I I attività di Stanislavskij, Mejer1. chol'd, Vachtangov nella Mosca dei primi anni del '900 è considerata oggi da chi si occupa dell'arte dello spettacolo un punto di riferimento essenziale, ma spesso anche una stagione definitivamente conclusa, soffocata dall'affermazione del realismo socialista. Gli spettaccoli scelti per rappresentare all'estero l'Unione Sovietica o quelli consigliati a Mosca alle delegazioni e ai turisti stranieri servono del resto, salvo casi felici ma rari, piu a confermare che a smentire questa opinione. In altri campi tuttavia, dalla ricerca letteraria a quella psicologica e filosofica, si è potuto osservare che la vivacità creativa della cultura russo-sovietica degli anni Venti non è andata perduta. Essa ha continuato infatti a manifestarsi prima nelle opere soltanto manoscritte di studiosi isolati e poi, a partire dall'inizio degli anni Settanta, nelle ricerche semiotiche dei gruppi di Mosca e di Tartu, nei lavori di Bachtin, in quelle di Vygotskij e dei suoi continuatori. Come Jurij Lotman ha ben messo in evidenza nelle sue analisi tipologiche della cultura, per quanto rigido e immobile un sistema possa apparire, esiste sempre, sia pure relegato alla sua estrema periferia, un potenziale dinamico capace di garantire l'evoluzione e Io sviluppo. Nell'ambito teatrale si può individuare un processo per certi aspetti simile, anche se meno avvertibile nel mondo occidentale per ragioni abbastanza evidenti. Esportare e diffondere spettacoli, tollerati ma non graditi a livello ufficiale, è infatti un'operazione assai piu complessa che tradurre e far conoscere testi scritti. Il pubblico italiano ha in questo periodo la possibilità di accostarsi al teatro sovietico contemporaneo piu innovativo attraverso il Boris Gudunov e la Kovanichina messe in scena alla Scala dal regista del teatro moscovita na Taganke Jurij Ljubirnov e dal suo scenografo David Borovskij. Proprio come la semiotica sovietica, il Teatro na Taganke è nato a Mosca all'inizio degli anni Sessanta, ricollegandosi idealmente alle tradizioni del passato per rispondere però alle esigenze e ai problemi di una situazione storico-culturale ormai profondamente mutata. Tranne alcune eccezioni come Tartufo, Amleto e l'opera di Brecht, il repertorio del Teatro na Taganke attinge soprattutto alla cultura, alla storia, alla tradizione russo-sovietica, da Puskin a Majakovskij, da Dostoevskij a Gogol a Bulgakov. È proprio questa scelta a garantire una sicura base comune fra chi trasmette e chi riceve il messaggio attraverso il richiamo ad una tradizione che sopravvive nello spettacolo sovietico, pur sepolta sotto letture scolastiche dogmatiche e riduttive. Negli spettacoli del Teatro na Taganke questi materiali vengono liberati dalla loro sterile univocità, finalmente reinseriti nel presente e dialogizzati. Anziché da testi drammatici già pronti si parte di solito da generi non teatrali, prediligendo quelli difficili da realizzare come la lirica, il romanzo fantastico (ad esempio Il Maestro e Margherita) o la cronaca di John Reed sulla rivoluzione di ottobre. Insieme ad un gruppo di specialisti e nel caso di contemporanei come Trivonov e Voznesenskij agli autori, Ljubirnov rielabora questi materiali e scrive personalmente il copione, trovando probabilmente già nella complessità di questa prima fase dell'opeLiubimot,d,.!itntorni razione uno stimolo alla sua capacità inventiva di nuove soluzioni registiche. Esaminare uno spettacolo teatrale presenta sempre alcune difficoltà perché, come è stato più volte notato, « il suo statuto è in gran parte l'assenza » e una ri-visione identica a quella precedente non è mai possibile, a differenza di quanto avviene al cinema. Farò riferimento qui soltanto ad alcuni degli spettacoli che ho visto personalmente a Mosca, tutti - tranne Amleto - nel gennaio di quest'anno. Per integrare le inevitabili lacune sono stati di aiuto la lettura dei copioni e delle loro varianti, gli appunti di regia, le informazioni fomite dagli attori, dallo scenografo Borovskij, da Jurij Ljubimov. Mi sembra particolarmente degno di attenzione il modo in cui il regista sovietico affronta alcuni problemi chiave chiama immediatamente nello spettatore. l'idea di un grande sipario non esterno ma interno stavolta allo spettacolo, oggetto scenico ricco di molteplici e complessi significati. Muovendosi orizzontalmente, verticalmente, avanti, indietro, di lato, questa tenda, che organizza e divide lo spazio della scena, ha un ruolo attivo da protagonista: è - come conferma lo stesso Ljubimov - piega dell'animo, corridoio di palazzo dietro il quale viene ucciso Polonio, sedia, destino che incombe sui personaggi, spettro. Come ha notato acutamente Anne Ubersfeld, che fra gli spettacoli del Teatro na Taganke sembra conoscere solo Amleto, « tutto il lavoro di Ljubimov e della sua tenda oppressiva è di mostrare continuamente dentro allo spazio scenico il luogo in cui si è continuamente e clandestinamente osserBe/fast: manifestazione a favore degli «Hunger Strikers» della messa in scena: il rapporto col pubblico, la scelta e l'uso degli oggetti, l'organizzazione dello spazio scenico. Quest'ultimo punto - l'organizzazione dello spazio, che Ljubimov riduce, dilata, segmenta con grande libertà creativa - può servire come uno dei fili conduttori per l'analisi. Come nota Anne Ubersfeld nel suo ultimo libro L'école du spectateur (Paris, Editions Sociales, 1981 p. 53), « lo spazio è per un'analisi semiotica il dominio di ricerca fondamentale a partire dal quale il teatro può essere analizzato: al limite tutto a teatro potrebbe essere letto e compreso a partire dal funzionamento dello spazio come 'luogo' (concreto e geometrico) dei segni scenici ». L a soluzione forse più brillante realizzata da Ljubimov in questo senso è quella del suo Amleto (faccio qui riferimento allo spettacolo che ho visto nel gennaio del '79. Attualmente Amleto non è in cartellone a causa della morte avvenuta nel luglio dell'anm, scorso di Vladimir Vysockij, l'attore più creativo ed amato del Teatro na Taganke che ha dato nel ruolo di Amleto ed in quello dello Svidrigailov <li Delitto e Castigo le sue interpretazioni migliori). In questo spettacolo a strutturare lo spazio è un'enorme tenda mobile, tessuta a mano e semiopaca, elemento teatrale per eccellenza in quanto rivati: l'intimità si trasforma in teatro e la tragedia di Amleto si riversa sullo spettatore come una verità: la teatralità si deteatralizza » (cii. p. 116). La stessa tenda insieme ad oggetti utilizzati in altri spettacoli - i cubi di Ascoltate, il pendolo dell'Ora di punta, la cornice d'oro dietro alla quale siede il re nel Tartufo - torna per una duplice ragione nello spazio scenico estremamente condensato del Maestro e Margherita, presentato per la prima volta al pubblico nell'aprile del 1977 e riproposto quest'anno. Poiché per ascoltare la messa in scena di un romanzo come quello di Bulgakov a livello ufficiale ben poco gradito erano stati rifiutati i finanziamenti; Ljubimov ha pensato di ricorrere a ciò che aveva accumulato in 13 anni di attività teatrale, citando se stesso e insieme dando a questo materiale, inserito in un altro contesto una nuova vita e altri valori segnici. Per teatralizzare le diverse linee narrative del Maestro e Margherita dove la Gerusalemme di Cristo e Pilato raccontata nel romanzo del Maestro convive e interagisce con la Mosca degi anni trenta e con il sabba fantastico della notte senza tempo di cui Margherita è regina, Ljubimov ut\lizza la tenda di Amleto come elemento che divide e introduce spazi e tempi lontani, consentendone la compresenza sul palcoscenico. La fa muovere inoltre ancora come uno strumento di oppressione nei momenti in cui è di scena il potere, la utilizza infine come mezzo magico, verticale tappeto volante sul quale Margherita compie nella notte del sabba il suo volo di strega. Se spettacoli come Amleto, Il maestro e Margherita o il più recente Delitto e castigo pongono al regista il pro-. blema del rapporto con un testo classico drammatico o narrativo e della sua transcodificazione nel linguaggio della scena, un'idea originale di Ljubimov è stata quella di teatralizzare testi poetici, operazione che, come scrive il critico teatrale moscovita Konstantin Rudnickij, ha « dato una caratterizzazione al Teatro na Taganke dopo i primi spettacoli brechtiani, metaforici e convenzionali nei quali Ljubimov era vicino a Mejercol'd ». Mi sembra significativo che l'operazione di regia compiuta con Antimondi, Ascoltare, Compagno, credi dedicati rispettivamente al mondo poetico di Voznesenkij, Majakovskij, Puskin, pur nella indubbia originalità messa in evidenza da Rudnickij, trovi comunque una linea di continuità col passato nel richiamo indiretto alle serate poetiche Pietroburghesi, nelle quali autori come Blok si esibivano di fronte ad un pubblico di massa. Come nota Lotman in Testo e Contesto (Bari, Laterza, 1980, p. 114) a proposito di questo fenomeno, il legame spontaneo che caratterizzava il rapporto orale fra l'autore e i suoi spettatori nell'ambito <li un continuum spazio temporale, creava una situazione di poetica intimità, trasferendo il pubblico nell'atmosfera attiva della creazione poetica che richiamava quella folklorica. Questa tradizione, fatta propria dalla cultura ufficiale soprawive stancamente nelle giornate poetiche nelle scuole, nelle fabbriche, negli stadi. Essa ha trovato tuttavia una forma di rinnovamento e una nuova linfa vitale nell'Unione Sovietica di oggi proprio nelle teatralizzazioni delle letture poetiche compiute da Ljubimov e inoltre nelle serate di poeti cantautori legati al Teatro na Taganke come Bulat Okuzava o il già ricordato Vladimir Vysotckij. Proprio al mondo di Vysotckij, alle sue canzoni, alla sua poesia, che e.sprime le esili speranze, le inquietudini, le angosce e la protesta filtrata sotto metafora della vita sovietica contemporanea, Ljubimov ha deciso di dedicare, dopo la morte dell'artista, il suo prossimo spettacolo sulla linea delle letture poetiche iniziate con Anrimondi di Voznesenskij. U no spettacolo come Compagno, credi, ripresentato anche nel gennaio di quest'anno e costruito legando insieme lettere, liriche, episodi della vita di PuSkin, presenta al momento della sua messa in scena, come del resto quello su Majakovskij, notevoli difficoltà di realizzazione: dal problema di drammatizzare un genere statico come la lirica alla costruzione teatrale di un personaggio santificato e inchiodato dall'ufficialità, nonostante la ricchezza e complessità del suo carattere, ad un ruolo fisso fin troppo noto allo spettatore. La soluzione ideata da Ljubimov è stata di presentare sul palco contemporaneamente cinque attori molto diversi fra loro che recitano tutti la parte di Pu~kin, dialogizzandolo nel rapporto con gli altri e con se stesso. L'attesa del pubblico viene cosi spezzata grazie all'audacia della soluzione. Lo spettatore è infatti costretto a rimettere in discussione la sua immagine di PuSkinconfrontandola con le cinque viarianti proposte da Ljubimov. Come sottolinea la scelta del motivo conduttore dell'epistolario che si alterna a quello dei versi, lo spettacolo abbraccia tempi e spazi diversi: dal mondo pietroburghese alla provincia dell'esilio, a quello delle peregrinazioni. Ljubimov risolve il problema con metaforica efficacia costruendo lo spettacolo intorno a due varianti di un unico oggetto scenico dotato di un forte potenziale metaforico grazie anche agli echi letterari - da Lermontov a Gogol allo stesso PuSkin-che è capace di suscitare nello spettatore. Ancora una volta in funzione dialettica, sono messe di fronte sul palco vuoto due carrozze: una dorata e immobile intorno alla quale si svolgono le conversazioni frivole, le scene aristocratiche e di corte, l'altra di metallo bruno, spesso in movimento e soggetta a frequenti metamorfosi. Attraverso un gioco di luci che ne riproietta e ingrandisce la sagoma sulla parete di fondo mentre la parte bassa e le ruote scompaiono nel buio, essa si trasforma ad esempio in vascello dall'alto del quale uno dei cinque PuSkin recita le sue liriche civili. Se la corte e l'aristocrazia pietroburghesi restano immobili chiuse nel loro scrigno dora- " ~ e:,._ .... oc, °' to, nella carrozza-vascello viaggiano il e poeta e con lui la Russia oggetto dei :: suo versi. ~ ·;;;, Un'altra tradizione nazionale, an- .,.., che questa legata al folklore, a cui il : Teatro na taganke si richiama fin dal l'! suo primo spettacolo del 1964, L' ani- ~ ma buona del Sezuan, è il balagan, cioè ~ il teatro dei saltimbanchi che si esibiva ~
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