Alfabeta - anno IV - n. 36 - maggio 1982

Lo spirito dell'ucronia. È d'obbligo continuare a occuparci del processo Moro. Siamo al momento dei commen• ti ai commenti, ma non è ozioso né vano, soprallullo quando si può inter· venire su uno seri/lo problematico come quello di Umberto Eco (La Repubblica, / 6.4.82). Eco ci ricorda un suo racconto, di quelli che «tecnicamente si chiamano 'ucronie'», pubblicato nel 7'1,e scrive: «In quella scoria immaginavo che le cose in Italia e nel mondo dopo la se• conda guerra mondiale fossero andate diversamente... Mi divertivo a immaginare le diverse alleanzepolitiche che ne sarebbero conseguite e sopra11u110vedevo i brigatisti del nucleo storico, i Curcio e i Gallinari, comandanti di squadre d'assalto, decorati con medaglie d'oro, e le eroiche Brigate Rosse impegnate contro il turco invasore... ». Perché questo racconto sembra a Eco cosl a11uale?Che analogie vi ri• scontra con la situazione presente? Queste. Partendo da/l'ipotesi che in ogni società, come in certi tipi di individui umani, come animali, sia innescata una carica di aggressività che comunque deve esplodere, Eco sostiene che anche un semplice ideale nazionalistico (ladifesa del sacro suolo contro il turco invasore...) avrebbe potuto incanalare la violenza brigatista sulla strada degli eroismi utili. La prova? Che i Montoneros di Fir• menich e i peronisti rivoluzionari han• no subito dichiarato il loro incondizio· nato appoggio al generale Galtieri con· tro gli inglesi per una possibile guerra delle Falkland. Un allarmante paradosso politico, non vi è dubbio, una bomba esplosa a/l'interno di un movi• mento rivoluzionario che dovrà certa• mente riformulare lapropria ideologia, dopo essersi accompagnato con una destra che più destra di così... Ma è utile e dile11evolestare al gioco dell'ucronia, tantopiù che uno dei mas• simi storici viventi, Fernand Braude/, ne ha fallo un elogio straordinario nel suo primo articolo italiano per il Corriere della Sera (13.4.82). Scrive Braude/: « La storia ci offre un gioco che pochi storici praticano perché sembra loro poco ragionevole. Il nome del gioco - l'ucronia -è stato inventato nel /876 da un filosofo, Char/es Renouvier (I 8 I5-1 '103) sul modello del termine utopia. L'ucronia indica quel che nel corso della storia non è avvenuto ... è un rifare la storia, scoprire ciò che occorreva cambiare o spostare nelle sue concatenazioni per farle prendere un'altra piega.» Braudel immagina, per esempio, che gli ingegneri italiani che hanno inventa• to le fortificazioni interrate, i bastioni, i «cavalieri», i fuochi incrociati, siano esistiti prima di Carlo Vili, Luigi Xli e Ferdinando il Callolico e che l'Italia sia stata viuoriosamente difesa da un invasore di civiltà meno progredita. Ecco, le guerre d'Italia avrebbero avuto un corso ben diverso e la nostra civiltà 1101a1vrebbe fallo passi indietro. Conclude Braudel che· questo gioco dell'ucraina non è soltanto rifare la sto• ria secondo i nostri desideri ma anche «cercare una delle cause profonde del dramma». «Ognuno di noi», aggiunge Braudel, «può arrivare ad applicare questo procedimento fino al tempo pre• sente. A suo piacimento rifarà la storia del presente per capirlameglio. Del re• sto non ha forse bisogno di essere se• riamente riveduta, anzi correua?» Propongo un nuovo capitolo del gioco dell'ucronia. Per capire «le cause profonde del dramma» e tentare seriamente di rivedere e correggere le con· seguenze delle scelte politiche della nostra storia recente proviamo a immagi• nare che il Partito Comunista Italiano 11011abbia mai proposto il «compromesso storico». Continuiamo a immaginare che al posto del «compromesso storico» sia stato presemato un proge110non generico di profonda trasformazione socialista della nostra società abbandonan• do con chiarezza ogni sentimento rivo• luzionario; che intorno a questoproget• to il Pci abbia mobilitato le nuove gene• razioni indirizzando le energie sessan• tot/esche verso canali più propositivi che distruuivi; che i giovani di almeno due generazioni abbiano potuto impie• gare le proprie esuberanti energie non in uno stanco e ipocritaproge110di potere ma in un vasto e profondo movimento di pensiero rinnovatore, provo• cando una sorta di nuovo, sofferto Ri• sorgimento. Che cosa sarebbe successo? Dubito molto che i cosiddelli «capi storici» delle Brigate Rosse viavrebbero avuto una parte di rilievo, altri più dotati avrebberopreso il loro posto e le Br non avrebbero avuto modo di aggregarsi. L'ondata giovane costruuiva sarebbe stata cosl impetuosa e convincente che' la Destra, sempre pronta a reagire con ferocia, non avrebbe mai potuto rialzareprepotentemente la testa piegata sol• 10il peso dell'assenza di qualsiasi ideale umano. Sarebbe così caduto anche l'ultimo • alibi per ogni ritorno di fiamma rivoluzionario e a poco a poco un programma di riforme si sarebbe davvero realizzato e non avrebbe subito tulle quelle mutilazioni che lo hanno reso in parte inefficace. Questo perché l'intera nazione avrebbe potuto riconoscersi in esso senza sentirsi traditada chi proponeva un compromesso proprio con coloro che ne ostacolavano il vero pro• gresso in nome del famigerato «particu- /are» guicciardiniano, che tradol/o in termini al/uali 1101è1altro che un diffuso arraffare e un improprio arricchirsi, esal/amente ciò che la maggioranza dei giovani non sopporta. Si sarebbe allora potuto constatare che la violenza 1101è1biologica dunque inelu11abile,ma che una volta garantito lo spazio vitale alle nuove generazioni (proprio come ci ha insegnato I'etologia, non il comrario) non potevano insorgere reazioni di difesa aggressiva tali da provocare una sorta di guerra civile. A difesa di questa mia ucronia e in opposizione al cauto possibilismo di Eco nei confronti della violenza biologica, e continuando a sostenere che essa è molto più culturale che innata, cito ancora Braudel quando scrive: «Non mi piace la tromba della prudenza. Sono per un ouimismo incrollabile, promo a dichiararsi, ad agireanche». È questa la premessa indispensabile affinché le ucronie assomiglino il più possibile alle utopie, e siano dunque proieuate nel futuro. • alfabeto n. 36 maggio l982°pagirla '20 811 '10'1 3nco .., Reds Antonio Porta Calci in c ... Singolare coincidenza nei modi proposti per la risoluzione dei problemi non facili, per ciò esasperanti, tra Fortebraccio e il famoso Francesco Pazienza ( ma deve essere vero che abbiamo la pazienza che ci meritiamo ...) mediatore di grandi affari e in buoni rapporti, lo ha de110in un'intervista a la Repubblica, con molti dei servizi segreti occidentali (a· cominciare dalla Cia...). Il modo risolutivo è questo: calci in culo. Calci in culo ai direi/ori generali che sbagliano, calci in culo ai figli che non studiano ... Ma il problema rimane c.omunque irrisolto, perché i calci in culo rimangono sulla carta, semplici chimere; i culi da raggiungere, infatti, (ma Fortebraccio preferisce scrivere «sederi») sono più veloci del piede ... Errori segnaletld. Altri esempi. Bozze di un'antologia di prosa italiana. -/Ilynotipista ha cosl composto il titolo di un romanzo di Alberto Bevi/acqua: La festa parmigiano, doveva essere La festa parmigiana Giusta rivincita dell'ollimo formaggio su un romanzo incommestibile. Gran fatica e correzioni a ripetizioni per convincere il lynotipista a scrivere paradiso con la p minuscolo in due titoli, Ombra del paradiso di VicenteAleixandre e Lunario del paradiso di Gianni Celati. L'idea che il paradiso possa essere terrestre (con la p minuscola) anziché celeste (con la P maiuscola) incontra ostacoli dallo spessore millenario. La metafisica è molto popolare. Sempre ne/l'antologia di prosa italiana èstato incluso (dal curatoreAngelo Guglie/mi) un capitolo dal libro di Camporesi Il pane selvaggio, un bellissimo saggio sulla fame in Italia. Gli affamati sono definiti in un certo testo che l'autore cita «otiosi inertesque». Una pagina dopo il lapsus: nella ripresa della citazione il lynotipista scrive «vitiosi inertesque» e l'errore rimane (l'autore non se ne è accorto correg• gendo le sue bozze). Se ne è accorto il terzo correi/ore de~'antologia, miracolosamente. Per accorgersene, infaui, occorre fare un salto culturale e non farsi più condizionare dall'idea che gli otiosi inertesque debbano per forza essere vitios~ come ci hanno insegnato fin da bambini. In una quarta di copertina, da me attentamente rilella, il titolo del libre/lo di Eugenio Barba La corsa dei contrari è trascrillocosl: La corda dei contrari e io non me ne accorgo. Credo che la causa de/l'errore duplice, del compositore e mio, stia nel predominio de/- l'immagine della corda quando si parla di contrari: la corda del tiro alla fune. Maria Corti porta per la rivista Alfabeta alcune poesie di Alda Merini. Le passo per lapubolicazione. Escono sotto il riome di Alba Merini. Conseguen• za: Alda· Merini giustamente fa rilevare l'errore ma insieme decide di ribal/U· zarsi Alba. Piperno in Caaada. Hanno notato tulli (è il solo lato positivo della vicenda) che in Canada hanno concesso la libertà provvisoria a Franco Pipemoperché le testimonianze a suo carico (sulla base di queste testimonianze si muove l'accusa) non sono giurate. Una testimonianza non giurata non è presa in considerazione ne~ambito del dirli· 10 anglosassone. È questo lo spartiacque della dignità, della fiducia nei valori della parola data e dellapersona che la pronuncia. In Italia è lo stesso dirillo che ammette la cancellazione della dignità e annulla la persona. In questo caso si può toccare con mano la differenza tra civiltà espe/lacolo. Il dirli/o in Italia sembra una messa in scena e va da sé, allora, che alcuni magistrati cedano alla tentazione di diventare «prime donne» sulla pelle dei semplici sospe11a1i.Perché basta, ai loro sospetti, anche una testimonianza non giurata: una delazione, una leuera anonima ... l'abisso è senza fine, i punti di riferimento vengono aboliti proprio da coloro che punti di riferimento dovrebbero essere, istituzionalmente. Il cielo. Hanno scoperto un buco nello spazio? Uno strappo? che potrebbe contenere duemila galassie? La misura può essere considerata minima? Non c'è misura? Dentro lo strappo non c'è spazio? È il segno materiale dell'assenza? Civiltà. « Mi scusi se la disturbo ancora...». Ascolto questa piccola frase e mi fermo impietrito, le orecchie diventano lunghissime e gli occhi pure. È un giovane che l'ha pronunciata rivolgen• dosi a un edicolante. Ungiovane vestito come tutti gli altri giovani, blujeans, ecc. Da quale pianeta arriva? Da chi è stato educato? (A Milano, nel 1981, di fronte a Piazza Vetra). La letteratura delle cose. Difficile non so11oscrivereaffermazioni come queste: « La le11eraturas,e ha un obbligo, è quello di essere 'linguaggio della realtà', oltreché 'linguaggio della veri• tà'.» Toglierei solo le virgole/le limitanti. Ed è pur vero che: «Non resta che optare per consuntivi diversi, per SOi· trarre a un uso retorico, stupidamente consolatorio o nevrastenicamente aggressivo, parole come 'occupazione', 'lavoro\ 'recessione', 'inflazione', 'svi• luppo', 'casa', 'Meridione', 'imperialismo', 'pace'. Un consuntivo diverso, la lt!lleratura nel suo essere 'linguaggio dt!llarealtà' e anche 'della storia', può offrirlo.» Anche qui toglit!rei tulle le virgolelle che sembrano volt!rscaricare qualche responsabilità o peso t!ccessivi dallt!spalle dello scrittore, e dire cht! va bene, cht! siamo d'accordo senQJ le virgolt!tte,prendendoci il ~ dei rischi. Due domande, però, mi premi! rivolgere a Enzo Siciliano, autore dell'editoriale « La lellt!raturadelle cou» (Nuovi Argoment~ terza serie, Arnoldo Mondadori Editori!, n. 1, lire 6.000). Come i possibile conciliare questa aderenza, sia pure virgolel/ata, alle cost! e alla realtà, con l'intervista impossibile col generale Jaruze/ski, scritta da Lt!onardo Sciascia? Si sa che le intervisti! impossibili si fanno a Giulio Cesare o a Napoleone, piullosto che a Freud o a Sade e Machiavelli, mentre Jaruze/ski è fin troppo vivo e operante e comunque non i"aggiungibile. Se è i"aggiungibi- /e, pazit!nza, si fa a meno di intervistar- /o, ma darci un'intervista impossibile significa ancora una volta rivendicare il primato della letteratura come arbitrio, contro quella poetica dt!lle cose che una pagina prima era dichiarata necessaria. Seconda domanda. Quando Enza Siciliano scrive che «l'ideologia ha preso il volto del fideismo, il fideismo ha prodol/o il fanatismo, e il fanatismo ha chiesto un rendiconto di sangue», a chi si riferisce, per l'esattezza? Alle Br, ai Nar, al Pci, ai Sindacalisti della Triplice, a le11eraticonsenzienti, al Psi, a nuovi rivoluzionari? In nome delle cose e della storia, e del linguaggio, si vorrebbe qualche analisi che confermi o smentisca affermazioni che cosl ri• mangano preda de~arbitrio, e potrebbero esserepure menzogne, come quella letteratura che si vuole, giustamente, avversare. Reds. Rivoluzione è un sentimento amoroso. Unrappono profondo con la spinta biologica al cambiamt!nto. L'er• rore di John Reed e di Louise Bryant fu di non avere figli propri, di essere CO· strelli a interpretare i figli degli altri. Consapevole errore. Come nei rapporti amorosi scoppiano contraddizioni e lacerazioni, come i rapporti amorosi si trasformano in giochi al massacro, come i rapporti amorosi ricominciano umpre, cosl il sentimento rivoluzione di nuovo impaurisce e commuove. I vecchi hanno dimenticato, aspellano di morire da un momento ali'altro, non hanno altro pensiero, ma la mt!moria rivoluzionaria non inganna, torna incandescente. Scrivono che l'America di Reagan diffida del film Reds, ma il film Reds nasce perché l'America di Rea• gan ripropone i termini assoluti della lolla di classe. L'America dei povt!ri lo giudica per quello che i: lo scudo del capitalismo immana/e. È feroce questa lolla, darwiniana. Quando tutto sembra liquidato t! pic• coli servitori italiani dicono cht! il marxismo è sepolto, esplode, comt! la pri• mavera puntuale dopo i geli, l'amore rivoluzionario. Fosse anche vero che il marxismo non ci dà più gli strumenti precisi (ma forse è più vero dire che principi rigorosi vanno trasformati in strumenti al/uali) si scopre nell'uomo, vittima di ogni tipo di oppressioni! t! beffato dalla giustizia latitante, il bisogno di cambiamento. Diffidiamo dei cambiamenti repentini che sono stati chiamati «rivoluzio• ne», perché hanno protetto la continuità e negato infine lamutazione. La rivoluzione sta da un'altra pane. È sentimento amoroso, produce figli e affe11i anche mostruosi, ma a poco a poco si può vedere che ne nascono i figli mi• gliori, coloro che rendono possibile continuare a mostrare il conul/o stesso di umanità.

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