cimila operai espulsi dalla F,at dal '73 al '78? Staranno da qualche parte a discuJere del rapporto tra fabbrica e stato. E via occultando. Oddio, qualche contatto con la fabbrica immacolata questi untori forse lo hanno avuJo. «Ottantaquattro nomi. Un piccolo campione sociale. È composto dalle persone arrestate o coinvolte nelle ultime inchieste piemontesi contro il terrorismo dal dicembre del '79 ad oggi.( ...) 39 operai o ex operai, 14 impiegati, 7 studenti, 5 insegnanti, 4 casalinghe, 3 professionisti, 2 docenti universitari, 2 artigiani, 1 bracciante, 1 domestica a ore, 1 commerciante, 1 infermiera, 1 rappresentante, 1 sociologo, 1 elettricista, 1 imbianchino. (...) Per quanto riguarda la provenienza politica, le statistiche sono difficilmente definibili. Circa la metà, si può dire, aveva in precedenza militato in partiti della sinistra estrema o moderata. Gli altri non avevano 'storia'. Tredici però avevano ricoperto (o ricoprivano fino a pochi giorni fa) incarichi sindacali». L'operazione sul famoso «motore primo» nonostante gli autorevoli avalli comincia a scricchiolare. Rimozione, occultamento. Angelo Ventura, altra vittima e professore di storia in Padova, è uno che non ha dubbi. «lo sono convinto che Potere Operaio prima e Autonomia poi, siano l'asse centrale del terrorismo italiano». Poi, tanto per pescare un po' nel torbido:«Ho anche scritto che su questo asse si distende l'ombra del 'governo invisibile', la copertura dei servizi segreti». Questa tendenza monomaniacale è patrimonio di molti e spesso si accoppia con un garbato pizzico di idiozia. Comunque Padova non è una città, è solo un punto: la cattedra di Ventura e intorno le orde di P.O. e dell'Autonomia. Il resto non esiste. La classe dirigente locale, il potere padovano e l' Università lottizzata, gli ottantamila studenti che i vari Ventura hanno fatto a!fluire nella cittàdel Santo creando un potenziale esplosivo senza pari, la speculazione selvaggia sugli alloggi, tutte queste cose non esistono, vengono occultate. Ma ancora, e qui entriamo nel «cielo della teoria, e in questo assalto ci soccorrono alcuni brani della prolusione tenuJa da Angelo Ventura all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università di Padova; una trattazione di più ampio respiro rispetto ai limiti angusti in cui è stretta nel libro di Pansa, e in cui si colgono perle di questo tipo: «La supposta 'autonomia operaia' intesa come autonomia e contrapposizione della classe rispetto alle organizzazionistoriche del movimento operaio e socialista, si rivela di fatto illusione ideologica». L'autonomia operaia è l'illusione ideologica degli intellettuali operaisti. Non è la nuova composizione di classe uscita dalle modificazioni sfruJturali indotte dalla ristrutturazione capitalistica; un proletariato sociale scomposto, diviso, settorializzato e senza più centralità. Non è l'emergenza dei nuovi bisogni, nuovi valori, nuova cultura, nuovi rapporti associativi e produJtivi, conflittuali e antagonistici. Non sono le nuove funzioni di terziario avanzato inerenti l'organizzazione e la gestione dei cicli di produzione diffusi su scala mondiale. No, tutto questo è una «illusione ideologica». Questo stato straccione può solo permettersi professori di storia di tale levatura. Si prenda un mandato di cattura firmato Calogero e si facci'! ,.~'"-: natisi comearn'" ~·• '" proluszone di , ,.mura. Ci si ritrovano le stesse frasi: «attraverso l'articolazione dialettica dei diversi livelli( ...) di scissioni e aggregazioni, ma tutti ruotanti attorno ad un asse politico-organizzativo e nell'ambito di una comune strategia complessiva. ( ...) Il rapporto dialettico tra i due livelli fondamentali (fra i quali in realtà agiscono reti operative a livelli intermedi, si pensi al c.d. terrorismo diffuso) risulta chiaro». E poiché queste citazioni sono prese dalla prolusione di Ventura sorge spontaneo l'interrogativo se la Storiasi fa scopiazzando i mandati di cattura o se i mandati di catturasono stati scritti da un professore di Padova. A questo Stato che ha avuto bisogno della miseria di un Fioroni per inventarsi che c'era l'insurrezione, che spaccia per vittorie della magistratura la scoperta di presunti appartenenti alle B.R. mentre senza un Peci pentito sarebbe ancora Il alla ricercadella «articolazione dialetticadei diversi livelli» - a questo Stato appartiene la volgaritàdi simili analisistoriche, appartiene lacultura dell'occultamento. Ma l'analisi venturiana prosegue e occupandosi delle B.R. ci rivela una verità sconvolgente. Le B.R. e la loro clandestinità non avrebbero-senso se non riferite ad una organizzazione parallela che opera legalmente: «questa organizzazione non può che essere ravvisata nel livello legale di Potere Operaio e successivamente di Autonomia Operaia». Qui, a parte che il tempo viene azzerato, sorge impetuoso il classico interrogativo: insomma, è nato prima l'uovo o la gallina? Potere Operaio è l'asse centrale del terrorismo o organizzazione di copertura delle B.R., genera o è generato? Tenere ipiedi in due staffe può risultare comodo. Gli eventi che stanno chiarendo e chiariranno la storia potranno così disinvoltamente essere adattati ad una delle due tesi. Secondo i canoni più classici della cultura della doppiezza, dell'ipocrisia, dell'occultamento. Anche Angelo Bolaffi interviene su questi due testi e parte subito in quarta affermando che «esiste un terrorismo di sinistra senza virgolette e senza cosiddetto, e questo comincia finalmente a diventare tema di analisi e di esercizio della ragione politica». C'è, sotteso, l'austero rimprovero fatto naturalmente a coloro che non si sono accorti di avere una pagliuzza nell'occhio; come se fino ali'altro ieri questo problema non fosse stato rimosso, dai Bo/alfi di turno, dietro i «cosiddetti», i «sedicenti», i tout-courl «fascisti». Ovviamente per Boiaffi la ricostruzione di Bocca è «indecente»; Pansa, al contrario, è uno che centra ilproblema. Ma Bolaffi fa un passo avanti. È già dentro la crisi di quella ricostruzione storico-giudiziaria del terrorismo che parte dalla ipotesi del 7 aprile: una centrale unica, una sola trama motore del terrorismo multiforme e delle sue varie sigle. Registrato l'arretramento • bisogna ripiegare sull'ipotesi dei vari terrorismi; il ventaglio è aperto e comprende sia i macellai della politica, Prima Lineae B.R., che l'Autonomia organizzata e via via, e come frutto di una stessa logica, comportamenti «antistituzionali» o genericamente «devianti». O•·- viamente il vero nemico è l'A11tonomia organizzata. E non ~i cupirebbe, come diCf' l\lc6''• .-:tarabbia dei burocrati se il dì.scorsodell'Autonomia non lo sentissero come cosa che gli rovina gli affari». E in tutto ciò, a ben guardare, c'è stata una precisa divisione di ruoli. Il Pci, anzi l'asse Andreotti-Pci del periodo del governo istituzionale, si preoccupa del reale problema, quello della normalizzazione sociale, di tagliare le gambe al movimento, di tentare di comprimere e magari distruggere l'insubordinazione sociale, questa deflagrazione continua nellasocietà industriale, di tentare di ricomporre l'articolazione del comando nella fabbrica e sul sociale. Da qui nasce il 7 aprile epoi il 21 dicembre. Diciamolo chiaramente: la barbara ferocia delle B.R. è pericolosa in quanto attacca lo stato, le istituzioni, produce morti a catena, ma è tutta dentro il sistema partitico-istituzionale. Ad essa basta il ruolo di Dalla Chiesa perché è un rapporto diretto tra apparati militari; una volta sconfitta, individuati uomini, covi e armi il problema è risolto, non lascia nulla dietro di sé; in quanto prevalentemente avulsa dall'ottica di un radicamento nella nuova composizione di classe della crisi, nell'autonomia diffusa, nei nuovi bisogni sociali emergenti. Legata più che altro ad una concezione vetero comunista della centralità operaia e ad una concezione del partito che, oserei dire, è di stampo «tròntiano». E vorrei aggiungere questa ipotesi. Premetto che non ho elementi di certezza assoluta, ma, avido e pignolo leuore dei giornali non mi è mai capitato di leggereche a qualcuno dei presunti brigatisti arrestati (e uso il termine presunti per attenermi al diritto di ognuno di non avere precondanne, rei confessi a parte) sia stato contestato il reato di tentata insurrezione (così come noto, e qui senza possibilità di errore, il differente peso che è stato dato al blitz del 7 aprile o del 21 dicembre sulla stampa rispetto ali'operazione che definiremo dell' « aprile '80»). Come mai? È un interrogativo che giro al lettore. Una personale risposta ipotetica viene già data dalle differenze prima evidenziate tra Autonomia e B.R. e dai connotati che a queste ultime vengono dati di pura e bieca manovalanza del terrore. Ma tutto ciò riporta, pur dentro l'artico/azione dei «vari terrorismi» a questa spasmodica necessità di una o più menti intelligenti,politiche, in grado di tracciare le direttive strategiche e, ancora una volta, in un cerchio che tutto sommato tende a richiudersi, a tornare là, in quegli anni dal '68 al '73 in cui si produsse il «mito dell'insurrezione». Non siamo forse di fronte al tentativo di affermare la continuità del progetto insurrezionale attraverso i vari terrorismi? Non è forse una comoda chiave di letturadi questaspecificità tutta italiana di un terrorismo, quantitativamente e qualitativamente diffuso, privo di motivazioni di tipo nazionalistico o etnico o di minoranze razziali così come si è sviluppato in altri paesi capitalistici? Bocca descrive allegoricamente, ma chiaramente, la teoria della continuità: «il 7 aprile è operazione concordata fra la magistratura romana, vicina al potere politico, e quella padovana, e che da subito mira a collegare Negri alle B.R. e a Moro e il defunto Potere Operaio alla direzione strategica delle B.R. Una tesi globale, un affresco onnicomprensivo, una Cappella Sistina con il suo giudizio uniyersale della sovversione, il dio della giustizia al centro e, attorno, tutti i santi e i diavoli, fra cui spicca il Prof. Negri, capo dei capi». Il problema sta qui. Occultare che P.O. era il discorso sul rifiuto del lavoro astratto della grande fabbrica (poiché questa è la reale, pericolosa continuità fra il «rifiuto» di allora e il «disastro» della «partecipazione» è cielconsenso nelle disgregate periferie delle metropoli oggi) eraparte di quel grande movimento che si è posto nei primi anni '70 il problema degli esiti politici, del potere. Il «mito dell'insurrezione», problema storico del movimento operaio, era dentro la problematica politica di un . movimento che era maggioranza reale nella società, a cui negli anni '70 non è stato datto sbocco né riformista né rivoluzionario. Confondere, appiattire le prospettive o i «miti» insurrezionali di allora con il terrorismo çii oggi è come dire che con le teoriedi Marx non sipuò che arrivare a Stalin. San Vittore (Milano). Aprile 1980. Caro Editore, come avrai appreso dai giornali sono stato arrestato il 27 marzo e trasferito nel carcere di Regina Coeli prima e al G8 di Rebibbia poi qui a Roma. Sono imputato di «costituzione di banda armata» per aver scritto - secondo l'accusa -articoli nel 1974 per il giornale Rosso, periodico legalmente registratoe auJorizzato dal tribunale di Milano. Per gli inquirenti Rosso è il giornale del cosiddetto «partito armato», non meglio specificato. È uno dei tanti « misteri» dell'inchiesta 7 aprile, iQsiemea tanti altri. Pian piano questi «misteri» si svelano e allora franano le imputazioni e arrivano i proscioglimenti come nel caso di Toni Negri per l'accusa riguédante il sequestro di Moro. Ma i tempi sono lunghi. I recenti decreti legge e il barbaro uso della carcerazione preventiva permettono tempi di carcerazione lunghissimi, nel mio caso da un anno e quattro mesi in avanti. Ci vuole pazienza! ... Paolo Pozzi - Rebibbia (Roma) L'Impresa Scientifica RenéThom PARABOLE E CATASTROFI Intervista su matematica, scienza e filosofia a cura di Giulio Giorello e Simona Morini pp. 192 - L. 6.500 nella stessa collana Mario Vegetti IL COLTELLO E LO STILO pp. 147 - L. 4.500 LudovicoGeymonat PARADOSSI E RIVOLUZIONI pp. 155 - L. 4.500 R.L. Gregory OCCHIO E CERVELLO pp. 276 - 113 ili.- L.12.000 Claude Lévi-Strauss MITO E SIGNIFICATO pp. 73 - L. 3.500 Il Saggiatore Studio Passeron- Gombrich - Damisch - Marin - Petitot SEMIOTICA DELLA PITTURA a cura di Omar Calabrese pp. 248 - 89 ili.- L. 8.500 I Gabbiani Salvatore Veca LE MOSSE DELLA RAGIONE Scritti di filosofia e politica pp. 224 - L. 5.500 Universale a fumetti R. Appignanesi e O. Zarate FREUD pp. 176 - L. 5.000 J. Schwartz e M. McGuinness EINSTEIN pp. 176 - L. 5.000 BIBLIOTECA DELLA FENICE -~ ------ Il . .,.,-4;,:~ ,__ .:.l.à r . ·-•~_ .,_. ~ .. .,,..·_ I ft .:,; . 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