L a «condizione postmoderna,. che lei descrive nel suo ultimo libro, è lo stato della nostra cultura dominata dalla crisi dei grandi discorsi di legittimazione del sapere e del potere dell'occidente moderno: in particolare la dialettica dello spirito (Hegel) e l'emancipazione del soggetto razionale e/o produttore (Marx). Non possiamo più riconoscerci in nessuno dei due, è cioè necessario assumere l'esistenza di una molteplicità di giochi di linguaggio che dipendono da una «pratica delle particolarità linguistiche,.. Che il monopolio e l'organizzazione del sapere siano costitutivi dello stato, non è nuovo. Ma l'informatizzazione della società fa del controllo dei reseaux del sapere e dei giochi del linguaggio che Il si intrecciano un obiettivo superiore del potere. Il metodo dei giochi di linguaggio ne offre una descrizione pertinente, ma non potrebbe allo stesso tempo servire da metadiscorso per legittimare il discorso informatico? «lo non credo che esista un potere informatico; credo che esista quello del capitale. Quello che tutti sanno è che il capitalesi prepara a investire un mercato, in larga misura ancora potenziale. con lamerce informazione. Se esiste un potere informatico, è il potere del capitale di impadronirsi di questo mercato. Lei mi chiede se il mio discorso può servire da legittimazione del potere del capitale sulla merce informazione. lo I<' chiedo amia voltase il capitale ha bisogno di legittimazione... ,. È una risposta che fa molto marxismo ortodosso! Ma il discorso sull'informatica non potrebbe comunque legittimare i nuovi centri decisionali legati all'informatizzazione del potere? «Non lo credo. Lasciamo da parte la questione della crisi degli stati-nazione. ma anche del saperestesso, determinaw dall'informatizzazione. Se noi affrontiamo ilpotere dal punto di vistamarxista, che è un punto di vista eccellente. cioè la capacità, utilizzando denaro, di far fare delle cose a della gente che non ha particolare intenzione di farle (si ricordi le analisi dei Grundrisse sull'indifferenza degli operai in rapporw al tipo di lavoro), forse questo tipo di potere ha bisogno di legittimazione? Si può far giocare dei ruoli a qualcuno senza legittimare lo scenario? Il poter<' del capitale, compresa la sua forma informatica, non ha più legittimità dopo la fine dei grandi discorsi, e in particolare del suo 'arricchitevi' o 'arricchiamoci'... La sola legittimazione dei centri decisionali è la «rendibilità» e ilproblema, per/oro, è di saperese l'informatica aumenta la rendibilità. Evidentemente essi sono eccitatidall'informatica, perché ci vedono la possibilità di un aumento prodigioso della rendibililà: si tratta di congegni poco costosi, facilmente disponibili, che permettono di accrescereilpotere di far fare e non solamente quello di far credere. Tutto ciò migliora lo scenario del capitale, ma non lo cambia. «Quanto al metodo dei giochi di linguaggio, esso è descrittivo e non può esserelegittimante. Al limite lo sarebbe se io dicessi: con l'informatica e'è libertàper tutti i giochi di linguaggio. Ma io non lo dico. Quello che io dico è che con l'informatica si va a toccare qualcosa che era stata assente dal problema del rapporto sòciale, dellagiustizia, del- /' avvenire delle società sviluppate, cioè il grosso affare del linguaggio. Poiché è il linguaggio stesso che sta per divenire una merce, ci sarà uno spostamento delle poste in gioco. Certamente bisognerà prima risolvere il problema del- /' energia, ma la mia ipotesi è che esso o lo è giàosaràrisolcotrabreve.Allorala posta sarà il linguaggio. «Se c'è ,in tentativo di legittimazione è alla fine del libro, quando critico Habermas. Habermas cerca di produrre condizioni di legittimazione nelle società più avanzate, con la tecnica e la scienza come ideologia dalla parte del consenso: bisogna che i giocatori si mellano d'accordo sulle regole del gioco. È una specie di idea kantiana. ma presa come un concetto che possiede una realtàsussumibile. Credo che questo sia un errore, perché le cose non accadano dal lato del consenso. La mia idea di legittimazione, se ne ho una, è che la legittimazione si fa nel dissenso, in quello che io chiamo la 'paralogia'. L'esperienza degli artisti, degli scienziati o dei logici, quello che è in gioco nelle loro battaglie (perché essi sono in piena lotta), è dire o fare diversamente. Ciò che io chiamo 'paralogia' è l'invenzione di norme nuove nei giochi esistenti, o l'invenzione di nuovi giochi. Einstein o Duchamp hanno inventato nuovi giochi, sono queste le mosse migliori. Credo che ciò legiuimi la vita di ognuno in rapporto a tutti gli altri. Un sistema informatico non sarà, ai miei occhi, legittimato se non suscita la 'paralogia'. Om. ciò è i11co11111t11if>ill' col ,,,,,,.re ski) hanno fatto notare che essa aveva creato più disordine che ordine, poiché la diffusione del loro sapere e della loro immagine nel mondo, specialmente nel terzo mondo, aveva suscitato la coscienza delle ineguaglianze tra destinatori e destinatari delle immagini e dei discorsi. La telematica è, a sua volta, portatrice di un ordine totalitario o di un disordine «pagano»? «Trovo che la descrizione è molto buona, per quel che riguarda i media. lo non lo direi in questi termini, non direi 'presa di coscienza' delle ineguaglianze, perché non capisco che cosa voglia dire, non è ilmio linguaggio. Ma è vero che la grande diffusione di programmi televisivi induce la scoperta di una grande molteplicità di giochi possibili, nel momento stesso in cui me/le in cri,i Il' culturl' 1r1uli;io11aclihe ""'" Ma, lasciando stare le visioni, non possiamo già misurare gli effetti della telematica in termini di ordine e di disordine? « Per quel che se ne sa, gli indizi sono indizi di disordine. Non tanto nei paesi del terzo mondo, che non sono stati toccati, quanto in quelli del mondo sviluppato. Prendiamo un esempio. Stanno nascendo società che disporranno di canali di emissione a/traverso satelliti per telecomunicazioni. Le intenzioni sono chiare, si vogliono vendere determinati programmi televisivi. Per esempio, delle opere. Ci si potrà abbonare pu un'ope~a al giorno. Su questo punto, per esempio in Francia, si vede subito il disordine: che cosa ne sarà del monopolio? Sarà lo stato a farsi intermediario? È possibile, il giacobinismo lo t>n·1,·11d1,•1. 10 ,; "' clu· 1wr /'a11rihuI ,·,111 t/1 ,l,',t:.<'111<' morta al 1'4anicumiu cl, ,\4umhcllu. 111111111111.J1Ì1<111 Jra ti J•Jflf1 ,· ti / <J/-; da < ;,,,H'/JJ)l' l'arm·1n111. direi/ore clelrts1i11110di A11a10111iaPa10/ogica del Ma11icomio. del capitale. Certo, essosuscita la 'paralogia': perché ne ha bisogno, per inventare nuove mosse, per aprire nuovi mercati. Ma al tempo stesso esige che le posizioni della gente rispetto alle regole del gioco non mutino, mutino poco, o mutino secondo la sua volontà. Con il capitaleci saràsempre gente che avrà la disponibilità di questa forma pura del denaro che è il linguaggio, che avrà un sapere per investire, e poi altri che avranno il sapere per pagare i debiti. Questa è la basedello scenario del capitale, e io non vedo come l'informatica per se stessa potrebbe modificarlo». La filosofia della condizione postmoderna è dunque allora la grande descrizione della società postindustriale? « Le concedo che essaa volte dà l'impressione di un grande 'racconto', mentre non è che un 'racconto' minuscolo. li discorsodellafine deidiscorsi,il discorso di come vivere senza discorsi, e così di seguito. Questo aspetto viene da una forma di scrittura che appartiene al genere del 'rapporto'. Ogni rapporto, essendo contemporaneamente descrittivo eprospettico, è un racconto, fa narrazione». Ritorniamo alla fase precedente, la fase dei media, che non punta sulla natura dei saperi. ma sulla loro diffu.- sione. Gli americani (penso a Brezinfondate su una selezione stretta e rigorosa di certi tipi di giochi di linguaggio, che, nella tradizione, mentre organizzano interamente la vita di ognuno non subiscono che pochissime modificazioni. Quando la radio o la televisione arrivano nel caffè del villaggio gli uomini (ma mai le donne!) scoprono che si può giocare, e giocare la vita, in modo tu11'affa11d0ifferente, e che esiste una possibilità che essi non conoscono. Ciò suscita una specie di desiderio di giocare, tanto più che il gioco tradizionale diviene sempre più difficile a causa anche della presenza di questi media, senza parlare dello sfru11amento, cioè della miseria. In più c'è anche la scoperta della scena mondiale in cui i giochi s[ gwcano, e che dà una ben altraportata alle 'mosse' che si possono fare, dal momento che possiamo entrare in questa scenagrazieallatelevisione. «Quanto alla telematica, devo dire subito che non capisco che cosa vuol dire la parola 'portatore'. lo non ho una stima particolare per visioni che presuppongono le necessità di un percorso storico, una unicità di direzione, cioè per tutto ciò con cui ho tentato di rompere. Nel vecchio marxismo, . quando si dice 'portatore' si sa dove si va a finire. Ebbene no, noi non lo sap- ·. piamo!» zione delle reti di telecomunicazione c'è già battaglia. Lo stato cederà sul monopolio? Bisognerà che faccia delle concessioni sulle radio locali, ma si oppone sempre alle radio libere, che noi tulli richiediamo ... In ogni caso è l'indizio della crisi determinata dal rapporto dello stato col sapere nellasua forma informatica. Perché l'opera è una forma di sapere. Lo stesso vale, d'altronde, anche per il Don Giovanni di Losey: l'importante non è di sapere se ha tradito o no Mozart, o se il direttore ha direi/o male l'orchestra, ma è il fallo che ognuno può andare all'Opera. La moltiplicazione di questo fenomeno a/traverso la telecomunicazione produrrà degli effe11iformidabili sui destinatari: una merce elitaria vienepopolarizzata. Per molti l'opera può forse essere altre/tanto squilibrante che un westernperuncontadinodelNordestedel Brasile... » Se ho capito bene, l'estensione del mercato capitalistico attraverso l'informatica. l'uscita dalla crisi che essa permette. noh equivalgÒno a un'estensione dell'ordine capitalistico, dato che questa è la grànde paura ... « No. Ci può essereun ra/forzamento del capitale, ma perché si rafforzi, ed è sempre stato così, bisogna che si trasformi. Questa trasformazione può essere squilibranie, specie per gli statinazione de~'Europa occidentale, immobili da più di due secoli, ma anche per i destinatari,per gli acquirenti. Sarà possibile 'sintonizzarsi' su programmi che hanno forse la reputazione di essere_ cattivi, ma che si svolgono su scala mondiale. E in generale questo non rende più stupidi, ma al contrario più intelligenti. La commercializzazione dei saperi e della loro trasmissione ripropone le due domande sempre uguali da Platone in poi: 'chi sa?' e 'chi può?' « Che cosa è il sapere e che cosa è il potere? Quale organismo gestirà tutto questo? Tutto ciò è la posta di una battagliaformidabile. Ma questo non vuol dire che stiamo per entrare nell'Eden». Le banche dei dati permettono lo stoccaggio e l'accessibilità delle conoscenze attraverso operazioni molto semplici di terminali, e questo rende sorpassate certe gerarchie universitarie e scolastiche fondate per diritto sulla quantità di conoscenze acquisite, ma anche la funzione stessa dell'insegnante. L'accesso alla memoria delle conoscenze non passerà più attraverso la restituzione orale, retorica, narrativa, ma attraverso la mediazione della macchina per mezzo di parole-chiave. D'altra parte. se è vero che i grandi racconti non hanno più successo, il sapere narrativo ri•orna in voga sotto forma di memoria storica, nei media o nei libri. Noi abbiamo dei grandi raccontatori di avvenimenti o di tradizioni passate. e in più c'è la gente che racconta la propria vita, che testimonia. La parola memoria designa oggi le due forme più diverse del nostro sapere. C'è connitto tra cliesse, o si tratta di un'astuzia della ragione? «lo non direi 'ritorno in voga', ma sono completameme d'accordo con lei sull'importanza che la cosa ha preso. Nella stessa televisione americana l'importanza del racconto è enorme. C'è ancora il sapere narrativo malgrado l'ambizione di controllarlo che c'è· sempre stata, dopo Platone, da parte del sapere non narrativo. È proprio di questo che si trai/a nella Repubblica. / grandi narratori, lo stesso Omero, sono sospetti perché 'fanno credere', per mezzo della mimesis. Ma il sapere narrativo resiste bene, anche se i grandi racconti non tengono più, salvo in certi media specializzati nella loro conserva- ~ione... che qui 11011 cito. Quelli che tengono sono i piccoli racconti. E sono d'altronde i più interessanti. Una certa stanchezza dovrebbe farsi già sentire rispetto ai western, perché sono troppo vicini ai grandi racconti, sono troppo epici. Ma il bisogno del racco/I/o rima11e,e il problema è di sapere se i media stanno per impadronirsi dei piccoli racconti, il giorno in cui la gente non avrà più nieme da dirsi. lo non lo ere-· do, perché il piacere di raccontare, l'in.- venzione è inattaccabile. Il fatto che ciò entri nei media prova che ce n'è un forte bisogno, e questo dipende dalla scoperw dei giochi di linguaggio, in quanto tali, non in quanto giochi che ci dicono dove va l'umanità. «Resta comunque, come lei dice, il fatto che laparola memoria è equivoca. Si possono mettere benissimo i racconti in memoria, nel senso informatico del termine. Mitologie di Lévy-Strauss, è l'analisi semantica quindi informatizzabi/e dei racconti. I grandi film di Hollywood, di Cinecillà o i film porno, sono film fa11isu matrice, su strutture, materiali tipicamente informazionali. Possiamo produrre innumerevoli racconti, basw predisporre le matrici... questo permette di combinare dei risulwti: prendete Apocalypse now, è fatto su matrice. Può essere un buon risultato, pur essendo un cattivo film, ma in ognicaso 11011 sitrattadi 'paralogia'L! e memorie posso110sostituire la memoria... «Quanto al sapere scolare o universitario, l'accesso alle memorie immagazzin_atedistrugge la retorica che in esso ha un posto eno;me. La retorica intesa come composizione di differenti giochi . di linguaggio nei tipi di discorso per renderli persuasivi. Un professore è un retore, nel se11sopiù nobile del termine, che ha la memoria delle conoscenze e
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