Alfabeta - anno IV - n. 35 - aprile 1982

Pensare l'antico Il primatodellapolis I testi qui presentati (rispettivamente da M. Austin - P. Vidal Naquet, Economie e società nella Grecia antica, tr. it. Boringhieri, Torino I982, e da Ch. Meier, Die Entstehung des Politischen bei den Griechen, Suhrkamp, Frankfurt a. Main 1980), hanno una funzione importante nel ricostruire il quadro storico-sociale al cui interno «pensare l'antico•. Essi mostrano come non sia possibile applicare meccanicamente alla società .antica, e a quella greca in particolare, gli schemi di interpretazione che ci sono familiari per il mondo moderno: primato strutturale dell'economia e nel suo ambito della produzione e del valore di scambio, carattere sovrastrutturale della politica e delle forme ideologiche. L'economia antica non è né primitiva né moderna: piuttosto, si trova dislocata diversamente, «canalizzata• in un sistema sociale in cui il ruolo dominante spetta alla politica, nella più ampia varietà delle sue forme (dalla coesione anche religiosa del gruppo sociale alla guerra, dai rapporti fra classi di età alla grande produzione culturale ed ideologica). In questo sistema, la città antica (lapo/is) tende a svolgere il ruolo di principale forza produttiva, la politica a coincidere con i rapporti di produzione. il «lavoro• dei cittadini con la partecipazione alle funzioni del corpo sociale, dalla festa teatrale alla guerra. Questo quadro conosce, naturalmente, differenziazioni e mutamenti anche profondi. Ma pensare l'antico al di fuori di queste coordinate strutturali può dare luogo, e ha dato luogo, ad equivoci seri. M. V. (...) Spe//a al grande sociologo tedesco Max Weber il merito di aver aperro la strada che portò a una migliore comprensione del posto occupato dal- /' «economia» nella storia greca. Weber respinse in partenza la falsa alternativa «modernismo/primitivismo» in cui gli sroriciavevano cercato di racchiudere il dibattito (e che anche in seguiro, nonostante Weber, doveva continuare a funzionare). Egli affrontò il problema dal punto di vista delle istituzioni e souolineò i caratteripeculiari della storia greca; il suo scopo era quello di definire la ci/là greca antica in contrapposizione alla ci/là medievale. La ci/là greca era un'aristocrazia di guerrieri (anche di marinai); era una città di consumatori, mentre la città medievale era una ciuà di produuori. Un artigiano della Firenze del quauordicesimo secolo, ci/ladino di una citlà che esercitava la sua sovranità sulla campagna ( contado), era ciuadino in quanto apparteneva a una delle arti, ed esercitava la sua parte di potere a//raverso /'arte di cui era membro. Niente di simile accadeva ad Atene; i calderai. i vasai e i com,nercianti, se erano cilladini (il che non era sempre il caso), non dovevano la loro ci11adintmza al loro mestiere, ma al fai/o di essere Edipo, che tenta di lottare contro il fato mentre ogni suo sforzo non fa che avverarlo. L'attore che rappresenta Edipo è invece installato nel tempo presente della simulazione, in un luogo intensivo che gli consente al tempo stesso di conoscere analiticamente passioni e sventure del personaggio e di restare del tutto indifferente di fronte ad esse. li sa~gio/attore non può scegliere la sua parte, ma può interpretarla bene quale che essa sia: dove «bene• significherà sia lo stile della rappresentazione, sia l'indifferente distacco rispetto ad essa. In un universo dominato dalla necessità, runica forma di creatività è dunque nella simulazione, nel controllo che essa consente di imporre, dall'interno, sul grande Testo preordinato. Questa prospettiva comincia a rennati da un ci/ladino e dalla figlia di un ciuadino, e di essere debitamente registrati e riconosciuti nelle loro fratrie e nei loro demi. Weber souo/ineò in particolare il ruolo della guerra nelle storia greca: la democrazia greca, «club» politico dei ci/ladini, redistribuiva ai suoi membri i proventi della guerra: tributi, terra, ecc. (...) Seguendo l'esempio di Weber, Hasebroek spostò il diba11i10dal piano delle forme e de/l'estensione dell'allività economica a quello dei rapporti tra l'economia e la vita politica della ciuà greca. Secondo lui, non poteva esistere nelle ci/là greche una politica economica nel senso moderno del termine (politica commercia/e, corsa ai mercati ecc.) perché non esisteva un commercio o un'industria «nazionale» a causa del notevole ruolo che nel/'auività economica svolgevano gli stranieri, liberi o schiavi, i quali per definizione non avevano accesso al potere politico nelle città. I ci/ladini si riservavano il monopolio della proprietà terriera, e le altre a//ivìtà economiche (commercio, artigianato ecc.) erano lasciate in gran parte agli stranieri. Gli Stati greci, nella misura in cui mostrarono un interesse per i problemi economici, si limitavano ad assicurarsi l'importazione di prodo//i essenziali per la vita della ciuà. I cittadini contavano solo come consumatori, non come produ//ori. In altre parole, lo Stato si preoccupava delle proprie entrate, e queste venivano assicurate per mezzo di imposte sul/'a11ività economica o semplicemente a//raverso le diverse forme della guerra e della dominazione su altri Stati. È chiaro in che cosa consista l'apporto veramente nuovo epositivo di Weber e di Hasebroek. Essi in sostanza portarono il diba11i10dal livello dei falli e delle forme economici in as1ra110a quello dei rapporti tra l'economia e le istituzioni della ciuà greca: non si poteva studiare corre1tame11te l'economia greca al di fuori dell'ambito della ciua. (...) Nello studiare la posizione occupata dall'economia nelle società umane, Pola11yifaceva una distinzione molto netta tra società moderne e altre società. Nelle società moderne l'economia si è «liberata» ed «emancipata» (disembedded): è diventata cioè una sfera autonoma, eper questo èpossibile studiarla isolatamente, serve11dosi di concetti che sono stati creati per essa sola: l'economta è un campo che obbedisce alle sue leggi. In altre società invece, e in particolare nelle società «primitive»e arcaiche, l'economia è sempre più o meno «integrata» (embedded) alla società e a tutte le sue istituzioni; essa non costilllisce un campo separato, riconosciuto e organizzato come tale dalla società in questione. Non è dunque possibile studiarla isolatamente; non ha un'esistenza indipendente e il suo funzionamento è costantemente so110l'influenza di fattori sociali di tipo non economico, estranei dere comprensibili, e compatibili, dimensioni del pensiero stoico che appaiono invece contraddizioni insanabili all'approccio dell'analisi filosofica tradizionale: come l'ottimismo (circa la provvidenza cosmica) e la disperazione (circa l'esistenza storica); l'integrazione nel sociale e il suo rifiuto quasi parossistico; il carattere al tempo stesso universale e irreperibile della figura del saggio. Cominciamo da quest'ultimo problema. Il saggio non esiste in quanto personaggio: gli ultimi ad averlo interpretato sono stati, forse. Socrate (nella morte) e Diogene il Cane (in vita come in morte): ma gli stoici rinunciano all'immediata gestualità cinica. si scelgono, come dice Plutarco, la quiete e «i piaceri della scuola». Ma chiunque può essere saggio in quanto si comporti, rispetto alla sua parte, con la consaB1bl1otecag1nob1anco ad essa. Ne discende che per studiare il posto occupato dall'economia in una società di questo tipo, non si possono usare i concetti e la terminologia propri delle economie moderne, perché questi sono applicabili solo al mondo per il quale sono stati creati. (...) Ciò che noi per conve11zionechiameremo d'ora in poi «economia» non rappresentava dunque per i greci un campo a parte. Per usare la terminologia di Polanyi, l'economia era integrata alla società intesa nel senso più ampio del termine. Le cose «economiche» si trovavano costantemente sotto l'influsso di fa/lori e di considerazioni che oggi potremmo descrivere come «non economici». Di conseguenza l'analisi economica ci condurrà non solo a/l'analisi politica, ma anche a/l'analisi etica e allo studio dei valori in generale. M. Austin - P. Vidal Naquet Traduzione di Martino Menghi Le prime democrazie della storia mondiale poterono sorgere solo quando il convivere «politico» dei cittadini in quanto tali diven,u~ il ce111rodella loro vita. Le premesse e gli effetti di tale fenomeno erano molteplici. Ne risultò, per i ciuadini, una posizione nel mondo e wr potere sulle loro relazioni di tipo assolutamente nuovo nella s10ria; un particolare rilievo de/l'identità sociale; 11110specifico vissuto soggettivo del tempo, un rapporto particolare tra il perpetuarsi e la trasformazione. E inoltre forme peculiari dell'esperienza, della percezione e della conoscenza delle facoltà umane, degli avvenimenti, della società, della modificazione. E, non ultime, nuove forme di poesia, nuovi interrogativi 11el/'ambi10 della teologia, della filosofia e di altre scienze; e così per infiniti altri aspetti dei quali conosciamo, o non conosciamo (ancora), il collegamento con questa nuova realtà. Persino nella scultura e nell'artichettura la culwra greca mostra di avere ricevuto stimoli determinanti dalla sfera del politico. È proprio questo elemento, quello in cui si costituirono le comunità greche della polis, in cui si compirono le loro esperienze più significative, che cerchepevo/ezza de/l'attore; si potrà allora integrarsi perfettamente al sociale come personaggi, ma rifiutarlo, e salvarsene, come attori. Quanto al grande Teatro del mondo, esso è senza dubbio ordinato per il meglio, visto che non può essere altrimenti; il mare ne fa parte, assicura Crisippo, come un «epigramma comico» destinato ad abbellire la composizione. L'idea è rassicurante, perché non si tratta comunque di lottare per modificare il testo né per sospenderne la rappresentazione; ed è, naturalmente, disperata, ma la disperazione riguarda solo i personaggi: «il saggio ama la necessità» (Seneca). In questa chiave, la straordinaria fortuna dello stoicismo comincia a diventare più comprensibile: esso agisce in modo trasversale rispetto alle ideologie, siano esse d_icl~s<, e di ceto; remo qui di definire come «il politico». Si tratta di un termine molto più comprensivo di quello di democrazia, che ne rappresentò lo sviluppo e la piena rea/izzazio11e. li «politico» dei Greci, di cui questo libro cerca di ricostruire l'origine nei suoi tra lii essenziali, è la forma pewliare che quesro «campo d'azione» ha assun10 in epoca classica e, in parlico- /are, nella democrazia ateniese. Nel momenro in cui vastistrati di cittadini, e in ultimo la maggior parte, si furono conquistati una partecipazione co111inuativa e potente alla politica, questo «campo» si trasformò, si estese oltre il confine di ciò che nelle culture precedenti era stato politico (nel senso generale della categoria). All'interno della storia mondiale del «politico» quesrosignificò un gran passo in direzione della politicizzazione. Oggetto della politica divenne la questione centrale dell'ordine politico: chi governa? il monarca, la nobiltà o il popolo? La domanda era dunque se i governanti (e non più i dominati) dovessero o meno intervenire in modo determinante in politicis. Fu possibile dotarsi di costituzioni, ciò che rese altresì possibile il rispetto costituzionale dei diritti e della libertà degli strati medi e i11feriori.Un proprio ordine politico tra i cittadini in quanto venne separato, distinro da quello sociale e contrapposto a quest'ultimo in quanto ordine superficiale: i rapporti erano del tutto diversi, i diritti uguali e la maggioranza di vasti strati era decisiva a tutti gli effetti (con l'aiuto della nobiltà che si poneva al suo servizio). Sulla base di determinate condizioni preesistenti, portato della sioria precedente, la problematica del/' «essere comu11e» si traspose nel politico, nel rapporto tra i ciuadini in quanto tali polita i La polis fu tutt'uno con la cittadinanza politheia, che dive11neil concetto discriminante della «giusta costituzione», un concetto dal quale dipendeva lo specifico se11sonormativo di «politico» (conforme alla polis). A quesro pressoché totale riferimento alla polis sono legate anche lepremesse della concezione politica di Aristotele, che vede nella politica la scienza • del bene più alto che l'uomo possa realizzare attraverso la sua azione, la «scienza più importante e fondame/Ila- /e». Una politica così concepita non poteva che rappresentare il «111110p»e, r il singolo come per la comunità. L'appartenenza politica assunse un ruolo centrate· ·e comprensivo di ogni altro criterio di appartenenza: negli strati medi e inferiori della popolazioire' si sviluppò un'identità sociale pronunciata come mai prima nella storia. Questo avvenne soprattutto ad A tene, ma in misura notevole anche altrove, sebbene . in modo differenziato a seconda dello stato sociale. Sebbene i metechi, gli schiavi e le donne rimanessero esclusi dai diritti politici, il risulratopratico era pur sempre una sovrapposizio11e attiva, in un universo sociale dominato dallo spettacolo - teatro o circo che sia - un immaginario della rappresentazione e della simulazione permettendo alle coscienze di rendersi riconoscibili a se stesse, di riscoprirsi una libertà nell'asservimento, anche nell'assenza di un grande apparato ideologico quale sarà più tardi la Chiesa (che si approprierà soltanto degli aspetti più edificanti dello stoicismo). Certo, c'è chi può riconoscere la simulazione stoica e farsene beffa: se crediamo a Diogene Laerzio, il re Antigono, apprendendo la notizia della morte di Zenone, esclama: «Quale spettatore io perdo!». Secondo i punti di vista, queste sono parole di un personaggio stoltamente superbo, oppure dell'autore/regista della rappresentazione. Il dubbio è nostro, non certo straordinariamente estesa del settore dei parrecipanti attivi alla politica con quello di coloro che ne subivano gli effetti. Quesro comportava che anche l'unità della polis doveva trovare radici concrete nell'insieme dei cittadini. Erano loro, in ogni caso, a costituire il nucleo centrale della città, il pu1110d(riferimento a partire dal quale era possibile esercitare sempre più potere, anche sui nobili. Nessun apparato statale aveva potulO costituirsi in un centro preciso, in istituzioni poste ft,ori o sopra la società. Unasimile concentrazione della cosa pubblica a/l'interno stesso dei cittadini richiedeva una particolare solidarietà, che poteva radicarsisolo in un interesse comune, orientato nel senso della polis, che prescindesse da ogni interesse particolare o divergente. Questo atteggiamento si affermò con tale forza che i cittadini giunsero a determinare la politica almeno quanto questa determinava loro, sul nuovo terreno del vivere comune. Altri interessi vennero trascurati in modo relativamente massiccio, in misura tale, in ogni caso, da non permettere loro di intromellersi nella politica. I cittadini si autopoliticizzavano e ciò era in contraddizione con i loro interessi privati o particolari. Solo l'approvvigionamento di cibo e la distribuzione di determinati oneri divennero oggetto di politica. A 11111q0uesto corrisponde una forma particolare di associazione e di dissociazione, dell'esercizio e de/l'accesso al potere. li processo verso l'isonomia e la democrazia pose termine (o comunque indebolì) alle discriminanti amico/ nemico degli arisrocratici,che ·avrebbero potuto portare a violente ostilità nelle polis. I ceti maggioritari imposero e consolidarono, invece, l'interesse esclusivo della comunità. Tuttavia, dal momento che i dirilli politici assunsero ,111 significaro centrale, poté succedere col tempo -in particolare a partire dalla seconda metà del V secolo - che si producessero, sorprendentemente, una differenziazione relativamente netta e ,,,, profondo antagonismo tra democrazia e oligarchia. li Ricco e il Povero, secondo Platone, stavano uno di fronte all'altro come due città entro le stesse mura. Questo era eccessivo (e mostra come anche il pensiero politico si basasse anche allora sull'eccezione, portato dalle elevate aspettative politiche a fare torto a quella che era la regola). Tuttavia è vero che l'unità interna era spesso precaria per la mancanza di solide strutture istituzionali; che i dissidi interni si intrecciavano con quelli esterni -come tra Sparta e Atene-, e che le guerre civili e le condanne all'esilio erano in larga misura a/l'ordine del giorno. li ruolo centrale del «diritto dei cittadini» e la carenza di forme autonome di «statalità» sono fattori inscindibili. Ch. Meier Traduzione di Irene Bernardini M. Detienne-J.P.Vernant, Le astuziedell'intelligenzanell'anticaGrecia, tr. it. Laterza, Bari 1978; M.Dietienne-L.P.Vernant (a curadi), La cuisinedusacrificeenpaysgrec, Gallimard, Paris 1979 (in traduzione presso Boringhieri,Torino); M. Detienne; L'inventiondelamythologie, Gallimard,Paris 1981 (in traduzionepresso Boringhieri,Torino); L. 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