Alfabeta - anno IV - n. 33 - febbraio 1982

unico mezzo per affrontare I' Unione sovietica, la introduzione di nuove armi cdi teatro• per rendere credibile questa forza, la subalternità dei governi europei alle esigenze del loro alleato-protettore hanno visto ricomparire un po' dovunque, e questa volta non in «selezionate• riunioni intellettuali o in colti articoli di riviste, ma in grandi manifestazioni di piazza, una protesta collettiva, che, anche se diretta contro le esigenze della sicurezza esterna, appare la naturale prosecuzione delle proteste garantistiche dirette negli anni precedenti, sia pure su piani più ristretti, contro gli imperativi della sicurezza interna. I movimenti e gli ambienti dai quali sgorga la protesta pacifista sono quasi sempre gli stessi che hanno condotto negli anni precedenti campagne contro le tradizionali stratificazioni del potere «interno• alle stesse società. ln Germania federale, ad esempio, un posto di rilievo è occupato dalle chiese protestanti con alla testa vecchi «resistenti civili• quali il pastore M. iemoller, veterano della lotta contro il nazismo; seguono i «verdi• e gli «alternativi• i quali, nello stesso tempo, appaiono in lotta sia contro i misfatti della società tecnologica (si pensi agli scontri avvenuti in novembre tra ecologisti e polizia attorno all'aeroporto internazionale di Francoforte per impedire la costruzione di una terza pista, costruzione che comporta la distruzione di 250 ettari di bosco) che contro le armi nucleari; infine gli svariati gruppi comunisti i quali, nella battaglia pacifistica, riescono ad aggregare consensi che vanno ben al di là della loro debole consistenza numerica (il cosiddetto cappello di Krefeld» nel novembre 1980 in favore del disarmo atomico unilaterale, lanciato dall'Unione tedesca per la pace, è stato firmato da quasi un milione di persone). E, dietro queste iniziative, una «massa di giovani ai quali la normalità tedesco-occidentale offre scarsi motivi di esaltazione e che dieci anni di gauchism,: hanno lasciato politicamente disincantati• ('). ei paesi scandinavi un posto di rilievo nelle iniziative pacifistiche è occupato dai movimenti femminili, un altro dei nuovi soggetti di questi anni. Nel luglio 1980 una petizione per la pace, sottoscritta da più di 520.000 donne è stata consegnata a Copenaghen al segretario generale delle Nazioni Unite K. Waldheim. In Svezia delle quattro «campagne• pacifistiche attualmente in corso, accanto alla Assemblea popolare svedese per il disarmo, alla Associazione svedese per la pace, ali' Appello per la pace e la sopravvivenza, un posto di rilievo è occupato dalle Donne per la pace. Soggetti politici analoghi della protesta pacifistica si riscontrano anche negli altri paesi europei (Italia, Francia ecc.). In questi paesi, seguaci dell'antimilitarismo tradizionale, con le sue varianti pacifistiche e rivoluzionarie, pacifisti di ispirazione religiosa, ecologisti puri, antimilitaristi ecologici (si pensi per la Francia al movimento dei contadini del Larzac), nuovi portatori della protesta sociale, piccoli partiti e movimenti di estrema sinistra, gruppi e movimenti libertari ecc. si muovono in comune per imporre politiche che, contrariamente a quelle dei governi, siano assai poco rispettose delle esigenze della sicurezza esterna. E come nel garantismo interno non pochi sono gli echi giusnaturalistici, cosi tracce simili sono presenti anche nel pacifismo contemporaneo, anche qui sulle orme di una tradizione che ha visto in passato un fruttuoso scambio tra scuole del diritto naturale e dottrine pacifistiche (da Wolff per il quale la pace è conforme alla natura, laddove la guerra le è contraria, a Vattel per il quale coloro che, senza fare prima ricorso alle vie pacifiche, corrono alle armi ad ogni pretesto, mostrano di abbandonarsi ciecamente alle loro passioni, anche se le mascherano sotto veli giuridici) ( 5 ). Certo le formulazioni teoriche, nell'un caso come nell'altro possono essere alquanto approssimative e sommarie, ma come non sentire l'eco del richiamo ad una superiore legge di natura, che trascende tutti gli accordi interl\l)zionali e quindi le fonti del relativo diritto (ivi compresi i patti militari, i trattati sul «disarmo•, ecc ed in generaie tutti gli accordi internazionali che sanciscono il dominio del più forte sul più debole, dei paesi industrializzati su quelli che non lo sono, del Nord sul Sud) nelle parole di Niermoller quando afferma «si tratta di salvare l'umanità. Attualmente, mentre il pianeta può largamente fare vivere tutti i suoi abitanti, un essere umano su tre muore - nella pace! - per l'irresponsabile sperpero finanziario, poliziesco, energetico... costituito dalla corsa agli armamenti. la corsa all'abisso. Fare Aeropono tli /s1rana (Treviso) macchina indietro fino a che è ancora possibile significa nello stesso tempo lottare contro la guerra- morte rapida - e contro la fame- morte lenta. Non si vincerà la fame se non saranno prima ridotte fortemente le spese militari insensate» (6 )- Contro la sicurezza Il filo diretto che corre tra il «movimento» degli ultimi anni sessanta e della prima metà degli anni settanta (dopo le acque si intorbidano ...) e le attuali manifestazioni pacifistiche aiuta forse meglio di molte analisi sociologiche a comprendere la reale natura di quei gruppi e di quelle forze che hanno incarnato la protesta sociale in quegli anni. Al di là degli slogan, a volte truculenti, urlati nelle manifestazioni, quella protesta, assai più che diretta «a favore» della rivoluzione appare vista ora, come diretta «contro• la sicurezza ed i suoi imperativi sul piano interno come su quello esterno. Non bisogna dimenticare che l'ordine pubblico alla metà degli anni sessanta (almeno in Italia) era ancora un ordine pubblico teoreticamente ereditato dal fascismo (le leggi fondamentali ad esso relative erano ancora quelle degli anni trenta) e praticamente gestito con una grande durezza, rimasta immutata nell'immediato dopoguerra e continuata per l'intero ventennio successivo (intervento della polizia negli scioperi, uso frequente delle armi da fuoco da parte degli apparati di ordine durante le manifestazioni ecc.). Fu contro questo ordine pubblico, e la visione del mondo ad essa sottostante, ad essere investito dalla protesta collettiva la quale, nell'ultimo biennio degli anni sessanta, ottenne anche qualche successo (fu di quel biennio la liberalizzazione più alta mai raggiunta in Italia delle leggi di polizia). Nello stesso tempo le manifestazioni a favore del Viet-nam, antecedenti di rilievo del movimento, esprimevano anche esse una protesta contro gli imperativi della sicurezza e dell'ordine, internazionali questa volta, invocate dagli Stati Uniti e dai loro alleati occidentali per giustificare l'intervento nella penisola indocinese. La sicurezza sembra, dunque, costituire la gran~e cornice «negativa» della protesta collettiva degli anni passati come di oggi. Vi fu allora, come vi è oggi nei movimenti pacifisti il profondo convincimento che !'«ordine» interno ed esterno, cosi come ereditati dalla seconda guerra mondiale, all'est come all'ovest, sono profondamente conservatori, favorevoli alle classi o ai ceti dominanti e profondamente ingiusti. Di questo ordine viene auspicata una rottura che consenta alle forze sociali che operano all'interno di società tutte in un modo o nell'altro bloccate, di riappropriarsi del potere di iniziativa e di scelta in vista di un migliore, più libero e più «fraterno» assetto interno ed internazionale. Non a caso, dal lato delle classi e dei ceti interessati alla conservazione dello status quo si insiste (o si è insistito fino ad un anno fa) non tanto sul pericolo costituito da minacce esterne o da rivoluzioni interne, quanto sulla necessità di modelli decisionali di governo più, efficaci e vincolanti e sul bisogno di dosi sempre maggiori di «autorità, deferenza e gerarchia» (cosi uno dei padri della Trilaterale S. Huntington) affinché le società tardocapitalistiche possano funzionare. La sicurezza, nelle sue due varianti, appare dunque al centro dello scontro. Attuata nella sua dimensione interna, essa è «sfidata» in quella esterna; stabilizzata in quella esterna, essa è contestata all'interno. L'ordine sotto il cielo continua ad essere minacciato dal disordine. Non è un male: vuol dire che, nonostante tutto, la storia, e la vita, continuano ... Note 1 Vedisu ciòP. Nocitovoce Alto gradimento in «Il digesto italiano», voi. 2°, parte seconda, Unione tipografico-editrice, Torino, 1892, p. 787 e ss. 2 P. Leroy-Beaulieu Lo statomodernoed i suoi uffici, traduzione italiana in «Bibliote• ca di scienze politiche•, voi. VII, Unione Tipografico-editrice,Torino, 1891, p. 819 e ss. (la primaparte del volume è occupata dallatraduzionedelsaggiodi W. Humboldl Saggios11liimiti de/l'azionedellostato). 3 L'unico paese nel quale i problemi dell'ordine pubblico inlerno furono nolevoli fu l'Italia (vedisu ciò R. Canosa La polizia in ltalindal /945 ad oggi, Il Mulino,Bolofna, 1976). C. Tréan Allemagnefédérale:la vag11dee fond in «Le Monde• del 20 onobre 1981 ' C.L. Lange Histoirede la doctrinepacifiq11e t deson injluences11lredéveloppement du droit international in ~Recueil des cours», 19261 voi. 3°, tomo 13, in particola• re p. 319 e ss. 6 N. Niemoller Arrétonslatroisitmeg11erre mondinle in «Le Monde• del 27 onobre I981. Nelmaggio 1977, sempresullostesso giornale, egli aveva scritto:« Una civiltà che si rifiuta di far beneficiare i poveri della giustizia, cioè i tre quarti degli abitanti del nostro pianeta, non merita il nome di libe• ra. Bisogna rompere il fronte dei ricchi, costruire una umanità fraterna». Unasinistracensuradisinistra N e hanno par/aro in pochi. Anzi, quasi nessuno. E c'è da presumere che pochi ne parleranno. Nel 1982 c't!.poca voglia di racconrareepisodi di caccia alle streghe. Però esisrono e purtroppo avvengono talora proprio a «sinistra» (si impongono le virgole/le dubirarive). La «srrega», in quesro caso, si chiama Giovanni Cesareo. . È un giornalisra e uno swdioso assai noto sia per essere stato per molti anni il cri.ricotelevisivo dell'Unità, sia per il lavoro svolto nella reda:ione di Sapere, una delle più importanti riviste italiane di divulga:ione scientifica. I rnoi swdi sulle comunicazioni di massa sono noti a livello interna:ionale (di recente ti. apparso, per gli Editori Riuniti, il volume Fa Notizia). È bene dire subito che gli incarichi del Gemelli non erano sfuggiti alla logica della «lottizzazione». Ma Cesareo, pur «lottizzato» come comunista, non riescemolto gradito al suo stesso partilo ed è preso in antipatia dai socialisti. Il suo metodo di lavoro, largamente basato sul collettivo dei redattori e dei collaboratori, reso ad analizzare i concreti processi prod1111ii-dieltinforma:ione, presentarsi come asetticamente newra• le, è del resto aperta agli interventi anche di dissenso della rna linea principale di ricerca. Le manovre dei lottizzatori (scontenti) per rim11overe Cesareo non riescono a trovare appigli. Ai socialisti sembra offrirne uno il dibattito che Ikon pubblica con il comitato di redazione del Corriere della Sera, cui un esponente del comiuuo. W11l1er Fra il I 979 e il I 981, Cesareo è staro anche il direuore di lkon, la rivista di ricerche e documentazione sui media. E qui comincia la nostra storia. lkon è una rivista prestigiosa per il suo passato accademico (era nata come sede di ricerca sperimentale psico-sociologica nel seuore della filmologia). lkon dipende dall'lsti.ruto Gemelli, un istituto specializzato altrellanto «famoso», passato all'area pubblica: è rello, con un complesso meccanismo, dalla Provincia di Milano, L'amministrazione di sinistra della Provincia decide il rilancio dell'artività del/' lstitulo Gemelli, triparrirain rivisra (lkon appunro), ricerche e biblioteca. La direzione della rivisla viene affidata a Cesareo, il quale imposta la nuova $erie con cri/eri più larghi di documentazione e di analisi dei processi della comunicazione. Il bilancio ti. in pareggio - nonosrante la modestia del contributo della Provincia - e la diffusione passa da 600-700 copie a 1700. Carri Leopard nei cortili delle officineOTO Melara di La Spezia lascia poco spazio agli ideologismi e alle logiche di schieramento. Il rno approccio, coi tempi che corrono, è forse giudicato troppo «marxista», anche se del marxisra «ortodosso» Cesareo ha ben poco, se l'ortodossia equivale a dogmatismo. Inizia perciò un siillicidio di accuse e di voci di corridoio contro la gestione Cesareo, ma nessuno avanza critiche serie sul piano scienrifico e culturale. La rivista, proprio perché non cerca di BibIiotecaginobianeo Tobagi, non aveva partecipato. L'accusa di faziosità verso la corrente filosocialista dei giornalisti, «Stampa Democratica», cui Tobagi apparteneva, viene trasformata dall'Avanti! in pesanti insinuazioni quando Tobagi viene assassinato da un gruppo di terroristi. Nel mazzo, assieme ai comunisti del Corriere della Sera, finiscono an• che lkon e Cesareo, in quanto «teorici» di una corrente che aveva osalo criticare la linea sindacale di Tobagi. La tempesta finisce in un bicc/1ierd'acqua e le accuse cadono nel ridicolo. Ma sara11no usate come base di partenza per conseguire, dopo qualche tempo, la cacciata di Cesareo da lkon. Infatti nel dicembre scorso (dopo una serie di tentativi di blocco dei fondi e di escamotages 11011accreditati dal Comitato Scientifico del Gemelli, di cui fil Prol'incia deFe tener conro) ,·iene inviata a Giovanni Cesareo una lettera di ringraziamento che dà per scontato il suo allontanamento da lkon,senza una sola riga di spiegazione. Un lavoro triennale, non del solo Cesareo ma dell'intero gruppo di collaboratori (fra cui Alberto Abruzzese, Omar Calabrese, Ivano Cipriani, Raffaele Fiengo, Enrico Ghezzi, lino Micciché, Italo Mosca: ti, Ugo Volli, Mauro Wolf- ci scusiamo con i tanti non menzionati) viene così interrouo per via burocratica, senza alcun diritto di replica e di difesa (del resto da quali accuse?). Nemmeno alla RAI di Bernabei, forse, accadevano cose simili. Sarebbe facile parlare di zdanovismo, in una sinistra abituata a difendere la libertà di espressione in casa altrui, ma meno a casa propria. li peggio è che il caso rischia di passare del tutto sotto silenzio. Solo Il Manifesto, finora, ha trovato giusto parlarne. Gli stessi comunisti, evidentemente imbarazzati, ma inclini ad abbozzare un sorriso verso le «ragioni di stato» - anche se in questo caso si /ratta di «ragioni della Provincia»... - si guardano dal lamentarsi. Piccolo cabotaggio, si dirà, cose che capitano ne~'Italia di oggi, che scompaiono di fronte a ben più gravi attacchi alla democrazia e alla libertà. Ma è proprio dal silenzio sugli episodi di caccia alle streghe perché «il nemico è in ascolto» che possiamo misurare la vastità dei danni che, in questo clima, si vanno producendo. In questa mancanza di senso della misura in un episodio così «limitato» possiamo leggere il disprezzo che circola nel ceto versogli intellettuali non abituati a piegare la schiena. Tacendo sul caso lkon-Cesareo ci si predispone a tacere su llltti gli episodi che questo «costume» è destinato a partorire in tutti i settori della cultura italiana. So che qualcuno, saputo della vicenda, ha pensato di procurarsi i numeri arretrati di Ikon: tutte/e censure sono destinate a suscitare effe1ticontrari. E se Cesareo e i suoi collaboratori potranno proseguire altrimenti il lavoro di lkon, si può pensare che la nuova rivista troverà più lettori di prima. Ed è l'augurio che sentiamo di dovergli fare. g.s.

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