:: N. Luhmann «Soziologie der Morab, in AA.VV., Theorietechnik und Mora) a cura di N. Luhmann e S.H. Pfiirtner Frankfurt, Suhrkamp, 1978 J. Rawls A Theory or Justice Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 1971 T.A. Roberts The concept or benevolence. Aspects or Eighteenth-Century Moral Philosophy London, Macmillan, 1973 S. Veca «Osservazioni filosofiche su una teoria della giustizia e l"idea' di sinistra•, in Critica marxista, I981, n. 3. M arx liquidò con disprezzo Bentham, campione di un utilitarismo che riproduceva senza fantasia e senza nessuno spirito «quel che Helvétius ed altri francesi del secolo XVIII avevano detto con spirito•: «arcifilisteo•, «oracolo del senso comune borghese del secolo XIX, arido pedante e chiacchierone banale•; Labriola ebbe parole di fuoco per il •gran pontefice Spencer•, lamentando che «son tanti quelli che giuocano di scherma logica con le categorie astratte dell'egoismo e dell'altruismo•; al nome del giovane Lukàcs si associano pagine memorabili sulle «antinomie del pensiero borghese• nella ragion pratica, ma anche molti equivoci sulla reale portata della proposta neokantiana. Sarebbe molto agevole continuare con gli esempi. Non si può dire che i rapporti tra marxismo ed etica siano stati meno che tempestosi. L'intera vicenda teorica della Seconda Internazionale offrl contrapposizioni drammatiche e schieramenti irrigiditi: l'autonomizzazione della razionalità dei mezzi dalla razionalità dei fini fu riferita, più che all'analisi direttamente sociale, a opzioni di strategia politica. Con poche eccezioni, tra le quali forse quella di Max Adler, il dibattito, agli occhi di chi venne dopo, apparve esacerbato ma anche spento nei Cohen, negli Schmidt, negli Staudinger, nei Bernstein, in quel crogiuolo di idee revisionistiche, ma anche brillanti, che occupò la scena della socialdemocrazia di inizio secolo. Gli autentici modelli di un'etica irrobustita dalle migliori acquisizioni delle scienze sociali e delle ricerche fenomenologiche - da Durkheim a Scheler, dalla sociologia weberiana della religione, originariamente organizzata attorno all'analisi dell'etica economica delle religioni, a Schumpeter - rimasero estranei alle linee di autodefinizione del marxismo. Eppure non era la ripresa, ma a ben vedere la revisione dell'etica kantiana il terreno nel quale si addensavano le maggiori provocazioni ed anche le più sottili innovazioni in fatto di teoria della legittimità e del consenso. Non è mancato, beninteso, lo scrupolo filologico nel riandare alle ragioni meno occasionali ed apologetiche della «libertà dei moderni•: ma la filosofia politica di ispirazione marxista ha lavorato a lungo su un'immagine giusnaturalistico-causalistica della persona-valore che rimaneva al di qua degli assetti sociali che ne avevano trasfor-. mato la fisionomia. Alla persona-valore natura/iter libera si può rispondere additando nella sua fissità ed eternità la generalizzazione ideologizzante dei caratteri dell'individuo scambista, Eticaepotere clibero• possessore della merce che porta sul mercato e di se stesso in quanto merce-forza-lavoro. Ma non si può fare altrettanto quando la persona-valore è libera in un senso non più ricavabile dall'impianto del diritto naturale: quando cioè il valore non è più un carattere indelebile •ingenuamente• ascritto, ora e per sempre, al soggetto agente, ma una funzione sociale attribuita (e perciò revocabile), contingente e «costruita• e non necessaria e inamovibi- \ le. Non c'è più un individuo eticamente «degno• (fornito di valore) in quanto tale, ma un individuo al quale l'insieme della riproduzione sociale non può negare dignità se non vuole correre il rischio che esso si estranei dal circuito del consenso sociale. La linea di demarcazione non passa più tra una storicità piena ed un naturalismo vuoto ed apologetico. La critica di stampo marxiano viene intercettata prima che possa produrre i suoi esiti: le funzioni della libertà morale non sono predeterminabili perché è venuto meno (o non è mai stato operante, se si assume che Marx abbia sottoposto ad un filtro epistemologico eccessivamente severo il patrimonio Bruno Accarino che gli preesisteva) l'universo sociale chiuso che su di esse aveva potere - appunto - determinativo, e perché ha perduto il suo bersaglio la replica affidata alla critica dell'ideologia. Gli squilibri di potere vengono tematizzati, fuori del e contro il marxismo, come fenomeni fisiologici concomitanti al definirsi della discrezionalità morale. Ora la persona-valore non nasconde più la sua mutevolezza e l'elasticità dei suoi contenuti. Con l'allentarsi della coartazione pura come forma di esercizio del potere disinteressata al comportamento morale, è possibile ottenere una quota di potere solo conferendo valore all'antagonista. Ciò significa che è necessario esserre altruisti e seguire i dettami di un'eticità capace di rinunce e di sacrifici e non avida di potere, contemperatrice degli altri e non ottusamente autoaffermativa. Un ampio settore della riflessione etico-politica contemporanea non ruota attorno all'homo homini lupus, ma attorno all'homo homini deus: anche se il problema originario è nella «naturale• resistenza dell'uomo ad assoggettarsi al contratto sociale. In verità, la storia della difficile convivenza tra marxismo e morale ha radici ... pre-marxiane. Dove e come possono convergere lo Smith della Ricchezza delle nazioni ( 1776) e lo Smith della Teoria dei sentimenti morali ( 1759), dove possono rendersi compatibili l'automatismo della «mano invisibile» e l'etica della benevolenza, il disegno di una regolazione sociale spontanea e provvidenziale da un lato e la più complessa composizione degli interessi sociali in uno spazio etico non egoistico dall'altro? Sono problemi che oggi ritornano nella ricerca di alcuni economisti americani. Si legge nelle prime pagine della Ricchezza delle nazioni: «L'uomo ha ... quasi sempre bisogno dell'aiuto dei suoi simili e lo aspetterebbe invano dalla sola benevolenza: avrà molta più probabilità di ottenerlo volgendo a suo favore l'egoismo altrui e dimostrando il vantaggio che gli altri otterrebbero facendo ciò che egli chiede». Il principio del se/flave sembra soppiantare, ad un certo punto, il principio del self denial, che Smith aveva ereditato dal grande dibattito secentesco sulle passioni e che aveva visto poi intervenire Hutcheson, Butler, Hume, Shaftesbury. Le numerose differenziazioni interne non impedirono che si costituisse un'immagine unitaria: «etica della benevolenza». Quando Scheler comincerà a mettere a punto, nel secondo decennio del nostro secolo, la sua ricerca sulla «simpatia», dirà che l'errore di tutta l'etica inglese moderna è stato quello di aver negato i fondamenti dell'etica greca e cristiana, riducendo i fatti dell'amore e dell'odio alla simpatia, privilegiando la compassione e collocando «al posto dell"amore' ... la cosiddetta b ru, 1 u L~l,;a y, nuoraneo benevolenza (spesso anche la 'benevolenza disinteressata'•). Il primo settecento inglese tornava alla ribalta. Il lascito di Smith era una possibile biforcazione di assetti scientifici: il modello libero-scambista, fondato su azioni individuali necessariamente afferenti all'interesse generale, non era l'unica piattaforma possibile di autoidentificazione e, come si dice oggi, di autointerpretazione della classe borghese in ascesa. Esso conviveva con una forte accentuazione di pratiche assistenziali interindividuali, che nella mappa delle passioni collocavano la carità al polo opposto all'amor proprio. Non è immediatamente evidente che chi agisce solo in base ai propri interessi contribuisca alla «progettazione» spontanea di un universo armonico. ... Gli interventi innaturali, volontari, artefatti del singolo si legittimano nei vuoti del passaggio dall'identità economico-sociale individuale all'equili- { brio complessivo: e vanno cosi a costituire lo spazio non usurpato dell'etica. In almeno uno dei suoi versanti, l'etica borghese contesta alle origini il carattere «ciecamente naturale• dei processi sociali. Possiamo esemplificare con una delle figure (di matrice religiosa) in cui si eprime il recupero contemporaneo dell'etica: l'opus supererogationis, la prestazione superflua e non richiesta, variamente associata al carattere meritorio dell'azione come strumento per conquistare la grazia di Dio. Luhmann ha trattato più volte della gratitudine. Si è in obbligo di ringraziare una persona per una prestazione a cui essa non era obbligata. Poiché però la prestazione non è intesa in senso stretto, come trasferimento di valori materiali, la gratitudine, come sentimento sociale motivante, precede la stabilizzazione di rapporti di scambio e di rapporti di potere. D'altra parte, la gratitudine non è aspeuara come prestazione specifica, ma come atteggiamento sentimentale: è quindi, in rapporto al contenuto del- r le prestazioni, un sentimento aperto ed elastico. Di qui la sua immunità temporale, cioè la sua possibilità di adattarsi a persone diverse e a circostanze diverse. Il limite della sua praticabilità è però nel fatto stesso che si tratti di persone e di persone note. La gratitudine è emarginata da un livello di differenziazione sociale che specializzi i bisogni e le prestazioni rendendo impersonali i contatti sociali. Questo processo non esclude del tutto la gratitudine, ma la fa sussistere come sentimento di lusso di una morale privata ormai spogliata delle funzioni sociali e pubbliche, e in qualche caso politiche e religiose (la gratitudine nei confronti del capo politico come divinità), che le erano proprie. Questo passaggio è interpretabile anche in chiave di teoria della secolarizzazione. La morale supereroga tori a attenua, proprio perché è vincolata al merito, la rigidezza normativa di una morale dei comandamenti, collocando il merito al posto della grazia e sollecitando il clero a preoccuparsi della salvezza dei laici. Con la legittimizzazione dei meriti aggiuntivi possibili la morale non è più appannaggio di pochi. In John Rawls, un autore contemporaneo al quale si è richiamato Salvatore Veca in più di uno dei suoi recenti interventi, troviamo invece la distinzione tra una fascia di doveri naturali ed una fascia di possibilità di comportamento etico libero. All'interno di
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