Alfabeta - anno III - n. 25 - giugno 1981

dei premi in funzione dell'oltrepassamento del Piano provocherebbe spesso non una accelerazione della produzione, ma una tendenza a sottostimare sistematicamente le capacità di produzione, e, di qui, se non una riduzione almeno una stagnazione delle norme, tale per cui i premi di produzione possono essere conseguiti senza che cresca la produzione! Insomma, una versione trasposta di ciò che Ricardo rimproverava a certi imprenditori inglesi dell'inizio del XIX secolo! Lo stesso vale per il sistema clei «chabachnih, quei lavoratori ai quali ricorrono con un sistema di sotto-trattamento, cioè di «lavoro nero», le imprese o i kolkhoz per i lavori di costruzione. Qui c'è tutto un settore parallelo, in piena espansione, vietato nei testi ma incoraggiato nei fatti, a causa sia della grande disorganizzazione sia del grande interesse che vi trovano i lavoratori attraverso compensi nettamente superiori a quelli del loro lavoro ufficiale. L'effetto è ineluttabile: questi stessi lavoratori avranno la tendenza a economizzare al massimo le forze durante la «giornata legale» - dunque a «battere la fiacca» nel senso di Taylor- per poter dedicarsi meglio alla loro «giornata» di lavoro parallelo! E vale ancora lo stesso per il sistema dei «tolkachi», prodotto dalle grandi difficoltà di approvvigionamento delle imprese, che permette ad esse di procurarsi beni e materiali mancanti a causa sia di errori di previsione che di penuria. Sistema molto significativo anche per quel che riguarda le contraddizioni reali dell'economica sovietica, perché è, di fatto, se non riconosciuto almeno tollerato ufficialmente, anche quando beni e materiali forniti provengano spesso da furti o da altre origini dubbie per la legalità sovietica! Di qui, si può anche pensare che i dirigenti economici sovietici siano due volte avvantaggiati da questo «dualismo»: da una parte le disfunzioni o addirittura le incapacità notorie del sistema di pianificazione risultano in tal modo riassorbite, dall'altra le possibilità di controllo politico vengono ulteriormente accresciute. Tollerando queste attività ilt..g. ali, praticate da tutti, il potere acquisisce i mezzi per trasformare qualsiasi individuo, in qualsiasi momento, in un criminalecomune, quale che sia l'imputazione reale. b) Che pensare, dunque, dell'efficacia globale di un simile contesto? Da quanto precede (che ci suggerisce notevoli complessità di interpretazione), come dalle accurate inchieste condotte in questi ultimi anni, sembra emergere un panorama più interessante di quello fornito sia dal discorso ufficiale o comunista occidentale sulla superiorità complessiva dell'economica pianificata, sia da quello di parte avversa, di stampo denigratorio e che presenta un quadro di inefficienza totale. Si tratta di un panorama che mette in luce almeno tre aspetti (T. Lowit, Autorité, cit). Una intensità di lavoro piuttosto elevata, che potrebbe indubbiamente reggere il confronto con quella delle imprese occidentali. Rilievo interessante nella misura in cui tende a relativizzare la credenza in un «lavativismo» sistematico degli operai sovietici, e perciò stesso in un rallentamento collettivo delle cadenze elevate. A tale proposito si dovrebbe dunque pensare che l'obbligo diretto a livello di lavoro di fabbrica non è senza efficacia sul ritmo del lavoro, e che se esiste una resistenza o-addirittii.ra-una lotta, esse si svolgono altrove, certo attraverso scioperi o altre forme aperte di movimento collettivo, ma anche attraverso azioni individuali quotidiane come il furto, l'assenteismo, ecc. Una produttività media al contrario globalmente piuttosto debole, malgrado la sovraccumulazione di capitale fisso, che potrebbe spiegarsi, piuttosto che con le forme socializzate del salario, soprattutto con la pesantezza _del!~ll}ltture organizzative e di controllo, e con le note incapacitàe la disorganizzazione del sistema di pianificazione. In tal modo, l'efficienza produttiva derivata da una devata intensità del lavoro vedrebbe dissolversi i suoi effetti, nel costo globale dell'organiz-. zazione del lavoro. Ciò non è evidentemente senza importanza sul piano teorico, dato che ci pone di fronte ad un vero e proprio fenomeno di sfruttamento, nel senso stesso in cui Marx usa il concetto a proposito detta società capitalista. Infine, come sottolinea Lowit, il sistema economico è costruito in modo che i dirigenti possono in ogni momento, fissando i prezzi e i salari, modificare il rapporto complessivo rendimento-prezzo-salario. L'Urss e gli altri paesi dell'Est sono senza dubbio i soli paesi dove, dall'oggi al domani, i prezzi al consumo possono essere modificati. anche hrutalmente. per semplice decreto, per esempio per consentire il mantenimento di uno stesso livello di accumulazione e di spese improduttive. Di qui, inoltre, una spiegazione possibile della debolezza della produttività media globale; di qui una sproporzione spesso rilevata tra il livello delle spese statali (il tenore di vita della Nomenklatura ma anche le spese militari, della polizia e di tutto l'apparato del Partito) e quello relativamente modesto, per non dire miserevole, della maggioranza della popolazione. Questa diagnosi globale ci permette di dare una soluzione al problema sollevato. Dietro alla debole capacità produttiva globale, confermata dalle reéenti difficoltà dell'economia sovietica, si nasconderebbero in effetti, da una parte una certa capacità di mobilitazione lavorativa di popolazioni fortemente controllate e caratterizzata da una intensità di lavoro relativamente questo senso, il sistema sovietico risponde senza dubbio perfettamente a tale funzione storica ... D <!lavorismo» sovietico In conclusione, suggerirei una carat- . terizzazione del sistema sociale sovietico diversa da quelle sino qui evocate. In primo luogo, notiamo che proporre una definizione nei termini di «proprietà socialista dei mezzi di produzione di base» (si veda per esempio l'opera ormai classica di M. Lavigne, Les économies socialistes soviétiques et eu-· ropéennes, cit) non ha alcun senso in relazione ai problemi che abbiamo sollevato in precedenza. Sia per il carattere tautologico di una autodefinizione del socialismo, sia per la sua natura puramente nominalistica, ricalcata su discorsi ufficiali: è socialista ciò che è definito socialista dai detentori della legittimità socialista. L'espressione «capitalismo di Stato» (adottata da molto tempo dalla corrente anarchica .: più di rencete da vari autori) non ha forse un senso più profondo. in quanto sembra metterci di fronte a un sistema sociale che sarebbe gestito dallo Stato per realizzare finalità di tipo capitalistico, e cioè indubbiamente in conformità con i modi di accumulazione capitalistica così come si sono sviluppati nei paesi capitalistici. Anche se ridotta ad un processo analogico, la caratterizzazione non è convinente non solo per i problemi che suscita in rapporto alla periodizzazione del capitalismo stesso, ma anche per il riferimento essenziale che essa maschera: l'accumulazione osservata in Urss è forse in dominato da una «borghesia di Partito» (C. Bettelheim, Chronique des petites gens... cii.) appare invece molto più stimolante, perché orientata verso i reali problemi specifici dell'Urss. Le si può non di meno rimproverare un eccessivo «sociologismo», nel senso che si concentra troppo esclusivamente sul sistema di autorità ed egemonia. L'insoddisfazi•one che ho qui espresso nasce dal fatto che una caratterizzazione veramente pertinente mi sembra debba includere un riferimento di fondo al lavoro, dato che ho cercato di abbozzare come il sistema sovietico possa essere interpretato in primo luogo come lavoro elevato a sistema. Di qui il termine «lavorismo». che suggeri,co malgrado !"usopolitico che se ne fa di solito: costruito per evidente omologia con il «capitalismo», mi sembra adatto a descrivere ogni società fondata sul lavoro salariato come rapporto sociale di base, vale a dire fondata su una alienazione collettiva delle attività individuali remunerate da un salario, a loro volta organizzate in seno a quel sistema complesso di autorità e di comando che Lowit chiama Partito polimormo. L'interesse di tale definizione e dell'interpretazione in essa implicita deriva dal fatto che essa offre una lettura di tutta la vita sovietica, delle forme di organizzazione economica, di quelle della vita politica, o dei discorsi ideologici in quanto essenzialmente orientati verso la riproduzione ad infinitum di questo lavoro elevato a sistema. Un sistema che costituisce per ciò stesso la propria finalità. Un sistema.che, ;i forBernadette Devlin e i parenti di Robert Sands al funerale. Cimitero di Mills Town, le tombe dei militari dell'J.R.A. caduti in battaglia. elevata, e dall'altra una capacità piuttosto grande di distogliere con la costrizione e le manipolazioni interne il surplus cosi ricavato, dirottandolo verso il funzionamento della struttura organizzativa stessa. È quindi possibile che non esista un interesse reale a giudicare l'efficienza di un tale sistema dando per scontato che la produttività sia il centro dei suoi obiettivi economici. Sipuò al contrario pensare, in conformità all'argomentazione sino qui sviluppata, che siamo in presenza degli effetti economici di un sistema che si propone in primo luogo ·di assicurare l'egemonia del lavoro in quanto rapporto sociale fondante. In primo luogo un dispotismo del lavoro prima che una accumulazione di tipo capitalistico, come confermano i problemi di produttività .. Se di «capitalismo di Stato» si trattasse, sarebbe chiaramente un fallimento, se non dello Stato, almeno del capitalismo. L'espressione appare così, immediatamente, troppo formalista, troppo «economicista», troppo fondata su imprecisi riferimenti teorici all'immagine delle teorie della sovraccumulazione. Perciò essa è immediatamente fonte di confusione più che di chiarezza teorica. La caratterizzazione come «economia di Partito» (T. Lowit Autorité, cit.) o come sistema sociale za di offrirsi come fine della Storia, è diventato un sistema senza storia. Si possono dedurre le principali conseguenze che derivano dalla problematica qui proposta. Questo «lavorismo» sovietico non ·ciimpone solo di ripensare complessivamenie il problema del «socialismo», ma pone anche radicalmente quello dell'avvenire delle società occidentali, dato che il «lavorismo» è senza dubbio uno dei loro futuri possibili, senza che vi sia il bisogno dei carri armati e dell'Armata Rossa. E ciò almeno per un motivo: che i problemi dello sviluppo capitalistico a partire dalla fine del XVIII secolo si possono interpretare nei termini di una alternativa permanente tr~ «lavorismo» e «capitalismo». Cosi, la «collettività di lavorò; (e non «collettività dei lavoratori») immaginata da J. Bentham (Outline ofwork to be ca/- led «Pauper management improved» London 1797, e J.P. de Gaudemar . L'ordre et la production, cit.) a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. Sembrerebbe possibile riprendere il testo di Bentham e la trasposizione lavorativa del panoptismo che vi si effettua, a proposito delle osservazioni fatte sull'Urss: i grandi principii («minus solus quam cum solus», «tu non sei mai meno solo di quando sei solo», «quis custodie! ipsos custodes», «chi custodisce i custodi?», ecc...) il. sistema di delazione generalizzata la proliferazione dei controlli, i meccanismi di incentivazione economica, ecc... tutto è simile, qui come là. E ciò ci dà anche la dimensione stessa delle differenze: il capitalismo occidentale, infatti, - divenuto in questo senso veramente capitalista! - ha precisamente rotto a poco a poco con questa situazione dei primordi, in cui il lavoro era forse essenzialmente uno strumento di moralizzazione e di normalizzazione delle popolazioni, per instaurare un lavoro consacrato alla accumulazione del capitale. Quando M. Voslensky (La Nomenklatura, Belfond 1980) scrive che in Occidente si ha potere perché si è ricchi mentre in Urss si è ricchi perché si ha potere, si avvicina forse a una verità essenziale, enunciando la differenza tra una società capitalistica fondata sulla accumulazione del capitaledenaro e una società. «lavorista» fondata sul potere di organizzazioni di lavoro salariato, dove l'accumulazione dei mezzi di produzione appare meno come un fine in se stesso che come produzione di mezzi che sono in primo luogo mezzi di lavoro, e pu ciò stesso condizioni della riproduzione ad infinitum del rapporto salariale. E se, malgrado questa divergenza storica, fonte di differenze fondamentali, il «lavorismo» può nuovamente comparire all'orizzonte del capitalismo, è in ragione delle difficoltà, ddle . crisi incontrate in entrambi i sistemi. Così, nel momento in cui la disoccupazione massiccia e le rivendicazioni sulle condizioni di lavoro lacerano il velo dei miraggi di Taylor e di Ford, la «crisi del lavoro» confronta le società capitalistiche con certi problemi affrontati dall'Urss sin dal suo sorgere. Di qui, indubbiamente, il fatto che il «lavorismo» compaia nella attuale ricerca di soluzioni di questa «crisi del lavoro», per esempio attraverso l'omologia di -certi tentativi di riorganizzazione del lavoro. Rientrano in questo quadro i tentativi fatti, a Est come a Ovest, per riabilitare la funzione del caposquadra, per farne un autentico intermediario tra direzione e lavoratori, in modo da cortocircuitare qualsiasi ruolo eventuale di una organizzazione operaia autonoma. E cosi pure le.esperienze chiamate da noi «gruppi semiautonomi» e designate in Urss COIJ!e«brigate» (un decreto del 28/7/1979 prevede che questo sistema costituisca la principale forma di organizzazione del lavoro nel corso dell'undicesimo quinquennio, 1981-1985, cfr. Courrier des Pays de l'Est, n. 234, cit.), fondate su un principio di autodisciplina; e di certe forme di sorveglianza reciproca. E inoltre rientrano in questa sfera i dibattiti relativi al ruolo dei sindacati e più in generale al ricorso ai modi di delega parziale dei poteri ecc... Parodiando il motto della Repubblica Francese, Marx proponeva ·questo motto per il capitalismo: «Libertà, eguaglianza, proprietà, Bentham!». Volendo trovare in Bentham non solo il teorico dell'egoismo utilitaristico, della «armonia prestabilita», ma anche quello della mano visibile del dispotismo mediante il controllo collettivo, si impone un motto per il «lavorismo»: «Lavoro, Partito,· disciplina, Bentham!». Bentham: decisamente il grand'uomo dei tempi moderni ... ..... 00 °'

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