell'assurdo» che è la nostra vita. Qui riti, consuetudini e passioni sono corse a ostacoli, ma senza traguardo. E allora cosa vi è di più patafisico di quell' «essere» e/o «non essere» continuamente recitato, ridetto, rivissuto nel dubbio dell'equivalenza d'ogni cosa, pensiero, convinzione? mo inventato perché ve n'era gran bisogno» (Ubu) e il cui sapere riposa su convergenze parallele, si estende al di là della metafisica quanto questa al di là della fisica. Essa si occupa del particolare e delle leggi che governano le eccezioni (de minimis curat Pataphysica). Si oppone quindi alla generalizzazione, poiché ogni cosa e ogni fatto devono venir ricondotti non a una generalità astratta ma alla singolarità effettuale dell'eccezione. In un mondo ove tutto quel che non è proibito è obbligatorio, la Patafisica, accordando simbolicamente ai lineamenti le proprietà assoluta puntualità - e gran senso dell'igiene. Infatti, una delle ultime invenzioni strategiche, legata a concetti igienici e di purismo formale, è la «bomba atomica pulita», quella cioè che distrugge l'uomo ma senza far disordine, senza far sporcizia. Insomma, la Pàtafisica è ovunque, tutto promanando da una comune natura patafisica. Non insistere, caro amico, nell'errore, nell'eresia, nell'oscurantismo! Avvicinati alla tua vera natura! Conosci te stesso!

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