Alfabeta - anno IV - n. 36 - maggio 1982

StoriediCasabella e on il 11umerodi marzo Casabella inizia la nuova serie diretta da Vittorio Gregotti. Novità di rilievo, per il prestigio della testata eper la personalità del direttore. La nuova direzione sembra promettere un i11dirizzo che riprende la li11eapiù tradizionale della rivista, quella della «conti11uità», una impostazione che ha profondamente influe11zatole migliori esperienze de/l'architettura italiana durante due periodi cruciali, gli anni '30 e gli anni '50. L'attesa per questo avveirimento così promettente è stata tuttavia accompagnata da/l'insoddisfazione per come si è conclusa Casabella di Tòmas Maldonado. Troppo recente è il ricordo, nel 1977, della presentazione di un programma che, pur realizzandosi soro parzialmente, ha dato momenti di imeresse per il dibattito. Una esperienza che oggi si interrompe bruscamente, con alcune potenzialità non ancora espresse, dopo difficoltà che i lettori hanno potuto solo dedurre dai successivi mutamenti, prima con lo scioglimento del comitato direttivo e in seguito con le trasformazioni della direzione. La nuova Casabella non si presenta con un programma. Si offre i11vecedirettamente al lettore, che coglie come prima impressione quella di un prodotto sofisticato, che prima di ogni altra aggettivazione vuole essere «rivista», nel senso di rispo11derecon professionalità ad un compito specifico, giornalistico, di strumento di informazione. Il particolare taglio «giornalistico» è caratterizzato dal progetto grafico accuratissimo, dall'articolazione della redazione in due nuclei, uno interno, l'altro esterno, e dalla qualità dei servizi che fi11dal primo nume~o appaiono come generi definiti, succedendosi in una sequenza modulare molto chiara. Casabella di Gregotti colpisce forse i11primo luogo proprio per l'evidente volontà di costruire una immagine, una forma corrispondente ad un costume ni, autore di vari importanti edifici e piani urbanistici realizzati a Milano ed egli stesso milanese di nascita, è stato ospitato presso l'Istituto di Studi della Resistenza di Sesto San Giovanni, oppure l'archivio dell'architetto Giovanni Muzio destinato alla Accademia di S. Luca a Roma; ancora: l'archivio dell'architetto Alberto Rosselli, già trasferito a Parma presso il Centro Studi ed Archivio della Comunicazione, dove è stato quasi completamente sistemato anche l'archivio di Giò Ponti, uno degli architetti più tipici della cultura architettonica milanese; mentre, a quanto se ne sa, altri archivi di architetti milanesi tutt'ora attivissimi, come ad esempio Gardella e Bbpr, sono stati promessi allo stesso Centro Studi dell'Università di Parma. Non sono naturalmente in discussione la competenza scientifica ed i mezzi tecnici che possono mettere a disposizione l'Università di Parma o l'Accademia di S. Luca a Roma. E' invece qui in discussione se sia .giustificabile trasferire in un contesto molto differente - quale la città di Parma o di Roma, con la loro specifica tradizione storica, economica e cultu-· raie certamente così tipiche e quindi differenti da quella di Milano - un materiale che si è formato nella capitale lombarda e per lo più proprio per questa città. E' anche in discussione, come mai una città come Milano, con tante istituzioni culturali di prestigio, anche non volendo fare riferimento alla sola Triennale, non sappia darsi una sede idonea alla raccolta e conservazione di un materiale fondamentale che documenta la propria vicenda architettonica cd urhanistir. professionale: in altre parole, si tratta innanzitutto di un «progelto», approfondito nella cura dei dettagli fino al virtuosismo. Un'altra rivista, potremmo dire, che è a immagine del proprio direttore; a questo dobbiamo aggiu11gere che nessuno poteva meglio di Gregotti corrispondere alla linea della «continuità». Nata nel 1928 come rivista di interni, La Casa bella divemerà Casabella nel 1933 con la direzione di Giuseppe Pagano, cui si affianca Edoardo Persico. Milano è allora il centro del razionalismo italiano, movimento che produrrà in quegli anni le sue opere migliori, come il Novocomun di Terragni e lo stadio di Nervi a Firenze. Casabella è il riferimento e la voce di questo ambiente, molto più vicino al mondo produttivo che a quello politico ufficiale. La bauag/ia a11tiaccademicaper l'architettura moderna è condotta allora dai razionalisti con due anime che sono chiaramente rappresentate dalle diverse posizioni dei due direttori. Pagano è sostenitore della possibilità di una evoluzione progressista all'imerno del fascismo, confidando in aperture come quella di Bottai; Persico è invece sostenitore di u11'opposizione intransigente. Il « Programma 1934», firmato da Pagano, Persico e Palami, definisce i principi che assegnera1111a0lla rivista il suo carattere definitivo, denotando nello stesso tempo le mediazioni fra le due anime del razionalismo. Gli autori del «programma», puntua/izza11do la sintesi tra «l'attuale e insuperata eleganza» della rivista e il suo indirizzo «non soltanto critico, ma soprattutto morale, educativo», si propongono di passare ad una maggiore indagine tecnica: «restringeremo il campo troppo vasto delle artifigurative -essi affermano -e valuteremo l'architettura in tutte le sue forme e in tutte le sue espressioni: tecnica edilizia e gusto architettonico, tecnologia dei materiali moderni, senso economico ed esame dei costi». Per poi concludere: «E nella La cosa sembra particolarmente sconcertante nel caso di architetti come Muzio, Ponti, Bottoni, Bbpr, Gardella, che per il loro prestigio e con le loro opere hanno così chiaramente caratterizzato il volto della nostra città. Non credo che valga la pena di cercare un capro espiatorio per questa situazione anche se esistono responsabilità oggettive. E' vero invece che è necessario e possibile riprendere l'azione per rimettere Milano al centro del dibattito architettonico internazionale. E' necessario perché Milano, come ho già detto, è sempre stata all'avanguardia in questo campo; è possibile perché gli strumenti e le persone non mancano. Oltre alla Triennale, il cui problema va affrontato e risolto immediatamente, nominando subito il nuovo Consiglio di Amministrazione e non rinviando alle calende greche questo atto politico amministrativo essenziale, Milano possiede tre delle più importanti riviste d'architettura del inondo che, come tutti sanno, sono Domus, Casabella e Lotus lnternational, riviste che tutti gli stranieri ci invidiano. Milano possiede ancora il Pac (Padiglione d'Arte Contemporanea) in cui è stato tentato un interessante esperimento di mostre coordinate, tra cui quelle di architettura programmate da Gregotti, e che oggi è ridotto almeno per quanto riguarda l'architettura a discutibili effimeri esperimenti oppure a mostre magari interessanti, ma di carattere troppo manifestamente commerciale, per cui siamo arrivati al paradosso che Olivetti ha presentato i cavalli di San Marco e il Comune di Milano il design della Braun. Milano dispone inoltre di una sezio- • \ 'alfaber,l.ir.<36tr.tiggirn/982.,p«gina IO Bibl1otecag1nob1anco Franco Zagari nostra critica, nella nostra scelta, nei nostri giudizi sovrasterà l'esame della ragione sociale, della ragione morale, della ragione civile dell'arte. Poiché quelle stesse ragioni storiche e morali che impediscono il ritorno ali'arbitrio incontrollato dei feudatari, o agli ipocriti gerghi dei cicisbei, impediscono anche og11irinuncia al nostro presente artistico, ogni tradimento alla nostra coscienza di europei moderni• (corsivi nostri). Questa l'ista11zafondativa di Casabella e questa, credo, la radice più profonda della sua tradizione: rigore critico e morale, vocazioneeducativa;rigore a partire dalla co11oscenzadei propri mezzi, con la più alta considerazione del compito de/l'architetto; il razionalismo come ragione sociale, morale, civile e quindi politica dell'arte; la coscienza di «europei moderni» come unico presupposto di ogni iniziativa culturale. Dopo la morte prematura di Persico nel 1936, il momemo più alto della produzio11edel razionalismo italiano e insieme il principio del redde ationem, inizia una caduta progressiva delle illusioni, che porterà Pagano a staccarsi dal fascismo, fino allasua adesione alla resistenza e alla chiusura di Casabella da parte del governo nel 1943. Dieci anni dopo lamorte di Pagano a ne lombarda dell'In-Arch (Istituto Nazionale di Architettura) che ormai da tempo non svolge un'attività di rilievo e di una sezione lombarda dell'lnu (Istituto Nazionale di Urbanistica), che sotto la direzione -di Augusto Cagnardi ha negli ultimi tre anni documentato e dibattuto problemi di rilievo non solo per l'urbanistica, ma anche per l'architettura. Infine Milano dispone di una scuola di Architettura ~~, ~..._.._) che sotto la direzione di Bernardo Secchi e con la collaborazione di molti docenti, ha dimostrato come si possa valorizzare un lungo travagliato processo di crescita, crisi e trasformazione diventando uno dei punti di riferimento più importanti del dibattito architettonico. Benché non sia ancora del tutto fugata la diffidenza nei suoi confronti. ognuno deve dare atto che essa sta contribuendo in modo decisivo a rinnovare l'immagine del Politecnico, un tempo esclusivamente affidata alla Facoltà di Ingegneria. Milano può Mathausen, dopo una breve pausa con la direzione di Albini e Palanti, Casabellapassa sotto la direzione di Ernesto Rogers, che la terrà fino al 1964. Si apre così un nuovo periodo di grande respiro, impostato da Rogers, indiscusso leader della seconda generazione del movimento moderno, a/l'insegna della continuità con l'insegnamento di Pagano e di Persico. Restano, attualissimi, gli editoria/i e molti i numeri famosi, come quelli monografici su van Ve/- de, Loos e Behrens. Si tratta di una testimonianza travagliata durante gli anni che vanno dalla ricostruzione fino alla crisi che segue l'improvvisa espansione economica; anni per l'Italia di molte occasioni perdute eper l'architettura di profonda crisi del movimento moderno. «Il passo da fare -scrive Rogers -è di approfondire lastoria fino al punto -non sembri un paradosso - di dimenticarla: dobbiamo portare tutta la storia (si intende quella che fa parte della nostra scelta) nel presente e, con altrettanta responsabilità tutto il presente nella storia». Fanno storia a sé l'opaca direzione successiva di Bernascone e, in seguito, quella altrettanto discontinua rispetto al progetto originario di Mendini. Ho insistito sui precedenti di Casabellaperché questa nuova serie appare, come dicevo, molto legataa questa continuità di pensiero. È il filo sospeso di un ragionamento, quello che viene qui ripreso, che ritrova in Gregotti, che di Rogers è stato allievo, come una «terza generazione». È sempre Milano la cittàche permette la coesione e la continuità dell'ambiente professionale preparato e colto che è alla base delle successive esperienze di Casabella. Prima, attraverso una battaglia pura, assoluta, come quella per il razionalismo, condotta dal napoletano Persico e da/l'istriano Pagano. Poi il lungo e logorante tirocinio de~attività maieutica del triestino Rogers. L 'i11segnamentodei maestri del moanche contare su un consistente tessuto di imprese private con le loro strutture di rappresentanza, come il Centro Edile che ha avviato una serie di attività di grande interesse culturale e didattico. Allora i responsabili della politica culturale dovrebbero farci sapere per quali ragioni una città dotata di tanti prestigiosi mezzi debba languire in questa condizione di emarginazione culturale nel campo dell'architettura: con tanti «buchi» irrisolti nel suo tessuto edilizio e fratture nella sua struttura urbana, mentre ormai da venti anni non si.realizza un'opera architettonica di rilievo. Come mai i più prestigiosi architetti milanesi devono lavorare in altre città o all'estero e nella nostra città non possono realizzare nulla. Per quale ragione edifici pubblici necessari per la vita della città restano per tanti anni irrealizzati e si avviliscono i progettisti con attese decennali per le decisioni che riguardano le loro proposte. Per quale ragione Venezia con la Biennale riesce ad espropriare Milano e la Triennale del dibattito architettonico facendo ricorso a manifestazioni di contenuto forse discutibile, come la «Strada novissim2», ma con un forte effetto di attrazione a scala internazionale. Perché il Centro Pompidou può arrivare a rivendicare per sé la Triennale, mentre il Consiglio di Amministrazione di quest'ultima per rilanciare l'ente accantona I00 milioni dal già magro bilancio per un convegno internazionale di «rifondazione» in cui altri dovrebbero consigliarci cosa fare. Perché, infine, il Professor Quintavalle, come se fosse un generale napovimento moderno, temprato da un'esigenza cemrale di recupero della storia ancora una volta è sentito in primo luogo come un'esigenza di sprovincializzazione e di redenzione culturale e, per contro, una realtà sempre più frammentaria e complessa, dove l'architettura e l'impegno politico, laprofessione e l'insegnamento si compongono sempre più difficilmente in un quadro unitario razionale. Gregotti riprende Casabella con lo stesso stile. Anche la sua rivista pretende di avere una •insuperata eleganza», e come Rogers aveva adottato il sottotitolo di «Continuità», egli adotta quello di « Rivista internazionale di architettura», denotazione che indica.certamente una dimensione culturale più che fisica cui aspira a riferirsi. Ma non vi è oramai uno spazio troppo vasto fra il mito razìonale che sembra rappresentarsi di nuovo nelle pagine ordinate di Casabella e una realtà esterna apparentemente incontenibile da qualsiasi disegno preordinato, la cui stessa base economica non può che definirsi in crisipermanente? La continuità sembra allora affidarsi a un punto fermo, la specificità de/l'architettura, «tornando Casabella ad essere una rivista prevalentemente di architettura». Della realtàcui l'architettura si riferisce la rivista si promette di registrare il rapido divenire, non essendoci risposta «se non quella di tornare a soffrire le incertezze della realtà». La motivazione centrale del nuovo orientamento che «riporta» Casabella a occuparsi prevalentemente di architettura è una diversaposizione culturale che si esprime anche in un giudizio polemico, che sarà da dimostrare, sul- /' «inattualità» delle altre riviste di architettura per il loro «potere di falsificazione disciplinare». Casabella Rivista internazionale di architettura Anno XLVI, n. 478. Marzo 1982 Lire 5.000 leonico, può trasferire a Parma interi archivi professionali degli architetti milanesi, vantando le risorse e le strutture messe a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna, senza che Milano abbia nulla da dire. Come ho già detto non voglio individuare un capro espiatorio, né lanciare accuse univoche, ma piuttosto denunciare una situazione molto grave che mi sembrerebbe ingiusto, troppo comodo ed elusivo gettare sulle spalle del povero Assessore alla cultura. Lo scopo di questo intervento è soprattutto quello di sollecitare e provocare l'interessamento delle istituzioni pubbliche e delle forze politiche, degli architetti e degli intellettuali per affrontare e risolvere il problema di rilanciare a Milano il dibattito sull'architettura: uno degli aspetti fondamentali della cultura della città, e che in questo momento storico, sotto l'azione dei mezzi d'informazione, sta diventando un interesse culturale di massa.

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