limita a raffigurare il sovrano, ma ciò che, all'interno dello «Stato spettacolo», lo legittima e dunque lo costituisce come tale: agendo come operatore di scambio tra immagine e nome, racconto e legge, realtà e normatività. In questo caso il predominio progressivo del segno-nome sull'oggettocorpo tradurrebbe il movimento logico e storico attraverso il quale il potere si riconosce assoluto identificandosi nel proprio sostituto simbolico: trasformando cosi una mancanza reale (di fondamento giuridico ed etico) nell'assolutezza, anch'essa reale, di un immaginario che ne occupa il posto. Il potere è nell'immagine finta, ma l'immagine finta esprime un potere reale. È il punto di massimo svuotamento del carattere sostanziale, eticamente fondato, del politico, di cui il Breviario del Mazzarino offre una caratterizzazione assolutamente paradigmatica. In esso si respira piena aria di «autonomia del politico»; ben più che nella contemporanea trattatistica di Ragion di Stato italo-iberica (o che nello stesso Testamento di Richelieu), dove la discrepanza dijus e/ex è ancora, almeno intenzionalmente, mediata dal riferimento ad una dimensione etica dello Stato. Qua non più: l'artificio, la tecnica, si contrae in individuo, atomo, punto: funzione ed G. Gambirasio, B. Minardi (a cura di) Giovanni Muzio Opere e scritti Milano, Franco Angeli, 1981 PP- 293, lire 18.000 G. Cislaghi, M. De Benedetti, P. Marabelli Giuseppe De Finetti Progetti 1920-1951 Milano, Oup Edizioni, 1981 pp. 151, lire I8.000 L. Carizzo, R. Pozzi (a cura di) c 1930-1942. La città dimostrativa del razionalismo europeo», in L'utopia in orbace di Riccardo Mariani Milano, Franco Angeli, 1981 pp. 343, lire 16.000 A. Samonà clgnazio Gardella e il professionismo italiano», in Professionismo e Ardaitettura Roma, Officina Edizioni, I98 I pp. 286, lire 13.000 E. N. Rogers Gli elementi del fenomeno udlitettonko a cura di Cesare de Seta Napoli, Guida. 1981 pp. 160, lire 7.500 Gianni Braghieri (a cura di) Aldo Rossi Bologna, Zanichelli, 1981 pp. 208, lire 6.800 Illustrazioni: G. Muzio Casa di via Moscova (Cà brutta), Milano 1922 Prospettive G. De Finetti Proposta cli variante al piano regolatore cli Milano per la zona cli piazza Diaz ( 1937) Prospettiva d'assieme espressione di vuoto assoluto. Puro travestimento. Da qui la politica come teatro: la sua obliquità, trasversalità, transitività: «Non sarà se non bene, che mentre ti assidi a mensa, o al tavolino a scrivere, ti collochi dirimpetto uno specchio, per vedere in una scorsa d'occhio quanto si fa dietro le tue spalle» (p. 50). Ma anche come gioco, o addirittura teoria dei giuochi, e cioè massimizzazione dei benefici e riduzione dei costi a partire da condizioni date eppure continuamente varianti: «Se metti su per l'esito di qualche aspettativa con uno, scommetti altrettanto per la riuscita affatto contraria con un altro dell'oggetto medesimo: e in cotal guisa giuocherai sempre sul sicuro» (p. 93). Eppure proprio questa caratterizzazione, apparentemente pacificata, di politica come giuoco racchiude un primo elemento di contraddizione che mina la logica, altrimenti compatta, del quadro. Il problema deUa conservazione del potere è quello, classico, della ricerca dell'equilibrio come blocco formale del divenire e della neutralizzazione del caso. Ma la variabilità delle condizioni esterne obbliga il soggetto politico a variare, a seconda delle circostanze, la propria strategia (come appunto prescrive la teoria dei giuochi). In questo caso non la «fermezza» ma la mu- ,rt(\ '\\,~ tevolezza è condizione di stabilizzazione. Ma come può «tenere» una stabilizzazione affidata al mutamento? E come può il mutamento garantire conservazione? Nella struttura chiusa del discorso del Mazzarino si formano le prime crepe, i primi segni di un'imminente lacerazione. Il suo stesso stile «comico• - come osserva anche Macchia nell'Introduzione - non riesce a celare una vena tragica che non si limita ad insinuarsi nelle sue smagliature, ma di fatto ne costituisce la falda nascosta, il volto inespresso. La conservazione non è solo funzione di movimento, ma di un movimento che si esprime come continuo annullamento. Tale annullamento riguarda in primo luogo l'altro da sé, il nemico, il concorrente. Ma l'annullamento dell'altro brucia a poco a poco, scava, divora, lo stesso piedistallo della propria espansione:e consuma da ultimo lo stesso soggetto di potere. Che non a caso è continuamente costretto a velarsi, a nascondersi come tale: fino ad esibirsi sempre sconfitto, perdente, subalterno; come appunto, proprio per vincere su gli altri, è costretto a fare ogni buon cortigiano: «Sarai sempre bravo, e valoroso, se superando il rimanente degli altri, al tuo solo Padrone ti rendi vinto» (p. 64). E qui tornano naturalmente alla mente le indimenticabili pagine in cui il Benjamin del Dramma barocco tratteggia la silhouette di una sovranità assente a se stessa, letteralmente introvabile. Anche questo non è un dato congiunturale, una sorta di rifrangenza secondaria, laterale, rispetto alle linee forti dell'assolutismo vincente, ma l'espressione ultima e necessaria della sua stessa dinamica. Esso è direttamente visualizzato nel passaggio dallo Stato-sovrano allo Stato-macchina che si registra soprattutto in Francia, dove ad una corte orcheMilano~,i,~itettura A. Rossi Sudlicbe Friedricbstadt IBA 84, Berlino Progetto per il concorso a inviti (primo premio). Disegno a china U no dei sintomi più evidenti di crisi della cultura milanese riguarda l'architettura. .Milano è stata storicamente uno dei poli principali del dibattito architettonico, ha rappresentato per decenni la cultura architettonica professionale più prestigiosa in alternativa a quella romana più direttamente dipendente e influenzata dal potere politico. Tra le due guerre è stata la sede più avanzata del dibattito novecentista e razionalista con figure come Muzio, Ponti, De Finetti, Pagano, Persico e Terragni: di quel periodo porta testimonianze davvero esemplari come la «Ca' brutta», la «Casa della Meridiana», l'Università Bocconi e opere di Terragni tra le più importanti come la «Casa Rustici». Nel dopoguerra è stata esposta all'attenzione del mondo con architetti di grande valore, e con la figura emergente di Ernesto Rogers, grande teorico dell'architettura e agitatore di idee che ha diretto con grande prestigio la rivista Casabella, punto di riferimento obbligato per la cultura architettonica internazionale. Con «continuità» dialettica si innestano sul fecondo terreno di attività e dibattito dell'anteguerra figure come i Bbpr. Viganò, Albini, Gardella, Magistretti, Bottoni, De Carlo, Zanuso. Milano ha ancora oggi figure di grande prestigio nel campo dell'architettura ed è ancora sede di un dibattito culturale ma il raccordo con la struttura sociale è molto debole. Figure di grande valore come Aldo Rossi, Vittorio Gregotti, Gae Aulenti, per fare solo alcuni nomi, architetti milanesi di fama internazionale, invitati in altre città d'Italia ed all'estero per incarichi di grande importanza, non hanno realizzato nulla o quasi nulla a Milano. Il Comune ha assegnato, prima delle ultime elezioni amministrative, numerosi incarichi professionali individuali e di gruppo a decine di architetti, seguendo la rigida disciplina delle tessere di partito e delle lottizzazioni, dando luogo a collaborazioni imposte tra architetti che probabilmente non hanno nulla da scambiare tra di loro. La prestigiosa tradizione della cultura architettonica milanese basata sulla libera professione viene rapidamente sopraffatta da una cultura subalterna al potere politico e da una professione coatta, che non si qualifica più per la bontà dei risultati, ma per la posizione che occupa nella scala gerarchica del potere. Sia neglianni tra le due guerre che nel dopoguerra la Triennale ha svolto un ruolo fondamentale di individuazione di temi di dibattito, di collegamento internazionale, raccolto il contributo dei vari paesi su questi temi, presentandoli al pubblico e favorendo una coscienza allargata dei problemi della città, dell'architettura e del design. Oggi questa istituzione «rinnovata» non è più in grado di svolgere un compito adeguato alla sua tradizione ed al suo status di manifestazione internazionale. Lunghi anni di crisi di gestione I'- hanno fiaccata forse irrimediabilmente: ora siamo ridotti ad esultare per il solo fatto che un'amministrazione finalmente dotata di un minimo di efficienza riesce ad imbiancare i muri e restituire al Palazzo dell'Arte - un'altra delle opere importanti della cultura architettonica milanese - la necessaria agibilità. Ma il rinnovamento della Triennale è rimasto a metà strada: non è più la eclatante manifestazione internazionale che si rinnovava ogni tre-quattro anni e non è ancora neanche larvatamente quel «Beaubourg Milanese» e «museo in progress» pomposamente 81u11uLecag1nobianco strata in prima persona da un «re macchinista» (cosl si esprime J.M. Apostolidès, Le roi-machine, cit.), subentra una scena politica governata da un apparato anonimo e burocratico. Macchina, appunto, che proprio al momento del massimo apogeo di Luigi XIV, genera una specie di «effetto di nascondimento» che riproduce a livelli sempre più alti il «posto del re», ma lo definisce insieme come «posto vuoto». Il continuo arretramento, la continua sottrazione messa in scena dal Mazzarino può intendersi anche come geniale metafora di questo processo: e insieme sua ritrascrizione in termini individuali. Per conservarsi è necessario mutare; per vincere, perdere; per affermarsi, negarsi. La neutralizzazione dell'altro neutralizza ogni possibilità vitale dello stesso soggetto di potere. Il nulla ne lambisce da vicino l'ambito di operatività: «Proccura sempre, quando puoi, di sfuggir quegli oggetti, da' quali ti senti con veemenza tirare, o almanco con somma circospezione vi ti accosta• (p. 69). Come il testo di Erasmo, anche questo di Mazzarino ha un oscuro doppiofondo; che esso stesso, forse volontariamente e per estrema perfidia, lascia trapelare: «per non darsi a credere con quella forzata insensibilità, la piaga del cuore esser più profonda del consueto» (p. 115). annunciato dal suo Presidente Giampaolo Fabris in varie circostanze, ma contraddetto dal carattere limitato, episodico e poco originale delle sue iniziative. Troppe, delle mostre presentate nelle manifestazioni della Triennale, sono state prodotte da altre istituzioni; troppo locali e limitati sono i temi affrontati; troppo numerose sono le attività espositive e troppo poche le attività di ricerca e dibattito; troppo limitata è la partecipazione straniera. Questa istituzione culturale, tra le più importanti del mondo, che risente ancora oggi positivamente del prestigio accumulato in decenni di attività sta morendo lentamente e ci viene contesa da altre città europee, che senza molte difficoltà possono dimostrare che saprebbero farne un uso migliore. Gli amministratori locali e le forze politiche hanno delle grosse responsabilità su questa vicenda e non valgono i vanti del Sindaco Tognoli per aver finanziato il restauro del palazzo e gli incitamenti ad avere coraggio. Per la Triennale non basta il coraggio, ci vuole coscienza che la politica delle lottizzazioni sta distruggendo la cultura a Milano e quella architettonica in particolare. Una politica di compromessi non paga più neppure in suffragi elettorali, e non paga certamente sul piano della qualità della cultura. E la Triennale è stata gestita nel più avvilente compromesso e per non sottostare a tale compromesso figure di grande prestigio come Gae Aulenti e Carlo Berte lii hanno rinunciato ai loro incarichi nella giunta esecutiva senza che la circostanza ponesse alle forze politiche il benché minimo problema. In questa situazione Milano non sa.più neppure difendere le proprie testimonianze culturali. Mentre la Triennale si dibatte nel dilemma se essere fiera o laboratorio, gli archivi dei maggiori architetti milanesi vengono trasferiti in altre sedi non del tutto appropriate. Ad esempio l'archivio dell'architetto Piero Bottoalfabeta 11. 36 maggio /'182 pagina Y t• .,. :..0 1• \ \)1!?~1' 1 "~~ .1, 1,\ '.'Ut\\h
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