Alfabeta - anno II - n. 14 - giugno 1980

V. Riferimenti Se si può dire che l'astronomia moderna è il risultato di una riconciliazione fra la geometria e la fisica, si può anche dire che la pratica cartografica torna a regolare le corrispondenze tra il mondo geometrico e il mondo fisico. Se tutto si dispone in modo assoluto intorno a me, bisogna produrre dei punti fissi, degli assi. dei punti di riferimento: si rende il mondo praticabile sottomettendolo all'ordine geometrico, facendo il punto. Secondo delle procedure stabilite, il cielo deve cadere sulla carta, e le osservazioni astronomiche devono convertirsi in linee, angoli e punti. Nello stesso modo incui attraverso lo stabilimento della longitudine converto il tempo in spazio, la carta è il volume convertito in superficie. In queste conversioni successive, la terra sparisce mettendosi ad assistere in funzione mia. Ma essa resiste. Una sfera non può diventare piana senza deformazioni, l'ottica è imperfetta, delle nuvole possono nascondere il cielo; il vento del nord, il nord geografico, il nord magnetico non indicano lo stesso nord. Ci sono sempre delle piccole differenze, delle correzioni da correggere, degli scarti la cui riduzione ne produce di nuovi. Mettere il proprio dito sul bottone di un apparecchio sofisticato oppure in bocca per puntarlo al vento sono quasi lo stesso gesto. Sarò sempre un po' spostato rispetto al punto che riporto sulla carta. VI. Storie di.triangoli Il cartografo è un plantigrado che conta: bipede, esso misura con i suoi piedi e conta con le sue dita. Tracciare una carta è togliere alla terra la sua misura e tradurla secondo i gradi e le regole della scala. Bisogna camminare a grandi passi sulla terra in tutti i sensi, affannarsi sulla grandezza naturale, contare i passi per costruire la pianta, il modello di ciò che il territorio offre all'economia del colpo d'occhio. La carta diventa un territorio astratto, e sempre di più, grazie alle meraviglie della trigonometria: dato un triangolo, se conosco il valore degli angoli e la lunghezza di un lato, la base. posso, attraverso il calcolo, conoscere quella degli altri due lati. La carta si distacca un po' più dal territorio, in questo trionfo della geometria che risparmia il corpo del cartografo; l'occhio si sostituisce ai piedi, la vista ai passi. Le distanze che vedo riportate sulla carta non saranno state percorse, ma calcolate. Se l'Impero Romano divideva in quadri, era per tenere i conti sulle proprie proprietà, aggiungendo un quadrato all'altro quadrato; se lo Stato moderno e i suoi ascendenti dividono in triangoli, è per sottomettere al rigore geometrico l'unità del proprio spazio. Non c'è dunque da stupirsi se gli stessi procedimenti di calcolo geodesico abbiano permesso una misurazione dell'arco del meridiano da cui discende la definizione del metro. Si è finito con i passi e con le tese di ogni sorta, con il metro i cartografi hanno tutti la stessa lingua. La terra stessa, e non più l'uomo. è misura del mondo. VII. Poligrafie li cartografo è sulla buona strada per diventare un sedentario; poteva misurare senza muoversi, risparmia adesso il suo occhio, poiché degli apparecchi hanno occupato il posto teorico del punto di vista cartografico: se non c'è che una differenza di gradi tra il dorso di cavallo dal quale si percepisce la cosiddetta «prospettiva cavaliere• e l'aereo dal quale si abbraccia il territorio, c'è un salto considerevole quando all'occhio si sostituisce la camera, l'obiettivo fotografico. Come prima conseguenza un progresso tecnologico mostra invece una regressione intellettuale: è attraverso la forza del concetto che la carta mostrava un territorio dal punto di vista dal quale nessun occhio poteva considerarlo. Il concetto diventa fiacco quando, con l'aereo o il satellite, l'occhio umano raggiunge il punto di vista teorico: il territorio è visto come una carta. Come seconda conseguenza, e il cambiamento diventa allora considerevole - venendo a compensare la disfatta del concetto - la camera rimpiazza l'occhio, distinguendo meglio e soprattutto captando le bande invisibili dello spettro: la camera vede un altro territorio, la diversità delle zone moltiplicando le grafie. La carta conquista una nuova nobiltà, fa esistere per l'occhio ciò che non potrà mai essere visto. VIII. Immagini e codici Questo grande corpo nudo della topografia, bisogna ornarlo di nomi e di attributi. Questi tratti e queste superfici rappresentano delle funzioni e delimitano delle qualità che sono l'oggetto primo della geografia. Il semplice rilievo topografico, ciò che si chiama «carta muta», o «fondo della carta» precede cronologicamente il suo riempimento con la trascrizione dei dati, ma si potrebbe anche dire che la topografia. le forme elementari della carta, non sono logicamente che un effetto della disposizione degli oggetti geografici divenuti segni e caratteri: la carta è una specie di calligramma. Una volta, la descrizione accompagnava il disegno topografico: racconti, vignette e cartocci circondavano la semplice carta promemoria di una leggenda ipertrofizzata. Ma il sogno del cartografo sembra essere quello di fare della carta un corpo sano ed autonomo, senza puntelli né assistenza, in breve, di fare in modo che la terra vi sia tutta scritta. La litania dei dati abbandona i margini e i libretti per riempire la carta, gli elementi naturali e i fattori socioeconomici non sono più oggetti di discorso ma segni, simboli, grafismi e colori disposti al loro posto; ciò che era successivo diventa simultaneo, ciò che era leggibile diviene visibile. Ma questo visibile è ancora soltanto una modalità del leggibile, poiché si deve conoscere il codice e conoscere la legènda. IX. Carte polemiche L'Orda non ha nessun piano, non ha altro luogo all'infuori del proprio campo visivo, non conquista che lo spazio ridotto del suo presente, la sua carta si arresta ai limiti del suo proprio corpo; l'Armata, tutto al contrario, possiede delle sagome, piccoli oggetti magici che la distinguono dall'Orda: si sa che nei rituali di sortilegio il mago fabbrica delle figurine che rappresentano il nemico, e colpire gli occhi della sagoma accecherà nello stesso momento il modello lontano. Così alla brutalità locale dell'Orda si oppongono, attraverso la grazia della carta, il controllo, la predizione e l'azione globale dell'Armata, in altri termini la strategia e i suoi adattamenti tattici. Per delle buone ragioni, bisogna distinguere le due funzioni confuse nel rituale magico: la confezione della sagoma e l'azione a distanza. Nella magia. l'immagine e il suo oggetto non hanno in comune nient'altro oltre alla convenzione che li associa; è il lavoro del cartografo quello di regolare con scienza ed arte la relazione del territorio e della carta sulla quale il capo pianterà delle spille, traccerà dei tratti di matita o punterà il dito, disegno di azione che un apparecchio di telecomunicazioni - messaggero a cavallo o onde radio- rende effettive. La potenza magica si ritrova oggi nei raffinamenti della tecnologia che condensa insieme l'uso delle figurine e l'azione a distanza: un determinato missile americano si dirige verso il suo obiettivo comparando una carta memorizzata nei suoi comandi con il territorio che sta sorvolando. La carta militare ricorda la più significativa legge della guerra: la manipolazione dei simulacri è la sola realtà che resta agli sprechi dell'Orrore, definitivamente astratta. X. La carta e la decisione La carta fa ordine e dà ordini: gli elementi viventi o inerti sono, nella natura, in disordine. Rispettando la loro intricatezza (la carta non è un quadro o una matrice), il rilievo cartografico indica delle vicinanze, segnala delle solidarietà o delle differenze, iscrive dei vettori, sottolinea delle tendenze. Scrivere il posto delle cose è un primo gesto di organizzazione. •Ma dato che non tutto può stare nella carta, questo gesto rappresenta dunque anche una scelta: esso ignora, elimina certi tratti, ne seleziona e ne accresce altri. Questa scelta restringe quella del lettore della carta che in questo modo determinauncampod'azione:lacarta impartisce degli ordini. Alcuni linguisti distinguono fra gli enunciati constativi e quelli performativi: i primi descrivono un avvenimento, i secondi descrivono una azione del locutore ed allo stesso tempo la compiono (per esempio, la frase «lo giuro»). Si potrebbe dire per metafora che la carta, tenendo conto dell'ordinamento che costituisce, non è constativa, ma tende all'infinito verso il performativo: questo tratto che disegno è una strada, un r----------------------------------. canale, questa zona che delimito è protetta, è una città, ecc. La stessa idea della pianificazione del territorio i: un'idea cartografica. Così anche la carta maggiormente «positiva» è essa stessa 1V1a finzione: il suo referente' (ciò che essa riporta) non è dietro di lei. ma davanti. Che cosa diventa il territorio all'interno di questa finzione? È l'addizione mai chiusa di «tutte» le carte. XI. Limiti e possedimenti La natura è generosa per il cartografo che non può cominciare il suo lavoro se non distinguendo (un territorio dall'altro, una funzione dall'altra, un elemento da un altro)? Sembra esserlo. per esempio. con la separazionl' della terra e dell'acqua che si congiungono ip una linea di costa, disegno giit fatto, tracciato pronto per il cartografo. Ciò che importa al navigatore è di sapere dove può ripararsi, far scalo. accostare, sbarcare: rilevata sulla carta. questa linea naturale deve dunqul' mettere in evidenza i luoghi di passaggio in cui si organizzano gli scambi. la comunicazione. li limite più «naturale» non esiste-sulla carta che al prezw di questa esigenza simbolica: scrittura dei luoghi di transito. dei raccordi fra gli elementi, breve descrizione dell;1 sua porosità (le prime carte «scientifiche» della Francia sono state fatte per conoscere proprio le coste ed i porti). Così il limite è insieme una distinzione· (della proprietà individuale-il catast" -. dello spazio collettivo - le frontiere· nazionali-, dell'identità religiosa, linguistica. ecc.), ed un sistema di regolazione degli scambi. Scambi pacifici (limite viene da limes, sentiero fra due· campi) o brutali (frontiera viene d.i fronte). La frontiera è un contratt" segnato sulla carta, e piuttosto di auspicare l'abolizione delle frontiere. bisognerebbe sognarne la proliferazione. reticolo complesso di patti svariati. incrociarsi di forme di scambio: turismo generalizzato, il più picco)" passo sarebbe un viaggio all'estero. Xli. I viaggi della carta Si sa che in un certo senso una rappresentazione distrugge sempre il su" modello: lo fissa, lo riduce ai propri codici. Senza dubbio è necessaria questa specie di fragilità, perché qualchl' cosa sia rappresentabile. Si sa anche· che grazie alla riscoperta di Tolomeo. l'invenzione della stampa, le grandi scoperte, le carte escono dalle cabine· dei bastimenti e dagli scrigni dei principi per diventare oggetti di diffusione. Decorative o funzionali, le immagini della terra si moltiplicano, abbigliate con la varietà dei modi di rappresentazione: quadri, allegorie, emblemi. schemi. piani, spettacoli, descrizioni. diagrammi ... Oltre alla sua funzione simbolica " utilitaristica questa moltiplicazione·. questo gioco infinito della riproducibilità che i «mass-media» accrescom,. può essere forse una risposta all'i11distruttibilità del modello. Una carta, in un senso molto largo, avrebbe di singolare il fatto di essere una rappresentazione il cui modello durerà almeno un po' più a lungo di lei. La carta non può dirsi che al plurall'. Da ciò gli «Atlanti», questi dizionari del mondo che hanno di particolare il fatto che le parole vi sono già raggruppate in frasi più o meno lunghe, lessici che non si possono costruire senza sintassi. Se un glossario è allo stesso tempo una grammatica è perché io viaggi" già leggendo la carta: seduto, pratiw la terra. Traduzione di Isabella Pezzi,11 Nota Il testo che qui offriamo ai lettori è la rielaborazione in forma di saggio delle note di presentazione alla mostra Cartes et figurn de la terre, inaugurata al Cen_trePompidou di Parigi il 24 maggio scorso e aperta fino al 17 novembre prossimo. li Commissari,, generale dell'esposizione è Giulio Macchi. mentre Jean-Loup Rivière è il coordinatore del gruppo che ha concepito e realizza Il, l'impresa. Il saggio che compare su Alfabeta costituisce quindi la testimonianz., del viaggio progettuale e contemporane.imente l'insieme delle «istruzioni per l'uso» da parte degli ideatori. ·•

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