Pensare l'antico Analisdi elsommerso La serie di scritti col titolo Pensare l'antico, che qui ha seguito, ha presentaio i.nizja/mente sul n. 35 di Alfabeta (aprile 1982) scritti di Mario Vegetti, Salvatore Settis, Luciano Canfora. Sigmund Freud cCostruzioni dell'analisi», in Opere, Voi. XI, Torino, Boringhieri, I979 pp. 690, lire 30.000 Ignacio Matte Bianco L'inronsdo come insiemi infiniti Torino, Einaudi, 1981 pp. 527, lire 38.000 Andrea Carandini Storie dala tena Bari, De Donato, 1981 pp. 359, lire 25.000 I La storia della storiografia può es- • sere considerata dal punto di vista della crescente (non incontrastata) volontà di alcuni storici di indagare livelli sempre più profondi dell'esistenza umana, dalle culture materiali alle emozioni mentali, dominio un tempo piuttosto del letterato (la Co-- médie humaine di Balzac è una carchéologie du mobilier socia!», cfr. Avant-propos, 1842). Ma più a fondo lo storico conduce la sua ricerca, più egli è costretto ad affiancare alla sua tradizionale cultura ·saperi del tutto moderni, quale ad esempio quello e stratigrafico». La stratigrafia è infatti un sapere essenziale per chi voglia inoltrarsi, con metodo, nella sfera del sommerso. Gli archeologi lo hanno ereditato dai geologi e gli psicanalisti a loro volta dagli archeologi (per cui potrebbe ritenersi che la conoscenza della terra è stata madre di quella della psiche). Mentre i rapporti fra archeologia e geologia sono chiari, quelli fra archeologia e psicanalisi restano confusi, per cui vale forse la pena tentare di far luce in questa direzione. In Costruzioni dell'analisi (1937) Freud stabilisce per la prima volta un confronto fra le due discipline nei termini seguenti. Come lo psicanalista solleva la barriera della rimozione e risuscita nel conscio quanto era stato relegato nell'inconscio, cosi l'archeologo rimuove scavando la terra e riporta alla luce quanto era rimasto sepolto nel sottosuolo. Il primo ravviva ricordi; il secondo restaura monumenti. Pompei è per Freud il perfetto corrispettivo dell'inconscio rimosso. La scelta di Pompei non è certo casuale. La città vesuviana non ha infatti subito una vera e propria trasformazione stratigrafica, non è stata cioè compiutamente digerita dal tempo, come accade invece per la maggior parte degli insediamenti antichi, ma è stata appunto semplicemente radiata dal paesaggio campano, in seguito all'eruzione che vi ha steso sopra una morbida coltre di materiale vulcanico. Nel caso della Pompei del 79 d.C. lo . scavo arc~eologico altro non deve proporsi che liberare rapidamente le strutture dai lapilli e restaurarle senza grande difficoltà, per l'eccezionale stato di conservazione delle costruzioni. Pare che nulla sia perso della città originale: le relazioni spaziali sono intatte e noi possiamo girare per quelle vie quasi fuori dal tempo, proprio come ci accade fantasticando sulla vita trascorsa che riemerge. Il lavoro di scavo consiste, in questa particolare circostanza, nell'erogaziom;_dj una energia COl!_l!_aia:iaquel!J!. che ha condotto al seppellimento, per il fatto che quanto sta sotto ha le stesse sembianze di quanto sta sopra e l'ordine formale del sepolto appare sostanzialmente invariato rispetto a quello antecedente il suo temporaneo oscuramento: come per un sepolto vivo da salvare. Il sommerso appare qui nella funzione non molto dignitosa di cantina, utile ma sussidiario complemento di una struttura che si innalza al di sopra. Tutto ciò ricorda, come si è detto, le condizioni dell'inconscio rimosso. Ma finché si resta in queste circostanze, che potremmo definire di archeologia come ripristino, i conti con la durezza del sommerso (la stratigrafia vera e propria), non vengono affatto regolati. La discesa agli inferi è ancora da intraprendere. Ci soccorre a questo punto I. Matte Bianco con le sue ricerche sull'Inconscio come insiemi infiniti (trad. it. Torino 1981). Egli ci conduce ad un Freud meno conosciuto ma più rivoluzionario: al primo scopritore di quell'irriducibile in noi che è l'inconscio non-rimosso. Le intuizioni di Freud si trasformano con Matte Bianco in concezione scientifica rigorosa e dispiegata dell'inconscio inteso appunto come struttura stabile, funzione permanente dell'essere. Di fronte a una tale riformulazione della psicanalisi cade ulteriormente in crisi la razionalità comunemente usata dagli storici. Né si tratta qui più soltanto di moltiplicare le razionalità o di renderle più elastiche al fine di afferrare la globalità della storia, come hanno tentato di fare i enuovi storici» francesi (G. Marramao, in Il Centauro, 1981), quanto di analizzare quegli aspetti dell'essere posti oltre i limiti della coscienza e della storia in atto consapevoli che la globalità non si raggiunge mai. Occorre insomma scoprire la nobiltà (la logica) del sommerso, onde poterne tradurre con metodo la realtà oscura nel nostro modo chiaro di ragionare. Rendere conscio l'inconscio e riportare in luce il sepolto non appare più, in questi termini, come una mera questione di energia o di tecnica analitica strumentale, ma significa scoprire finalmente strutture sorprendenti nella loro qualità, ritenute un tempo irrazionali, da trasformare, per quello che Bibl1otecag1noo1anco Andrea Carandini è possibile, in coscienza ed in storia. Matte Bianco visualizza l'inconscio non-rimosso come un insieme di borse di indifferenziazione avviluppate da pellicole di differenziazione. Questa immagine richiama quella della stratificazione archeologica, dove gli strati, che sono come borse di omogeneità, si combinano con superfici, che sono come pellicole di eterogeneità (A.C., Storie dalla terra, Bari 1981). Il paragone è suggestivo, ma potrebbe indurre in errore, qualora non si chiarisse che nelle borse dell'inconscio regna una omogeneità assoluta, priva cioè di spazio-tempo, per cui le parti sono identiche fra loro e all'insieme che le contiene, mentre nelle borse della stratificazione (gli strati) regna solo una omogeneità relativa, intrisa cioè ancora di spazio-tempo, per cui le parti di un contesto sono equivalenti (non identiche), tra di loro. Il capitello e i rocchi di colonna che compongono uno strato di distruzione sono infatti equivalenti solo rispetto alla «funzione proposizionale» dettata dalla stratigrafia e non rispetto a tutte le funzioni proposizionali possibili. Il capitello non è infatti identico alla colonna (mentre potrebbe esserlo in una borsa dell'inconscio). Ma allora, entro quali limiti l'analogia fra archeorogia e psicanalisi può considerarsi valida? Il problema è se per definire il nostro mondo materiale sommerso basti la distinzione drastica fra spazio-tempo e assenza di spazio-tempo. Con tutta probabilità essa non è sufficiente e si deve piuttosto immaginare una gradualità sottile di condizioni fra questi due poli antitetici, p'ercui non è soltanto questione_da quale parte si collochi uh _fenomeno,ma anche a quale livello . ess~fi a"ttesti,nello.srettro.c)je inter- •,cor-ré frll.forma e non-forma. • ·Immaginiamo che una biblioteca .messa a fuoco si trasformi in uno strato di cetiere. Si tratta di una evenienza stratigrafica del tutto diversa da quella rappresentata dal caso, già esposto, di Pompei. Dai crolli della città vesuviana possiamo infatti ricomporre, come in un puzzle, la città intera, ma dallo strato di cenere non potremo mai ricostruire la biblioteca. Potremo tutt'al più intendere che la cenere è ciò che resta della biblioteca bruciata e tentare di trarre da quello strato nero il massimo di notizie sulla struttura scomparsa. Nella trasformazione in cenere una enorme quantità di spazio segmentato e di tempo raccontato, di cellule di quel cervello sociale, è andata perduta, per lo sfumarsi irreversibile dei contorni dei libri e del loro ordinamento, prima continuamente ridefiniti dall'attività solerte del bibliotecario. Con la catastrofe, l'identità discontinua della parola si è trasformata in un silenzio quasi continuo. La confusione prodottasi è certamente grande, ma in questo caso comunque non totale, essendo rimasto quello strato di cenere, che ha la sua data e il suo confine. Resta, per così dire, una borsa con quasi niente dentro. Con l'incendio si è insomma paurosamente scesi nello spettro della morfogenesi e ci si è avvicinati a q11elconfine oltre il quale l'omogenèità da relativa si fa assoluta. Se non fosse rimasto neppure lo strato di cenere, ma potessimo altrimenti inferire la realtà della biblioteca bruciata, allora il confine sarebbe stato varcato e saremmo già dove ogni distinzione è andata irrimediabilmente perduta, cioè appunto nell'omogeneità assoluta. 2. Ma torniamo allo strato di ceneper l'archeologo quella materia scura appare ancora come un pezzo di cultura, matrice di una storia che resterebbe magari altrimenti sconosciuta. Dare una dimensione e una collocazione lllla biblioteca di Alessandria non sarebbe forse già una utile impresa, ad esempio per chi volesse ricostruirne l'organizzazione urbanistica. I poveri strati in cui si riduce la infinita varietà della vita vengono dunque considerati dall'archeologo non già come impedimenti alla conoscenza, da rimuovere, ma al contrario come veicoli di comunicazione fra ciò che è stato (lo stratificato) e ciò che è ancora (il non-stratificato). Egli recupera l'esistente a ritroso, a partire dal perente. La stratificazione appare cosi generatrice di storia similmente a come l'emozione è scaturigine di pensiero. Vi è un isomorfismo fra i due modi ritenuti da Matte Bianco costitutivi dell'essere psichico (modo indivisibile e modo dividente) e quelli che potrebbero essere chiamati i due modi costitutivi dell'ambiente materiale antropizzato (modo sommerso e modo disperso). Gli storici si sono fino ad ora occupati fondamentalmente del disperso o tutt'al più del sommerso rimosso (il caso di Pompei), rimuovendo il sommerso strutturale, cosi come molti psicanalisti si sono occupati assai più della coscienza o dell'inconscio rimosso che dell'inconscio non-rimosso. Si è cosi perso in entrambi i casi l'essenza del sommerso. Anche la teoria dei «livelli» di Matte Bianco, per cui a quelli elevati prevarrebbe il modo dividente e a quelli profondi il modo indivisibile, appare isomorfa rispetto alla sequenza in verticale del mondo materiale, dove in alto prevale il modo disperso e in basso il modo sommerso. È forse da questa immagine dell'universo territoriale che l'inconscio ricava la sua tradizionale localizzazione nel profondo. La multispazialità e molti temporalità della psiche è stata così ridotta all'immagine architettonica tridimensionale della terra antropizzata: sopra la storia che si costruisce, sotto la storia distrutta (stratificata). Non è d'altra parte difficile rintracciare la presenza del modo indivisibile identificato da Matte Bianco nd tessuto eterogeneo di ogni ragionamento scientifico. Ciò appare con eccezionale evidenza presso i ricercatori che hanno scelto di indagare appunto il sommerso strutturale, dove occorre distinguere proprio dove vi è stata confusione relativa di spazio e datare dove vi è stata confusione relativa di tempo. Per re. Lo scavatore cercherà di scoprirvi scavare correttamente l'archeologo ogni minima traccia di spazio-tempo, deve segmentare il sottosuolo in unità si avventurerà in esso come in un infi- stratigrafiche, cioè in azioni. Ma la denito intensivo, nella speranza di recu- finizione di uno strato è spesso una perare in profondità quanto si è perso operazione tutt'altro che puramente in superficie. Cercherà in ogni modo di oggettiva, entrandovi di necessità l'intradurre la cenere in libri e arriverà terpretazione personale dello scavatoforse a recuperare frustuli di testi e re. L'archeologo potrebbe, ad esemsintomi della loro classificazione, ma pio, suddividere quello che in un prinon potrà comunque più aggirarsi fra mo momento gli era parso uno strato gli scaffali, cosi come egli invece po- in due strati, questi in altri ancora ·e trebbe passeggiare per le-vie di una cosi via, con ossessiva acribia. " Pompei, scavata e restaurata di fresco. Questa passione ·dissolvente paraNel caso della-biblioteca vi è stato lizzerebbe però ogni avanzamento uno scompaginamento e unà contra- • estensivo dello scavo e si contrappone zione di una molteplicità ricchissima di radicalmente al (ben-più diffuso) difetfunzioni proposizionali in una sola to òpposto, agglomerante al massimo, funzione: quella della sua rovina, per cui lo scavatore sterra, confondencompressione e reductio ad unum, do le azioni deposte nel terreno, per seppure ad una unità dotata ancora di mettere rapidamente in luce il suo un qualche spazio e tempo. Dello stra- monumento. L'archeologo che non lo-borsa di cenere non si interesserà il divide è dunque perduto quanto quelbibliotecario scampato all'incendio, lo che divide senza fine. Ad un certo per il quale «tutto è ormai perduto• punto occore assolutamente fermarsi nella naturalità della combustione. Ma per stabilire i pilastri fondamentali (gli ''; 'd1Ja»'è'ra 'i?i6'lri'àifih ''l98Ì ~a~iftl//9
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