Alfabeta - anno III - n. 25 - giugno 1981

'O ...... un angolo, un gomito; e al di là, una nuova «vista» (ma con una profondità di pochi metri, perché dopo si ricomincia). E potrà essere divertente per il padrone di casa che si appaga degli «ah» e degli «oh» degli amici in visita laprima volta -come le rovine artificiali e i tempieui neoclassici nei nostri giardini illuministico-romantici -ma poi equivale a vivere in un minigolf ricavato in un parcheggio, seppure in una cultura priva dell'arma infernale del «ma qui è rimasto tulio uguale come l'ultima volta?» Le rocce di lago, già abbondanti in esterni, si tengono volentieri anche in casa. (Così, passare dall'uno all'altro di questi giardini è come passare dalla catena di montaggio della 127 alla catena di montaggio della 128.) E anche l'interno delle ville mandarinali, affollatissimo di mobili sempre identici - fra cui prevale il seggio di legno scuro con ovali di marmo là dove appoggiano la chiappa e la schiena - provvede uniformità e standardizzazione. Come se una sola Standa fosse durataper molti secoli in Cina, con pochi modelli e senza mai cambiarli; e tulli si fossero sempre riforniti là. Forse, talvolta, ci fu una bolla di fantasia. Ecco allora in giardino un padiglione da tè tulio nero, con una distesa di crisantemi sul pavimento esui mobili, e scrittenon rosse o dorate ma nere, su fondo bianco, con cornice nera. (In Italia, malgrado l'uso del 2 novembre, il crisantemo ha sempre qualcosa di allegro e vivace. In Cina, polveroso, ripiegato, appassito, patito, smunto, spento, si direbbe il fiore della jellatura.) Alla Tomba Ming, contornata da tumuli: ma eccoci in una stazione di métro! Scusi, è questa la direzione di Vincennes? Grande visione, invece, la Stazione Centrale di Pechino: il piu colossale film Metro-Goldwyn-Mayer degli Anni Trenta, quando le masse costavano poco o niente. I mandarini, finalmente, eccoli: un po' sbauuti, piuuosto spennati dagli eventi (e dalle risaie) recenti, ma con la cortesia cerimoniale ancora abbastanza intalla. Sono come i nostri vecchi monsignori. Ma in piu, con lo stesso imperativo introieuato «smile!» della tradizione americana moderna. Testine ereue, passeui dabbene, ginocchia vicine, mani con tendenza a entrare nelle maniche opposte: loro, sempre loro, eleganti e raffinati e vieux jeu. Che rituale nel ricevimento, che gusto del protocollo gerarchico, che piacere nelle formalità burocrariche. (Ne vediamo parecchi, in ogni ciuà, quesla visi/a di una piccola delegazione così decorosa del nosrro Sindaca/o Autori deve sembrare a loro una meraviglia perché da gran rempo non ricevono una rroupe mandarinale dall'esrero, con lui/e le credenziali funzionaria/i e le connorazioni formai e non casual da loro ranto apprezzare qui; e tanto piu, essendo venula una loro rappresentanza in Italia poco fa, ed essendo ripartita «comblée» da mirabilia italica quali il Premio Viareggio, le Tipografie Mondadori dove qui enrraun albero e lì esce un libro di Bassani, e l'Harry's Bar, faranno di tutroper ricambiare, «aprendoci ruue le porre chiuse», in un momento srorico assaipeculiare per loro.) li rè verde è un fieno, serviro in porcellane scadenri fra divani di cotoni miseri e pochi mobili squallidi del '50 in ambienri disadorni come dopo una guerra... Ma i gesri e i modi, piu stilizzari che alla Comédie Française. È di bon 1011, per loro, mosrrarsisempre esausri, affranti, spossar i, instancabili, con piccoli risolini di cortesia e anche di divertimenro. Siedono e conversano con grazia elegantissima, e con scarsissimo ra/enroper le lingue straniere: evidentememe tradizionale, come in quei cinesi che abirando da cinquant'anni in Italiao in America parlano 1u11oraun ira/iano o un inglese da cabare1. (Fa sempre una certa impressione senrir cirare « Plousr»). La finezza nei modi mandarini si manifesrasopra11u11f0acendo dei piccoli «ahahà, ahahà, ahahà» affabili e amabili, a mezza voce e bocca semiaperta, con piccoli gesri d'assenso circolari e bassi, come per al/omana, bambini o galline. Si vede che senrono molto la mancanza di grandi maniche cerimoniali nelle loro casacchine auil/are; e non ci hanno dello neanche una volra «zin zin» («parola senza nessuna significazione, se 11011di far cortesia») come a Padre Ricci. Quando incominciamo anche noi a rispondere «ahahà» (non «zin zin») con gli sressi loro gesri di poliresse - li abbiamo provali allo specchio - riescono a nascondere la cririca,ma lo stupore cerramenre no. Amano lui/ora molto le periodizzazioni e le numerazioni (fasi e cicli sroricisubito giudicali appena conclusi, le 4 modernizzazioni, i 5 sapori, le 5 virtù, la Banda dei 4...), e praricano «a capofiuo» la recnicaprotocollare del buttarsi giù: «perdonate mille volle la disorganizzazione e la svenratezza, ma siamo un paese ancora molto arre1ra10,molto fras1ornato, molto povero ...» I noslri equivalenti sono infrequentabili, impra1icabili:lo «scusate il disordine» piccoloborghese, il «so' proprio 'n disgrau.iato! ... chiamarne pure cretino!... » romanesco. Quindi non si può ricambiare. Piace invece molto quando - numerando numerando - si discorre di Tre Moscheuieri, Quauro Cantoni, Selle Savi, Selle Veli, Selle a Tebe, Dieci Comandamenti, Trio Lescano, Dodici Tavole... (Non piace proprio niente, invece, accennare a Tre Piaceri, Quauro Vizi, Dodici Perversioni, Centoventi Porcherie.) Le biblioteche La Grande Biblioteca di Pechino è un vasto edificio un po' termale e un po' cupo del primo Novecento, con draghi di maiolica sui cornicioni e una schedatura di tipo internazionale. Scaffali funzionali e tavoli poveri con studiosi «che si applicano». Ma il bibliotecario capo, avvertito, ha tirato fuori preziosità e squisitezze: diversi volumi, campioni esemplari, della leggendaria Enciclopedia Imperialein trentaseimila volumi, manoscriui, con tutto lo scibile e tulio il mondo, cinque o sei copie in tulio distribuite nelle antiche residenze sovrane, e solo questa sopravvissuta integra; anche abbastanza coetanea dell'altra Enciclopedia, giacché dei primi del Seuecento. Le molte casse fanno parte della confezione originale, e ognuna conriene cinquanta o cento volumi, con una rilegatura flessibile in seta di colore diverso per ogni sezione o argomento (rossa per la storia, mi pare, verde o viola-blu per la filosofia e la botanica, marrone per i mostri .. .) Figure fantasmagoriche, ideogrammi-capileuera ornatissimi su una carta perfeua. Vecchi utenti di Borges, eccoci come vecchi mangiatori di pane/Ione visitando finalmente la fabbrica Molla. Ma ecco altri tesori, album di miniature buddiste che si spiegano e svolgono seguendo il corso di un fiume, con una quanrità di scene minuziose e ricche di vitafluviale romanzesca dalle sorgenri alla foce. «Naturalmente», dice il bibliotecario, «vi mostriamo solo opere che hanno piu di mille anni. Le altre, le po1e1e vedere dovunque.» Ecco, tirato dalla locomotiva di Malraux, il wagon-lii di Marlene. Denrro, però, è il salollino di Nonna Speranza, petit-point e grospoint, pizzi, federe, fodere, merletti, tovagliette, centrini, cache-po1s con crisantemini e altrepiamine curale e annaffiate (cosi come sono piene di piantine in vaso le navi, su centrini, e i 1axie gli aerei sono pieni di 1appetini artigiana/i cinesi, e di tovaglielle sulle quali si mangiano lemele in volo, con i loro centrini come su una carrou.a in campagna). Porcellane da vecchiepasticcerieprovinciali, accanto ai crisantemi ferroviari e ai thermos fiorati da grandi magazzini. La delicatezza di seggioline supplementari pieghevoli, come a teatro; e la finezza che a ogni arrivo una ferroviera sollecita strofina col suo straccio il corrimano a cui si appoggiano i passeggeri per salire e scendere. Dai fines1rini, acque/orli e puntesecche agricole, rifinite col bulino, oltre che con l'aratro. Ne emergono spesso isoloui lussureggianti alla Douanier Rousseau, e sono gli ortini privali. Ma i voli sono rinviati e cancellali spesso, anche se la nebbia non è poi fiuissima. Partono gli aerei giapponesi con qualunque tempo, e anche gli altri stranieri, mentre i voli interni non si muovono. Forse le strumentazioni non sono ancora a posto; forse non si vuol prendere rischi, quando su un volo o due caduti anni fa con sopra Lin Biao «Saracen», mezzo corazzato dell'esercito britannico non si è finito ancora di intrecciar colossali pettegolezzi e leggende. I camerieri a/l'albergo dell'aeroporto, vedendomi tornare per la terza volta con le valigie dopo le partenze cancellate, scoppiano a ridere e mi invitano a vedere la televisione nella loro stanza. Dieci e piu che sgranocchiano semini insieme, bultati sulle poltrone agambe pér aria. Film di guerra, con eroismi: urli sboccati per ogni abnegazione eroica (giovani del Dopo '77?)) Due, piu paracu/etti, mimano scene di passione tipo «maliarda hai vinto», si cadono nelle braccia, finiscono per terra, danno testate nelle gambe dei mobili. Immenso divertimento degli altri. Alla fine, sono piu di trenta. Non vanno a dormire. Torna qui, Pier Paolo. Anche il peggior fotografo può scattare a caso con qualunque macchina, luce, esposizione, obiettivo, diaframma, a Hang zhou: ne risulteràcomunque una piuurina di paesaggio «tipicamente cinese». Per lo piu, file di salici piangenti da car1olinasu istmi e argini tra il lago nebbioso e l'isoletta ba1uffolosa e il cielo latteo e lapagodina che si affaccia argutamente col suo nasino grigioverde tra gli alberi piumosi e vaporosi e sfrangiati su collineue con nomi civettuoli - Collina della Luce di Buon Augurio, degli Azzurri Lonrani, Collina per Osservare le Montagne, per contemplare gli Uccelli - sempre cantate e ricantate da decine e centinaia di poe1i illustri, e sempre liricamente, sempre sul serio, senza che apparentemente nessuno abbia mai ceduto alle variazioni salaci e scurrili cui raligiochini (è umano) sospingerebbero. Ma alle spalle di questa Stresa o Bellagio direttamenre passata dal Medio Evo imperiale alla Bella Époque dei grandi alberghi «Paul Morand» per delegazioni socialo,;ommerciali, la sontuosa capilale Song murata e inrellettuale e mercantile, ed elegantissima, e documenlatissima (per Marco Polo, la piu nobile ciltà del mondo e la migliore, nessuna offre tanre e tali delizie da credersi in Paradiso), sembra scomparsa triturata dalla cirtàrecente; le residenze di Corte e i templi e i monumenti celebri sono stati bruciati e distrutti in gran pane dalla rivolta Tai ping centotrent'anni fa, e poi ancora dalla Rivoluzione Culturale. E i letterati locali, accogliendo con cerimonie cino-gogoliane i mandarini stranieri in visi/a, si mostrano (smorfiosi ma ferrei) convinti che il desiderio culturale europeo moderno tenda a lunghi dibattiti su scambi di ritualismi burocratici, formalità burocratico-editoriali, modalità burocratico-pubblicistiche, anche pensionistiche, con lunghe passeggiatine fra giardinetti ben curati - come alle nostre peggiori terme dove si corre ai cessi -per assaggiare una gelatina tradizionale in un padiglione leggiadro, degustare una tapioca tipica in un chiosco lezioso, sorbire una cialappa di tuberi in un grazioso gazebo, poi ammirare un grosso pesce in una vasca, attendere uno sciame d'anatre su un belvedere, contemplare tanti altarini di piccoli crisantemi bianchi e gialli in una serra nera fuori e nera dentro con accurate calligrafie nere e oro, raggiungere in barca a motore un'isol/na nel lago che contiene a sua volta un laghetto, e naturalmente un isolottino dentro questo (come la «rivoluzione dentro una rivoluzione» dell'ultimo Mao; e cos( come i televisori sul treno espresso moderno fra Canton e Hong Kong mostrano per lo piu vicende all'interno di treni; e si può solo ricambiare lasciando fraintendere che un certo erotismo occidentale postmoderno, superando l'illustre e risaputo schema delle «scatole cinesi>,sviluppa ora il tema «un culo dentro un culo», senza specificare un bel niente e lasciandosi dietro curiosità spiacevolissime). (Eppure, di padiglione in padiglione, di pesciolone in pesciolone, di tapioca in tapioca, di tubero in tubero -oh, come si finisce per condividere la Rivoluzione Culturale, proprio in 1erminidi spacco-tutro vandalico e liberatorio! La carpa, allagriglia! La cia/appa e il dibattito, nel cesso! All'anatra e al letterato,gli tiro il collo con le mie manine! li sacro simulacro, ve lo infilo 11,mosenza crema! Purché, poi, affaire faite, tutto rock urbano e punk metropoliJano, e un po' di Kart Kraus, vero? Sennò, se il massimo trip sarà il raccolto del riso o il concorso delle fotografie del mais modello o la lettura delle risoluzioni del comitato, allora, forse, uno preferisce Malibu. E di lì, poco cerimonia/mente: «cuccù?») Sembrano anche abbastanza insensati, questi letterali attuali del- /' antica Pal/anza capitale Song, giacché ritengono che la visrapiu esemplare per i mandarini srranieriin visitasia-come per le comiJive americane -la TessiruraModello. E invece quesra lugubre fabbrica emeue solo messaggi disastrosi, pubbliche relazioni deprimenti: sostituzione degli antichi telai artigiana/i per la seta tradizionale con filature meccaniche dall'infernale rumore, polverio intollerabile, nocività preoccupante; operai al lavoro mostrati come animali allo zoo; nuovi disegni di stoffe che sono l'epiJome del peggior Kitsch piccolo-borghese, visto come terminal desiderabile di ogni evoluzione proletaria; cambiavalute installato in fabbrica, perché il visitatore scambi (forzaro da numerosi espedienti 1raspare11tib,enché obliqui), monera pregiala contro orribili ressutisintetici in spaventosi disegni «moderni». Cioè, un «enrichissez-vous» al Kombinat molto piu spicciolo e rozzo che nel diffuso craxismo di Pechino. Ma la Guida Rossa (il volumone sviu.ero guardato con enormi sospetrie sarcasmi, dai letterari,quale repertorio di inganni sistematici e calunnie anticinesi) indica il siJodell'antica Biblioteca Imperiale, e si passa n davanti continuamente per andare a veder sciocchezze. «Non si può visitare!» «Come, non si può? Si corre lì subito, ormai si è capito dov'è! Tenetevi per voi l'imitai.ione della Rhodiatoce, un letrerato va verso i libri, bisognerà respingermi con brutre impressioni!» « È chiusa ai turisti stranieri!» "Vergogna, scostumati! Turisti stranierisaranno gli americani coglioni ai quali spillaredollari vendendogli cianfrusaglie turistiche! Noi siamo turisti danteschi e petrarcheschi e boccacceschi, e anche Armani e Missoni! Solo incunaboli e pa/instesti! Marco Polo ci vede! E con Padre Ricci non finisce qui!» Orribili turbamenti, francamente orribili; e finalmente si capisceperché fanno di tutto per non mostrare le istiJui:.ionci ulturali malandare: il gran ritegno cinese, molto affine alla «vergogna» piccolo-borghese, del «lasciar vedere la casa in disordine». Ma il direttore di questa biblioteca rovinata dalle rivolte Taiping, e ridevastata dalla Rivoluzione Culturale quando i vecchi danni non erano ancora riparati, essendo persona competente e capace a appassionata nel proprio mestiere, quasi perde il ben de~intelletto - per l'entusiasmo - incontrando colleghi libreschi con interessi assolutamene coincidenti per le sue edizioni antiche. (E si scopre intanto che parecchi «letterari locali> non hanno mai messo piede nella loro biblioteca.) Qui le scaffalature mirabolanti sono state distrutte (erano boiseries rinomatissime); e la famosa Enciclopedia Imperiale, una delle sei o sette copie, fu gravemente dimidiata: le nuove distruzioni sono sopraggiunte quando i vecchi copisti non erano ancora riuscili a far fronte alle devastazioni degli anni cinquanta del secolo scorso. I.A povertà è sconfinata, la frugalità inimmaginabile, una mancanw di mezzi desolante: ecco perché non ci volevano far vedere n~nte, e negavano che la Biblioteca esislesse, tentando di sviarci con le o"ende tapioche. «Dopo le dislruzioni dei Tai ping, i volumi superstiti sono stati sistemati in scaffali di fortuna.» Sono ancora lì. I falegnami contemporanei di Solferino e San Martino hanno fatto lavori provvisori eccellenti che tutti vorremmo tenerci in casa. Gli incunaboli sono fantastici. La coppia Borges-Ricci (sia Padre Matteo, sia Franco Maria) aleggia e volteggia certamente qui. Ma secondo la Guida Rosa sospetta, accanto alla a-biblioteca imperiale c'è sulle rovine del Palau.o visto da Marco Polo (venti grandi sale, pranzi seduti per ventimila uomini) anche una villa europea di un principe Henri di Prussia. Che capricciosità. E infatti, ecco portici ad archi gialli da Cinquecento romano rifatti alfa jine-Onocento, un primo piano massiccio... « Noi la chiamiamo la villaaustriaca.» (Sui vecchi Gotha c'è un Henri nato a Potsdam nel 1862, teno figlio di Guglielmo / ...) E che cosa faceva qui a Hang zhou, prima della Belle Époque? « Ragioni di commercio, pare.» (Mmm). E si visita?«Cerramente, ora ci sono gli epigrafisti.» In queste sale desolare, devastate, gelide, umide, davvero frananti, ecco pentolini e minestrine sui tavoli accanto alle vecchie pagine rovinate da restaurare. Fra una verdurina e una vena, anche concoline di polveri piu vivacemente colorate. Luigi Malerba intinge un dito, «è buona da mangiare? è una salsa?» Macché, è il Cinabro. Chi aveva mai visto il cinabro? Dopo un momento siamo tutti scarlatti,

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