'- Francis F. Coppola One from the Heart (Un sogno lungo un giorno) Usa, 1982 F rontiere del moderno. L'universo dello spettacolo della nuova Hollywood segna l'avvento di un'altra visualità in cui la fine dell'uomo è sancita dall'affermazione totalizzante degli effetti speciali e della sintesi elettronica. One from the Heart è la consacrazione del digitale nel cinema, l'avvento della pura artificialità come essenza, struttura del mondo attuale. Simulacri, immagini di immagini, copie che hanno perduto l'originale si avvicendano mutevolmente sullo schermo. Non solo la fantasmagoria e il fittizio dominano incontrastati, ma il fittizio diventa l'unica chance per arrivare a una possibile verità. Solo dove tutto è falso, dove persino la traccia della vecchia verità umanistica è cancellata, può emergere una cogenza comunicativo-spettacolare nuova e, in qualche modo, rivelatrice. Dice Coppola che, come Apocalypse Now era «un film sugli elicotteri» e The Outsiders sarà «un film sul tramonto del sole», One from the Heart è «un film sul neon», cioè sull'illuminazione resa alla sua forma più artificiale. E vuol dire, probabilmente: è un film sulla metropoli vista nella sua realtà fantasmagorica, sull'esistenza, e sull' american way of /ife in particolare, ricondotte alla spettralità multiforme di un filo catodico che si espande sull'intersoggettività, invade i corpi, e dapprima li illumina con la sua luce piatta, omogenea, quasi abbagliante, poi li modifica, li altera, portandoli sino al live:Io d'esplosione. Vuol dire: la metropoli è il neon, la luce artificiale è la condizione d'esistenza dei soggetti, il bagno luminoso in cui galleggiano i corpi e i gesti del tardo moderno. La luce del neon domina tutto lo schermo, lo trasforma in un'iridescenza continuamente mobile, in un terminal elettronico che sembra sintetizzare un flipper, un videogame e una termografia. Coppola pensa allo schermo come a un quadro in cui disporre elettronicamente colori in movimento, illuminazioni improvvise, giochi di forme, fondendo nella sua iperinventività la ricerca tecnologica e la tradizione più sperimentale del cinema d'avanguardia degli anni dieci e venti (dal pianoforte colorato di Rimington, alla sua utilizzazione nel Prometheus di Scriabin, agli esperimenti di Ludwig HirschfeldMack, Rejlektorische Farbenspiele, e di Alexander Laszlo). L'operazione di Coppola è una ripresa della connessione tra sperimentazione tecnologica e ricerca artistica che era stata propria ·del Bauhaus, in una nuova chiave spettacolare di massa. Con Coppola la ricerca elettronica è subito popolare, è la forma stessa attraverso cui gli anni ottanta ridefiniscono la propria immagine planetaria. P er ottenere questa visualità schermica differente, Coppola non solo abbandona l'immagine analogica e referenziale per un'immagine elettronica e r. ~ i b l1fltÈfc1rgmri1oo ra ii 11 bagnQ".gel cesso di creazione del film. «L'immagine chimica è archeologia, l'immagine elettronica è energia allo stato puro», dice Coppola. L'avvento del digitale consente non solo la creazione libera e dissennata dei più irreali contrasti di colori, ma soprattutto Io svincolamento dell'immagine filmica dal suo debito referenziale e, dunque, dall'impressione di realtà, sino a oggi strutturale nel cinema. L'immagine digitale può costruire un universo visivo assolutamente nuovo e impel!sabile, può reinventare totalmente l'orizzonte del visibile e aprire la possibilità di un radicale allargamento della percezione. «L'epoca dello studio elettronico - dice Coppola - vi permette di trattare i materiali con una tale precisione che, come nella musica, alla fine del lavoro non è più necessario assemblare il prodotto. E se volete cento cavalieri che attraversano un lago ghiacciato, potrete andare sul posto e filmare ... un cigno. Prendete il cigno, e quando avrete terminato, sarà diventato un centinaio di cavalieri (... ). È come in uno studio di registrazione, dove possono prendere il rumore di un oggetto che cade, manipolarlo e ottenere un risultato del tutto differente». Il cinema digitale piomba la realtà e la messa in scena stessa nell'irrilevanza, le fa diventare un èoice materiale da utilizzare e da trasformare nella realizzazione del film, montando brandelli di immagini referenziali con altre componenti visive, fino a ottenere l'immagine elettronica voluta, infinitamente virtuale, assolutamente effimera. L'inquadratura video è del tutto· diversa dall'inquadratura del cinema: estensione della superficie, annullamento della profondità di campo, impoverilnento della funzione dell'ombra e del chiaroscuro, esaltazione della fantasmagoria dei colori, possibilità totale di intervento digitale in qualsiasi luogo dello schermo. L'inquadratura di One from the Heart non solo è l'opposto di quella wellesiana (di Citizen Kane, in primo luogo) teorizzata da Bazin, ma è anche molto diversa da quelle complesse, ipercinematografiche, giocate spesso sulla differenziazione di piani, di Kubrick o Spielberg o Lucas. I personaggi sono schiacciati in avanti, sembrano quasi recitare sul bordo dello schermo, incalzati dallo scenario pirotecnico, attraversati a volte dal neon o dal suo riflesso. E Las Vegas, totalmente ricostruita in studio, è una sintesi multicolore tra un teatro di posa e un pannello pubblicitario elettronico. Coppola lavora con il computer non solo nella fase realizzativa, ma persino nell'elaborazione della sceneggiatura. «Noi creamo i film lavorando sulla loro totalità anche n on quando l'idea è solo un embrione. Non si tratta più di scrivere uno scenario, di realizzarlo frammentariamente e infine di passare a una fase postproduttiva per riunirli. La preproduzione, la produzione e la postproduzione si fanno tutte contemporaneamente ... Il cinema è molto più vicino alla musica. Bergson ha scritto molto sullo spaziale e il lineare, e sul potere dello spaziale che è il modo dell'intuizione. (... ) Ogni film, ogni arte comincia come un'intuizione. E tutto il film è qui, come un ologramma, semplicemente non lo vedete. E poi quanto più lavorate sul film, l'intuizione si sviluppa, si espande come una scultura che esce dalla materia. Dall'idea si passa all'armatura e da questa al film terminato». Si tratta di un sistema di produzione del film in cui tutte le componenti del linguaggio cinematografico sono immediatamente e contemporaneamente operanti in un processo di interazione costante. Invece di essere un momento posteriore, emergente solo in fase di realizzazione, il visivo è fin dall'inizio uno degli elementi essenziali del film, accanto alla fabula, agli attori, alla musica: e il film non è il risultato dell'accumularsi di stratificazioni linguistiche differenti, ma è il prodotto di un'integrazione sincronica e dinamica di elementi molteplici. «Dapprima si fa uno story board, che il nostro computer digerisce. Poi si inseriscono dei suoni e della musica. Poi dei décors, fotografati con la polaroid. Infine si fanno recitare gli attori. Si mescola. È il brogliaccio». Il computer permette di studiare le angolazioni delle inquadrature, i ritmi delle sequenze, gli effetti sonori, e di programmare tutto il visivo. E ' una prospettiva in cui l'orizzonte della visualità e il piacere di vedere diventano assolutamente centrali. Il cinema, dopo essere stato essenzialmente un'arte visiva nel periodo del muto, è diventato un'arte a cogenza prevalentemente narrativa, un sistema di narrazione di una story attraverso procedimenti spettacolari. L'immagine elettronica, i nuovi sofisticatissimi special effects, l'attenzione che soprattutto nel campo della science fiction è portata all'immagine schermica e al décor, stanno operando una svolta nella storia del cinema, riaffermandone il valore essenzialmente visivo. Autori come Lucas, Ridley Scotte Kershner lavorano a strettissimo contatto con illustratori e disegnatori di fumetti, costruiscono i propri film definendo con la massima precisione tutti gli elementi che dovranno apparire sullo schermo; Spie.lberg e Scott inseriscono gli effetti speciali (entrambi si sono avvalsi dell'eccezionale collaborazione di Douglas Trumbull per Incontri ravvicinati del terzo tipo e Biade Runner) in una raffinata programmazione del visivo. Non a caso, in On from the Heart la funzione di Vittorio Storaro è fondamentale e la sua operazione sull'immagine diveqta il passaggio-chiave per una modificazione radicale del processo percettivo. La ricerca di Storaro punta alla intensificazione della fruizione, a determinare nello spettatore esperienze emozionali nuove e dotate di una forza particolare. Storaro pensa a «una scala cromatica delle emozioni e degli stati d'animo», in cui si ridefinisce una nuova dimensione esistenziale dove «tutto è energia». Il cinema è un laboratorio di «emozioni-radiazioni» che intervengono direttamente sul!'attività metabolica e le secrezioni endocrine dello spettatore, potenziandone la forza e la capacità d'azione. Storaro esegue una sinfonia con la luce, proprio come Coppola organizza un sistema estetico come sintesi di linguaggi differenti, riprendendo in chiave tecnologica la parola d'ordine tradizionale di tanti teorici (e di Ejzen~tejn, in primo luogo) del cinema come sintesi delle arti. One from the Heart, dunque. «Dopo Apocalypse immaginavo come avrebbe trovato gli Stati uniti un tipo che ritornava dal Vietnam: come una pubblicità gigantesca, una réclame al neon. Un ~ mondo finto, gente finta... One -~ from the Hean è un uovo di Pa- g, squa dipinto a mano». Non basta Q. evocare il classico «Tutto è spetta- ~ colo». Qui tutto è rappresentazio- ..., .9 ne, artificialità pura: «the World is ~ a Stage». s:: Il sipario blu si apre sulla scena ~ del mondo, il mondo è un teatro di ~ posa, un set cinematografico. Il titolo del film è un neon sull'imma- ~ gioe rotonda della Terra, e la pri- Ì ma immagine (artificiale) è una <i
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==