Alfabeta - anno II - n. 14 - giugno 1980

pio di equivalenza ed alla geometrizzazione risulta completamente trascurata. Tale approccio si scontra con notevoli difficoltà matematiche, dovute essenzialmente al fatto che si usano tecniche perturbative di matematica lineare modellate, come già detto, sull'elettrodinamica quantistica, e finora non ha portato ai risultati ben definiti. Un secondo programma si basa sulle teorie dette di «gauge», sviluppate a partire dal 1954, che assegnano un ruolo fondamentale alla tematica della simmetria, estesa rispetto all'originaria covarianza geometrica di Einstein fino a comprendere anche simmetrie di origine non geometrica. Tale tentativo, pur usando tecniche matematiche di geometria, è molto distante dalla Relatività, anche perché non vuole essere una teoria del solo campo gravitazionale, ma, fedele ai ricorrenti tentatitivi di unificazione, pretende di trattare simultaneamente e sullo stesso piano tutti i campi fisici (gravitazionale, elettromagnetico, debole, forte ecc.). La differenza con le teorie unifi~ cate di Einstein è però enorme: Einstein rifiutava infatti qualunque idea di quantizzazione e di probabilità ·primarie. Esiste infine una. terza linea di ricerca, in certa misura più fedele alla metafisica della relatività generale, che, riallacciandosi alla formulazione di Feynmann della meccanica quantistica, pur mantenendo fermi alcuni concetti base della relatività, ne rinnega il determinismo, giacché ritiene possibili fluttuazioni a livello locale della geometria e assegna una certa probabilità ad ogni possibile configurazione geometrica «simile» alla geometria fissata, in uguali condizioni fisiche macroscopiche, dalla teoria di Einstein. Anche questo tentativo è ancora molto incompleto e oggetto di numerosi dibattiti. D i fronte a questa ricchezza culturale, a questi concreti e complessi tentativi di «descrivere il mondo» c'è «l'imbroglio» divulgativo per il grosso pubblico. Gli stessi Hawking e Israel, coeditori di E.C. nella prefazione al loro volume presentano alcuni elementi della storia della relatività in maniera inaccettabile. La riproduzione di una lettera di Maxwell del 1879 sulla possibilità di rivelare l'eventuale movimento relativo della terra rispetto all'etere attraverso una analisi del ritardo delle eclissi dei satelliti di Giove, e il riferimento a Michelson, autore di una famosa serie di esperienze sullo stesso argomento, sembrano affidare all'esperimento un ruolo determinante per la formulazione einsteiniana della relatività speciale del 1905. La semplificazione storica fa da contrappunto alla glorificazione del genio che da solo ha riproposto «il magico ed il mistero» all'interno dell'impresa scientifica con la formulazione della relatività generale del 1916. Inoltre i moderni tentativi di unificazione tra relatività generale e meccanica quantistica sono visti come la prosecuzione del lavoro di Einstein, mentre, come abbiamo tentato di illustrare, se ne distaccano completàmente per le differenti basi concettuali e le tematiche adottate. Se confrontiamo questa breve prefazione con la successiva introduzione degli stessi autori, ne risulta un ottimo esempio del contrasto tra divulgazione e cultura scientifica. Nell'introduzione, infatti, sono citati lavori storici che mettono in dubbio l'esistenza di un rapporto diretto esperimento-teoria (in particolare si contesta la rilevanza dei risultati di Michelson per la formulazione della relativi.tà speciale) mentre nella prefazione il discorso segue la linea opposta. Assai più corretta, a livello metodoinerziale dipendente dalla velocità e la velocità della luce come velocità limite per ogni corpo. Proprio a partire da queste ricerche, Einstein scelse di postulare il principio di relatività e la costanza della velocità della luce rispetto a qualsiasi riferimento inerziale; utilizzò quindi le stesse trasformazioni di Lorentz ma ne cambiò il significato fisico. L'etere veniva abbandonato insieme ai concetti di simultaneità e tempo assoluto. Analizzando, poi, il rapporto tra l'esperimento di Michelson e la genesi della relatività (cfr. Einstein, Miche/- son and the «Crucial» experime/1/ in O.S.) Holton giunge a mettere in discussione il concetto stesso di «esperimento cruciale». Mostra infatti che il risultato dell'esperienza di Michelson -----~~ non è interpretabile univocamente; la I(') \, • -""'"" ~ mancanza di una velocità relativa terCQ ~'\,'\. V I O"\l'V"V ra-etere può dipendere sia dal fatto ''U1 Q.,.:,A-">\""-'=' che l'etere viene trascinato alla stessa ~ f. .-Q :-v-0 velocità della terra sia da una contra3'.ìl.:.O~- zione dello strumento di misura nella logico, l'impu,taliun.: ui G. Holton dai direzione del moto; come pure dal fatcui lavori (cfr. On the origins of the to che, semplicemente, l'etere non esispecial theory of relativiry e Poincaré ste (principio di relatività). L'intergioand relativity in O.S.) appare chiaro co teoria-esperimenti è molto comche uno scienziato come Einstein, per plesso e Holton sottolinea l'importanquanto abbia raggiunto grandissimi za della metafisica di fondo e delle idee risultati, non è un profeta; la relatività regolatrici. Le influenze di Mach (cfr. speciale era già «nell'aria» e, allora Mach, Einstein and the search for realicome oggi, il dibàttito scientifico era ty in O.S.) su Einstein sono da questo molto vivo e aspro. In particolare Lo- punto di vista molto interessanti. Da rentz aveva già derivato le trasforma- una metafisica machiana «antimetafizioni che rendevano invarianti le sica» Einstein passa via via a posizioni equazioni dell'elettromagnetismo nel metodologiche antipositivistiche fino passaggio dal sistema di riferimento al razionalismo «realistico» degli ultiprivilegiato (l'etere) a un sistema di mi anni. riferimento inerziale. Poincaré aveva Si possono cogliere tra il primo e il invece posto l'accento sul principio di secondo Einstein (la demarcazione è il relatività e sulle conseguenze che una 1924-25; vitalissimo prima e isterilito sua riaffermazione nell'ambito dell'e- cocciutamente sulle teorie unificate lettromagnetismo avrebbe implicato: poi) non solo slittamenti metodologici una nuova meccanica con la massa (minor peso della componente empirica nel secondo periodo) ma anche tematici: le idee regolatrici appaiono sempre meno inserite nella pratica scientifica contemporanea. T utto ciò ci porta all'Einstein metodologo e anticipatore di molti dibattiti (cfr. Dionysians, Apollonians, and rhe sciemiftc imagination in S.I.). Secondo Einstein i legami tra assiomi e enunciati protocollari sono di natura lpgica; non così quelli tra enunciati ed esperimenti e tra esperimenti e assiomi. In pratica i concetti di verifica e falsificazione di una teoria vengono abbandonati insieme ai procedimenti meramente induttivi e si sottolinea il ruolo della «selezione teorica> delle idee e delle tematiche. Ed è proprio adottando una posizione similare che si può saldare lo sviluppo della scienza con le altre attività umane. L'interazione tra la storia, la filosofia e la didattica della scienza è a questo punto nettissima: giustamente Holton sottolinea che una presentazione dei metodi e dei contenuti dell'impresa scientifica non può limitarsi al piano della scienza dei manuali (la scienza «pubblica>) ma deve indagare uno spazio più ricco (la scienza «privata>). In questo spazio le metafisiche di fondo che guidano la ricerca costituiscono degli intrinseci e inscindibili legami interdisciplinari. A differenza di altri approcci metodologici, le posizioni di Holton hanno prodotto un notevole risultato pratico: il progetto Harvard per l'insegnamento della fisica nelle scuole secondarie (P.P.C.), segno non trascurabile della loro fertilità e di buon auspicio per il superamento del dualismo cultura scientifica/imbroglio divulgativo. IlcartografQLo.!li P mpidou I. Al centro E se l'uso di una carta fosse la testimonianza immutabile di una crisi (messa a mal partito) della cattiva coscienza? li viaggiatore smarrito e lo svenuto tornato in sé hanno in comune la stessa frase, quel «dove sono?» di cui è difficile dire se si tratti di una domanda piuttosto che di una constatazione. Mi sono perso, ho perso conoscenza, sono nel bel mezzo di un territorio che circoscrive l'orizzonte. ne percorro con lo sguardo la circonferenza. sono il cardine di un mondo di cui non so niente, che resta estraneo e rispetto al quale io sono straniero. Ovunque io sia, l'orizzonte mi circonda ed io ne sono al centro. Mi ritrovo solo con la carta. ed il tempo che impiego nell'identificare la mia posizione corrisponde allo scarto tra il luogo centrale del territorio e un punto qualsiasi della carta. Mi ritrovo. dunque: ma al prezzo della perdita della mia centralità. Per rimettermi in marcia. devo abdicare alla mia sovranità. Due casi limite: non ho la buona carta e allora devo errare fino a quando il mio· orizzonte non la ritaglia; oppure il punto in cui io sono è anche il centro della carta: posso allora rallegrarmi di questa coincidenza- il piacere dei re- ma senza muovermi: un solo passo provoca uno scarto. Per ridurre questo scarto, per far sì che sia recuperabile, è necessario un Cemro, funzionale o simbolico. Una capitale amministrativa o spirituale che permetta ai piccoli esseri smarriti di ritrovarsi. Eleggere un deputato o fare un pellegrinaggio è tributare una riverenza a questo punto simbolico al quale ognuno delega la propria perduta sovranità. La carta è un linguaggio che dà consistenza al mio corpo, gli dà un luogo, lo risveglia.e gli fa riprendere il cammino. Il. Da un punto all'altro Si potrebbe dire che la superficie è un oggetto teorico - è l'abbracciare con lo sguardo, è lo spazio che considero- e che la linea è un oggetto prarico - è percorrere una distanza. è il tracciato che congiunge tutti i punti in cui si sono posati i miei passi. La carta mi offre in effetti la rappresentazione di uno spazio. ma io me ne servo per tracciare delle linee. Immaginiamoci il peggio: sono in uno stato di amnesia e mi sono smarrito nella nebbia: la carta sarà allora la memoria e l'anticipazione del mio tragitto. le sue due dimensioni non dovendo servire che ad una sola di esse. Lineare come la scrittura o come una partitura musicale. la carta fa del viaggio un canto o una lettura scandita dalla misura dei passi. punteggiata dal sospiro delle tappe, concatenata dalla litania dei toponimi. Le vie della comunicazione sono scritte, .basta interrogare le leggi del labirinto e seguirne il filo. Il tracciato può essere lineare: da un punto all'altro; ad anello: da un punto a questo stesso punto; reticolare: le linee si intersecano e bisogna sceglierne una all'incrocio. La carta è l'indovino da interrogare. Elementare. l'itinerario? Senza dubbio. dato che i bambini ed i matematici vi giocano. lii. Terra incognita on c'è nessun bisogno di avere un occhio nella nuca per far fede al mondo. pensare che continui ad esistere senza che io lo veda e senza credere che a mio scorno ed incessantemente, un mostro mi mostri la lingua. girando mano a mano che io mi giro. Respingendo l'orizzonte. la carta mantiene il territorio che sfugge alla mia vista, attesta la sua esistenza. segnala la sua morfologia e la barda di toponimi. La terra è conosciuta quando un certificato fatto con misurazioni la denomina: una carta. E l'ignoto? I margini della carta? Paradossalmente. è proprio con i progressi della conoscenza che l'ignoto acquista diritto di cittadinanza nella carta. All'inizio. ciò che io non vedo e di cui nessuna relazione di viaggio parla non esiste, una cintura marina circonda il mondo sconosciuto. Quando l'ignoto fa la sua apparizione. è sotto una forma mostruosa. gli uomini vi hanno un solo occhio o delle orecchie così grandi da servirsene come parasole... Come prestar fede a un viaggiatore che avesse visto solo un deserto di ghiacci o una arida steppa? Solo la fantasmagoria è capace di rispondere all'eccezionale di una prima esplorazione o di un periplo inedito. E quando gli scienziati scoprono le terre che oggi restano sconosciute - il fondo del mare- e riferiscono di avervi visto delle conchiglie gigantesche e una flora esuberante. la prova attraFotografia conservata nel Museo di A111ropologiaCriminale di Cesare Lombroso a Torino. Inizio '900 circa. Origine ignota. verso il meraviglioso accompagna in modo naturale la fede accordata alla scienza. Il progresso fa dunque esistere l'ignoto. e si passa progressivamente ed in modo irregolare dal mostruoso al bianco. dal periferico al nucleare: l'ignoto non è più ai bordi della carta ma è un nocciolo che si restringe mano a mano che vengono effettuate le esplorazioni. l'ignoto è una riserva e non una barriera, un buco nella conoscienza e non più un ricettacolo del fantastico. Il coraggio e la modestia scientifiche - difficile storia! - lo battezzano con il solo nome possibile: terra incognita. Oggi. l'orrore per il bianco ha vinto. ed il globo è coperto, adagiato su carta. ed i progressi che si potranno fare saranno solo nella precisione della rappresentazione. Che i malinconici si rassicurino: resta l'universo. per sognare. IV. Errare è umano La carta perfetta. più d'uno vi ha pensato. è realizzabile. Non è certo che la si debba costruire, anche se il sogno delle nostre società industriali ne manifesta la tentazione: grazie a questa perfezione io sarei sempre nel luogo in cui sono. il colpo d'occhio sulla carta e quello sul territorio sarebbero identici: la Carta Perfetta è a scala uno, la carta e il territorio coincidono. hanno la stessa estensione. Pannelli indicatori. filari d'alberi, linee gialle e bianche. barriere. confini e segnali sono come dei frammenti incarnati della Perfezione caduta del grande cielo cartografico. Va per qualche perforatura. segni e toponimi, ma è difficile andare più lontano. La scala potrà aumentare verso la Perfezione. ma non arriverà mai all'uno-uno, la carta sarà sempre più piccola del territorio. In questo scarto irriducibile vengono ad allogarsi l'errore, surplus o difetto di rappresentazione. la scienza, regolazione dello scarto, il delirio, gioco delle inadeguatezze. il margine, scarabocchi frettolosi o tracciati elementari di una carta scritta con i piedi, l'erranza, felice vagheggiamento della Carta Perfetta. E se si sogna ancora di confondere la cosa e la sua immagine, è la fiction che condurrà il sedentario folle in questa traversata dello specchio. I

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