Cfr. Pasqualino Crupi Processo a mezzo stampa il 7 aprile Con una introduzione di Ida Farè e TIZiana Maiolo e con una lettera di Toni Negri Venezia, COM 2, 1982 pp. 168, lire 7.000 Titolo provocatorio. Non tanto perché Crupi, militante socialista, direttore di Calabria oggi e studioso di letteratura meridionale, raccoglie e commenta due anni e mezzo di interventi giornalistici sul 7 aprile come documentazione di un clamoroso esempio di asservimento della stampa al potere, ma soprattut\o perché il suo commento si applica esclusivamente a La Repubblica e a/' Unità, due testate che intendono presentarsi come protagoniste della battaglia per una stampa libera e democratica, esente dai condizionamenti delle strutture neocorporative dello stato. È invece bastato mettere in fila le cronache dedicate al 7 aprile per distruggere questa immagine e rimpiazzarla col desolante bilancio tracciato da Ida Farè e Tiziana Maiolo nella loro introduzione: nessuna rettifica delle notizie rivelatesi false, accreditamento di notizie sulla base di criteri di mera verosimiglianza, complicità con alcuni settori della magistratura in continue violazioni del segreto istruttorio a senso unico (cioè a danno degli imputati), uso terroristico e mistificatorio dei titoli, ecc. li documento è impressionante e testimonia- come sottolinea Negri in appendice- del prezzo terribile che le forze politiche della sinistra, cui si richiamano le due testate, banno accettato di pagare sull'altare del compromesso storico: la liquidazione dell'unico effettivo potenziale di rinnovamento democratico espresso dalla nostra società negli ultimi trent'anni, quello delle generazioni politiche espresse dal 68 e dalle esperienze del decennio successivo. Un prezzo tanto più amaro in quanto (questo non lo dice Negri ma una voce cinsospettabile» come quella di Giorgio Galli, su queste stesse pagine - cfr. Alfabeta n. 37) la logica di annientamento di ogni opposizione extraistituzionale non solo non è servita a spalancare la via del potere alla sinistra riformistica e democratica, ma ne ha favorito l'emarginazione e l'indebolimento in tutti i settori della vita politica. C.F. Achille Bonito Oliva The ltalian Tnms-avantgarde La Transavanguardia italiana Milano, Ed. G. Politi, 1980 Transavanguardia internazionale Milano, Ed. G. Politi, 1982 All'origine dell'arte contemporanea Bonito Oliva scorge un tradimento, una violazione inattesa della norma, un segreto spostamento di campo, realizzati in favore di una pratica obliqua che agisce in modo sotterraneo. Nella sua ipotesi interpretativa la creatività si manifesta non come attività diretta, interruzione della decadenza attraverso l'instaurazione del mondo dell'espressione, ma come slittamento marginale, assunzione della lateralità, percorso ripetuto e labirintico. Non c'è costruzione della forma, produzione di una sorta di heideggeriana cimmagine del mondo» nell'arte, ma solo citazioni deviate, correzioni perverse, parzialità dislocate altrove. L'arte è un percorso tortuoso in cui nulla è dato, nessuna norma è stabilita e l'invenzione di regole pare quasi fatta soltanto per poterle tradire nuovamente. li confronto con il reale e con i codici linguistici affermati non si configura né come accettazione né come rifiuto, ma come figura di violazione debole, aggiramento, sguardo distorto, lateralità. La rottura non riguarda l'arte e neppure la legittimazione della forma e la produzione di un'immagine d'infinito. Tutta la storia dell'arte contemporanea è una storia non di rivoluzioni, ma di cambiamenti di terreno, è uno spazio in margine in cui non si affermano nuove nozioni, ma, meno semplicemente, si bara alle carte e si forniscono risposte non attese a domande non formulate. E parimenti il tradimento, la mutazione delle regole, la scelta della deriva linguistica sono all'origine dell'attività della nuova critica: la sua scrittura è «il teatro filosofico in cui la critica d'arte diventa arte della critica» (Autocritico automobile, Il Formichiere, 1977) e si afferma a pieno diritto come linguaggio autonomo: se la creatività procede per slittamenti, citazioni deviate, attraversamenti di strutture già conosciute, la nuova critica (o post-critica) ne fa parte di diritto. Questo modello generale di interpretazione delle forme simboliche del Novecento non solo costituisce l'ossatura essenziale delle innumerevoli letture critiche proposte da Bonito Oliva negli ultimi anni, ma riflette nello stesso tempo un habitus mentale e uno status operandi che è direttamente organico, o almeno più consono, all'epoca e al clima della fine dell'avanguardia che allo 'spirito' e alle modalità di funzionamento delle avanguardie stesse. Il discorso sulla transavanguardia rappresenta quindi per Bonito Oliva la possibilità di proporre nell'ambito della ricerca artistica contemporanea una figura estetica nuova, mobile, irregolare, laterale, che riflette un'ipotesi di sperimentazione nomadica, svincolata da ogni quadro di riferimento normativo, e da ogni possibile legittimazione sistematizzata (e, quindi, genericamente post-moderna). La critica del «darwinismo linguistico» dell'avanguardia, il rifiuto della genaologia linguistica radicale come garanzia di valore, costituiscono per Bonito Oliva la condizione per realizzare un salto di campo, riattribuendo all'arte tutta una serie di determinazioni, polimorfe e differenziate, che prevedono ad un tempo i percorsi deviati del modello manieristico (cfr. L'ideologia del traditore, Feltrinelli, 1976) e il nomadismo acefalo del desi0derio, la riscoperta di tic soggettivi e di istanze come il «genius loci», e la ricostituzione di soggettività• (artistiche) deboli, ma non inibite da macromodelli normativi. La transavanguardia rappresenta una frequentazione della produttività non costretta alla ricerca del limite, dell'estremo formabile ed intellegibile (come avveniva nelle più alte esperienze dell'avanguardia storica), ma volta a ricostituire un tessuto espressivo dispiegato per scoprire inte~sità nascoste, modificare le pulsazioni abituali e suggerire un circuito dell'arte meno asettico e sterilizzato, più composito ed eclettico. È l'opzione per un funzionamentosoji dell'arte, capace di cogliere il caos contemporaneo e il nichilismo diffuso, non come determinazioni tragiche che richiedono una risposta eroico-patetica, ma come dato di fatto, condizione ormai acquisita che consente sperimentazioni meno radicali ma più libere. Paolo Bertetto Colloqui e convegni Urbino, Centro Internazionale di Semiotica e Linguistica, 12-30 luglio. Oramai (una tradizione che dura da dodici anni) Urbino è divenuto la meta fissa delle vacenze-intelligenti del semiologo. Con una novità che dura già da qualche tempo: il ghetto degli studiosi del linguaggio sembra essersi 'definitivamente aperto ad ogni sorta di compagni di strada, talora forse indifferenti ai metodi linguistici o più in generale allo strutturalismo, ma certamente sempre più disposti al confronto su temi di frontiera come quelli che i programmi urbinati da tempo mettono sul tappeto. Anche per quest'anno, infatti, siBibllo ecaginoo1anco l'autore, pur non dimenticando qualche illustre mediatore recente come Sandro Penna, per esempio, colloquia ormai liberamente, mentre su tutti, maestri e allievi, alita ormai l'ansia sospesa e composta dell'astrazione che tutto compendia e riassorbe: musica, senso, colore. Biancamaria Frabotta Adolf Hirémy-Hirschl Feltre, Archivio Proposta 1982 pp. 111, s.i.p. preannunciano alcuni colloqui e convegni di largo interesse interdisciplinare. Nella prima settimana, dal 12 al 16, Miche) de Certeau, francese, docente a San Diego, California, organizza un colloquio sul Discorso mistico, nell'intento di indagare lo statuto e il funzionamento delle differenti pratiche mistiche dalla tarda antichità fino ai giorni nostri. Si parlerà cosi di testi come quelli di Sani' Agostino, di Hadewijcb d'Anversa, di Ba'al Shem, ma perfino di George Bataille. Ungherese di nascita, HirémySubito dopo, due colloqui per fare il Hirschl fu pittore premiato e celebrato punto sulla situazione teorica di due nella Vienna fin de Siècle; dopo il settori particolari: il cinema (organizzatori Francesco Casetti e Lino Micci- 1898, si ritirò a Roma, dove trascorse il resto della sua vita, e dove mori nel ché, e il contributo del Festival di Pe- 1933. Le ragioni del suo trasferimento. saro ), che vedrà riuniti studiosi di teo- in Italia, che coincise con il termine riche del cinema, e non solo semiologi d 11 -1 bbl. della e a sua v1a pu tea, ma non (fra gli altri si preannunciano Christian d • i·sr·ca f rono vari·e sua pro uz1one ar 1 1 , u . Metz, Roger Odin, Raymo nd Bel- Sicuramente influì la passione per le lour), e l'analisi del discorso (organiz- rovine. Ma la scelta di abbandonare za Patrizia Violi), che vedrà attorno Vienna fu dettata anche da circostanze allo stesso tavolo studiosi di imposta- 0 11- la fama di·H;•émy Hi·rschl gge 1ve: u - zione assai diversa come i francesi e gli stava ormai declinando, offuscata dalamericani. la ascesa di Gustav Klimt (in rapporto Di grande respiro appare poi il con- 1 1 tt· é tt· schl r,·sultava a qua e 1r my- tr vegno sull'iconicità (organizza Eugene 1 - • 1 0 e n anello come un an 1c1paore, c m u Vance, di Montreal), dedicato ai temi di congiunzione o di transizione). teorici più brucianti della rappresenta- Si tratta quindi di una biografia zione visiva e delle sue filosofie. esemplare di quel decadentismo, di cui Un'appendice: la tavola rotonda (al Héremy-Hirschl fu uno dei massimi termine della seconda settimana) sul esponenti: senso della caducità, delconcetto di «ornamento», che vede l'effimero e del declino, nella vita raggruppati stavolta non tanto i lingui- come nelle opere, che recano titoli sti quanto gli studiosi di estetica (da come «Studio di composizione con Vattimo a Perniola, da Baudrillard a luminosa apparizione di figura femmiDamisch). L'ultima settimana si chiu- nile in una città antica, desolata e invade con un convegno sul nome proprio sa dai lupi», «SicTransit ... », «Attesa 0 (organizzatori Pino Paioni, anima del Solitudine», «Assuero alla fine del Centro Urbinate, e Louis Marin della mondo» .... Sorbona), apparentemente per specia- A cinquant'anni dalla morte, con il listi, ma anche questo in verità dedica- favore del nuovo interesse per il decato ad indagare la polifunzionalità di un dentismo (e specialmente per quella concetto come quello di nome proprio nei più di:ersi campi disciplinari com- forma particolare che esso prese nell'Austria-Ungheria declinante), rina- ,_p_r_e_si_q_u_e_1_1i_v_i_s 1 ·v _i_ _ _ o_.c.._.... sce l'interesse per Hirémy-Hirschl, lo sfortunato anticipatore di Klimt (e il libro qui presentato è il catalogo di una grande mostra a lui dedicata, in questi giorni, dal Comune di Belluno con l'apporto dell'Istituto Austriaco di Cultura). M.F. Toti Scialoja Paesaggi senza peso Roma, 1981 La nascita ufficiale di Scialoja poeta risale al 1976 quando Antonio Porta presentò per la Cooperativa Scrittori La stanza la stizza l'astuzia. Prima di allora Scialoja preferiva affidare la sua nativa poeticità, oltre che alla sua pittura sempre più nitida di aria e di luci al genere tradizionalmente considerato «minore» della poesia per bambini. E ll che i più accorti lo scovarono proponendo i suoi versi, che pure sono adattissimi alla prensile sensibilità musicale di una mente bambina, anche a un pubblico adulto. Porta nella sua introduzione contrappose l'anti-mago Scialoja al vate montaliano cercando di inviare la sua sonda critica alla massima profondità. Perché tale è lo spessore della poesia di Scialoja e molti sono gli strati che si nascondono dietro il brio del nonsense, della filastrocca o dietro l'agile gioco della rima e dell'allitterazione. In Paesaggisenza peso infatti (libro stampato per le cure di Gabriele Stocchi in duecento esemplari che «non trovasi da nessun libraio») Scialoja rinnova la sua personalissima vena facendone anche affiorare e decantare il fondo più amarognolo e fiabesco. Questi nuovi paesaggi, poesie scritte dal 1979 al 1980 si depurano di ogni residuo peso che potrebbe tenerli ancorati alla terra. Anche le città, le campagne, le piazze, gli ippodromi si fanno di aria e di acqua. Scompaiono i distici, icalembours, il ritmo serrato e giocoso della prima raccolta e in uno spazio ormai totalmente mentale e stilnovistico appaiono quartine luminosissime, trepide, quasi trasparenti. Gli accenti si ritraggono allungando il suono delle parole dolcemente vocaliche, il senso prevale sul nonsense, il ritmo si allunga in mi! rabili «notturni» come questo: «sere, ma quali sere,/quali deserte attese, quali rose severe/in azzurro paese». Se volete potete intravedervi i celesti e i bianchi di Beato Angelico, il rovello atonale di Cavalcanti, qualche tentazione all'elegia suggerita da Villon; maestri antichi dunque con cui Figure Teoria e critica dell'arte Anno 1. Numero I. 1982 Roma, Kappa edizioni pp. 116, lire 5000 Anche lo statuto della critica d'arte, come quello di molte altre discipline o territori del sapere, è oggi da varie parti messo in questione. Si tratti degli esecutori dell'arte concettuale, che ritengono di poter definire univocamente il senso degli oggetti artistici da loro prodotti; o del ritorno, con Lyotard, ad una concezione della critica come nuova opera d'arte sull'opera d'arte, la «morte della critica» è posta come un dato di fatto «postmoderno». La nuova rivista quadrimestrale Figure, diretta da Filiberto Menna, prende posizione, nel dibattito, non certo per negarne le ragioni storiche, ma per ipotizzare «un uso nuovo delle nozioni ... di progetto e razionalità», tale da poter dare una risposta possibile, nel senso di una sopravvivenza, o di una nuova «forma di vita», dell'esercizio critico. Le direzioni della ricerca,oltre che -daun saggio dello stesso Menna, vengono indicate, in un ampio ventaglio di atteggiamenti, attraverso scritti di Franco Rella, Manfredo Tafuri, Gianni Vattimo, Emilio Garroni, e note di Carlo Ferrucci, Alberto Cuono, Angelo Trimarco, Lorenzo Mango. Un filo comune sempra percorrere e collegare questi diversi interventi: la consapevolezza che la perdita dell'aura e l'impatto delle società di massa hanno comunque spostato l'arte dall'immagine che ancora se ne poteva avere dall'inizio del secolo; ma insieme la constatazione, perdi ria con Vattimo, che l'arte «c'è•; e con essa c'è ancora - e aggiungerei in forme sempre più penetranti e gnoseologicamente feconde - la critica. Da qui, al di là dell'immaginario teorico, forse occorre, realisticamente, partire. M.S. ~ PRIMOCARNERA EDITORE L 3.000 nuova serie autaut 187-188 Gennaio-aprile 1982 HEIDEGGER - Identità e differenza AGAMBEN - L'assoluto e l'Ereignis; DE CAROLIS - Destino e grammatica in Heidegger FERRARIS, BUSDON - «Mille Plateaux»: LEPORATI- Nietzsche e Irigaray; PREZZO - L'ultima Kristeva BENVENUTO - Discussione sulla metafora TRASFORINI - Corpo isterico e sguardo medico GOZZI-All'origine dello Stato sociale; GREBLO - Horkheimer e lo Stato autoritario INDICE AUT AUT 1951-1981 Mensile a cura del Comilato Regionale Lega Cooperative de~'Emilia Romagna Cooperazione. Tanti ne parlano a sproposito. Noi no! Abbonamenti per il I 982 1I numeri Lire 15.000 Inviare assegno o vaglia postale a: Comitato Regionale Lega Cooperative Via Aldo Moro, 16 • 40127 Bologna Il piccolo Hans rivista di analisi materialistica 33 gennaio/marzo 1982 Fiabesco in barocco All'interno del vulcano Lol versus Agatha Omaggio reso a Marguerite Duras del rapimento di Lol V. Stein di Jacques Lacan I discorsi nel discorso Tra «romance» e «novel» Le cose di Ariel Notes Magico Diario di lavoro di Francesco Leonetti i seminari Jacques Lacan La psicoanalisi al rovescio (II) La memoria e l'apparato neuropsichico Come dire la verità Minute Rubrica edizioni Dedalo
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