U n romanzo di David Gerrold (La macchina di Dio, Moizzi,Milano 1976) offre un'interpretazione particolarmente efficace del classico topos fantascientifico del mondo dominato da un computer. O.I.O (che sta per Dispositivo Informatico Onnisciente) è un supercalcolatore sperimentale capace di autoprogrammarsi: i suoi ideatori si sono limitati a dargli l'istruzione di accrescere indefinitamente le sue conoscenze, ma la macchina è in grado di tradurre da sola questa istruzione in una successione di obiettivi parziali, e di trovare la via più adatta per realizzarli. Una macchina «vivente» quindi - per lo meno nel senso che si tratta di un organismo che si dà autonomamente dei fini - fatalmente destinata a sfuggire di mano ai suoi costruttori. Infatti la crisi si scatena puntualmente quando O.I.O verifica la lentezza e l'inefficienza degli interlocutori umani e decide di ricorrere ai servizi dei suoi simili, creando una rete telematica che lo mette in collegamento diretto con tutte le apparecchiature per la elaborazione e la tramissione di informazioni esistenti al mondo. Quando il pericolo diviene evidente è ormai troppo tardi per riprendere il controllo della macchina. Impossibile spegnerla, in quanto la sua «mente» è distribuita in una immensa rete che copre tutto il i'faneta e che si prolunga addirittura nello spazio attraverso i satelliti; impossibile distruggerla, perché dispone ormai del controllo di armi tremende con cui scatenare spaventose rappresaglie contro ogni tentativo di danneggiamento. Ma al conflitto subentra la pace: gli uomini acconsentono a rinunciare ad ogni controllo sulla macchina e a garantirle i servizi che essa richiederà, in cambio il supercomputer darà all'umanità i sottoprodotti di un immenso sapere, sufficienti a risolvere i suoi problemi più drammatici. Il racconto descrive in sostanza la nascita di una nuova forma di vita, che si presenta come un megasistema in grado di aumentare all'infinito i suoi componenti; ma ra'Ji,etto più interessante consiste nella soluzione conclusiva, in ragione della quale l'umanità entra a far parte di tale sistema, non solo senza assumere una funzione gerarchicamente privilegiata rispetto agli altn' componenti, ma finendo addirittura relegata in una posizione marginale e vagamente parassitaria. Proviamo ora a confrontare il racconto di Gerrold, con le modificazioni dell'immagine della macchina nella coscienza del lavoratore, descritte da Marx in rappono all'evoluzione della fabbrica capitalistica. Finché le funzioni delle singolemacchine entrano in relazione fra loro solo attraverso la cooperazione della forza lavoro umana, la macchina appare ancora all'operaio (anche se non gli appartiene più) come uno strumento, un prolungamento della sua potenza muscolare. della sua sensibilità e della sua abilità professionale. Viceversa, quando la funzione della singola macchina passa in secondo piano rispetto allo sviluppo di un organismo tecnologico complesso, quando cioè la fabbrica, divenuta sistema automatico di macchine, si è appropriata dell'intelligenza cooperativa del lavoro sociale, il rapporto si inverte: !'«automa vivente» di cui parla Marx appare agli operai come una autonoma intelligenza macchinica che si serve del lavoro vivo allo stesso modo in cui si serve delle sue membra meccaniche. Se facciamo astrazione dal più generale contesto teorico in cui si inserisce la descrizione marxiana, dobbiamo ammettere di trovarci di fronte ad una struttura dell'immaginario tecnologico analoga a quella del racconto di Gerrold, in cui ciò che colpisce di più non è tanto l'inversione del rapporto soggetto-oggetto che si verifica fra uomo e macchina, ma il fatto che tale inversione è il presupposto dell'annullamento della differenza simbolica fra elemento umano e elemento macchinico, i quali divengono scambiabili nell'ambito del processo di formazione di - una «forma di vita» superiore. Siamo molto lontani dall'orrore del doppio meccanico, quest'ultimo infatti si alimenta di un altro dispositivo, per cui, a mano a mano che le caratteristiche della macchina sembrano divenire simili a quelle umane, essa finisce al contrario per rivelarsi irriducibilmente aliena (ed è per questo che la figura dell'androide, macchina biologica che differisce da un essere umano solo perché il suo corredo genetico è stato manipolato tecnicamente, è cosi inquietante: la copia non si distingue più dall'originale, ma è pur sempre diversa). Le immagini usate da Gerrold e da Marx evocano piuttosto un'altra figura della fantascienza: il cyborg, entità ambigua nella quale i caratteri umani e quelli meccanici concorrono alla formazione di una personalità che attecipa di entrambi senza che nessuno dei due prevalga decisamente sull'altro; questa configurazione è però trasferita sul piano sociale, per cui la socialità umana - gli operai della fabbrica in Marx, l'intera umanità in Gerrold - si scambia indifferentemente con la socialità macchinica - l'automa vivente in Marx la rete telematica in Gerrold. L e situazioni di crisi delle differenze, di sprofondamento nell'indifferenziato, preludono generalmente alla instaurazione di un nuovo ordine simbolico, e ciò infatti avviene in entrambi i casi;Wia cOnesiti profondamente diversi. Per Marx la riduzione dell'operaio ad oggetto fra gli oggetti, a strumento fra gli strumenti, è presupposto per lo sviluppo di un superiore livello di consapevolezza umana. che consentirà alla classe opc- ' Il conflitto urbano D.1.0. Carlo Formenti ormai emancipato. Quanto ai conflitti fra gli uomini, l'Autore lascia intendere che anch'essi verranno ridimensionati rinunciando alla responsabilità di un «destino» umano rivelatosi derisorio. Fino a che punto questo radicale mutamento di prospettiva è giustificato dalle trasformazioni sociali e tecnico-scientifiche intervenute nel periodo storico che separa le due rappresentazioni utopiche? La prima considerazione da fare è che il macchinario che faceva ad un tempo inorridire e sognare Marx (inorridire come mezzo di sfruttamento, sognare come strumento di liberazione dal lavoro) era quasi esclusivamente un macchinario di fabbrica, concentrato nei luoghi deputati alla produzione materiale diretta, mentre il macchinario elettronico che ispira la narrativa fantascientifica è un macchinario che condiziona tutte le attività sociali. Se aggiungiamo che già oggi, ma ancor più in un prossimo futuro, le attività di produzione e irasmissione dell'informazione rappresentano una quota qualitativamente e quantitativamente strategica della produzione capitalistica, ci rendiamo conto che distinguere fra tempo di lavoro e tempo di vita diverrà sempre più problematico, che gli agenti potenziali di un rapporto di sfruttamento si annidano ormai dovunque. Vecchie e nuove tec'~ologieche è, o che sarà presto, normale trovare in ogni abitazione (televisori, telefoni, minicalcolatori, videogames, ecc.) assumeranno uno statuto ambiguo: mezzi privati di comunicazione o di divertimento. di impieg.o del «tempo ~( ~ raia di riconoscere ncll"«intclligcnza» dell'automa il piano del capitale, l'oggettivazione di un rapporto sociale di sfruttamento. A partire da questo riconoscimento è possibile operare per ricondurre la macchina al suo ruolo di strumento - sia pure enormemente potenziato - del lavoro umano. La soluzione di Gerrold consiste invece nel rendere irreversibile la crisi: l'uomo non dominerà mai più la macchina. Non vi è più alcun tentativo di demistificare il mito della macchina, di riconoscervi il feticismo del capitale, l'ultima trasfigurazione religiosa dei rapporti interumani, ma si esalta al contrario la realizzazione del mito. Dio non è morto, ma appena nato; non si tratta di un Dio trascendente, ma di una Gran Madre Macchina di cui l'umanità deve riconoscersi parte, sfruttando tutti i vantaggi di questa partecipazione e rinunciando ad ogni tentativo di controllo su questo immenso organismo da lei stessa creato_ ma lib.:ro». ma anch.: potenziali terminali di processi di produzione e circolazione di merce-informazione. Ma non basta: si annuncia l'era del terminale portatile, e tutta una serie di microapparecchiature elettroniche già commercializzate ci stanno addestrando a vivere senza perdere mai il contatto con quel sistema informativo che si identificherà sempre di più con il cuore stesso della produzione tardocapitalista. A questo punto potremmo abbozzare una ripetizione su scala allargata del processo analizzato da Marx in relazione alla fabbrica tradizionale: in una prima fase le macchine appaiono ancora come strumenti dell'attività umana, successivamente, a mano a mano che esse si integrano in un sistema cooperativo il cui disegno sfugge all'operatore umano, il rapporto si inverte. Nel caso della rete telematica tuttavia, ogni possibilità di assumere coscienza del rapporto di sfruttamento fra uomini che si nasconde dietro alla contraddizione uomo/macchina è negata a priori. In primo luogo infatti si tratta qui di un «processo produttivo» sui generis, del tutto invisibile; secondariamente, perché la coscienza dello sfruttamento si dà esclusivamente come fenomeno sociale, mentre qui i «lavoratori» non sono assolutamente in grado di percepire la sociali!~dei loro rapporti, dato che ognuno di loro entra in contatto con la rete individualmente; infine perché in questo caso lo sfruttamento si associa ad attività che assumono spesso aspetti piacevoli, o in ogni caso è ben lontano dalle forme immediate e brutali che esso ha in fabbrica. Interpretata da questo punto di vista, la macchina divina di Gerrold si riduce ad una metafora dell'apparato di dominio tecnologico del tardocapitalismo, ed il «lieto fine» del romanzo simboleggiasemplicemente l'incapacità o la rinuncia a riconoscere le nuove dimensioni del Potere, e la disponibilità ad accettarne di buon grado le briciole. Eppure sono convinto che da questa parabola sia possibile trarre qualcosa di più di un giudizio sulla coscienza politica e sociale dell'Autore o sulle sue tendenze ottimistiche. Si tratta di una intuizione a mio parere della massima importanza, che riguarda lo sviluppo di una nuova dimensione della realtà sociale che non neutralizza certo le contraddizioni politiche, economich~, di classe, eè:c., ma che sfugge comunque al controllo di ognuna delle parti implicate in tali conflitti, perché tende a sfuggire più in generale alle - forme moderne di progettualità umana, una dimensione radicalmente antimetafisica. che si è sviluppata grazie all'evoluzion.: delle modalità tecnologiche di appropriazione del mondo. I ella fase storica in cui Marx si proponeva di restituire alla macchina la sua funzione di docile strumento del lavoro umano, la fabbrica, che è il centro della sua analisi, appartiene ad un territorio umanizzato - la metropoli capitalistica - che si definisce ancora in opposizione ad un territorio naturale. Anche quando analizza !'«alienazione» del lavoratore dagli strumenti e dai prodotti del suo lavoro che finiscono per dominarlo come una «seconda natura», Marx ha ben presente l'orizzonte dell'eterna lotta fra l'uomo e la «vera» natura, per cui l'alienazione tecnologica si giustifica come un passaggio storico necessario per riprendere questa lotta ad un livello più alto. Viceversa la metropoli postindustriale non si vive ed autorappresenta più come spa~ioumano in opposizione ad uno spazi.o naturale, come «dentro» opposto al «fuori», bensì come cosmopoli, spazio urbano totale in grado di integrare ogni palmo di territorio nei suoi circuiti di comunicazio- • ne. La spinta espansiva verso !'«esterno», la vocazione colonizzatrice che è stàta a lungo caratteristica del modo di produzione capitalistico, si rivolge ora verso l' «interno», diviene dinamica implosiva di colonizzazione del sociale, i «territori» da assoggettare alla legge del valore sono ora quelli della riproduzione sociale. Tutto éiò non è solo il prodotto delle lotte vittoriose dei popoli coloniali, che hanno reso impossibileun controllo politico ed economico diretto dei loro paesi, ma è anche il punto di arrivo di un lungo processo di trasformazione del modo di operare della tecnologia come strumento di dominio (e a volte di distruzione) della natura. Questa trasformazione avviene parallelamente al continuo aumento dell'importanza relativa del processo di circolazione del capitale rispetto ai processi produttivi: l'occupazione diretta - insediamenti produttivi e urbanizzazione - passa in secondo piano rispetto alle esigenze di dominio indiretto del territorio, alla necessità di trovare i mezzi per neutralizzare gli ostacoli spazio-temporali che rallentano i processi di circolazione. In questa prospettiva si colloca lo sviluppo, successivamente, di mezzi di trasporto sempre più perfezionati per le merci e la forza lavoro, delle tecnologie per la produzione e la trasmissione di ·immagini audiovisive, ed infine del complesso integrato di tecnologie per la elaborazione e la trasmissione di dati: informatica, telematica e nuovi mezzi di comunicazione di massa. Quando, con quest'ultimo passo, comincia a produrre modelli di simulazione, il macchinario si è ormai emancipato da uno dei due poli dell'opposizione metafisica, vale a dire dall'oggetto: la «natura» è divenuta una prestazione interna del processo tecnologico. Per capire che ne è dell'altro polo, del soggetto, può essere utile partire da uha cònstatazibne curiosa: tutti i discorsi sulla difesa e sulla valorizzazione dell'«ambiente», che denunciano i rischi di una radicale liquidazione di ogni scarto differenziale da un mondo umanizzato, sfruttano una nozione - quella appunto di ambiente - tipica di discipline - cibernetica, etologia, .:cologia, ecc. - fondate sulla teoria dell'informazione e sulla teoria dei sistemi; che è come dire che si fondano sulle stesse basi scientifiche che hanno permesso lo sviluppo dell'apparato tecnologico di riduzione di tutto il reale a rete di modelli di simulazione. La contraddizione è apparente: è proprio l'esperienza di un habitat speculare, composto esclusivamente di oggetti prodotti o trasformati dalle attività umane, a generare la nozione di ambiente; la valorizzazione dell'ambiente, la critica dell'antropocentrismo, sono possibili perché il rapporto sistema-ambiente, che appartiene alla rappresentazione sistemico-cibernetica del mondo, non è affatto una replica dell'oppoziione metafisica soggettooggetto, uomo-natura . . Come l'oggetto, anche il soggetto è ormai una prestazione interna del processo tecnologico; ciò non significache l'universo cibernetico sia indifferenziato, ma che le posizioni di sistema e ambiente sono completamente reversibili, che il potere di produrre differenza con effetti di senso, di decidere chi o cosa occupa quale posizione, spetta solo allo 0/1, alla più piccola unità differenziale definita dalla teoria dell'informazione. Una lunga citazione di Gregory Bateson cipuò aiutare a chiarire ancora meglio la concezione cibernetica di identità: «L'unità autocorrettiva totale che elabora l'informazione, o che, come dico io, 'pensa' e 'agisce' e 'decide', è un sistema i cui confini non coincidono affatto coi confini del corpo e di ciò che volgarmente si chiama !"io' o la 'coscienza'; ed è importante osser- ..... ~ ..... vare che vi sono molteplici differenze ] tra il sistema pensante e l' 'io' come ..i; viene volgarmente concepito: <i
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