Alfabeta - anno IV - n. 35 - aprile 1982

Croniciataliana (Il) Alberto Magnaghi, Augusto ll/uminati Col tilolo «Oonica italiana»si è aperta nel numero scorso (34, marzo 82) una serie di interventi sulle istituzioni oggi. Nello scritto Cinque domande, Francesco Leonetti e Romano Canosa hanno posto quesiti articolati su base, potere, lavoro, giustizia, esclusione e controllo sociale. Le prime risposte pubblicate sono statequelle di A. Arbasino. T. Negri, E. Rambaldi. In questa seconda puntata pubblichiamo gli interventi di A. Magnaghi e di A. Illuminati, che si riferiscono allo stesso scritto di avvio, integralmente reperibile sul n. 34. Alberto M.agnagbi: La comunità Fra le domande: ... «e si ripresenta un movimento di base che potrebbe saldare molte componenti. Che cosa significa ciò? ... Cè uno slittamento espansivo oppure una dispersione? ... I gruppi che non si identificano con lo Stato corrono il rischio di restare senza rappresentanza politica?• Prima di tentare una breve risposta, nomino due luoghi, scelti a caso fra i tanti possibili, e li racconto brevemente. Luogo I: un «raggio• di un carcere Come si sovrappongono luoghi propri e luoghi nemici, cosi si insinua un tempo proprio nel tempo nemico. La ricerca del luogo proprio avviene dentro il divenire del tempo proprio: ricerca di coincidenze fra spazio-tempo immaginario e vissuti concreti. La funzione-prigione si sostanzia in uno spazio-tempo costituzionalmente nemico: tempo e percorsi programmati per distruggere capacità reattive: si rischia di finirci risucchiati, annullati. La biografia di ciascuno tende a spegnersi nella ripetizione, nel dominio delle sequenze ritmate, nelle quali non sono ammesse variazioni di percorso. Percorsi e sequenze si ossificano in una costante ossessiva. La «funzione» si presenta allo stato puro: come governo di un tempo vuoto, non mascherato da tempo lavorativo. [.a percezione della cnemicità» è qui più limpida, immediata, rispetto allo spaziotempo delle funzioni astratte nella metropoli, laddove molteplici scenari di simulazione di senso sfocano i termini della contraddizione: un ballo senza musica. Si danno tuttavia situazioni, percorsi entro cui, come le «barriere• fisiche vengono allontanate da spazi vitali intessuti dai soggetti, cosi il tempo viene rimisurato e posseduto dal collettivo interno. Il tempo totale risulta cosi oscillazione continua, moto pendolare fra queste due misure del tempo, quella propria e quella nemica. Le tecniche di vita divengono allora conquista di più oscillazioni possibili al tempo nemico, espansione del tempo proprio (necessariamente separato dalla funzione) della biografia, di culture e regole locali, della creatività, dell'affettività, o anche della ricerca volontaria del vuoto, come ricerca del centro. Quando il tempo vuoto della funzione viene ridisegnato dai soggetti, in un «raggio•, si ridefinisce, negando ritmi e confini, la comunità. Durante l'oscillazione cpropria• il ritmo coattivo dello spaziotempo della cregola» diviene coordinata esterna, o confine cnaturale». Qui allora, in queplurale, fluido rispetto ai luoghi funzionali della metropoli dove le oscillazioni sono più rapide e brevi. I rapporti privilegiati non pongono in antagonismo quelli sociali e plurali, che si intrecciano secondo sequenze a diversi gradi di intensità e di complessità, senza rotture fra pubblico e privato, fra percorsi interiori e loro flussi collettivi. Il puro comando sul tempo vuoto dei soggetti (senza motivazioni funzionali-produttive) rende immediato lo svelarsi della condizione dei soggetti stessi, oltre la loro funzione di classe, di ideologia, di cultura; la contraddizione si presenta immediatamente nell'antinomia permanente fra involucro spazio-temporale riducente. svuotante, e bisogno degli individui e delle loro aggregazioni di tessere la ragnatela del proprio spazio-tempo locale di esistenza. L'oscillazione di un «raggio• è sicuramente un modello periferico, ma allusivo di contraddizioni più estese e complesse che, nella metropoli informatica, producono incessantemente oscillazioni fra aggregati socioeconomici astratti e formazione di comunità concrete. La contraddizione è antica: ma si rinnova e si espande quando la forma delle funzioni metropolitane si rappresenta come puro involucro astratto e si allontanano le possibilità dei soggetti di identificarsi e rappresentarsi in essa. Luogo 2: una strada in un paese Memoria palarella di due luoghi distanti e casuali: il raggio di un carcere. una paese dell'Alta Langa, nella cterra dei vinti•. Si dà, sovente, una soglia in cui tradizione e innovazione si miscelano. acuendo la contraddizione. Nel paese una strada, denominata cl' ghèt•. Gli cimenti di cseparazione• dalle funzioni, la percezione della comunità concreta, possono rivelarsi nel raffronto con altre strade. Che il cghèt• sia una comunità, è nella percezione collettiva del paese. Quando Mario S. si è fatto la casa nuova alle case soprane, era triste e spaesato come un emigrante. Ogni giorno scendea al cghèt• e seduto, appoggiato al muro di una casa, con calma. crespirava• la comunità. n cghèt• è una strata stretta, lunga 200 metri, che dalla piazza del paese si collega al ponte che lo delimita, freccia di un arco (la circonvallazione) che discende dalla piazza per poi risalire bruscamente verso il ponte. Questa discesa, il frastagliato filo di gronda delle case, ne racchiudono l'orizzonte, ne delimitano i volumi come spazio conchiuso. Le case a schiera, sono a due o tre piani, di pietra intonataca, irregolarmente ammorbidite dal tempo e dalle stratificazioni. La schiera è interrotta da una piccola piazzetta, un cortile che apre uno spazio raccolto al centro. Il percorso è segnato da alcuni punti di socializzazione: la cucina dell'Amelia, di fronte la falegnameria di Elvio, al fondo della discesa la bottega di fabbro di Mauro. Ma anche le altre cucine, più o meno visibili dalla strada sono percepite da essa con continuità. Le cucine sono il tessuto nervoso e punti di fuga del perste oscillazioni sottratte, il rapporto .. L. -iedividue-oomlHlità- -si-ilà -più -ricco-, -- ~M=.;,ti.., ...,_.:1 L ,~:J~ corso, varchi di «continuità» della strada che penetra, attraverso questi terminali di socializzazione, negli alloggi. La cucina dcli' Amelia è addirittura terminale separato fisicamente dall'alloggio (che è al secondo piano), protesa sulla strada come negozio o bottega: punto di ritrovo, di ospitalità aperta, anche casuale: i pranzi sono «esposti•, in continuità con la strada. Così è per tutte le cucine, anche quelle meno esposte, luoghi di percorsi aleatori, permanentemente attrezzate per ricevere ospiti inaspettati che dalla strada salgono e si incrociano nel re nella bottega. È spazio sociale continuo, senza rotture, come lo spazio retrostante le case degli orti e dei pollai. Così la bottega di Mauro, la sera, con la cantina dei vini dietro la forgia: memoria di una socialità più intensa di veglia (il calore della forgia come il tepore delle stalle} quando suo nonno forgiava, la sera e batteva al m·aglio. Questa disposizione delle cucine e delle officine (circuiti e terminali di socialità, trama continua fra interno ed esterno) è concrezione stratificata di tipologie edilizie. deformatesi e adat- ·\ ~---· ~;\ I ,.. l • • \]E_:~i-~·!· ,-,- convivio. L•officina di Elvio (che è anche sindaco) è insieme laboratorio e luogo di incontro, anche con gente che viene da lontano; ma è soprattutto centro vitale della comunicazione interna. È anche «servizio sociale» di cui tutti usano per i piccoli lavori domestici di falegnameria. Il tempo di lavoro, la giornata lavorativa è illimitata, integrale, tempo di vita non separato. Si svolge in pubblico, dentro una socialità che spezza continuamente la «funzione• e nel contempo ne residua un «valore d'uso• come servizio collettivo non mercificato; o la nega trasformandosi in vetrina, salotto, cantina. Sovente la strada è deposito di assi, il laboratorio si prolunga sulla strada e nelle case; a volte è la strada a rientra- -~-_· . • . ·.- tatesi nel tempo ai modi di comportamento e alle volontà comunitarie intessute dai soggetti. La continuità di spazio sociale, sospesa fra privato e pubblico, organizza il suo ambiente costruito, ne plasma i percorsi, ne modifica gli usi, ne ridefinisce le tipologie. A volte il laboratorio di Elvio, spazzato dai trucioli, è sala-feste, a volte lo è la strada, a volte le cucine, a volte i cortili; a volte la festa è mobile, strisciante, sinuosa, da una cucina ad una cantina, alla strada, ad una officina, perdendo o aggiungendo qualcuno, mano a mano che si snoda nei suoi percorsi aleatori. Alcuni lavorano fuori, lontano, in fabbrica o in giro per le colline, ma il centro di riferimento resta la comunità, ad essa è riferita la vita e la biografia di tutti. La comunità non è programmata, non è funzionale, non riecheggia di corporazioni, non è chiusa, non è ideologica: è un modo di vivere, resistente, intreccio di percorsi diversi, alimentata da polivalenze artigianoterziarie innescate sulla memoria della cultura contadina di collina (ma nel «ghet• non abitano contadini «a pieno tempo•). --• r culiura- iir6ana, 7nnesfafa;- conl'emigrazione di ritorno, nella memoria collettiva, sapienza di rapporti comunitari immersi nella memoria agente dei percorsi boschivi e delle vigne. Non è statica: assorbe gli eventi, gli ospiti, gli «urbani•, muta la pelle, ma non le «regole• associative: macina trasformazioni socioculturali, ma difende la propria identità dalle «funzioni» esterne; la restituisce rinnovata ai giovani che tornano dalla città, terza generazione di immigrati «industriali», prima di «postindustriali». I bambini, mio figlio, appena escono dal portone di casa, corrono nel «ghet». Vi sono attratti da un flusso: percepiscono di entrare in un mondo magico dove la diversità è regola, dove il pendolo si ferma dalla parte «propria». Risposta alle domande: Si verifica, nel sociale, un intreccio diffuso di percorsi di diversificazione, oscillazioni che residuano nuovi statuti. Ogni ansia «leninista» di sintesi non fa che operare, al presente, processi riduttivi, selettivi, entro compatibilità; rappresentazioni entro un sistema complesso, ma operabile secondo i paradigmi economici dello sviluppo. Il rischio per molti flussi, esperienze, di restare senza rappresentanza nel «politico» è forte, ma, forse, non è un rischio: la nebulosa minuta e difforme delle sperimentazioni sociali non sembra cercare «rappresentanza politica», almeno nei codici consueti. È il sistema politico che cerca di «rappresentare»; questa ricerca è un suo bisogno: filtrare il non denominabile, il non connotabile,, i dialetti, in linguaggi operabili. Qui il «realismo• politico diviene il massimo di astrazione, la sua unica concretezza si dà come esigenza di comando, plasmando il sociale in forme normate, efficienti. Non vedo una nuova «protesta sociale» vedo, di «nuovo», il brulicare di nuove forme di esistenza sociale che attraversano luoghi, classi, funzioni, istituzioni. Queste forme di autoriconoscimento dei soggetti e di sedimentazione di flussi e di esperienze comunitarie, si lasciano rappresentare solo nella loro forma fenomenica, nel loro movimento esteriore; ovvero in ciò che è definibile come moto, dinamica, impatto con le istituzioni. Ma il movimento, la contrauualità, l'impallo, non sembrano essere le loro categorie fondati ve. Occorre forse smettere di pensare al «movimento• come ad un qualcosa che inevitabilmente, etimologicamente, si muove, per esistere, in contrapposizione a ciò che è conservazione istituzionale del presente, immobilità. In tempi di velocificazione dell'informazione, di simulazione elettronica accelerata dello spazio e del tempo, ciò che si «muove• per eccellenza è il comando astratto e il suo armamentario di codici: un dominio a!f1bulante, un vorticoso trascinare, spostare, far polvere di segnali, vortici di informazione, trombe d'aria di eventi, polluzioni di speitàcolarità, nel tentativo di risucchiare e trascinare con sé qualcosa che resiste, che non si lascia lambire; che, affermandosi, frena il movimento. ·' Mi sembra perciò che le domande siano un po' ansiose: troppo protese a ri_cercare,nei nuovi movimenti, la loro ~ esteriorità agente contrattuale, ovvero 'E ciò che è catalogabile come moto, or- §- ganizzazione, conflitto, e non piutto- ~ sto a raccogliere ed estendere ciò che si sedimenta come autoriconoscimento, ~ come forme di esistenza autodetermi- l nata, come autoprogettaztone, comè sj

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