Alfabeta - anno III - n. 28 - settembre 1981

Mensile a cura del Comitato Regionale Lega Cooperative de~'Emilia Romagna Cooperazione. Tanti ne parlano a sproposito. Noi no! Abbonamemi per il /981 I I numeri Lire 10.00Ò Inviare assegno o vaglia postale a: Comitato Regionale Lega Cooperative Via Aldo Moro, 16 • 40721 Bologna MENSILE DI EDITORIA Informarsi per· capire meglio l'informazione tn edicola a metà mese Abbonamento: 27.500 (undici numeri); estero 55mila. Indirizzare assegno sbarrato intestato a Nuova Società s.r.l. via Boccaccio 35 - 20123 Milano oppure servirsi del conto corrente postale n. 38329207 intestato a Prima Comunicazione via Boccaccio 35 20123 Milano Musica, oltre lamusica I. Mensile dell' ARCI diretto da Luigi Nono nuova serie autaut 182-183 Marzo-Giugno 1981 FIGURE DELLA DIFFERENZA PREZZO - Eterno ritorno ed eterno femminino; DAL LAGO - La cucina del diavolo di Enzensberger; COMOLLI - Il sapere precario di Proust; VIRILIO - Dal diritto alla strada al diritto allo Stato; LYOTARD, DUBOST - Edipo o Don Giovanni; BAHR - Lo scambio e la microfisica dei destini; FERRARIS - Nichilismo e differenza; BENVENUTO Sul primo Lacan; TROMBETTA - Umanizzazione della santità; GOZZI - Rivoluzione e identità; FUSI - Sulla situazione polacca; OZDOWSKI - L'impresa industriale in Polonia; FEHER - Un modello «socialista» Blackout Lettera a Paolo Volponi Caro Paolo, prima di tutto un ringraziamento tutt'altro che formale per la tua lettera aperta pubblicata sul numero di giugno di Alfabeto. Un ringraziamento a due vociperché il testo di questa mia risposta scaturisce da lunghe dis_cussioni'di cella' con Alberto Magnaghi, e quasi un ringraziamento collettivo perché il tuo scritto viene a rompere il silenzio opprimente che da vario tempo è calatosu questa vicenda e sui suoi protagonisti. Problema che deve essere rimosso dalle coscienze, occultato, affinchè non venga alla luce che ormai il processo è stato fatto, in sessione quotidiana, sulla stampa, le sentenze già in parte eseguite con la carcerazioneprevPntivae il dibattito c'è il rischio che diventi una grande sceneggiata di regime, un processo sovietico finalizzato a ratificare lo stato presente delle cose. Nel risponderti mi ero inizialmente fatto prendere la mano dal bisogno di pubblicizzare, unitamente ad alcune mie considerazioni sugli effeui sociali del 'grande caso', alcuni aspetti reconditi dell'inchiesta in cui sono coinvolto e di completarti il quadro delle 'accuse' per le quali io e Alberto, o altricoimputati, siamo già stati condannati a circa due anni di galera. Ci ho poi riflettuto e per ciò che riguarda il terrorismo giuridico di questa inchiesta e le violazioni sistematiche di tante leggi vigenti, rimando ad un documentato esposto al Consiglio Superiore della Magistratura che faremo anche avere alla redazione di Alfabeta. Perquanto attieneallaposizione mia o di Alberto ogni ulteriore parola da noi detta o scritta è ormai priva di senso. Lo scandalo della nostra detenzione èpresente amolti, magistratieceto politico e a chi éon ilsilenzio lo ha legittimato e lo perpetua. Misurami ancora, per ciò che riguarda la mia posizione giuridica, con il Dottor Francesco Amato, quello del/' 'immondezzaio della storia', è perdita di dignità. Ed io voglio accentuare la mia separatezzada quelle mille e rottepagine di semenza di rinvio a giudizio, dalla povertà culturaleche le ha espresse, dalle intenzionalità politiche che sottende e dalla maleodorante logicadel 'pentito' da cui sono scaturite e per la quale si è dato credito ad uno dei personaggi più ambigui e che un giorno ha deciso a tavolino di tentaredi scrollarsi di dosso le responsabilità in uno dei delitti più ignobili degli ultimi anni. /11 quelle pagine tutto è semplice e tutto è farraginoso come in un documento delle Br. E, come qualche invasato ha pensato che la risoluzione dei problemi stesse nello sparare alle gambe o ammazzare giudici e giornalisti (e ben altro purtroppo), altri hanno ritenuto che la chiusura di alcuni fenomeni potesse avvenire sparando nel mucchio raffiche di mandati di cattura. Al fondo, la povertà culturale è la stessa. Personalmente mi ritengo ricoverato in clinica perché 'sparato alle gambe' da un mandato di cattura e da una sentenza di rinvio a giudizio che produce ef [etti analoghi a quelli di una P. 38. Ma, accanto a questa valutazione soggettiva che può essere esemplificata anche attraverso altre immagini, come ad esempio quella dell'internato nelle clinichepsichiatriche nella ridente realtàdei paesi a 'socialismo realizzato', ciò che va messo in risalto è il concetto di progressiva 'normalità' del carcere. Carcerazioni preventive di tre anni - tanto, grosso modo, sarà il tempo intercorsodalmioarres/oall'assoluzionine dibattito - non sono più assimilabili alla 'attesa di giudizio'. Sono un'enormità. Provi ciascuno di voi ad immaginare tre anni della sua vitaad aspettare in una cella, un processo. Non si tratta neanche più di esprimere lamenti sulle lentezze burocratiche della 'giustizia', sarebbe operazione fuori scala rispetto alla logica reale che questi episodi sot- . tendono. Giorgio Raiteri, mio coimputata ed amico, la descriveva con lucidità in un articolo sul Manifesto nel giugno del/'80: « Quindi il diverso. diventato paziente internato, riceve, con il mandato di cattura, una diagnosi di 'diversità' gia completa apriori, come di malattia infettiva bisognosa di isolamento, e i successivi controlli clinici non potranno mai mel/ere in discussione la diagnosi, al massimo potranno rilevare il processo di 'sdifferenziazione' progressiva; il test di laboratorio più sensibile per questo è il grado di collaborazione a rendere credibile la diagnosi a priori. Questo sino a che il paziente sia meno diverso, sempre più uguale al concetto che il medico (giudice) ha di normalità, cioè di 'non dissenso'; da qui può iniziare la convalescenza (libertà provvisoria) sino alla guarigione completa (amnistia)». Dalla tua lettera caro Paolo, emergono alcune indicazioni ad un intero ceto 'intellettuale', ovvero di gente che opera sul pensiero, sulla critica, sul/'opinione, sulla formazione del consenso o del dissenso. C'è l'esigenza della ricerca di una strada di superamento di un garantismo 'difensivo', inteso come. 'vigilanza' sulla legalità della giustizia, proponendo una funzione attiva che nella battaglia contro le involuzioni autoritarie, apra la strada a progetti di trasformazione, che è poi l'unico modo militare. Accettare di vivere dentro questa normalità, significa accettare un'ipoteca sulla libertà di tutti. Va battuta una sensazione sociale ormai dif fusa per cui se uno è finito in galera qualche motivo ci deve pur essere;molti sono i casi in cui questa convinzione indotta risulta erronea, ma sopratutto viene privata di una verifica oppure dilatata in tempi aberranti per la vita degli individui. Ogni giorno successivo di detenzione immotivata, di condanna preventiva senza giudizio e senza possibilità di difesa, aggiunge sconfitta ad ogni progetto di trasformazione; poichè il futuro dei rapporti sociali si costruisce, si sta costruendo, sulla normalità di questo concetto come sul rischio introiettato di catastrofe. Introiettare, rimuovendo dalla propria vita questa dimensione, è già aver accettato una libertà vigilata, così come le installazioni strategiche nucleari riducono l'esistenza dei soggetti ai confini imperscrutabili di un pollaio immaginario. La ricostruzione di dieci anni di Storia in Italia Unodegli aspettipiù stimolanti della tua letteraè proprio quello in cui inviti ad un'analisi e una riscrittura di questi anni. Quindi, la storia del movimento, delle trasformazioni che si sono succedute, degli eventi, delle accel/erazioni o degli sbandamemi, non è affare privato di P.O. o degli altri La città di Gericonel labirinto, xilografia dal libro ebraico Ricordodi Gerusalemme (/743) del garantismo di poter funzionare, cioè 1101d1ifendere il vecchio, ma garantire, aprire, sviluppare gli spazi nuovi. li ceto intellettuale è rimasto a /ungo stordito dalla trasformazione istituzionale in atto; soffocato nelle sue funzioni, ridotte ali' 'appellistica' o al silenzio complice. Non ha riconosciuto in sé un 'potere', quello dell'informazione, che poteva gestire anzichè abdicare lasciandolo totalmente in mano ad 1111satampa che è stata, per esempio sul 'grande caso', pura espressione di regime, ricettacolopassivo di tutto ciò che attorno ad esso avveniva, dalle profonde modificazioni del diritto agli effetti indotti sul tessuto sociale. Dunque mi sembra che dalla tua lettera possano essere estrapolate alcune importanti indicazioni, alcune - passami il termine, è l'unico che mi viene in mente - 'campagnep' ossibili,intorno a cui assumere un ruolo attivo, progettuale e non puramente difensivo. Le faccio mie e le ripropongo, con alcune considerazioni aggiuntive, al lettori d, Alfabeta. Sulla 'normalità' della galera preventiva li 'valore galera' è ormai talmente degradato nelle coscienze, da essere divenuto fatto normale, periodo obbligato come la varicellao il servizio gruppi (anche questo, certamente, e qui la critica investe chi con il proprio silenzio ha permesso ricostruzioni frettolose ed ignoranti il più delle volte affidate allamemoria dei 'pentiti'). È storia di rapponi di classe, della loro evoluzione, delle rotture intervenute, di modificazioni del costume, di crescita spesso tumultuosa di nuovi bisogni e dei soggetti che ne erano portatori, il tutto da ricondursi a/l'evoluzione di un quadro complessivo. Per ora la riscrittura di dieci anni di storia è demandata ai testi dei mandati di cattura e alle sentenze di rinvio a giudizio. Penso con terrore al giorno che i materiali per un'analisi storica di questo periodo bisognerà cercarli nelle stanze maleodoranti della Procura di Roma o negli archivi dei tribunali. Gli intellettuali e i protagonisti dei movimenti di massa chehannocaraueriuatoquestodecennio, che hanno avuto un ruolo dentro quei progetti di trasformazione, oggi, intimoriti dalle 'verità riciclate' dei giudici, tacciono. Eppure dentro questa storia hanno operato, pensato, sofieno, sperato milioni di uomini e di donne. Ad essi, l'apparato giudiziario, la cultura del sospetto, la logica militarista del terrorismo, hanno 10/10la parola. La teoriadei 'capri espiatori', dei cattivi maestri o delle vittime sacrifica/i, può nascere solo dentro questa che è la vera abiura, più di massa, più irresponsabile di quella miserabile di quanro assassini 'pentiti'. Riprendere laparola, rigestire la storia, secondo le ragioni delle speranze di cambiamento e delle grandiose mobilitazioni di questi anni è la premessa necessaria per poter progettare il futuro. Rimettere il mondo a testa in su. L'operazione giudiziaria di privilegio della forma delle lotte, dt/le sue espresswni fenomeniche anche violente, tesa a normativiu.are i componamemi sociali, ha completamente occultato i bisogni che quelle lotte esprimevano. Ogni forma di illegalitàdi massa è diventataparte emergente di un 'complotto'. La dialettica tra le 'classi', pur nelle anico/azioni con cui esseoggi si presentano, è messa fuori legge. Lo Stato sociale autoritario non riconosce più nella dialettica/scontro con il proletariato, con i vari strati sociali o i nuovi ceti emergenti etc., la logica evolutiva del proprio sviluppo, caraneristicadi quella che viene chiamata la 'democrazia progressiva'. Ogni situazione viene rovesciata di 'segno'. Così l'autoriduzione non è stata bisogno di salvaguardia del reddito proletario a fronte del- /'anacco dell'inflazione sul potere di acquisto dei salari, ma semplice forma emergeme di 'livelli occulti', momento di un più generale disegno eversivo. Le occupazioni di casenon più generate da un bisogno insoddisfatto, da un bisogno primario e dalla necessità di nuove forme di convivenza tra i giovani cui la risposta è s1a1ao una politica carente o la speculazione selvaggia; no, solo occultamento di covi, ricettacolodi bande armate. li picchetto non più difesa degli scioperi ma livello di massa di un disegno insurrezionale; dirigere un is1itu10 universitario ed occuparsi a tempo pieno di studi sul territorio solo attività di copertura, ben mascheratas' imende, di conciliaboli eversivi diuturni, occuparsi di editoria dare voce al partito annata, esprimere il proprio impegno sociale attraverso laprofessionalità esercitata in una sala operatoria solo Jit,aliv.ato a togliere nèi ai terroristi e via dicendo. La scoperta di 'livelli occulti' è in realtà occultamento della reale natura delle lotte, rimozione del bisogno di cambiamento, riduzione univoca di ogni fenomeno a complotto. li caso non è solo italiano ma esso si presenta come pane di una normativa più generale, non codificata nelle leggi, che ha teso ad appiauire ogni antagonismo sociale, ogni processo di autode1erminazione, ogni movimento di indipendenza, razziale o etnico, ogni processo di atJtovaloriu.azione, alla categoria 'terrorismo'. In Italiaè avvenuto esattamente quello che tu denunciavi nella tua lettera, ovvero non esiste più uno spaniacque, una distinzione slorica e giuridica fra terrorismo e loua palifica anche violenta, fra lo sparare alle gambe e un'autoriduzione. Ed in ques10la responsabilità delle forze di sinistra è grandissima ed anche degli intellettuali per il loro silenzio su quel continuo crescere di segnali riscontrabili a panire dalla data del 'grande caso'. Compresi quelle rintracciabili sulla stampa o che denunciavano, come faceva l'Unità (11.3.80) 'l'oggettiva collusione fra seuori antiistituzionali in tutta la loro gamma, da solo dissenzienti ad armati'. Questa frase, purtroppo, è un programma ed è stato puntualmente applicato in tante inchieste che attengono genericamente al 'terrorismo'. Esprime la tendenza a trasferire al processo penale, alla norma giuridica e alla sua applicazione estensiva, il controllo delle conflittualità sociale e a sospingere in un'area di sospeuoe di potenzialecriminalizzazione ogni comportamento che non aderisceal criterio di 'ordine democratico' che il sistema politico ha concordato tra i suoi soggetti. Di fronte ad un Europa in profonda trasformazione, occorre riprendere l'analisi critica di questi processi che in nome della lotta al terrorismo, stanno distruggendo ogni possibilità evoluriva del quadro sociale.

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