funzionali di dipendenza, ed abbiano reso possibile una certa chiusura - parziale o total6- dell'insieme. Ecco che cosa definisce l'opera come totalità organica: in una musica in cui non appaiano che connessioni immediate e imprevedibili fra atomi sonori, il senso del tutto sarebbe soltanto additivo. E viceversa, l'incompiutezza della chiusura autorizza la flessibilità «verticale», da un piano all'altro della composizione-come avviene quando melodia e armonia interagiscono e si rimettono in causa reciprocamente, nel corso di uno svolgimento temporale. La gerarchia non impedisce la continuità - la richiede. In quanto funzionale, la forma musicale mette in gioco una memoria de-linearizzante, spazia/izzante - dotata di una «profondità», di uno spessore «verticale», di cui la scrittura non è che un'approssimazione elementare. In queste condizioni, come non scorgere un regresso nelle musiche non funzionali della metà del ventesimo secolo? La maggior parte delle musiche seriali non si è forse limitata a gerarchie «orizzontali», «piatte», di livello epidermico o elementare? Troppo spesso esse si limitavano a permutazioni infra-composizionali del materiale di partenza ... Tuttavia, esse avrebbero potuto veicolare delle strutture gerarchiche a livelli molteplici. Con Leonard Meyer, ci si può dichiarare frustrati tutte le volte che le gerarchie non raggiungano, nel campo seriale o post- seriale, una compléssità pari a quella delle grandi- gerarchie tonali: diversamente, i compositori non proporrebbero che edifici dimentichi di ciò che avrebbe potuto essere e di ciò che ha potuto essere. Nelle arti temporali, e nella musica in particolare, nulla vale quanti i bei vecchi tempi; questo leitmotiv adorniano- basti pensare alla polemica con Metzger, a partire da Invecchiamento della ml/Sicamoderna - presenta a sua volta alcune gustose risonanze politiche, se si ha cura di paragonarlo al comportamento di un professore che chiama la polizia contro i propri studenti ... H o esposto, o tentato d'esporre, la tesi funzionalista, così come risulta dai testi di Adorno e di .Meyer. La riassumer◊ in una parola: essa connette la composizione e l'ascolto alla memoria. - Ci si può, ci si deve attenere a una simile dottrina? Nulla è meno sicuro. Prima di tutto, attualmente si è concordi nel pensare che il funzionalismo sia soggetto ad una grave crisi, crisi da cui- stando agli specialisti - nulla garantisce che possa uscire. Questo vale per il funzionalismo in generale, ma si può facilmente trasporre alla musica quanto si dice delle altri arti. E sopratutto, il funzionamento propriamente musicale va incontro a serie difficoltà: esso è ben lungi dal poter rendere conto di ciò che è davvero vivo nell'attuale pratica musicale, che pare essersi liberata dalla nozione stessa su cui si voleva basare la tesi funzionalista: la memoria. Eravamo partiti dall'eterogeneità delle due definizioni del funzionalismo: scartando in partenza quella di Arnheim, che concerneva solo la pittura, avevamo centrato il nostro esame su quella, adatta alla musica, di Leonard Meyer. Confessiamo il nostro imbarazw senza aspettare oltre: coloro che si sono occupati seriamente della «crisi» del funzionalismo nelle arti spaziali, e dunque hanno messo in cau- _ sa la fondatezza di qualsiasi ricorso all'utile (o al non-estetico) in questo campo, non hanno mancato di interrogarsi - sullo slancio - intorno all'opportunità di criteri gerarchici, congiunti a questa petizione d'utilità (o di non-esteticità). Il funzionalismo musicale rischia di rimetterci parecchio: apparentemente doveva la propria sopravvivenza, nelle pagine precedenti, solo all'insufficiente approfondimento delle nostre analisi. Per farla breve, faremo qui solo un esempio - quello del Baudrillard di Per una critica de~'economia politica del segno. Secondo questo autore, il funzionalismo non è che lo schema d'astrazione che, nell'economia politica del segno, corrisponde all'utilità dell'economia politica tradizionale. Di conseguenza, :iò che si addurrà contro quest'ultima varrà contro l'altra. Cosi, il valore d'uso. smascherato come transfuga del valore di scambio, tra- •scina nella propria liquidazione il funzionalismo come tale. Passiamo sul dettaglio dell'argomentazione, che si articola intorno alla constatazione che se tutto è funzionale, più nulla lo è. La funzionalità del design, ad esempio è strettamente connessa con ciò che, a prima vista, si sarebbe potuto prendere per il suo contrario: la calcolata razionalità del kitsch. Ciò distrugge, evidentemente, le istanze gerarchiche abitualmente riconosciute. Una traslazione delle analisi di Baudrillard alla musica può essere effettuata senza grandi problemi. Essa ci insegnerà, fra l'altro, che la musica «pesante» non è che un'astuzia della musica «leggera» - Ma non è forse proprio questo ciò che Adorno temeva continuamente? La Filosofia della musica moderna si angosciava nel veder compromessa l'iniziale purezza della «libera atonalità» dai calcoli da bottegai dei dodecafonisti che numeHanno continuato a comporre come Adorno non voleva che si componesse: ontologizzando il materiale, e questo contrariamente ad ogni gerarchia. Di più: non contenti di sovvertire in tal modo il sistema «dall'interno», essi hanno nella e attraverso la pratica, spiazzato il concetto di funzione, dalla memoria all'oblio. Secondo la prospettiva di un funzionalismo dell'oblio, un suono non funzionerebbe che in quanto singolarità differenziale, autonoma, non legata ad altre singolarità; ma quest'assenza di legame sarebbe ciò che permette al legame di stabilirsi con qualsiasi altra singolarità. Questo legame di assenza al legame, è l'interpenetrazione senza ostruzione: positività dell'oblio, opposta a qualsiasi memoria. E se l'oblio è positivo, se l'assenza di legam!! lega, allora l'order from noise principle di Von Foerster viene ad essere dispiegato e confermato al di là di ciò che esso pone, ossia viene assunto in ciò che enuncia, pur restando superato come principio. Di fatto, diviene possibile dire: l'ordine è il rumore. Oppure: tutto può farne parte qui, ora, non importa dove e quando-attraverso un istantaneo viraggio dall'estensivo all'intensivo. Johann Martin Lerch, labirinto di fuochi d"artificio ( 1673). ravano le loro serie come si inventaria il proprio portamonete ... Adorno non esitava allora a sviluppare, molto dialetticamente, una critica del funzionalismo musicale - che si congiungeva alle notazioni negative sviluppate, non meno dialetticamente contro il funzionalismo nelle arti spaziali, dai Minima moralia alla Teoria estetica. Un po' come fa Baudrillard, oggi si potrebbe estrapolare, e trarre da Adorno una critica della funzione che non condurrebbe ad alcuna ridefinizione «affermativa» di quest'ultima. In ogni caso, ogni caso, se ci si tiene alla lettera degli ultimi testi del filoso- .fa, è chiaro che la defunzionalizzazione propria all'opera «informale», la sola suscettibile di conservare la ricchezza e la dignità dei grandi momenti «funzionali» della più alta musica dell'Occidente, non potrebbe che venire dall'esterno del sistema, che essa minaccerebbe di negare solo in modo estrinseco. Ora, pare che i musicisti abbiano smentito, su questo punto, Adorno. Se c'è un'equivalenza fra ordine e rumore, allora la funzionalità della musica cessa di dover significare la sola stabilità delle relazioni d'ordine. Si giunge alla riconsiderazione dell'economia dell'ascolto- cioè dell'ascolto stesso in quanto economia. E se l'ascolto non fosse mai economico, se fosse puro sperpero? Nell'oikonomia, opera e decide, da sempre e tuttora, il nomos-chiusura, mai il nomos nomade; ora il problema non è affatto quello di operare e decidere, bensì di dimenticare, non è quello di affastellare le relazioni, ossia le separazioni, le chiusure e le altre barriere economiche, bensì di toglierle in modo che circolino i flussi sonori molecolari ... Le musiche sistematiche o sistemiche privilegiano un solo aspetto dei suoni, quello dell'essere centri di causalirà - nell'accezione che Bachelard dà a questo termine, e che si applica all'istante presente 1 . Ma il decentramento di causalità introdotto dall'interpretazione senza ostruzi!?~e .costringe.,a. rjdefinire l'i- .... ,.. ,...,, -· stante, giacchè il presente è esploso e non si lascia più ricomporre secondo le modalità di un tempo estensivo, da quando i suoni circolano/si interpenetrano, da quando, inoltre, nel regime del senza-legame/della non-ostruzione proliferano i centri. Donde la pluralizzazione dell'istante di cui diremo, con Pierre Bertand, che ha per singolarità l'esser plurale, inassegnabile ad un determinato «luogo» temporale, dunque nomade ... Le musiche sistematiche erano collegate solo per prestarsi all'ascolto dell'istante presente, unico, in via di principio situabile-e-databile, e in tal modo operante come fattore di linearizzazione e di omogeneizzazione. Esse derivavano la loro funzionabilità dalla funzione stessa di questo istante, l'esser presente, come un incrocio di relazioni, o come un nodo ferroviario o autostradale. Ma già fuggiva la presenza: non si staziona agli incroci, non ci si ancora nell'istante. Donde la necessaria colpevolizzazione dell'ascolto, evidente, ad esempio, nell'ascolto di una polifonia: a meno di risuonare quattro volte lo stesso pezzo a quattro voci accentuando ogni volta una voce _.,..,. 1':ll!I..- differente, come consigliava Poulenc per una delle parti della sua Suirefrançaise, non si «imprigiona> mru l'audizione. Sinonimo di. «profondità», il carattere inesauribile dell'audizione consente al pubblico di adattare perpetuamente la propria percezione alla ricchezza di quanto avviene: cioè di sentirsi sempre in ritardo. L'opera, se è davvero destinata ad essere consumata immediatamente, chiede troppo, all'istante. La funzionalità delle relazioni eccede per principio il presente; mru integralmente prendibile, essa deborda continuamente verso il passare e l'avvenire. Di colpo, è perpetuamente votata all'oblio - ma a un oblio negativo, colpevolizzante. L'ascoltatore è sempre troppo leggero... Non ci si può tuttavia, anche se qui si annuncia quasi il colmo dell'immoralità, affidare a una leggerezza che non sia colpevole? - Ciò suppone che si denunci l'imperialismo della memoria, in quanto essa è già sempre reattiva, sempre indaffarata nella congiura dell'oblio delle relazioni fra i suoni•. Ciò suppone che si renda a un tale oblio il suo spessore, che gli si riconosca a sua volta una funzione, e una funzione perfettamente positiva. Quella di irrigare il piacere musicale, e di fame un godimento. Godimento dell'istante, ma non come istante presente, come istante immobile o immobilizzato, disteso e dispiegato, differito e differenziato: da non viversi nell'angoscia di una «différance» 9 ... Non risuonate Poulenc quattro volte, ma quaranta o quattrocento volte. Non accentuate nulla. Fate di Poulec un nuovo Satie. Suonate Vexations o840dacapo per 18ore e mezza o di più ... E di qui: consentire alle musiche plananti, che non sono né colpevoli né demobilitanti, ma rinviano ad un senso politicamente altro, intensivo e non estensivo (quale che sia la loro estensione ...) del tempo. A un senso che previene ogni senso, ogni orientamento, e l'irreversibilità stessa, di questo tempo. Diventa o ridiventa possibile accedere alle serenità amnesiche del gregoriano, o addirittura dell'al di qua del gregoriano, del gallo-romano, o delle musiche celtiche di prima della Chiesa: non abbordatele secondo la musicologia, ma secondo l'oblio. Il vostro disorientamento: l'apertura alla fona dei suoni, al di qua delle codificazioni e delle altre decoficazioni; e questa apertura non cortocircuita che il tempo sottomesso alla memoria, in realtà essa libera il tempo dell'oblio, tempo ormai non più asservito all'etemizzazione del passato. Nulla, nelle musiche statiche - o apparentemente statiche- di La Monte Young o Reich, di Glass o Eliane Radigue, di Vaggione o Riley, è lasciato alla memoria; non sono affatto musiche della stasis, sono musiche del rinnovamento incessante, che non si ascoltano mai due volte nello stesso modo. Analogamente: Luna cinese di Miereanu o Tempo furioso di Jagodic, Tamarandi Juan Hidalgo o La caccia di Walter Marchetti, tutte queste musiche procedono - orrore - in modo esclusivamente additivo e cumulativo, dunque smentiscono ogni funzionalismo accademico; ma sono torrenti e fiumi, legabili e sovrapponibili, indefinitamente, a se stessi, piegabili e immagazzinabili secondo protocolli casuali. Musiche-flusso, del tutto omologhe tuttavia alle musiche «oceaniche> della tradizione orale, sia essa extra-e·uropea o rigorosamente occidentle: hanno tutte in comune il fatto di configurare, nella moltiplicazione degli istanti e nella profuzione degli accidenti, una tradizione fondata esclusivamente sull'oblio, e non sulla memoria, una tradizione che non riproduce, alla lettera (anche quando è affidata a media elettro-acustici), nulla, nessuna storia, nessuna istituzione. Le analisi ufficiali non possono non I radi re la musica folk ripiegandola sull'istituzione, cioè sulla memorizzazione, sulla fissazione, di un passato eternizzato a partire dal presente. La tradizione con cui abbiamo invece a che fare qui, che non si riassume nel tessuto da museo di un florilegio di ricordi, lungi daH'assoggettarsi ru comandamenti di una memoria-avarizia, accanita nel non perder nulla, suscita, produce la ripresa sempre mutevole di singolarità sonore intensive e anonime, che non lasciano ad alcuna soggettività, e neppure ad alcun desiderio, il tempo di rinchiudersi su se stesso. E se queste musiche fanno esplodere la so~ettività, è per farla proliferare: la vera musica popolare, la musica di massa, la musica plebea, è aperta a tutte le esplosioni delle soggettivirà di gruppo, non più alla soggettività unica, alla bella soggettività sentimentale del soggetto solitario. Musica delle maggioranze e non delle minoranze (anche etniche... ), musica attuale perchè·aniva: non è una musica al passato, perchè quesro stesso passato no!I è mai presenre, perchè esiste in ql!anto passato; non è neanche una musica al presente, poichè il presente di un tale passato è una liberazione, è una fuga positiva e non pauro-
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