RabelaisC, ervanteDs,cfstoevsk secondoBacht1n Viktor Sklovskij Il Bachtin di V. Slclovskijè uno dei capitoli di Tetiva (La corda tesa dell'arco, 1970) non tradotti nell'edizione italiana del libro (V. Slclovskij, Simile e dissimile, Milano, Mursia 1982), ed è inedilo in Occidente. È l'opera di uno Slclovskij quasi ottantenne, ma pronto, come nei suoi primi saggi, a percorrere disinvoltamente tutta la storia della letteratura e dell'arte, da Omero a Tolstoj a Boccaccio all'amato Sterne, alla ricerca delle somiglianze, delle costanti che una volta egli chiamava cprocedimenti•. •vi torna costantemente col pensiero, per giustificare, integrare e smorzare le affermazioni più estreme, per colloquiare con gli amici più cari: Tynjanov, Ejchenbaum, Propp: cOgnuno si arresta nel proprio sviluppo a un certo stadio, cessa di seguire il generale scorrere del tempo, e in genere ferma col proprio abbigliamento l'ambiente che lo circonda. Forse il mio atteggiamento verso le nuove correnti letterarie è simile a quello di S.A. Vengerov (suo professore all'università di Pietroburgo) verso di me, o di mia nonna verso le fogge dei cappellini•. su Rabelais, non è in grado di svelare tutta la complessità dei motivi, di spiegare le funzioni, letterarie e non, di opere• come il Don Chisciotte e Gargantua e Pantagruele. Più evidente diventa la polemica quando l'autore prende in esame l'altro libro di Bachtin, il Dostoevskij, opera che si fonda su un'ipotesi teorica definita «memoria del genere»: in base ad essa, a distanza di secoli nei prodotti del medesimo genere riaffiorirebbero tratti originari che sembravano ormai scomparsi. delle nuove funzioni che storicamente vi si determinavano, attribuendo un significato nuovo anche agli elementi già noti. tite: Bachtin, che accusava i formalisti di non tenere nel debito conto i dati extraletterari, è ora criticato per non aver preso in considerazione le modificazioni che il tempo, la storia, producono in fenomeni apparentemente simili; e anche in questo, oltre che nel valore dell'analisi di Sklovskij, consiste l'interesse del saggio. Non è mutato neppure il suo stile, fatto di frasi brevi, di accostamenti a sorpresa, di nessi logici suggeriti piuttosto che resi espliciti dalle costruzioni sintattiche. È uno Slclovskij che ha scoperto il pensiero di Lenin e la storia, che azzarda dichiarazioni alle quali negli anni Venti avrebbe sbrigativamente apposto l'etichetta liquidatoria di e eclettismo•; ma sa anche che gli anni Venti sono stati la sua stagione più feconda, e non solo perché hanno coincisocon la sua giovinezza; e quindi Il capitolo su Bachtin, forse più di ogni altro, giustifica il sottotitolo del libro (Sulla dissimiglianza del simile); dapprima Slclovskijpresenta il csuo• Rabelais, il csuo• Cervantes, come uomini del Rinascimento nella cui opera la nuova realtà culturale e ideologica entra di prepotenza, sconvolgendo i vecchi valori; qui, non ancora in polemica aperta, Slclovskijsuggerisce che la concezione del carnevale, motivo dominante del libro di Bachtin Questa ipotesi, grazie alla quale, com'è noto, Dostoevskij veniva ricollegato al genere classico serio-comico della satira menippea, passando attraverso autori come Petronio, Rabelais, Cervantes, ecc., parrebbe in qualche modo vicina alla teoria formalista dello «sviluppo letterario non di padre in figlio, ma dallo zio al nipote>; ma, in realtà, i formalisti avevano sottolineato piuttosto la costante mutevolezza dei generi letterari e la necessità di ridefinirli di epoca in epoca a seconda Dopo una serrata critica dell'uso bachtiniano del termine «menippea», Sklovskij respinge giustamente questa parte del Dostoevskij come ·la più caduca dell'opera bachtiniana, la meno utile sul piano dell'interpretazione letteraria; ed è curioso notare come proprio Sklovskij, che era stato fra i formalisti russi il più provocatorio sostenitore della critica letteraria come puro inventario di procedimenti, insorga ora, con argomenti a suo tempo usati da Tynjanov nella revisione del formalismo, contro l'appiattimento antistorico operato da Bachtin con la sua elezione del carnevale a motivo universale della letteratura («... qual è il materiale che poi diventa ridicolo, quale conflitto o conflitti suscitano il riso? Quali sono le modificazioni temporali di questa tradizione? Che cosa si ripete a ogni nuova nascita?.). Le posizioni sisono cioè come inverI brani citati da Sklovskij sono tratti, salvo correzioni di alcune sviste, dalle edizioni italiane: M. Bachtin, Dostoevskij. Poetica e stilistica (Einaudi), L'opera di Rabelais e la cultura popo· lare (Einaudi); R. Rabelais, Gargantua e Pantagruele (Einaudi), M. Cervantes, Don Chisciotte (Einaudi), B. Malinowski, La vita sessuale dei selvagginella Melanesia nord-occidentale (Feltrinelli), J. G. Frazer, li ramo d'oro (Boringhieri), L. S. Vygotskij, Psicologia dell'arte (Editori Riuniti), Aristofane, Gli uccelli (Laterza). Maria Di Salvo Sa Ga.rpntu e Pantapaele e sai libro di M. Bachlin •L'open1 di Rabelais» 11 romanzo di Rabelais ha avuto un destino strano e unico, a cominciare dal modo della sua edizione. Essa cominci<}infatti dalla seconda parte. L'autore vi dice esplicitamente di non essere stato lui a scrivere la prima parte. Cito la seconda frase del prologo deU'autore: e non è gran tempo che avete potuto leggere e conoscere le Grandi e inestimabili Cronache dell'enorme Gargantua; e da buoni fet!eli ci avete creduto come a un testo della Bibbia, o dei santi Evangeli...• Cosi Rabelais cominci<}la sua opera dalla seconda parte. Il libro fu stampato nel 1532 o all'inizio del 1533. Il libro di cui Rabelais parla nel prologo come di un'opera che è gitl stata scritta e ha entusiasmato i lettori era stato pubblicato nel I 532; era un libretto che si vendeva nelle fiere e rappresentava il mondo dei maghi, dei giganti e dei cavalieri in una specie di parodia. Rabelais modificò l'ambiente circostante i protagonisti. Il capitolo I del secondo libro narra l'origine e l'antichittl della stirpe del grande Pantagruele. Esso contiene una prolissa genealogia di Pantagruele, citala Bibbia e dice che il ceppo risaleal tempo in cui «Abele fu ucciso da suo fratello Caino•. La genealogia della Bibbia, oltre a enumerare i nomi, ricorda anche per che cosa si distinsero i discendenti di Adamo. Nel capitolo 4 della Genesi si registra: «Ada partorl /bai: egli fu il padre di quanti abitano sotto le tende presso il bestiame• (v. 20). Al versetto 22 è detto: cZiUa a sua volta partorl Tubalkain, il fabbro, padre di quanti lavorano il rame e il ferro•. Nella genealogia di Pantagruele le didascalie sono del seguente tenore: «Golia generi} Erice, il quale fu inventore del gioco dei bussolotti», oppure e chegeneri}Ezione, il quale fu ilprimo impestato», oppure «Oromedonte generi} Gemmagog, quello che fu inventore degli stivalini alla polacca•. La parodia continua anche più avanti; ad esempio, di uno degli antenati si parla come della persona che per prima cominciò e ... a giocare ai dadi con le proprie bariccole». La parodia è qui molto evidente e puntualmente giustificata da un aperto rinvio alla Bibbia nel prologo; ma di questo parlerò ancora. Dopo la seconda parte, Rabelais pubblici} la prima: cit}avvenne nel I 535. Con la prima parte Rabelais intendeva apertamente sostituire quel libro innocente che aveva continuato in modo parodistico. Il titolo parla di Gargantua, ma vi è citato due volte il nome di Pantagruele: dapprima a tutte lettere, poi il libro viene definito e pieno di pantagruelismo». Inoltre, il libro è ricco di audacia inusitata e, forse, tuttora insuperata. Vi è accentuato il caratte_reantireligioso, o più precisamente, anticristiano, del romanzo. Gargantua ha una lunga genealogia, che parte «dall'arca di Noè•; l'autore annota entusiasta: e ... vi dirt}che, per dono supremo del cielo, l'antichittl ela genealogia di Gargantua ci è stata conservata, più completa di qualunque altra, eccettuata quella del Messia: di cui non parlo, perché non spetta a me, e cosi i diavoli (voglio dire i calunniatori e gli ipocriti) non me lo permettono». La genealogia del «Slllvtllore-messia» viene esposta allaprima pagina del Vangelo di Matteo;Rabelais ne parodia la lungheUII: e 11. LI, somma di tutte le generazioni, da t 1bl1otecag1nobianco Abramo a Davide, è cosi di quattordici; da Davide fino alladeportazione di Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici» (Vangelo secondo Matteo, I, 17). li bersagliodella parodia è mascherato con discorsi su inezie e con rinvii ad autori classici e dotti. In generale, se si parla del libro di Rabelais come di un libro carnevalizzato, bisogna dire che i partecipanti a questo carnevale sono persone di una cultura fuori dell'ordinario esi rivolgono a lettori che devono essereeruditi dotati di ironia. li prologo dell'autore parodia il linguaggio di un dotto commentatore. Il primo capitolo è antireligioso, il secondo è dedicato alla descrizione parodistica di come fu ritrovato in mezzo a delle rovine il testo del trattato Le Fanfaluche antidotiche. Le Fanfaluche sono scritte in versi, contengono parodie della mitologia e frasi messe insieme in modo grammaticalmente corretto, ma volutamente insensate. Nel quarto capitolo è descritta la nascita di Gargantua. Questo capitolo è mascherato daiprimi. Dopo legenealogie vienepresentata la nascita di Gargantua. Essa ha luogo verso il carnevale. La grande mangiata di carnevaleè collegatacol raccolto dei campi e col macello del bestiame. Nel capitolo IV della prima parte del romanzo si racconta che il 3 febbraio Gargamella fece una scorpacciata. Aveva fatto una scorpacciata in autun(lo, dopo il secondo taglio dell'erba, quando ammazzavano il bestiame per salarlo, allo scopo di avere carne sufficiente in primavera. Non c'erano frigoriferi: la carne si salava, si affumicava, se ne facevano salami, ai quali si aggiungevano molte spezie. Forse si spiega con cit} anche il valore delle spezie nel medioevo. Quando si macella il bestiame si ricavano i resti, cit} che oggi si chiama sottoprodotto: questo andava mangiato, poiché la trippa non si mantiene a lungo. Tutte queste circostanze pratiche vengono collegate da Rabelais ai miti religiosi sull'immacolata con• cezione e sulla nascita miracolosa del messia. Al miracolo è dedicato il capitolo VI. La nascita di Gargantua avviene cosi: sua madre ebbe una colica intestinale, le diedero un astringente, e questo blocct}il parto normale. « Per tale inconveniente, allora, si rilasciarono nel basso ventre i cotiledoni della matrice: per viadei qualisoprassaltt} il bambino, esi caccit}nella vena cava; e risalendo attraverso il diaframma fino al disopra dellespalle (dove la detta vena-si biforca) prese di qui a mano manca, e andt} a sortire dall'orecchia sinistra>. Sembrerebbe solo uno scherzo, e per di più inverosimile, ma ecco che cosa ne dice Rabelais: «Se non ci credete, non me nefa niente; ma un uomo dabbene, un uom di giudizio, crede sempre a tutto quello che gli vien detto, specie se lo trova per iscritto. Non dice forse Salomone, Proverbiorum XIV: 'Innocens credit omni verbo' ect.? E San Paolo, prima Corinth. XIII: 'Charitas omnia credit'? E perché mai non aovreste crederlo? Perché, risponderete voi, non c'è nessuna parvenza di vero. Ma io vi dico che appunto per questa sola causa voi dovete crederlo con perfetta fede: non affermano forse i Sorbonisti che 'fede è argomento delle cose non parventi'? E poi è forse contro la nostra legge, la nostra fede, contro ragione, contro la Sacra Bibbia? lo per me non trovo nella Santa Bibbia niente che sia contro una cosa simile». La traduzione delle citazioni latine è la seguente: «L'ingenuo crede a ogni parola» e e L'amore crede a tutto>. Ma se si prende la Bibbia, alla quale Rabelais rinvia con tanta precisione, si vedrtl che Salomone dice al versetto I5: « L'ingenuo crede quanto gli dici, l'accorto controlla i propri passi». L'apostolo Paolo eraparticolarmente popolare durante la Riforma, percit} vediamo anche questa citazione (Prima lettera ai Corinzi, 13). Dato che in questo caso il versetto non è indicato, abbiamo possibilittl di scelta fra il versetto 6: «non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità» e I I: «Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, diventato uomo, cit}che erada bambino l'ho abbandonato». Rabelais elenca poi nascite inverosimili presenti nella mitologia dei greci e dei franchi: « Bacco non fu forse generato dalla coscia di Giove? Roccatagliata non nacque dal calcagno di sua madre? E Ammazzamosche dalla pantofola della sua balia? E Minerva non nacque dunque dal cervello di Giove, per via d'una orecchia? E Adone dalia scorza di un albero di Mirra? E Castore e Polluce dal guscio di un uovo, fatto e covato da Leda?». Ma la cosa principale in tutto questo gioco è la frase tratta dal catechismo: « ... fede è argomento delle cose non parventi». L'apparente confusione e la copiosittl baroccadelle notizie fornite da Rabelais avevano ii fine occulto di disperdere l'attenzione dei nemici. L'attenzione degli amici era diversa: gli umanisti erano dottissimi e sapevano, come diceva Rabelais, rosicchiare l'osso per raggiungere ii midollo. Rabelais così definisce quest'operazione: «Appunto sull'esempio di lui (del cane) bisogna essersavi: per poter annusare, sentire e apprezzare questi bei libri di gran succo, svelti nell'andatura ma arditi nell'assalto». Più oltre si dice:« ... (bisogna) rompere l'osso di fuori e succhiare la sostantifica midolla ...>. Nel capitolo 4 della Genesi, al versetto 4, sono ricordati i fatti seguenti: «C'erano sulla terra i giganti a quei tempi -e anche dopo -quando i figli di Dio si univano allefiglie degli uomini». Non posso fornire qui lunghi commenti, perché questo spezzerebbe il contenuto del libro. Se ne ricava che l'umanittl non discenderebbe interamente da Adamo. Nel libro dei Numeri si raccontache quando gli esploratori, inviati da Mosè, giunsero nella terra promessa, vi videro dei giganti. Ecco come ne parla ii versetto 33 del capitolo I 3: «vi abbiamo visto i giganti, figli di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di esserecome locuste, e cosi dovevamo sembrare a loro>. Anche Pantagruele discende da giganti, ma si tratta di giganti parodistici; essi appartengono piuttosto agli «uomini meravigliosi». Si raccontava a volte nei tempi andati che esistevano uomini con una gamba sola, o uomini il cui volto sta sul petto. In Rabelais esistono uomini gobbi, nasuti; e anche loro, come gli uomini orecchiuti, sono realie bevono «tisana d'orzo», cioè birra. E tuttavia, questi ultimi possono farsi un abito con un orecchio, e con l'altro coprirsi. Poi la Bibbia di Rabelais continua cosi: «Ad altri invece cresceva tutto il corpo in lunghezza. E sono quelli che diedero origine ai Giganti, dai quali discese Pantagruele. E il primo fu Chalbroth, che generi} Sarabroth, che genero Faribroth,
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