Alfabeta - anno IV - n. 35 - aprile 1982

Pensare l'antico Lamacchiq,~.,,.del tempo Chi controlla il passato, controlla il futuro. Chi controlla il presente contro/la il passato. G. Orwell, /984 1. Quando il celebrato sinologo professor Peter Kien ottenne (le raccomandazioni erano forti) la cattedra di protagonista di A utodafe, la condizione che pose fu una sola: avrebbe, da quel piedistallo, proclamato a voce alta e ferma il suo principcio, «Dio è il Passato. Verrà un giorno in cui gli uomini sostituiranno ai propri sensi il ricordo e al tempo il Passato. Verrà un giorno in cui un unico Passato abbraccerà tutti gli uomini, in cui non vi sarà nulla all'infuori del Passato e tutti crederanno: appunto, nel Passato» (ed. Garzanti 1974, p. 176). Questa condizione fu prontamente accolta, ma comportava una contropartita, che Kien (si sa) accettò senza batter ciglio: egli, l'adoratore del Passato, l'Uomo dei Libri, avrebbe personalmente appiccato il fuoco alla propria biblioteca, genandovisi dentro, perendo con essa. C'è una forma di reverenza del proprio dio (del passato) che porta a identificarsi con esso distruggendolo: forse con reverenza, con timore fu incendiata la biblioteca di Alessandria; certo tra ferventi preghiere, e in nome di Dio, si consumò l'inoclastia bizantina. Ma c'è un modo più sonile e quotidiano di negare il passato, ed è di assimilarlo al presente. Il vantaggio è di esorcizzare ogni sua diversità, facendone un luogo di evasione, di escursioni turistiche e scolastiche, dove il meglio del meglio è ritrovare il già noto. Di fronte alla tanto ostentata e proclamata «fortuna» dell'antichità (in p~rticolare, dell'archeologia) in questi anni, il primo problema è: se questo ormai continuo consumo del passato sia conoscerlo, o azzerarlo; se la frequentazione di un passato «uguale» debba diventare tranquillizzante antidoto, rifugio della memoria per tornare al nostro presente con la certezza che è il migliore possibile. C'è una cartina di tornasole che può rivelare qualcosa della nostra attitudine verso il passato, ed è il rapporto con un'altra dimensione, che pure si oppone al presente: il futuro. La storia è (poniamo) soprattutto narrazione del diverso. Lo storico - ricercando e scrivendo - e il suo pubblico - leggendo e ricordando - rompono la rete del quotidiano; violando l'opacità del presente, vi trasportano vicende e uomini del passato. Un tempo che non abbiamo vissuto (o che abbiamo dimenticato) entra cosl - perché la storia è mestiere, istituzione, diletto - nel nostro tempo di ognuno. Fra passato e presente, il nesso e la giustificazione prima della Storia è la catena delle «cause» (l'ieri è padre dell'oggi). Ma, come per simmetria, la Storia pretende di insegnare qualcosa anche sul domani, di farsi «maestra della vita»: e i nodi che legano catene di eventi conclusi vogliono dunque offrirsi a modello per intrepretare o prevedere il nostro futuro. Di qua e di là dall'oggi che viviamo, le due dimensioni temporali si oppongono, ma «si tengono», e persino si assomigliano. Intorno al presente, il cerchio si chiude. Fra storia e profezia non c'è contraddizione, se è vero che all'origine del «fare storia» è la figura del cretese Epimenide, taumaturgo e profeta (secolo VI a.C.), di cui Aristotele racconta che «non profetava sulle cose future, ma su quelle avvenute e tullavia oscure»: la Storia, dunque, come profezia del passato. Storia (del passato) e profezia (del futuro) sono i due v0ld di Giano di ogni riflessione sul presente: la Bibbia raccoglie al tempo stesso la più ricca serie di profezie e il più completo tentativo di storia collettiva di un popolo. Perciò - diciamolo ormai con Don Chisciotte - la Storia è «madre della verità, emula del tempo, deposito delle azioni, testimonio del passato, esempio e avviso del presente, avvertimento per l'avvenire». La storia madre della verità: non nel senso che «la verità non è ciò che avvenne, ma ciò che noi giudichiamo che avvenne» (è l'interpretazione di J.L. Borges); ma perché le «nuove antichità» tralle dalla sedimentazione storica e versate nella coscienza individuale producono (oggi) nuovi fermenti; nuove verità. Se il Passato - non meno del Futuro - è negazione e contraddizione del presente, a un mondo che cammina dentro i propri modelli di sviluppo la Storia può contrapporrre, facendolo contemporaneo, un mondo altro, con tutte le sue verità. Da questa memoria storica, che - per così dire- ridona alle cose il loro spessore, può nascere una più generale anenzione al diverso, rifiuto dell'oggi, ansia e ricerca di nuovi modelli, tensione «profetica». Perciò Norman Mailer poteva lamentare, in un'intervista del 1967, «come si manipola (negli Stati Uniti) l'opinione pubblica, come si distrugge l'individualità, la varietà, il dissenso, il passato, livellando tulli in un desiderio di apparente benessere, di oblio per la disubbidienza». Com'è ovvio, il miglior modo per distruggere il passato è di sterilizzarlo e digerirlo, suggerendo tacitamente che ogni altro modello culturale (ogni altro mondo) sia, con poche operazioni, riducibile a questo. Cosl nascono le strips che presentano «uomini preistorici» (per l'abbigliamento) assillati dai problemi della nostra vita quotidiana. Usano televisori di pietra e dinosauri come aspirapolvere, e tutto l'umorismo della situazione è li: il riso dev'essere provocato dal sollievo che proviamo quando ci convinciamo che nessuno, in fondo, è diverso da noi. Alcune forme di ricezione delle più recenti clamorose apparizioni dal passato - i bronzi di Riace - vanno nello stesso senso. Riprodotti in argento, sono diventati soprammobili/investimento di capitale; in bronzo (finto) o plastica (vera), si sono schierati sugli scaffali dei bar dell'autostrada in mezzo ai giocattoli, le bevande, i salumi «tipici» per acquirenti frettolosi sulla via di casa; protagonisti di un fumetto «pornografico» (e annunciati come tali dalla copertina) non vi fanno niente altro se non scendere dal loro piedistallo e fare alquanto banalmente l'amore. Sono sui nostri comodini, sulle credenze di cucina; fra noi e come noi. 2. Ma il diverso (rispetto a noi qui oggi) non è solo il passato o il futuro: è anche !'altrove. Erodoto, «padre della storia», indugia a descrivere per i suoi lettori fatti e costumi d'Egitto; e per offrire l'immagine di una vita originaria e incorrotta disegna la figura del: _ scita Anacarsi. La profezia sul futuro (che è sempre contro, o per il presente) può farsi anche collocando un mondo «altro» in una dimensione contemporanea, ma in uno spazio remoto. Di questa linea ricchissima fanno parte tanto le Lettres Persanes che I viaggi di Gu/liver, una Persia immaginata non visitata o il regno dei cavalli sapienti e degli uomini schiavi. Una società costruita a tavolino come altra vuol farsi B1bl1otecag1noo1anco - come la Storia - maestra della vita. Queste escursioni in uno spazio così scopertamente fittizio rendono del tutto evidente il carattere arbitrario di ogni spostamento verso le regioni del diverso, nello spazio e nel tempo: che, se vogliono proporsi come modello al presente, diventano facilmente il luogo dell'utopia. Per sognare una società senza conflilli, un poeta latino poteva, ricorrendo alla categoria-filtro del mito, rimpiangere semplicemente una perduta Età dell'oro - inventando un passato immaginario. Dalla Repubblica di Platone alla Città del Sole, per varcare le frontiere dell'utopia il filosofo indosserà piuttosto le vesti del legislatore di un mondo «ideale»: un futuro egualmente immaginario. E infine: il 1789 non è solo l'anno della rivoluzione francese, ma anche quello in cui si conclude col trentanovesimo volume la raccolta (iniziata tre anni prima da Garnier) di relazioni di viaggi immaginari. Tunavia, fino alla fine del secolo XIX, la storia è solo narrazione del passato (talvolta immaginario) e la profezia, o l'utopia, progenazione di un immaginario futuro. Lo storico e il profeta sono saldamente ancorati al loro presente: verso il passato, o il futuro, si affacciano solo a guardare; nello scorrere del tempo non occupano che un punto, e quello solo. Al contrario, i viaggiatori immaginari pretendono di narrare nei dettagli i loro viaggi in luoghi che non hanno mai visitato, o su isole interamente inventate per l'occasione, o al centro della Terra (come il Protocosme à l'interieur de notre globe di Giacomo Casanova, che è del 1788) o sulla Luna. li loro è sì uno spostamento fisico, ma compiuto solo nello spazio, senza uscire dal proprio tempo. Si può asserire di aver visitato ogni regione del globo (persino quelle inesistenti); al contrario, il passato e il futuro possono essere raccontati, non visitati di persona. Solo nel 1895, con La Macchina del Tempo di H.G .. Wells (1866-1946), viene introdotto un nuovo tipo di spostamento fisico arbitrario: dallo spazio geografico al tempo storico. È lo stesso anno in cui i fratelli Lumière brevenano il cinema e danno il primo spettacolo pubblico di proiezioni: il movimento (il tempo) può essere ormai fissato e archiviato e ritrovato; Einstein non ha ancora formulato la teoria della relatività. Spostando la !ancella di un quadrante, il Viaggiatore del Tempo può agevolmente raggiungere l'anno 802701: vi abitano gli Eloi, popolo asessuato e felice, senza lavoro, senza intelligenza, senza bisogni né problemi; e sottoterra gli addetti alle macchine, i selvaggi Morlocchi, proletaricannibali. Per viaggiare nello spazio si potevano usare navi, giganteschi scarabei (come in Aristofane), palle di cannone (come fa il barone di Miinchausen); in questo Viaggio nel Tempo, lo spostamento arbitrario è mediato dalla Macchina, guidata da una semplice operazione manuale (azionando la leva della messa in moto). La civiltà industriale ha rotto il flusso del tempo in una sola direzione; entrando nella Macchina, il nastro del Tempo-come la pellicola di un film-può incepparsi, tornare indietro, correre all'impazzata. Probabilmente, fa tutte queste cose insieme, e altre ancora: perché le macchine sono molte. La macchina rompe e disgrega il rapporto dell'uomo col mondo. A questa che potrebbe essere solo un'ossessione personale di Wells, corrisponde certamente qualcosa di più. Le macchine (la Macchina) segnano un doppio salto temporale: dall'oggi al remotissimo 802701, ma anche dentro quell'anno così improbabile; e qui la divisione corre fra gli «addelli alle macchine» nei loro recessi tenebrosi e gli altri, gli Eloi. Agli uni l'esclusiva dedizione (forzata) alle macchine ha imposto di regredire a una primitiva ferocia; agli altri la completa libertà dal lavoro ha regalato un'eterea, stolida felicità. E dunque anche fra queste due specie umane si è consumata una distanza temporale: esse corrispondono a due stadi ben ·distinti (e lontani) nello sviluppo del genere umano. È la stessa civiltà delle macchine che, creando un modello di sviluppo uniforme, introduce il vero salto nel tempo, la vera linea di demarcazione: la macchina, - o no: le società più o meno industrializzate o (ancora) non industrializzate. Adeguandosi più o meno a questo modello senza vere alternative, di fatto si appartiene a «stadi» diversi: a tempi diversi. Nel nostro spazio convive dunque più d'un tempo. Fra l'uno e l'altro, sono le macchine a tracciare il confine. J_ Questa duplice evoluzione dell'uomo (che si richiama esplicitamente a Darwin) corrisponde in realtà a due diverse forme di regresso: gli Eloi sono graziosi fanciulli, i Morlocchi immonde bestie. Per quanto capaci di maneggiare le macchine del sottosuolo, i Morlocchi sono (come gli uomini più primitivi) dediti a forme di cannibalismo; gli Eloi, in quella che è chiamata Età dell'oro, vivono fra sfingi alate, cupole e obelischi, indossano tuniche di porpora e calzano coturni. Insomma, quando deve caratterizzare il futuro, Wells ricorre a tratti distintivi che, di fatto, appartengono al passato. Lo stesso accade nei molti fumetti ambientati nelle età a venire: i marziani che,Buck Rogers incontra nel XXV secolo sono abbigliati, dai calzari all'elmo, come guerrieri romani. Il futuro arbitrario prende i colori del passato. Nei fumetti dei Supereroi, la Macchina del Tempo è diventata un ingrediente comune. In una storia dell'Uomo-ragno, il perfido Zarrko, per seminare nel mondo confusione e terrore, usa la bomba-tempo, che con le sue radiazioni provoca un improvviso retrocedere del progresso, cioè la sparizione delle macchine: com'è evidente, contro quest'arma totale l'Uomo-ragno, difensore d'ufficio della società costituita, avrà la meglio. In una storia di Superman, la Macchina del Tempo è usata invece con fini scientifici: serve a inviare nel passato giovani storiche, col compito di verificare (per la loro dissertazione) il reale corso degli eventi. Sembra così come capovolta la visione di Orwell, che nel 1984 aveva puntigliosamente costruito una sua teoria del futuro, dove schiere di storici sono impiegate a falsificare continuamente il passato, adattandolo ai vari mutamenti d'aJleanza fra le Tre Potenze in cui il mondo è diviso. Ma questi viaggi - nel passato e nel futuro - sono soprattutto noiosi. Non vi incontriamo quasi niente che non conosciamo già. La prova è che passa10 e futuro sembrano assomigliarsi sempre più: accomunati da una «diversità» di maniera. Perché il Passato riprenda il suo spessore (anche solo in parte), è necessario, invece, prenderne le distanze; sentire intera la difficoltà di comprenderlo; coglierne la frammentarietà, l'incompletezza; sapere fino in fondo che quei frammenti non si legano fra loro se non dopo sforzi (a volte giganteschi, eppure spesso fallimentari) di interpretazione e di integrazione. Che non c'è un Passato, ma molti, e spesso in contraddizione tra loro. Solo allora frequentare un Passato che non è mai uguale a se stesso potrà essere l'altra faccia di un'attenzione ai mille aspetti del presente; e sentirsi, nell'uno e nell'altro caso, prima di tutto estranei sarà il primo passo per capire qualcosa. Visitando di persona - anche in un museo, in una mostra archeologica - un passato sempre più simile al presente (o falsificato per adeguarlo al presente), questa distanza, questa estraneità è tendenzialmente annullata. Finalmente, il Passato non avrà in serbo per noi nessuna sorpresa, avrà raggiunto la consistenza (ma anche il sapore) di un omogeneizzato, la Macchina del Tempo avrà allineato i secoli come libri su uno scaffale; la ricerca storica, perdute le sue incertezze, non potrà più essere madre di nessuna verità, di nessun futuro che in questi scaffali già non sia archiviato, previsto. Ma la bomba-tempo esplode, invece, a ogni istante. Fra l'uno e l'altro tempo, fra la Storia e le sue sacche, il discrimine è la macchina. Nel congegno di Wells, viaggiamo ancora: la Macchina del Tempo può essere anche la Freccia del Sud.

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