É naturalechesiaartificiale Frederick Pohl The Tunnel Under The World (Il tunnel sotto il mondo) Milano, Mondadori, 1979 Philip K. Dick The Man in The High Castle ( I963) (La svastica sul sole) Milano, Nord, 1977 pp. XXVIII-266, lire 5000 David G. Compton The Unsleeping Eye (1975) (L'occhio insonne) Milano, Nord, 1977 pp. VI-223, lire 3000 Ursula Le Guin The Dispossessed (1974) (I reietti dell'altro pianeta) Milano, Nord, 19802 pp. 240, lire 3500 James Tiptree jr (Alice Sheldon) «The Giri who Was Plugged in» (1973) (La ragazza collegata), in I premi Hugo 1955-1975 Milano, Nord, 1978 pp. VIII-977, lire I 2.000 Samuel R. Delany Triton (I 976) Milano, Armenia, I 978 pp. 407, lire 5000 e he la proliferazione degli esseri artificiali nella fantascienza di tutti i tempi rifletta e rimandi a problematiche ben radicate nella storia del pensiero occidentale è ormai pacifico per buona parte della critica, specializzata e non, e anche per fette consistenti di lettori. Robot e androidi sono parenti stretti non solo della «progenie diabolica» del dott. Frankenstein, come sempre si è saputo, ma anche di William Wilson o di Peter Schlemil, e anche, perché no?, del giovanotto col garofano di Karen Blixen. È naturale, tuttavia, che lo statuto dell'essere artificiale fantascientifico si sia andato evolvendo. I robot di Asimov, per esempio (quelli· di lo, robot e I/ secondo libro dei robot), ma anche gli androidi perfezionatissimi di Abissi d'acciaio e I/ sole nudo hanno un ruolo tutto sommato analogo a quello del mostro di Frankenstein: riusciamo sempre in qualche modo a distinguerli da noi, i segni che marcano il loro corpo - curiosi o inquietanti che siano - ci rassicurano sulla nostra identità, sono comunque, per quanto infido e ·stravolto, un terreno di caccia del soggetto. Non cosl, invece, per altri autori: già negli anni Cinquanta troviamo testi di fantascienza (considerati ormai «classici» nel genere) che propongono una diversa lettura del rapporto uomo. - doppio artificiale cominciando ad avanzare dubbi sempre piu radicali sulla possibilità di tracciare linee di demarcazione precise tra uomo e robot, uomo e androide. \ Tre esempi, fra i piu rappresentativi: Scanners Live In Vain di Cordwainer Smith, The Tunnel Under The World di Frederick Pohl, Jmpos/Or di Philip Dick. Gli esiti di questi tre testi sono diversi, e l'elemento che li accomuna è ancora un elemento fobico, che possiamo già rilevare in Poe ma che qui viene naturalmente mediato dalla presenza forte della tecnologia: il terrore dell'esplorazione del corpo. Se gli «scanners», i «controllori» di C. Smith, privilegiati e insieme paria a cui è concesso il viaggio nello spazio grazie alla sconnessione dei nervi sensoriali del cervello, non rivendicano, tutto sommato, che un'uguaglianza di diritti civili, per gli abitanti della piccola cittadina del racconto di Pohl il problema è già piu radicale: si tratta di decidere sulla propria identità di essere umani in base all'insieme delle informazioni, frammentarie e ambigue, in loro possesso. La conclusione scioglie l'interrogativo in modo ancora piu angoscioso: la cittadina è in realtà una minuziosa miniatura, i personaggi perfezionati robot in scala, connessi però a dei cervelli umani artificialmente tenuti in vita per consentire alle imprese di pubblicità esperimenti «dal vivo» altrimenti troppo costosi. Per !'«impostore» di Dick, l'interrogativo è addirittura mortale: la mia convinzione di essere me stesso non prova affatto che io lo sia, potendosi trattare (come si verificherà nelle ultime righe del racconto) di un tipo di coscienza «artificiale» inserito nei circuiti di un raffinatissimo androide Antonio Caronia drillard). Il corpo dell'uomo è insomma già diventato simulacro, non ha piu diritto a uno statuto di originale rispetto al quale l'androide, con il suo carattere<l'i copia, si demarca per ribadire una volta di piu la supremazia del naturale sull'artificiale e dell'umano su entrambi. Il cyborg, che poi altri non è che l'abitante dell'utopia telematica (cfr. C. Formenti, La fine del valore d'uso), deve perciò portare con sé anche una trasformazione del paesaggio in cui opera: se il robot o l'androide di Asimov si muovono ancora su uno sfondo prevalentemente naturalistico (e il fatto che si tratti di una natura lontana non sposta il problema), il cyborg ha come teatro d'azione uno spazio di simulazione, senza spessore anche quando conserva le tre dimensioni o ne aggiunge di nuove, un universo dominato dalla logica dei modelli e dei codici. Pechino, /abiri1110presso il Pa/azw d"l::state (1700). nemico, che di me riproduce non solo il corpo, ma ogni attività psichica. La coscienza del falso attiva naturalmente il circuito di autodistruzione. Qui certamente la fiducia nell'onnipotenza della tecnologia è ancora pressoché totale e, quantomeno a livello dell'intreccio, i dubbi sulla coscienza e la verificabilità di ciò che noi siamo soliti chiamare «reale» servono solo ad alludere alle forze - per niente ambigue, anche se non sempre precisate - la cui attività razionale, dunque in ultima analisi conoscibile, è la sola responsabile degli effetti di destrutturazione che vengono descritti (questo è lo schema tipico, oltre che di Impostor, di buona parte dei romanzi di Dick degli anni Cinquanta). Ma negli anni seguenti questo tipo di lettura, che si potrebbe definire modernamente politica, della tematica dell'espropriazione del corpo, viene abbandonata dagli autori piu interessanti per la presentazione e la raffigurazione di un personaggio diverso, in cui la separazione fra naturale e artificiale non è piu percepibile: è appunto il cyborg, l'organismo cibernetico, struttura organica che utilizza componenti meccaniche ed elettroniche, o viceversa. Il cyborg allude già ad una trasformazione, ad una mutazione dell'umano, nella quale «gli uomini, liberati da qualsiasi somiglianza, liberati persino del loro doppio, crescono come il sistema produttivo, di cui non sono piu che l'equivalente miniaturizzato» (Bau11primo superamento del simulacro naturalistico (per usare la terminologia di Baudrillard) e il passaggio al simulacro iperreale si ha nei romanzi di Dick della prima metà degli anni sessanta, The Man in The Heigh Cast/e, The Three Stigmata of Palmer Eldritch, The Simulacra. Qui è la storia stessa che diventa simulacro, mera possibilità, effetto di rifrazione in una attività coscienziale che, se non presenta ancora tutte le caratteristiche del nomadismo, denuncia già però una pronunciata difficoltà a tenere insieme le quinte e i fondali del mondo delle apparenze con i tradizionali strumenti della ragione. «Invece di 'iniettare la vita' nei suoi personaggi, secondo i modelli delle poetiche realistiche,( ...) Dick compie anch'egli un percorso a ritroso, decostruendo le sue creature per mostrarne l'artificiosità di prodotti immaginari, ma anche l'artificiosità dell'immaginario, il confine del non ente a cui è condannato il processo creativo che si dilata a rappresentare la nevrosi collettiva della società americana catapultata fuori dalla storia.» (C. Pagetti, introduzione a / simulacri). Sono queste opere di Dick che aprono la strada alla produzione successiva in cui il tema del simulacro diviene sempre piu centrale. In molte di queste, non casualmente, il riferimento al mondo dei media è essenziale. The Uns/eeping Eye, dell'inglese David Compton (che ha ispirato il film di Tavernier La morte in direi/a) si attarda ancora, con una logica tutta europea, a ispezionare pignolescamente reazioni psicologiche dei suoi due personaggi, il cyborg' (che in questo caso è una telecamera vivente) e la sua «vittima», una donna malata di un male incurabile che le telecamere inserite negli occhi dell'uomo dovranno spiare giorno e notte per fornire materiali eccitanti e «autentici> ai programmi televisivi. Compton analizza in realtà due personaggi molto tradizionali in una situazione insolita, e non riesce perciò a dare molti contributi alla costruzione di una «psicologia del cyborg>, che pare invece affascinare altri autori. Alice Sheldon, per esempio, che a lungo ha scritto con lo pseudonimo di James Tiptree jr, mostra di aver penetrato molto meglio le trasformazioni dei media e della vita quotidiana nella società informatizzata. «L'idea che l'arte prosperi grazie agli slanci creativi è stata da molto tempo silurata dal fatto che l'arte ha bisogno soprattutto del computer. Perché l'olovisione ha qualcosa che la TV e Hollywood non hanno mai avuto: il feedback automatizzato incorporato. Sondaggi campione, indici di gradimento, critici? Scordateli. Con questo campo portante puoi ottenere letture dai sensori di reazione a tempo reale, da tutti i ricevitori del mondo: i dati ti vengono serviti sulla tua console. All'inizio, è cominciato come una trovata per dare al pubblico una maggiore influenza sul contenuto». Ecco anche l'inconscio automatizzato, e inserito nei circuiti governati dal binomio stimolo-risposta che già conosciamo. Il brano sopra citato fa parte del racconto The Giri who Was Plugged in, uno dei racconti piu selvaggi e belli, fra quelli arrivati in Italia in questi ultimi anni, sul cyborg. Qui la «psicologia del cyborg> comincia a delinearsi con una certa nettezza, anche all'interno di una storia che a prima vista appare tradizionale e scontata7 in P. Burke, la ragazza brutta e deforme che, chiusa in un guscio elettronico sotterraneo, anima il corpo dell'androide Delphi, la stella dell'olovisiooe e della pubblicità. J. Tiptree inverte, accortamente, i ruoli rispetto a quanto ci aspetteremmo: il simulacro, man mano che la vicenda procede, pare quasi animarsi di vita autonoma e mentre Delphi vive la sua eccitante esperienza alla luce del sole, il corpo «vero> di P. Burke si deteriora e quasi scompare. P. Burke sceglie la via del transfert, l'immersione in un «abisso superficiale> invece di infognarsi, come sarebbe stato lecito aspeuarsi, in tristi e zuccherose considerazioni sulle dilaceranti contraddizioni tra il corpo brutto e l'anima bella, in una riedizione alla rovescia della favola della bella e. il mostro. Neppure l'amore di P. Burke/Delphi per il giovane lsham (che alla fine scoprirà il trucco e provocherà la morte di tutte e due i personaggi femminili) ha nulla di romantico e tenero: è un attaccamento rabbioso, una sorta di testarda e violenta rivincita della sepolta viva che si affanna a raccogliere quello che può. C'è un personaggio che ama teneramente, ed è Joe, il tecnico addestratore dell'androide, che «non fa caso all'aspetto di P. Burke, non l'ha neppure notato. Per Joe, tutte le inatrici dei sistemi sono bellissime». Joe è anche l'unico che, alla fine, pianga: «È il solo che abbia amato veramente P. Burke. P. Burke che adesso è un mucchio morto su un tavolo, era il piu grande cibersistema che lui abbia mai conosciuto, e non lo dimenticherà mai.> Già in The Giri who Was Plugged in non è piu solo il corpo dell'uomo ad essere simulacro: tutto lo spazio generalmente umano e sociale entra in questa dimensione di «simulacro del terzo ordine>, aleatorio, cibernetico, modellizzato. La vecchia figurazione della fantascienza degli anni Trenta o Quaranta, ripetuta in innumerevoli romanzi e racconti, la Terra ricoperta da un'enorme, mostruosa città, la natura tutta riassorbita nello spazio artificialmente strutturato, acquista nella fantascienza degli anni Settanta e Ottanta un valore piu pregnante. Scompare la natura come polo di alterità, come opposizione all'uomo nel processo di produzione, come termine di paragone nelle configurazioni culturali della società, come mito o sogno di uno stato precedente e perfetto. Questo spazio di simulazione ha già trovato chi è stato capace di disegnarne una mappa articolata e suggestiva: è uno dei pochi autori neri americani di fantascienza, Samuel Delany, e questa mappa è Triton. Il sottotitolo di Triton è «Qualche nota informale a proposito del calcolo modulare parte prima>. Il calcolo modulare, come esposto in un'appendice, si potrebbe definire (semplificando un po') il tentativo di creare una teoria che renda conto delle macrostrutture in termini di microstruuure: un qualche cosa a cavallo fra la semiotica, come la conosciamo noi, e una logica formale un po' più potente (o un po' piu generale) della nostra. Naturalmente non è tanto interessante l'ennesima utopia - in fondo ancora positivistica - di una scienza che riesca a rendere conto, per esempio, delle
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