sa del tempo diviso, tagliato, organizzato e amministrato dalla memoria e dalla s_toria.Un simile presente non è dono di nulla a·nessuno, è l'istante intensivo e trasversale o verticale rispetto alla dimensione della linearità dell'articolazione dei momenti del tempo, passato/presente/avvenire ... L o si vede: non è ad un esistenzialismo musicale nel senso di Adorno o di Meyer, è ad un inesistenzialismo che qui ci si trova confrontati; a un ioesistenzialismo simile a ciò che esige, secondo il taoismo visto da Jeao Granier, la fusione del saggio con la grande indifferenza della natura; prossimo ail'ioes1stenzialismo dell'inesistenza, quest'inesistenza che afferma l'oblio. Analogamente: la verticalizzazione dell'istante intensivo non è recuperabile nella direzione di Stockhauseo, ai cui occhi accecati essa poteva significare, non molto tempo fa, l'irruzione dell'eternità io ogni momento. No, l'istante intensivo non può essere monetizzato io alcuna Momentform; e l'istante intensivo non è neppure, come crede o finge di credere l'ultimo Stockhauseo, l'appannaggio di alcuni individui d'élite, probabilmente d'origine extraterrestre ... L'istante intensivo non si lascia ricomprendere nel movimento imperialista della rimemorazione, sempre più o meno commemorativa, cioè religiosa. Ma l'oblio che si agita e si attiva io questo stesso istante, a sua volta, non è meno temporale del tempo: è, come la natura secondo HOlderlio, «più tempo del tempo». Oblio che di colpo neutralizza tutti gli omaggi e i discorsi funebri, tutte le feste e musiche del raccoglimento e del ricordo, tutti i Requiem e gli In memoriam, io breve le Tombe di ogni genere e segno... Oblio che rende superflui tutti i minuti di sileni.io: perchè, in verilà, che cosa c'è di più musicale di quei minuti? Ci si ascolta la morte solo se ce ne si ricorda; se no, e per chi è dimentico, cioè Francesco Colonna Hypaerotomadaia Polipbili Edizione critica e commento a cura di G. Pozzi e L. A. Ciappooi «Medioevo e Umanesimo 39» (ristampa anastatica, con nuova premessa e aggiornamento, dell'edizione 1968) lire 50.000 M. Calvesi D sopao di Polifilo prenestino Roma, Officina, 1980 cars fiogendi, h lire 15.000 e he strano mondo: ne capitano di tutti i colori, eppure può ancora _darsiil caso che un libro pubblicato anonimo a fine '400 e cosi «difficile» da aver selezionato nel corso di cinque secoli beo pochi veri lettori, suscitiancorapolemiche fuori dai denti e obblighi studiosi di chiara fama a consumare gli anni io studi e ricerche per stabilire, una volta per tutte, chi l'ha scritto e dove e perché. O?rto si tratterà di iperspecializzazione e di scrupolo professionale, ma anche del riflesso di due assunti: 1) il modello della cultura io quan,- to sistema mal tollera che un proprio elemento riconosciuto, anche periferico, goda di un margine eccessivo di oscillazione o addirittura, come io questo caso, stenti ad assumere una identità; ciò che è in gioco, come sempre, è la stessa identità del modello nel vittoriosamente vivente- lo siamo tutti - , si ascoltano gli uccellini, ci si messianiua ... La morte, è l'accesso - infine - a ciò che sta intorno, ali'ecologia sentita dall'interno; i minuti di silenzio ne danno una primizia meravigliosamente pacifica (in generale). Qui, io questi istanti indimenticabili, si gusta l'oblio. Solo, il silenzio non è allora più il silenzio, è pieno di tutto il rumore del mondo. Trasversale, dunque, ai differenti tempi, l'oblio non li domina o condiziona, esercita nei loro confronti il più radicale impotere, Ii lascia essere senza determinarli. Esso è la potenza stessa dell'indeterminazione. Più escatologico dell'escatologia, l'oblio cortocircuita ogni mondo dietro al mondo, ogni retroterra teologico; a vantaggio di questo mondo. Esso apre, in questo modo, la dimensione ancora inauditanon culturale - della Rivoluzione. «Dememorizzate come ·l'inconscio», questa parola d'ordine di Jean-François Lyotard è la parola di disordine, la parola dell'oblio. Ma la musica non ha bisogno, per seguirla, di rivendicare l'inconscio. Le basta appoggiarsi al «perpetuo rumore di sorgente> di Braque. Al sorgere puro, primario, dell'oblio. Che non è neanche inconscio. La funzione della musica oggi è dunque vùale: la musica è l'anti-memoria. In termini deleuziani/guattariani: la funzionalità della musica può essere «buona> se è quella della liberazione dei flussi sonori molecolari, in opposizione alle grandi macchine molari dell'età industriale. È forse necessario dire che basta chiedere a chiunque quali siano le sue macchine desideranti, e «quale funzionamento» esse «operino», per trovarsi miracolosamente sulla strada giusta? Ma Deleuze e Guattari esigono che si vada più lontano: bisogna capire come, a partire dalla liberazione dei flussi, funzione e struttura, lungi dall'opporsi, si articolino di fatto come suo insieme, fosse pure per modificazioni minime: non saper dove e come «piazzare» quel vecchio libro comunque noto e le relative tensioni prodotte nel campo è un problema che solo per miopia o ritardo culturale può essere giudicato futile; 2) il testo è a nostra disposizione in condizioni ottimali rispetto ad altri, cioè in edizione critica; eppure si avverte la necessità che la massa di significazione che esso produce sia orientata da informazioni sicure su tutto ciò che viene prima del testo (l'autore, la sua cultura, il suo ambiente), pena l'arbitrarietà o, al limite, l'impossibilità di una decodifica; il che può sembrare ovvio per un testo umanistico, ma vale per tutti i testi letterari. E si pensi alla sbandata di qualche anno fa, quanto qualcuno pensava che i nuovi metodi di analisi letteraria potessero prescindere del tutto dalla filologia. Ma torniamo al libro, alla Hypnerotomachia Poliphili o «La battaglia onirico-amorosa di Polifilo»: esce a Venezia per i tipi di Aldo Manuzio nel 1499 ed è, in quanto libro, tra i piu belli che si possano vedere: un capolavoro dell'officina manuziana illustrato da splendide incisioni. Ma il concetto di «illustrazione» non rende l'idea: in effetti l'opera è concepita unitariamente come integrazione stretta di testo e immagini con qualche scambio delle funzioni istituzionali; spesso infatti sono le immagini che «narrano" mentre il te1111. - • - Simbolo della madre terra, indiani Hopi, forma rettangolare. i due regimi distinti di un'unica produzione; proprio come oblio intensivo e oblio estensivo si sovrappongono, o addirittura coincidono, secondo Pierre Bertrand. In realtà, le musiche dell'oblio, musiche-schizo o musiche molecolari, non hanno l'esclusiva della «buona» funzionalità?. Possono anche essere suonate o ascoltate per traverso ... E le musiche della memoria, le musiche molari, sono suscettibili di dar luogo, per parte loro, a funzionalità a-significanti mascherate, ma da decrittarsi in modo rigorosamente intensivo. Spingiamoci ancora oltre: più ci sono codificazioni e semiotizzazioni, e più ci può essere occasione di tornare all'opacità dell'informazione-zero. L'opera di Jacques Attali, La parole et l'outil, mostra come lo stadio ultimo della comunicazione- la «relazione», tappa dell'aleatorio e del decondizionamento, della distruzione dei codici - si apparenti allo stadio primo, quello della semplice informazione d'esistenza, quello dell'ontologia; e come l'informazione si ripieghi allora su se stessa, consentendo la messa fuori gioco delle istanze semantiche, semiotiche o simboliche, dunque delle gerarchie istituzionali codificate secondo le modalità del linguaggio. sto, con ricchezza spropositata di ma- • teriale verbale, descrive ed illustra. L'opera, in volgare, è divisa in due libri e dedicata da un Polifilo che ne è anche il protagonista all'amata Polia. Nel primo libro Polifilo, in prima persona, racconta come in sogno si sia disperso in paesaggi misteriosi, ora inquietanti, ora sereni, incontrando lungo il percorso rovine classiche, statue, templi, palazzi, giardini, fontane con relativo arredamento od ornamento di bric-à-brac antiquario ed umamst1co, tutto implacabilmente descritto: sono gli spazi allegorici di incontri e riti allegorici- tutti implacabilmente descritti - con personaggi soprattutto femminili, dee e ninfe, tra le quali ritrova, all'allegoria giusta, anche la sua bella Polia che sposa. Nel secondo e piu breve libro, sempre in sogno, Polia.ritrovata e Polifilo • Ma noi viviamo anche secondo il semantico, il semiotico, il simbolico: sta a noi l'attraversarli, il cercare !'«implosione» a11raverso l'esplosione e l'espansione. Noi possiamo giungere all'oblio, all'opacità dell'informazione-zero e dei processi di molecolrizzazione, nomadizzando sur piace, attraverso gli interstizi delle istituzioni - proprio come i pescatori del Polo che, forando la banchisa, trovano il mare. La musica tonale si era edificata su un funzionalismo della memoria. La «pantonalità» di Cage sostituiva a quest'ultimo un funzionalismo dell'oblio. Nulla vieta ora che si applichi la tonalità a quest'oblio. La stranezza di ciò che compongono i musicisti della «nuova tonalità» - pensiamo a Reich, Riley e anche a Cardew ... - non si lascia più giudicare secondo le norme della memoria, anche se si tratta del «banale» do maggiore. Perchè questa stranezza consiste nel fatto, che per una volta questo do maggiore cambia la nostra vita. E si è certamente liberi di dire, con Baudrillard, che se tutto è funzionale, nulla lo è più. Ma senza dubbio bisogna spingersi . più lontano, e cessare di connettere a questo «più nulla» una connotazione negativa a senso unico. Al di là del negativo, il «più nulla» veicola un cambiamento di funzione della funzione. È un «più nulla» rigorosamente affermativo. Tanto più affermativo, anche, quanto più non c'è né senso, né fine, né intenzione. Ora, come dicono gli autori di L'ami-Edipo: «Solo ciò che si produce nel modo in cui funziona ha un senso, un fine, un'intenzione». Ora lo sappiamo: la tonalità può benissimo prodursi nel modo in cui funziona. Come la vita: trasversalmente e sulla banchina della memoria. (da Daniel Charles, Le temps de la voix, Paris, Balland 1977; traduzione di Maurizio Ferraris) si alternano a raccontare alle ninfe, su modelli boccacciani, le vicissitudini «vere» del loro amore, anch'esso a corrente alternata, finché, davanti a una sacerdotessa, si risposano. E finalmente sono l'uno nelle braccia dell'altro, soli, quand'ecco Polifilo si sveglia... e Polia non c'è piu: del resto nel. titolo dell'opera sta scritto ... ubi humana omnia non nisi somnium esse docet «ove (Polifilo) insegna che le cose degli uomini non esistono se non in sogno». L a curiosità circa l'autore di un simile testo, che anche è stato almeno l'ideatore del libro nel suo complesso, si affaccia abbastanza per tempo, rinvigorisce nel '700 erudito e, dispersa in più rivi, approda all'odierna tenzone che vede contrapposti da un lato un illustre filologo, GioviJnni Pozzi, responsabile con M.T. Casella di saggi e ricerche sul Polifiloe, da ultimo con L. A. Ciapponi, della monumentale edizione critica con commento, dall'altro Maurizio Calvesi, illustre studioso e critico d'arte, responsabile d'un poderoso saggio sullo stesso tema. Ma davvero dal Polifilo non trapela alcun dato che possa servire d'appiglio per un'attribuzione? Qualcosa c'è: Polia, nel secondo libro, dice di chiamarsi in realtà Lucrezia, di discendere dai Lelii di Roma antica, per il tramite di un ramo della famiglia trasferitosi a Treviso, ricorda, ovviamente collegandolo ai Lelii, un Note (1) L'innominabile, p. 91; citato da Pierre Bertand, L'oubli, révolution ou mortdel'histoire, Paris, P.U.F., 1975, p. 134. (2) Espressione utilizzata dall'Ispettore Generale del Conservatorio Chailley per stigmatizzare in pubblico lo spirito di certi candidati all'orale del C.A.P.E.S. di Educazione musicale, in genere provenienti dal Dipartimento di musica dell'Università di Paris VIII. (3) R. Arnheim, Vers une psycho/ogie de l'art, tr. fr. Paris, Seghers, 1973, p. 209 (4) L. Meyer, Music, the Arts, and the ldeas, The University of Chicago Press, 1967; I 9692 , p. 209. Esponiamo qui l'essenziale dell'argomentazione di Meyer, che prosegue quella di Adorno precisandola. (5) Cfr. L. Meyer, op. cit., p. 299. (6) Nel testo francese si ha: «Qui se pique d'orientalisme» ;se piquer significa sia piccarsi, sia iniettarsi droga (N.d.T.). (7) Cfr. La dialeclique de la durée, Paris, P.U.F., ed. del 1963, p. 35; citato da P. Bertand nell'opera menzionata in esergo, p. 95. Per una valutazione del ruolo dell'istante presente in una teoria generale dell'oblio, cfr., in P. Bertand, tutto il capitolo III, «Oubli et instant», pp. 95-141. Nelle pagine che seguono, seguiremo la mirabile esposizione di Pierre Betrand. (8) Facendo l'Eloge de l'amnésie, Pierre Boulez non ha creduto di doversi assumere una simile denuncia (cfr. «Style ou idée», Musique en jeu, (4) Paris, Ed. du Seuil, 1971, pp. 5-14). (9) Charles si riferisce qui alla nozione elaborata da Jacques Derrida (tradotta in italiano con «differanza» o «dif/ ferenza»; ladifferance indica sia la differenza ontologica, sia il differimento temporale, l'atto del differire e del rimandare (N.d.T.). Teodoro che è senz'altro un personaggio storico, il vescovo trevisano Teodoro dei Lelii (morto nel 1466), afferma di essere nata nei domini della Serenissima: ... sollo al iustissimo imperio del sancto et feroce leone marino... io degli superstiti linea/i et prisca famiglia Lelia alumna et prognata fui. E, dico subito, finita la storia Treviso ritorna in calce all'ultima pagina del testo: Tarvisii, cum decorissimis Poliae amore lorulis distineretur misellus Poliphilus. MCCCCLXV/1. Kalendis Maii «A Treviso, essendo Polifilo poverello stretto dall'amore di Polia in lacci leggiadri. Calendimaggio 1467». Quanto al protagonista Polifilo, nome fittizio, nel testo neppure un accenno. ma l'autore ci ha consegnato nome e cognome ben nascosti in un arduo acrostico (giochetto consueto alla letteratura antica): se infatti si allineano le lettere iniziali dei 38 capitoli, si ottiene la seguente frase: l'-oliam frater Franciscus Columna peramavit «frate Francesco Colonna amò follemente Polia», generalità non solo di Polifilo, ma dell'autore stesso. Saltiamo al '700 erudito: i letterati che conoscono tramite l'acrostico quel nome e cognome si affannano a cercare, tra archivi e biblioteche, un frate Francesco Colonna che possa plausibilmente identificarsi con l'autore del libro; e vuoi perché nel libro ritornano con insistenza riferimenti a Treviso, vuoi perché l'opera è stata edita a Venezia (particolare di per sé non
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