Alfabeta - anno III - n. 30 - novembre 1981

Dinamicdaellaculturarussa Cesare Segre Alexandr N. VeselO\,kij Poetici storica Prefazione di D.S.Avallc. Traduzione dal russo e note di C. Giustini Roma, Edizioni e/o, 1981 pp. 31,5, lire 20000 D.S. Avalle (a cura di) cLa cultura nella tradizione russa del XIX e XX secolo•, in Strumenti critici, n. 42-43 ottobre 1980, pp. 195-628 Tzvetan Todorov Mi.khail Bakhtine, le pcincipe dialogique, suivi de Ecrits du Cercle de Bakbtine Paris, Seui!, 1981, s. p. Intersezioni Rivista di storia delle idee Anno I, 1981, n. I, lire 5000. l a ricerca delle genealogie intellettuali qualche volta può essere scoraggiante: sembra che tulio sia già stato detto, e che anche le proposte più innovatrici non siano che riprese, magari rimasticature. Leggendo, nella traduzione di Claudia Giustini, i luminosi saggi di Veselovskij, capitoli di una cpoetica storica• mai portata a termine, il lettore rischia spesso di scivolare verso conclusioni di questo genere. Per esempio quando troverà enunciate, nel 1884, proposizioni di Propp che sembrarono rivoluzionarie nel 1928: cSe si suddividono in gruppi gli intrecci del mito, della fiaba, dei poemi epici medievali e delle byline russe ecc., ne risulterà un qualcosa di molto limitato, un materiale ben lungi dall'essere ricco; e 11,1ttaviaproprio da questo esiguo numero di gruppi trae origine tulla la sorprendente ricchezza delle fiabe, dovuta alla semplice combinazione degli intrecci elementari più comuni. Sarebbe interessante elaborare una morfologia della fiaba e seguirne lo sviluppo dai più semplici momenti narrativi sino alla loro combinazione più complessa» (p. 287); e Il problema dunque si riduce alla necessità di elaborare una morfologia della fiaba, il che fino ad ora nessuno ha ancora fatto» (p. 281; cfr. p. 201, sempre col termine morfologia). E si può persino trovare anticipato, nel 1893, il conceno lotmaniano della cultura come memoria storica: eia memoria della storia scarta i falli di poco conto, ritenendo solamente quelli importanti, carichi di ulteriori sviluppi( ...) Il progresso nel campo delle scienze mitologica e linguistica dipende dalla verifica dei sistemi, costruiti sulla base dei fatti storici passati, mediante l'analisi delle superstizioni e degli idiomi di oggi• (pp. 70-71). Scoperte cgenealogiche• di questo genere se ne possono fare in abbondanza nella postfazione, giustificativa e illustrativa, di D.S. Avalle al n. 42-43 di Strumenti critici, con oltre 500 pagine inedite in italiano di filologi e semiologi russi, da Veselovskij e Potebnja sino a Meletinskij e Lotman. Ques:a postfazione percorre la storia della culturologia russa sviluppando una tesi che ormai andrà considerata incontestabile: che le origini della semiologia sovietica, uno dei falli più importanti del dibanito culturale odierno, stanno soprattutto nella filologia e nell'etnografia ottocentesche di Veselovskij e Potebnja. Non conosco lavori che abbiano approfondito questo sviluppo teorico come la postfazione di Avalle. aturalmente ci si rende poi conto che-:mricipazic5ni e previsioni non sono realizzazioni né sviluppi, che la cultura di ogni epoca produce un surplus concelluale che rivelerà implicazioni e B -.J prospenive d'impiego solo in epoche successive, dotate di un clima metodologico più confacente. Quando per esempio Potebnja afferma che, in un enunciato, il soggetto si identifica con una doma11da e l'azione con una risposw (Str11me11c1ri tici, n. 42-43, p. 578), egli abbozza una concezione che rimase senza seguito, ma che troverà in tempi recenti uno sviluppo convergente nei concelli di tema e rema della scuola linguistica di Praga, di topic e commem dei linguisti americani. I nomi di Veselovskij e Potebnja non suoneranno nuov!_achi abbia seguito, come utente piu o meno entusiasta, la scoperta dei. Formalisti russi avvenuta negli anni Sessanta. Ma questi nomi erano citati sempre in forma polemica, quasi di rappresentanti di un sapere antiquato e accademico, entro un'opposizione già illustrata da Erlich nel suo cseminale• volume sui Formalisti (del 1954). In realtà si trattava di una ribellione contro i padri, anche se è indubbio che i Formalisti avevano raccolto solo una parte del loro messaggio, e lo avevano sviluppato in una direzione sensibilmente diver a. Ora, la scelta del n. 42-43 di Str11me111ciritici, tralasciando decisamente i Formalisti, fa intendere che i semiologi e i culturologi d'oggi ~ono i nipoti di quei filologi i cui figli rinnegarono il loro lascito. È un'interpretazione storiografica attendibile, come ogni interpretazione ben motivata. Sempre I[~ o~ o~ un'interpretazione. Ma anche le interpretazioni storiografiche vanno storicizzate, come invita a fare quella di Zirmunskij, scritta nel 1940 t: premessa opportunamente, con altrellanto opportuni cavea/ del prefatore Avalle, alla traduzione della Poetica storica di Veselovskij, che, con citazioni di Engels e di Marr, fa di Veselovskij un precursore del materialismo storico. on è questo il luogo per tale nuova storicizzazione. Dirò solo che a mio parere i nessi tra i due grandi dell'Ottocento e i semiologi odierni sono ben consistenti, e spiegano la ripresa di intonazioni e problemi di tipo postromantico da parte di questi ultimi. Esiste però anche un contatto più immediato con i Formalisti, e tra i Formalisti e i semiologi (in parte attraverso la persona e il pensiero di Jakobson), insomma una serie di convergenze e divergenze, che concretizzano un succedersi di posizioni teoriche e ideologiche. Con una semplificazione certo violenta, mi pare che mentre Potebnja prepara certe formulazioni dei semiologi d'oggi, Veselovskij, più empirico e descrittivo, e anche più versatile, ha potuto esercitare il suo influsso sui moderni già anraverso la mediazione dei suoi ingrati successori, i Formalisti. V'èil'altra parte un personaggio che ormai esige una posizione centrale in questa storia, Bachtin. Dopo il Rabelais e il Dostoevskij, dopo i saggi di Esteticae roma11zo, scritti tra il 1924 e il 1973, ma pubblicati solo pochi anni fa, dopo l'Esteticadella creazio11eletteraria, imminente anche in italiano, egli appare come uno dei maggiori critici e teorici di letteratuta del Novecento. Tenuto, come si sa, ai margini della cultura militante e lontano dall'Università, Bachtin ha esercitato un enorme influsso, attraverso l'opera sua e dei suoi amici Medvedev e Volosinov. Il volume che ora gli dedica Todorov riesce anzi a distinguere ciò che nell'opera degli «allievi» (ma entrambi più anziani di lui; Todorov parla opportunamente di «cerchia di Bachtin•) coincide o meno con le idee del maestro, e risolve il problema della presunta paternità bachtiana delle opere di Medvedev e Volosinov. Il chiarimento non è solo di ordine filologico, perchè giustifica il diverso qui la forza di Veselovskij (semiotica)• {p. 132). Del resto, sul nesso società-cul1urale11era1ura,che induce a superare ogni sociologismo ingenuo, Bachtin insiste anche nel luminoso articolo del 1970 tradotlo in Stru111e11c1ritici. n. 42-43; si veda pure l'acuto e ricco Dialogo co11Bac/11i11 di Vittorio Strada, sempre in /111ersezio11i, pp. 115-24, che può ampliare le indicazioni del volume citato di Todorov. impegno dei tre studiosi (massimo 111 G raz,e al n 42-43 d1 Strume111c1nVolosinov, minimo in Bachtin) per tic,, è possibile ora affrontare una le1tura comparata d1Veselovsk1J ,ff. (1838-1906)e Potebnja(l835-1891). Studiosi veramente an111e11c1n·el pri- / "~ mo, dice Avalle, una concezione , 'I~~• enc1cloped1cadella r.rb~ ,ir ~ (1 . ... ~ .. , •t ' 1-----.----..\ ! un'impostazione mrxista della linguistica e della critica. Todorov giunge anzi a connettere il «vero» Bachtin con l'esistenzialismo heideggeriano; ciò che non annulla, a mio avviso, la profondità in Bachtin dell'influsso marxista, anche se rielaborato inmodo autonomo e, dal punto clivista dogmatico, infedele: influsso che del resto è innegabile (e non era possibile non lo fosse in un paese così radicalmente trasformato dalla rivoluzione cli 0110bre) anche nei semiologi dell'ullima generazione, pur cosl sospelli alle autorità sovietiche. Proprio Bachtin, in un denso intervento del 1970-71 1raclo110nel primo numero della rivista /111ersezio11i (dirella da Ezio Raimoncli, Paolo Rossi ed Antonio Santucci) autorizza il collegamento dei filologi 011ocen1eschi con i semiologi, scrivendo: « Il legame degli studi le11erari con la storia della cultura (della cultura non come somma di fenomeni, ma come totalità). Sta cultura, per cui si privilegia il momento clell'ergo11, del prodo110; nel secondo una concezione dinamica, dove conta sopra11u110l'e11èrgeia, la produ11ivi1à.Lavorano negli stessi anni e sui medesimi problemi, per esempio l'origine del mito. Ma me111rePotebnja (su cui si veda anche la nota finale di Donatella FerrariBravo, eccellente sintesi teorica: ognuno degli autori antologizzati è fornito di analoga noia) cerca una genesi interiore, una descrizione dei processi cli tipo metaforico che si sedimentano in forma di mito, Veselovskij abbozza uno sviluppo storico, censendo i tipi cli rapporti storicamente realizzati tra fiaba, mito, epos. Potebnja ci conduce insomma nei meandri dei nostri procedimenti conoscii ivi ed espressivi, e si rivela come un grande linguista della linea humboldtiana, anzi come un protagonista (sinora completamente trascurato) del pensiero linguistico Ollocentesco. Veselovskij,un po' più conosciuto tra -- noi. anche come italianista- ricordo la sua edizione del Paradisodegli A/berti -, rinnova il fascino dei grandi storici postromanlici della cultura, dei Menéndez Pelayo e dei Paris, dei D'Ancona e dei Novati. È il fascino di una filologia che domina (o pare) tulle le lingue e le manifestazioni let1erarie ed etnografiche, che da un epiteto epico di Omero o da una tradizione documentata in un canto popolare russo spazia su testi slavi, germanici e romanzi per poi dilagare verso narrazioni indiane o africane, e far sosta sulla Clw11so1d1e Rola11d o su Shakespeare o su una lirica di Goethe. La catena delle connessioni è sempre, per Veselovskij, una conferma indiziale a un'ipotesi teorica; né Veselovskij è timido nel formulare nuove ipotesi, se ad esse lo indirizzino i suoi nuovi ritrovamenti. Così i suoi lavori, scaglionati in un lungo periodo, riproducono con noi gli entusiasmi e le svolte della ricerca. Oggi, grazie alla traduzione (forzatamente parziale, ma più che soddisfacente) cli saggi della Poetica storica, possiamo accompagnare il filologo, sia che studi la storia dell'epiteto epico e delle ripetizioni, sia che analizzi i rapporti tra motivi, fabule e intrecci, sia che caratterizzi la lingua della poesia e della prosa. Segnalo come esempio lo studio sul parallelismo, inteso come accostamento di enunciati relativi, rispettivamente, alla natura e alla vita umana («il parallelismo si basa sul confronto di un sogge110 e di un oggetto secondo la categoria del movimento, dell'azione, come segno clivita, dotala di una propria volontà», p. 149). Parallelismo non è solo, per Veselovskij, termine più generale di paragone e di simbolo, ma è anche indicazione di un'ipotesi genetica. Il paragone infa11ipresuppone la coscienza della diversità degli oggelli confrontati, e quando viene ulleriormenle codificato diventa simbolo; in origine invece i due termini del rapporto sarebbero stati messi semplicemente cli fianco, concordemente ad una concezione animistica del mondo. Si pensi alla diffusione moderna del concetto di parallelismo per lo studio dello stile poetico: risalendo alle teoriche di Veselovskij si scoprono tutte le implicazioni di questa prospettiva. Sia Veselovskij, sia Potebnja si rifanno al modello della linguistica. Veselovskij, naturalmente, pensa alla linguistica ricostruttiva («È ben noto», scrive, «quale rivoluzione nello studio e nella valutazione dei risultati ottenuti sia stata prodotta, nel campo della linguistica, dall'applicazione del metodo comparativo», p. 62); Potebnja insiste invece sui rapporti tra lingua e pensiero, e afferma: «La lingua è il più importante e archetipo strumento del pensiero mitico» (in Str11111e1c1r1itici, Il. 42-43, p. 281 ). on è dunque solo dei nostri tempi questo prestigio della linguistica (sono note le radici linguistiche dello strutturalismo: per esempio il nesso Jakobson-Lévi-Strauss). E non basta a spiegarlo l'elaborazione, da parte dei linguisti, cli metodologie e terminologie sofisticate e coerenti. I motivi sono quelli intuiti da Potebnja: la lingua sintetizza 1u11i procedimenti di elaborazione simbolica (o, più esattamente, semiotica), e custodisce perciò i segreti delle acquisizioni gnoseologiche dell'umanità nel tempo e nello spazio. D'altra parte questa consapevolezza linguistica dei fatti culturali è proprio ciò che ha permesso a Veselovskij e Potebnja di preparare una tradizione culturologica di tipo semiotico. "

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