Alfabeta - anno IV - n. 38/39 - lug.-ago. 1982

ne» di Marx, in quanto, secondo D'Antonio, è controverso che in Marx ci sia posto per una moneta-segno); altri ancora concludono invece sottolineando i limiti che alla concezione keynesiana della moneta deriverebbero dalla rimozione delle categorie marxiane di lavoro, valore e plusvalore (Messori). Il terreno su cui muovono le analisi di·questi autori ha qualcosa di comune, eppure la mappa della T.G. che esse coltettivamente descrivono non indiYtd'ua un centro teorico, il centro è vuoto, si ha ancor più l'impressione cd\e la mappa sia il disegno, in scala, della trappola immaginata da Lunghioi,. Di fronte ad un dispositivo teorico con queste caratteristiche strutturati, Graziani spiazza l'indagine: cerca il centro teorico della T.G. nel Trauato sulla moneta che offre il vantaggio di analizzare la «direzione causale delle modificazioni» e dove il sistema bancario (e perciò la moneta) è indicato come «primo anello nella sequenza causale». Questo risalire atte origini, alle «cause iniziali» del ciclo economico sembrerebbe costituire un punto fermo in quanto ci permetterebbe di cogliere il fatto che l'e.conomia funziona proprio perché (e nei limiti in cui) è sempre una economia monetaria. Con questa analisi di topologia economica il contenuto della /euera di Keynes sembrerebbe finalmente decifrato. Ed in effetti la maggior parte degli economisti sono disposti a tracciare qui i confini della toro scienza e volgendo ad essi le spalle cercar di raffinare con metodo differenziale la misurazione di questo spazio teorico. Ma se questa è una giusta precauzione metodologica, essa è destinata a fallire, la realtà economica non si presta ad essere racchiusa dentro modelli otjstici. Accade cioè qualcosa di analogo a chi si prova a restare all'interno di un anello di Mobius: pur con i migliori propositi di restare nel suo otto interno, ad un certo punto ci si trova improvvisamente dislocati sul versante esterno. Riconoscere un ruolo cruciale alla moneta (oggetto che troviamo nello spazio interno) ci costringe simultaneamente a fare delle ipotesi sul comportamento di chi la detiene: le forche caudine di queste ipotesi sono ciò che permette ai soggetti (esterni) di diventare oggetti (interni). Sostare qui è importante perché questo è un punto ct'osservazione privilegiato sia sul piano t.eorico che su quello pratico. L a moneta che dentro il sistema economico (nell'otto interno dell'anello) circola come equivalente generale (mezzo di scambio), è al tempo stesso principio organizzatore se ci poniamo ad osservarla con occhio da doganiere lungo i confini dell'anello: essa trasforma semplici individui in capitalisti ed in salariati separandoli nelle due distinte sezioni dell'anello ed è ciò che impedisce fin dall'inizio una costituzione unitaria del campo scientifico dell'economia. La moneta è anzi all'origine del suo radicale dualismo • ~ costitutivo: prima che il banditore d'asta di Walras gridi i prezzi dirigendo dall'interno dell'anello il traffico di tutte le merci, è avvenuta un'operazione della massima importanza, l'imposizione di due modi complementari e paralleli di esistenza del numerario. quella del salario e quella del capitale. b Che era un fatto di cui Marx per primo ebbe chiara consapevolezza. «La forma di circolazione per mezzo della quale il denaro compie la metamorfosi in capitale contraddice tutte le leggi sviluppate fin qui sulla natura della merce, del valore, del denaro e della circolazione stessa» (// Capitale, Libro I, Cap. V). Ritornando a Graziani che avevamo lasciato alle prese con il tentativo di ctentrare la T.G. sul Trattato della mon-eta, si può dire che, alla luce di queste osservazioni, egli riesce nel compito quando afferma l'impossibilità di esistenza di una «figura generale ed unitaria di operatore razionale» (in StudL. 1y. 228). • Se qui infatt' si vuote ancora--riuni e sotto i vessilli della logica questo dualismo costitutivo, questa sembrerebbe una logica della separazione. Ciò mette in grado di escludere che il caso abbia in questo sistema un qualche ruolo strutturale (vedi il commento di Lunghini a Keynes, p. I05 di Studi ... ); rimane solo una necessaria intenzione che la crisi sia la forma normale per il ritrovamento: dell'unità, della logica economica, del numerario capitalistico. E dell'azione delle autorità monetarie che dire? Almeno due cose: I) esse aprono il campo dell'economia ad un input di organizzazione ~ denaro proveniente da un campo incommensurabile rispetto sia al sistema economico sia a ciò che vi sta dentro (i rapporti mercantili). Questo è ciò che regge espressioni del tipo «creazione di denaro ex-mihilo» o «disponibilità originaria di moneta» (Graziani, Alfabeto, n. 33). L'ordine degli scambi proviene dall'Ordine delle decisioni delle autorità monetarie (anche se possono provocare gravi disordini «altrove»). 2) valore, prezzo, insomma misura, non sono in economia relazioni primarie anche se quasi sempre tendono ad essere prese dagli economisti come test esclusivo di scientificità dell'analisi. lf aver simulato la possibilità di porci come osservatori ideati lungo i confini dell'anello di Mobius, comporta la possibilità di cogliere l'importanza della distinzione tra il concetto di misura e quello di configurazione e come quest'ultima sia una relazione assolutamente primaria rispetto alla misura. Il concetto di configurazione è ciò che permette di passare dalla visione (Schumpeter; Graziani su Keynes, Alfabeto, n. 33) all'analisi, il focus di confine tra ciò che si decide appartenere al sistema economico e ciò che sta fuori di esso, tra gli oggetti che stanno nell'otto interno dell'anello, quelli che stanno fuori e quelli che stanno sulla superficie del nastro e funzionano da controllo di confine (vedi Lunghini, «L'equilibrio», Alfabeto, n. 34). In Keynes i concetti di propensione al consumo, di efficienza marginale del capitale, di tasso d'interesse svolgono questo ruolo di fissare la configurazione teorica del sistema economico. Per fare un esempio. il nostro esperimento ci fa capire che quando il ministro del Tesoro emette la sua razione mensile di B.O.T.per finanziare la Cassa Integrazione svolge praticamente una funzione isomorfa rispetto a quella di un superdoganiere (un doganiere con il potere di spostare i confini); funzione che va prima di tutto a modificare al margine la configurazione del sistema (per quello che è dato sapere su questo argomento poco studiato potrebbe essere costretto ad emettere B.O.T. per pagare questo tipo di servizio per far fronte al «disordine» creato «altrove» per precedenti B.O.T. emessi per ..... in un regresso che non è infinito ma trova il suo limite preciso nella finalità di preservare la qualità capitalistica delle configurazioni organizzative del sistema economico). In definitiva, l'esperimento cerca di configurare la trappola entro cui si svolge il processo economico; se alla fine possiamo trovare in essa un centro, lo scopriamo vuoto: sul piano logico è la simulazione di un unico postulato di razionalità comune a tutti gli operatori, sul piano ontologico è l'equivocità della moneta come primo oggetto sociale. La sua proprietà essenziale è quella di sdoppiarsi ed in questo movimento attraversare il soggetto dell'economia dandogli una costituzione separata, dualistica, ineguale. La crisi è il suo centro vuoto, buco nero dove costantemente è necessario precipiti per riprodursi travestita come intero, principio unitario di conservazione delle grandezze economiche materiali (e matematiche). In questo «pozzo senza fondo» come a un certo punto Keynes lo chiama, egli sa in realtà di guardare quando dovrebbe trattare analiticamente della moneta. Ciò che lo distingue dagli altri economisti è il fatto che, come Marx, ha la volontà di guardare dentro al pozzo in una «mise-en-abime» della scienza normale. Ciò che lo differenzia da Marx è che se ne ritrae subito spaventato. La sola cosa che un pozzo può riflettere è la luna, la luna che tutti vorremmo. Continuare a guardare nel pozzo è scegliere la verità in luogo delle certezze. Tuttavia il breve sguardo gettato nel pozzo è sufficiente a Keynes per capire quanto errate fossero le certezze scientifiche degli economisti di allora. Keynes infatti si ritrae dal pozzo dopo aver rubato al capitalismo la sua verità, quella di funzionare se si riesce a fare due cose: I) «persuadere il pubblico che il formaggio sia la stessa cosa della rponeta», cioè simulare che l'economia abbia un principio unitario e questo sia un principio di simmetria nelle relazioni e di equivalenza nello scambio delle grandezze; 2) «avere una fabbrica di formaggio (ossia una banca centrale) sotto il controllo pubblico», cioè là dove non si riesce a «persuadere», bisogna assicurarsi un più di potere che controlli comunque la sottomissione monetaria, il «consenso» fabbricato ex nihilo con il denaro, oppure con altri mezzi. Keynes ritirandosi dal pozzo della moneta, preferisce dunque rubare la verità che vi ha intravisto e scrivere la Teoria Generale, una /euera senza più verità (ma con molte certezze, molti autori che cercano incessantemente di riscriverla e molti destinatari che sempre si rinnovano), una lettera che circolando lubrifica discretamente i cardini del capitalismo. La T.G. è una matrice che inverte formalmente le condizioni d'esistenza dell'economia come scienza; dopo Keynes potrà ancora essere scienza a patto che prima funzioni come politica economica, come piano che in testa al suo elenco di obiettivi contenga una testa-di-serie: quella di preservare la stabilità strutturale del capitalismo. Una politica economica, una testadi-serie che, riproducendo socialmente la dissimmetria dei poteri (conferiti ai ruoti entro cui i soggetti devono pervenire per essere considerati soggetti economici), non affronta un futuro popolato da eventi equiprobabili (in termini della alternativa statistica «successo» o «insuccesso). È perciò un errore epistemolof.·co pensare la stabilità strutturale del c ib talismo come frutto del caso. lljoll • d1 quel primo oggetto sociale che è la moneta assicura una doppia sicurezza alla stabilità del sistema. S e questo ci rende consapevoli del tipo di barriera non certo casuale che protegge il campo capitalistico dalla morfogenesi di caratteristiche come eguaglianza e giustizia, esprime però al contempo un giudizio incontrovertibile sulla scelta di campo fatta da Keynes (non in quanto filosofo sociale ma proprio in quanto economista): «È quindi una fortuna che i lavoratori, per quanto inconsciamente, siano per istinto economisti più razionali d. quelli della scuola classica, in quanto oppongono resistenza a riduzioni dei salari monetari ... mentre non oppongono resistenza a riduzioni dei salari reali ... Ogni associazione di lavoratori opporrà qualche resistenza ad una riduzione dei salari monetari, per quanto piccola questa sia. Ma a nessuna associazione verrà in mente di mettersi in sciopero ogni qual volta si verifichi un aumento del costo della vita» (T.G., Capitolo Il). Questi enunciati, oltre a ciò che dicono, hanno una terribile forza illocutoria. (In questo caso è vero: «le idee degli economisti .._ sono più potenti di quanto comunemente si ritenga» (T.G., ultima pagina). Qui si produce uno scarto rispetto alla trappola teorica, qui vi ~ la consapevolezza di mettere in opera una trappola pratica, che non lascia dubbi a che cosa e per chi deve scattare. Questa apologia della politica economica come verità costitutiva dei teoremi della nuova scienza economica fa varcare a Keynes la soglia dell'episteme economica classica e assegna al new deal capitalistico un nuovo vantaggio provvisorio: quello di poter contare sull'effetto-ignoranza indotto sui lavoratori e sugli uffici studi delle loro organizzazioni dalla ragione economica classica. D'ora in avanti i salari monetari è bene che crescano (se ciò~ utile per far sognare di notte ai lavoratori la luna mentre di giorno i capitalisti soli hanno il potere di fissare il prezzo del formaggio). Dopo quarant'anni, questo vantaggio temporale, questa fortuna, si sono ridotti (il che dimostra che i lavoratori sono diventati economisti più1azionali dello !/tesso Keynes e che non posseggono \:iualcosa come una razionalità economica classica iscritta nel loro codice genetico). È cominciata a cadere l'illusione monetaria (e la gente non riesce più a sognare di notte la luna se non mangia di giorno formaggio a i;ufficienza). Ma a ben vedere questo evento era già stato previsto nel corso di una tavola rotonda tenuta a Chicago, sei mesi dopo l'uscita del Trattato sulla moneta (questo dibattito è ora riportato integralmente in Inediti sulla crisi). In quell'occasione è Alvin Hansen a sollevare la questione riducendola ai suoi termini più perentori: Hansen: Che cosa può fare un sistema bancario all'infuori di-assecondare una deflazione o creare un'inflazione? Keynes: Bisogna o entrare in un conflitto industriale e ridurre i salari... oppure decidere che la gente va assecondata e che questo facilita il funzionamento del. meccanismo ... (dando) concessioni illusoriepiuttosto che avere grossi scontri sociali... La mia scelta dipenderebbe dalla quantità di cose da liquidare (l'accento è mio) ..... Non c'l professore d'economia che se quest'anno gli riducono il salario si consolerà col pensiero del costo della vita (nel 1982 molti economisti e sindacalisti pensano invece che gli operai dovrebbero essere contenti). Hansen: (incalzando): / sindacati..... potrebbero imparare questa lezione bene e in freua e le banche centrali.... dovrebbero aumentare sempre più l'inflazione, in modo da tenere testa al gioco. Keynes: Allora si dovrebbe scegliere l'altra strada..... (Keynes, Inediti... p. 150) Quando la trappola viene decodificata, per rientrare in regime di doppia sicurezza, al keynesismo per funzionare non resta che regredire dalla sottomissione monetaria a quella materiale (una specie di accumulazione primitiva di ritorno). Quando la crisi rischia di trasformarsi in catastrofe strutturale, le spese in armamenti svolgono la stessa funzione stabilizzatrice di quelle per il welfare ed hanno, rispetto a queste, un plusvalore di codice: l'incubo dell'olocausto nucleare scaccia rapidamente tutti i sogni sulla luna (maggior salario), di notte fa sognare la pace e di giorno manda tutti «back to work».

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