Alfabeta - anno III - n. 30 - novembre 1981

mondo aperto al quale noi s1essi appaneniamo, alla cos1ruzione del quale partecipiamo» (La nuova alleanza, p. 271). La rivoluzione scienlifica novecenlesca è anzilullo una rivoluzione epistemologica, nella quale convergono e si intrecciano (non si sinte1izzano nel senso della hegeliana Aufhebung) numerosi itinerari rivoluzionari locali. anche differenti e divergenti. Anzi tu Ilo esistono cerio come sfondo quelle rivoluzioni scientifiche ormai considerate come tali, che costituiscono dei punti «classici• di riferimento nella qualificazione della scienza novecentesca: le rivoluzioni relativ1sttca e quanust1ca in fisica, quella molecolare in biologia, quella fondamentalmente transdisciplinare solidificatasi allorno alle ricerche cibernetiche, il processo di decentrazione del soggello psicologico originatosi a partire dalle opere di Freud e di Piaget. Ma uno degli aspelli più interessanti dell'opera di Prigogine e di ~tengers è che essa mostra come nella seconda metà del nostro secolo questo processo di riorientamento della nostra tradizione scientifica non si è affatto rallentato (come certe immagini frettolose parrebbero far credere), ma si è anzi accelerato. Soprattullo, esso ha toccato delle questioni soltanto raramente problematizzate in precedenza, come quella del rapporto fra il cara11ereirriducibilmente contingeme dei singoli eventi e la possibilità di un loro (maggiore o minore) dominabilità sulla base di leggi generali. E soprattutto, il moto odierno della scienza viene considerato come un processo di progressivo arricchimemo, nel senso della conquista all'indagine dettagliata di aspetti della natura in precedenza non considerati degni, o possibili, di una trattazione scientifica (come ad esempio le stru/lure dissipative, fenomeni creati e mantenuti dal non equilibrio in quell'ambito della fisica in cui pareva che l'idea di equilibrio dominasse incontrastata). La situazione contemporanea appare quindi estremamente diversa dalla rivoluzione scientifica seicentesca, galileiana. Allora, dinanzi a un 'incontrollata proliferazione di approcci e di fenomeni che aveva carallerizzato il ebbe anche la nascila di una 1radizione epis1emologica che. nata da una scelta vincente, tendeva sempre più a obliare i caratteri di con1ingenza e di s1oricità insili nella sua origine e a cristallizzarsi come criterio a1emporale e legi11imatore di ogni prassi scientifica. L'immagine del mondo della scienza «clas ica• è un diretlo risuhato di tali opzioni epistemologiche: «il paradosso della scienza classica consiste nello stupefacente risultato che fu la nascita di una nuova razionalità, che ci dava la chiave dell'intelligibilità della natura. La scienza ha iniziato un dialogo frulluoso con la natura. ma lo sbocco di questo dialogo è stato dei più sorprendenti. Esso ha rivelato all'uomo una natura passiva e morta, una natura che si comporta come un automa, che, una volta programmato, segue eternamente le regole scrille sul suo programma. In questo senso il dialogo con la natura ha isolato l'uomo dalla natura, piullosto di mellerlo a più stretto contallo con essa• (La nuova alleanza, p. 8). Di conseguenza la prospe11iva della «vecchia alleanza• non teneva in gran conto l'autonomia delle singole discipline e dei singoli livelli di realtà. Si trallava invece del tentativo di progressiva estensione di schermi rivelatisi fecondi per determinati settori (l'astronomia e la scienza fisica della dinamica) a reahà diverse che sul piano fenomenologico apparivano nettamente distinte: tipica in questo senso fu la storia del meccanismo biologico. Buona parte della storia della scienza, soprattullo 011ocentesca, può essere letta come uno scontro fra i tentativi, perahro assai diffusi, di estensione del rigido paradigma determinista e una proliferazione di fenomeni indicanti realtà di tipo nuovo (probabilistiche, ccc.) che nemmeno a forza rientravano negli schemi classici, e questo già nel campo della stessa fisica. Il vero punto di rollura fu dato dall'irruzione nella scienza del fa11ore tempo come aspetto realmente formatore e non già come parametro di riferimento: la teoria dell'evoluzione biologica fu forse il caso più clamoroso, ma di lì a poco l'importanza dei fenomeni irreversibili e dotati di spessore temporale entrò a pieno diri110,con la termodinamica. all'interno della scienza fisica. Sono qui le radici più lontane della nuova prospelliva contemporanea. L'allargamento dei fenomeni oggetto di trallazione scientifica ha mostrato una natura assai diversa dalla natura passiva della concezione classica: «la natura inorganica non conosce solamente evoluzioni progressive verso il disordine e l'indifferenza, ma anche metamorfosi brusche. trasformazioni discontinue: cristallizzazione - l'ordine emerge dal disordine, il liquido si 'rapprende' di colpo, il soluto 'precipita' - fusione, sublimazione. (...) Nelle 'transizioni di fase' , la natura si afferma come potenza di trasformazione, in grado non solo di lasciarsi scivolare nel disordine e nell'indifferenza, ma anche di far sorgere l'ordine, la differenza• (Ordine, pp. 96-97). È il trattamento dei fenomeni di discontinuità a far risaltare in maniera decisiva la diversità di impostazione fra la «vecchia» e la «nuova• alleanza. Men1re nel quadro classico tali fenomeni o venivano spinti ai margini oppure erano subordinali a meccanismi conlinui «più profondi• in grado di spiegarli, la ricerca di s1rumen1i (matematici e concettuali) sempre più aderenti ai loro tratti anche più specifici è diventata una delle imprese più interessanli della scienza conlemporanea. periodo rinascimentale e non era più L a trattazione dirella da parte della controllabile dal paradigma aristoteli- scienza contemporanea (e non co, il problema era di qualificare i fe- solo da parte di Prigogine, ma nomeni passibili di tra11azione scienti- anche di numerosi matematici e biolofica e i metodi con i quali a11uarla. gi: Thom e Waddington, per fare due Si ebbe in un certo senso un restrin- nomi) dei fenomeni di discontinuità, gimento dell'orizzonte scientifico, delle «transizioni di fase• ha contriaccompagnato-da quella sistematizza- buito a porre di nuovo in primo piano zione matematica e sperimentale che un diballito di lunga tradizione filosotanti frutti ha dato a quel tempo e nei fica. Si tratta cioè del problema delsecoli successivi. on si ebbero soltan- l'emergenza, della possibilità di creat1jj3nQo iéer~t conosobsi a zioèoeali novità a partire da sistemi già autonomamente organizzati in quanto contrapposta a una visione del mondo di tipo più o meno preformista che spesso ben si adattava ai procedimenti~ agli in1eressi della scienza classica. Dinanzi a sis1emi discontinui in maniera radicale (come il vivente e il non vivente. o la mente e il corpo) le strategie più diffuse nei vari sviluppi della scienza moderna erano o di tipo r I ! j -·---- monista o di tipo dualista. Nel primo caso la discon1inui1à si riduceva sos1anzialmente ad un epifenomeno. e la spiegazione del sistema più complesso sulla base di un 'articolazione più o meno complicata cli elementi semplici voleva garantire l'unità di un'immagine della natura fondala dovunque sulle stesse leggi certe cd immutabili. In quesla prospettiva novità vere e proprie non si pongono: date le leggi di fondo e le condizioni iniziali sarebbe sempre possibile ricostruire eventi e sistemi qualsivoglia complessi in maniera deduttiva. e solo la fallacia delle capaci1à intellettive umane impedisce la realizzazione compiuia in un 1ale programma. Diversamente vanno evidentemente le cose nel caso di spiegazioni di 1ipo dualista. In tal caso le discontinuità sono sl sentile come reali. ma nel senso di veri e propri iati metafisici che non possono essere colmai i da alcuna indagine scientifica. Per i vitalisti il problema dell'origine dei sistemi complessi non si pone: la vita è un fatto assiomatico e come tale deve essere studiata, in piena auionomia ma anche in completo isolamento rispetto alle leggi e ai fenomeni che la natura inanimata ci propone. Rispello a una discontinuità da sempre cruciale per la scienza e per la filosofia, quella fra inanimato e animato, fra fisica e biologia, Prigogine ha contribuito a mos1rare- insieme a una vasta schiera di biofisici, primi fra tutti i biologi Needham e Haldane negli anni Trenta - come nessuno dei due 1ipi di spiegazione risuha conforme allo spirito della scienza conlemporanea. Anzitutto il presunto iato incolmabile, la «terra di nessuno», fra natura inorganica e na1ura organica si è trovala a poco a poco riempita di strutlure in1ermedie (virus, ccc.) e soprattutto di fenomeni fisici e chimici che mostrano caratteris1iche proprie dei sistemi biologici (o sociali), quali la presenza di improvvise instabilità, o la produzione di processi organizzatori spontanei. L'organico si è accostato all'inorganico secondo una direzione esa11amentc opposta a quella ipotizzata dalla filosofia classica: non è stato l'organico a rivelarsi semplice, bensl l'inorganico a rivelarsi complesso. D'altra parte questa stessa proliferazione di sistemi complessi ha portato la ricerca scientifica a interrogarsi sulla logica dei sistemi viven1i e sulla loro coerenza interna. È apparsa allora l'altra faccia della medaglia: la piena autonomia dei sistemi viventi e l'imprevedibilità delle loro cara/leristichespecifiche sulle basi di leggi generali fisiche, qualsivoglia allargate. Questo pcrchè i sistemi viven1isono il prodot10di un divenire storico non meno che cli condizioni e di vincoli originari, e perchè gli siessi eventi storici non subilLll l&IISSIBll PITTORESQ UE, COMPOSÉ ET DESSlNÉ far m. 2lntonin €arimt, ~e- .!t1arwJ COXTZR'AXT C1t1'T VllfGT-CllfQ PLAlfCBE.S GtA.vizs AU TllAlT, DO!fT Clt1'T DIX ar.,aiSZ1'Tt.lfT UKE VAllliTi D& •oniLES or. PAVILL01'S, DE llOTOJlfDZS, UP. TF.MPLES, DE llUJlfr.S, DE TOUllS, D7. aztviniau, OP. FO&TS, O& CASCADZ.S, Dt. PON'TUlfES, DE K,USOlifS DE PLAIS.llfCE, DE CBAUMIÌ:.tlES, nr. XOUL11'S !.T D•EIUUTACE.S; ,aicioÉ D'u" Tnité des cinq ordns d'Arcbjtecture, ,eloo V1GR'OLa; auquel oo a joint ·.:J délails des ordres CariatiJe, Prestum, Égy~tieo, Chinois et Gothique ; tirel de l'Ouvnge de M. DuaAJll'DP, anllèle des Moounaeot.santiqnes et moderne. 3" tfbition, rt1111t d au_gmrnttt. PARIS. IMPRIMERIE DE FIRMIN DIDOT, JMPI\Dl'".U1' nu llOt, ntrP. JAr.on, w 0 2./ 1 . 182!1. scono sempre in maniera passiva ques1e condizioni e vincoli ma possono. nel corso del processo cvolu1ivo. crearne di nuovi che superano il quadro delle possibili1à iniziali. Il concetto di novità non viene più paragonato, per contrapporlo. a quello di preformazione bensl si sin1e1izza naturalmenle con quello di invariante: ogni evento, ogni comportamento individuale risuha sempre condizionato da un sistema di leggi invarianti. ma ques1e agiscono nel senso di determinare un contesto di possibili1à entro le quali si verificherà una scelta, e non già quale scelta specifica verrà alluata. Al proposito il contributo originale di Prigogine è a concetto di f/uttuazio: ni. Queste, nell'ambito di ogni sistema complesso. si riferiscono alla varietà e all'irriducibilità dei comportamenti individuali degli elementi suoi componenti. Nelle condizioni abituali le flultuazioni si smorzano l'una con l'altra. dando origine al comportamento medio del sistema e all'illusione che questo venga determinato direttamente, univocamente e atemporalmente dalle leggi che lo regolano. Sulla base di considerazioni fisiche, chimiche e biologiche che qui non seguiremo, si nota però che in determinate condizioni una fluttuazione può ampliarsi, invadendo il sistema ( o suoi sollosistemi) e contribuendo in maniera decisiva alla determinazione di un nuovo comportamento medio, spesso assai diverso da quello originario. È proprio questa la logica de/l'evoluzione: un sistema crea nel suo ambito le possibilità della novità, che poi si afferma e diventa norma essa stessa. creando a sua volta un nuovo insieme di possibilità non direttamente determinabili sulla base dell'insieme di partenza. La «nuova alleanza» propone quindi una profonda riconsiderazione del ruolo delle leggi nella storia (intesa anzitullo in senso generale, come «s1oria della natura•). È radicale nel rifiutare ogni determinismo assoluto, e quindi ogni possibilità di previsione univoca e di adeguazione perfetta del progetto iniziale allo stato finale del sistema. D'altra parte non vuole nemmeno considerare la storia come il regno della pura contingenza e irrazionalità. Anzi, ritiene che una delle sfide più interessanti che la scienza con1emporanea deve raccogliere sia quella di capire i fenomeni storici: ma capirli a fondo significa considerare loro pane integrante anche degli elementi di contingenza, imprevedibilità e «irrazionalità». Certo la comprensione realmente adeguata dei processi storici è possibile soltanto a posteriori. Ma ciò non significa che bisogna allora ignorare la dimensione della progettuali1à: cosi facendo la si rende anzi più agguerrita perchè si cessa di considerarla fondata su astrazioni o rigide gerarchizzazioni dei vari fattori del divenire storico, ma si tenta di studiare quanto più possibile in profondità le modalità complesse delle loro interazioni. Quesli temi devono essere meditati attentamente da ogni scienza dell'uomo. Fino a tempi assai recenti la psicologia, anche dopo e spesso proprio a causa delle sue rivoluzioni fondamentali (Freud e Piage1), è rimasta impigliata nell'equivoco fondamen1ale di ricercare le leggi del comportamento alla maniera della fisica classica, cioè cercando di determinare delle uniformità di comportamento che fondassero un'idea standard del soggetto, invece di ricercare i meccanismi più profondi invarianti e formali sulla cui base derivare la varietà dei comportamenti individuali. t'. ques10 punto che deve essere oggi di piena attualità anche per le scienze sociali, e in particolare per le teorie del mu1amcnto di esse parte in1egranti. È ancora tutta eiasviluppare una «nuova alleanza» fra uomo e storia, nella quale l'uomo cessi di essere o il portatore di una razionalità immu1abile o un oggetto in balia di cieche forze, per diventare attore e protagonis1a proprio perché conscio dei limiti e dei vincoli pos1i alla sua iniziativa, ma anche della propria capaci1à creativa.

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