N on molto vicini. Nella mostra esse parlano, non tanto ma un po': solo poche opere di ciascuna. Presenti in tutti gli -ismi, spesso li contaminano (O'Keefe, per es., tra surrealismo e astrazione), prova che è gente viva. Nessuna somiglia a un'altra, solo qualche quadro a qualche quadro, forse uno di De Lempicka e uno di Jiirgens, poesie visive di Meyer e Roche, volti di Diehn Hippold Grundig ... ma mentre guardi ascolti anche una rete corale sommersa, profonda. Che cosa mi scatta, ora a distanza, nella memoria? Lemie scoperte, cioè la mia ignoranza; e conferme ben note, le slave anzitutto, la saldezza di Gonfarova, l'architettonicità di Popova; e, da noi, gli scopini crudeli di Caro! Rama, il ventaglio danzante di Fidora, l'istinto di Lazzari, il situarsi di Badiali forse un po' sopra i compagni comaschi. Le nostre futuriste non valgono le russe, merci Madame, ma se il nitore delle Donne abissine di Regina mi lascia freddo, la Maschera, di alluminio anch'essa, sfiora un sarcasmo tenero e tagliente. Mi commuove Bossi, e ammiro Da Silva, è virtuosismo colto. Sono acute Shakespeare nel cogliere una spazialità multipla per Pound, Tice nell'arguto schizzo di Varèse ... ma i criteri mi ballano. Roba di mezzo secolo, ma qualcosa mi sfugge. Donas è una sorpresa per me, nelle undici righe di notizie vedo Archipenko, De Stijl, Der Sturm, Dreier Duchamp e Man Ray a New York- «la prima pittrice astratta del secolo>. Resta negli occhi la flessuosità un po' acre della Danseuse, e più, forse, l'antagonismo, in Nature morte, tra spartizioni rette e inquietanti volumispazio di colore. Tauber Arp la conosco. Moss ripete Mondrian ma calcolando, cioè correttamente. Il costruttivismo di Klien è cinetico, puntuale il cerchio e quadrato di Idelson, Brandt è brava (qui il suo design era fuori programma); è intelligentissima (tanto per cambiare) Suzanne Duchamp, Oausen è davvero impeccabile, nei forti impianti di Dismorr il quadro sprofonda in basso a sinistra; curioso un ricordo di Gaudl in una delle Cartes surrealistes di Maar; terribile la bambina che gioca di Overbeck, e fin troppo chiara la fantasia presaga dei Lager negli squallori vigilidi Grundig. Ancora. Farò l'esercizietto di lettura? perché no, è un paese libero. Ma non mi sento più vicino di prima alla misteriosa raccolta di donne. • In questo Giardino del Lussemburgo, anzitutto parlano insieme. L'esercizietto di lettura è futile, anzi mi pare del tutto sbagliato. Qualsiasi uomo sogna di drizzar torti e salvare pulzelle, seccandosi oltremodo se la pulzella si salva da sé; ma ben altro è il disagio che ci offusca, ora e qui. Non si tratta di pelosa carità né di sproloqui psico/ anali sulla condizione femminile. Questa è una mostra di pittura e scultura, ed è qui che va trovato il bandolo. Mi dicevo, furioso di quel disagio che non vofevo ammettere: l'operazione è contraddittoria e non serve cercare di riunificarla. Questa mostra era impossibile: in fondo ti dà troppo poco sulle singole artiste, troppo poco sull'avanguardia (se non ripensi l'altra metà), e troppo poco sulla rivolta. Ma per le stesse ragioni non c'era altro da fare e si doveva fare. Non parliamone più, ipocrita concludevo: torto drizzato, documenti esumati, studi avviati, lacuna colmata, coscienza a posto. Ci vediamo. L'altra metà nell'avanguardia, sancivo infine, trionfale. È vero, naturalmente. Anzi cambia tutto: nell'avanguardia, questa metà completa la conquista dei domini mentali, piaccia o non piaccia, altro che destino di esecutrici decoratrici ispiratrici levatrici. Ma qual è il senso, la caratteristica del completamento? Esiste uno specifico femminile nell'arte? Certo non so rispondere, quel che so è che nella mostra i quadri densamente parlano fra loro, senza né uomo né bambino accanto. Questo si sbircia, da voyeurs un po' miopi. La mostra è imprudente per il femminismo militante. Consente di ascoltare un codice segreto, quello da decifrare. La domanda è banale come la Stein. Conosciamo quel codice? no. Ma qui è concentrato e se ne intuisce la portata. È un pianeta sommerso e per nulla decorativo: che va conosciuto - e oso dire anche confessato - per render più decente la condizione umana. Naturalmente, un quadro è un quadro, grazie. Ma come quel linguaggio comincia almeno, infine, a diventare quadro? Nei quadri fino ad oggi vediamo ciò che sappiamo, la civiltà della violenza e della nostalgia, il privilegio maschio di avventura, pene/trazione negli strati dell'oltre e dell'altro, mondi plasmati di là dalle mani - ecc., grazie mille, grazie. Ma qui c'è un mondo/modo altro- chesolo lo scatenamento mentale dell'avanguardia e della rivoluzione attrasse, quasi obbligò a comparire. Non per nulla le slave spiccano assai, prima e dopo il Palazzo d'Inverno. In quella tensione esso sorti dal guscio del comportamento, del vissuto fugace, del complementare, dell'«ineffabile». E l'omosessualità di artisti o artiste qui non ha, temo-,molto a che vedere. Non è tanto il «diverso» a contare, se mai è conseguenza, strumento. È il «normale» a contare; è li che si annida il linguaggio, il nome segreto da pronunciare, da cominciare a scrivere sul quadro. È nel «quotidiano» l'atroce, ma anche l'occhio; è nel loro «regno» la ferita. E ' là che duole l'impotenza indotta, la rinuncia sommessa che intride anche la rivolta. Sommesso, infatti, è il tono della mostra. Un'aria che facilmente prendiamo per povertà: «manca» qualcosa... Ma forse commettiamo due sbagli: trascuriamo il contesto ostracizzante, valutiamo su parametri di parità inesistenti, e usiamo solo i criteri di linguaggio del mondo dominante. Può finire al solito da mascalzoni (che è il termine usato da Sartre per definire l'antisemita). L'avanguardia spalanca quanto Artaud chiamò «i cassetti superiori del cervello». Ma perché «superiori»? Forse ce n'è degli altri, ugualmente del.cervello; e certo non c'è gerarchia tra le direzioni mentali opposte e pulsanti. Se esiste uno specifico femminile per l'arte, starà anzitutto nel modo di vedere, prima ancor di operare. Qualsiasi pittore sa che l'assurdo scientifico, secondo il quale (come ancora Leonardo disegnava) la luce esce dall'occhio dell'artista, è perfettamente reale. Il problema è l'occhio. Ma un artista (senza apostrofo), qualunque fosse la quota femminile di Leonardo, questi raggi esplorativi che aggrediscono il mondo e, alla lettera, l'illuminano di umano li identifica con semirette geometriche, coni rigidi, duri fili esploranti che uno spigolo può fermare in ombra. Un'artista (con l'apostrofo) può ignorare gli spigoli. L'ipotetico raggio che le scaturisce dalla pupilla è amebico, li aggira. Nascono penombre, scelte, contraddizioni vive. L'immagine sarà meno «forte», ma poco del cuor delle cose le resterà nascosto. Forse quel che prendevo nella mostra per sottomissione era, oltre il sipario, un mentale reale fondato sulla consapevolezza aderente, annuente della gravitazione, una verifica tattile del pensiero, la scansione in bocca della luce. E non c'era mélo; mai esistito, fra loro: è un'invenzione maschile. Ma l'occhio di queste artiste lavora come un polpastrello. Perché non dovrebbero coincidere con l'avanguardia, che valicò l'apparenza e toccò altrove? L'occhio che aggira e scolla, penetrando, luce non più stoltamente diritta, può far quadro come quello che, invece, proietta. Dovrà poi pur sempre trasmettere alla mano gesti «scaltri ed esperti», come osserva Lea Virgine. Ma in un'artista di livello molto probabilmente troveremo le tracce di questo oceano capovolto e ignoto. Per es. il bel collage, 1918, della boema Rougena Zatkova, vicina ai nostri futuristi (cat. p. 91) evidenzia quasi simbolicamente lo scollamento sistematico, l'esplorazione consapevole degli strati mediante l'occhio. Tra fitomorfismo e macchinismo, la qualità cinetica dell'oggetto non è facile come sembra. Non grido al capolavoro, ma_sostengo il valore tattile dell'occhio prima che della mano. Ancora immerso in una crisalidea tunica lacerata, lo strano fiore in moto palpa a sua volta lo spazio cui si fa incontro. È una futilità piena di varchi, allusivi d1 altri strati, non però «superiori», ma saldati alla dilatazione di un occhio scavante e instancabile, i cui «raggi» sono fluidi; organici. In un'opera assai più famosa (Ma gouvernante, my nurse, mein Kindermadchen) Meret Oppenheim attua solo in parte la prescrizione di Breton, di realizzare fisicamente oggetti onirici. Infatti le perfide scarpe (cat. p. 270) hanno di onirico solo l'efflorescenza sui tacchetti tormentosi; né sono dada, perché non fanno orgiastica desemantizzazione, ma aggiungono sviluppi e ricordi al semantico base, precisato dal titolo didattico e ossessivo. Confrontandole con oggetti di Mir6, Paalen, Dali e dello stesso Breton (che ne riproduce una versione senza commento e scrive anche nell'indice «Oppenhein», Le Surréalisme et la Peinture, 1965, pp. 274-80), si vede che mentre gli altri assemblano materie e componenti per farne trampolini simbolici, qui il gioco surreale è nella memoria e in una rivalsa crudele (il piatto che ne fa una sorta di testa di S. Giovanni, la divaricazione come cosce di pollo da scalcare, la corda), e che le efflorescenze di carta sono grazia sull'odio. Non un fotogramma onirico, ma un'intera vicenda esplorata di strato in strato, dietro l'apparenza. Ancora (e infine, per non annoiare): Vittoria, matita colorata di Nina Kogan, 1920. Un bellissimo esempio sovietico, con la singolare, larga banda verticale che ne fa quasi due quadri accostati (cat. p. 127). Obiettai a questa banda con la stessa Lea Virgine, 24 febbraio, ma ora forse mi ricrederei. Le due zone si rispondono, la sgradevole banda forse è un filtro generatore, o un diaframma, una soglia perforata da una direzione in spessore, o una finestra sezionata su un prima e un poi. Non mi va più di attaccarmi a scuse sintattiche. A me sembra che alla fonte stessa del vedere qui esista sempre un ricettivo rovesciato in palpo, penetrante, irriducibile, che tiene conto magistralmente del tempo. Ora, se fosse cosi, quanto prima questa sublimazione del pozzo e non solo del trampolino mentale verrà riconosciuta dalle artiste stesse con forza, senza paura, tanto prima potremo tutti comprendere quell'altra faccia della comune natura che pure in ogni istante respiriamo. Non esistono direzioni privilegiate nell'azione creativa. Ma esistono stùpidità privilegiate, da eliminare costi quello che costi a tutti quanti. Infatti, frode e terrore non sono esclusività maschili. E comunque, qui, spesso l'occhio è ancora timido. Ma, frode o no, il punto è l'occhio. Perché mentre scrivo mi capita il Corriere: col Testoruccio come sempre in bilico tra la grosse Margot e Lucia Mondella, con uno spruzzo di salotto buono; e si merita questi endecasillabi. «Una musica linda e sottile, tra l'ago, il crochet, l'intelligenza, i sentimenti, le pentole, i letti da fare e il bacio». Che abbia preso sul serio un collage della Rozanova? Se penso che quest'ilare ritratto riguarda tante ribelli e forsennate, tante rinunce e rifiuti, stanchezze indomite, abdicazioni, persecuzioni (comprese le donne della Neue Sachlichkeit, che qui fanno «la parte del leone, anzi della leonessa»), sono veramente felicissimo: perché tra tempestosi erotismi, omo/etero, ostracismi, suicidi, manicomio, angosce ebraiche e no, malattie, atrocità, Lager nazisti, hanno trovato il tempo di consolare i nostri laidi pucci-manzoniani con le tradizionali virtù femminee. Dice perfino il Talmud: «Se tua moglie è piccola, abbassati per consultarla». Poco in realtà può essere più falso in questo caso dei complimenti alle belle signore. Ma mi par di vederli: memoria in tensione, sinapsi folgorate, turbinio di cataloghi, sfarfallare di schede, tonfo delle monografie patinate trionfalmente richiuse: ciascuno di noi avrebbe fatto meglio, anzi l'ha fatto, è come se l'avesse fatto, e tanti sforzi emeriti sono sfuggiti a Lea Virginee, indegnamente, anche al vostro cronista divertito. Deplorevole «lingam» abbassati per consultarla. Comodo, certo, se quell'altro modo di vedere non fosse mentale, ma si attaccasse come sempre al «reale», pentole letti e bacio. Ma il patto è inaccettabile. L'avanguardia alza il tiro, obiettivamente, con questa mostra; l'arte moderna, che è di moda irridere, ne riceve respiro. Occorrevano le donne per tenere duro? Infatti, esisté una gestione femminile; e, non fosse stata negata, avrebbe certo dato molto di più. Questa mostra non è moda ed è costume solo di riflesso, non mira a elencare, non scatena fanfare: serve, a reggere. Probabilmente noialtri violenti cercavamo il seno materno per ricordarci che eravamo vivi? Nel clima dissolutorio, rigurgitato, nel rifluire di voglie e frustrazioni verso il lezioso e l'ovvio, nel tuffo da fare in superficie, nella spudorata decisione che era stato tutto uno scherzo, la tenacia di quei polpastrelli veggenti, fluidi, recuperati, doveva darci appunto questa lezione per infanti? pare di si. Herbert von Karajan, Sir Georg Solti, Ciao dio Abbado, Wilhelm Furtwangler, Bruno Walter, Arturo Toscanini, Carlo Maria Giu lini, Lorin Maazel, Zubin Metha, Rafael K ubelik, Riccardo Muti, Mstislav Rostropovi eh, Gennady Rozhdestvensky, Carlos Kleib er, Leonard Bernstein, Yehudi Menuhin, D avid Oistrakh, Salvatore Accardo, Pablo C asals, Andres Segovia, Herbert Tachezi, H elmut Walcha, Wanda Landowska, Quartet to Amadeus, Quartetto Italiano, Trio Beau x Arts, Trio di Milano, I Musici, Robert Cr aft, Walter Marchetti, Juan Hidalgo, Karlhe inz Stockhausen, Paolo Castaldi, John Cage Uto Ughi, Luciano Berio, Igor Stravinski,R obert Ashley, Nikolaus Harnoncourt, Christ opher Hogwood, Collegium Aureum, David Munrow, Kart Richter, Maurizio Pollini, Wi lhelm Backhaus, Vladimir Horowitz, Gustav Leonhardt, A. Benedetti Michelangeli, Wilh elm Kempff, ALfred Cortot, Dino Ciani, Br uno Canino, Alexandre Rabinovitch, Svjato slav Richter, Edwin Fischer, Lazar Berman, Giancarlo Cardini, Antonio Ballista, Lucian o Pavarotti, Placido Domingo, Joan Sutherl and, Demetrio Stratos,Donella Del Monaco London Symphony,Wiener Philharmoniker, Orchestra del Teatro alla Scala di Milano, P hiladelphia Orchestra, Accademy of st. Mar tin-in-the-Fields, Los Angeles Philharmonic, e molti altri in incisioni: Deutsche Grammophon, Decca, Philips, ~ cordi, CBS, EMI, Nonesuch, Supraphon, T elefunken, Harmonia Mundi, Archiv, L'Ois eau Lyre, Argo, EMI Melodya, Decca He& dline, Nova Musicha, Cramps, Erato, Cetra Italia, Ars Nova, RCA Un esempio DemetrioStratos: Cantare la voce Investigazioni(diplofoniee triplofonie).Passaggi 1,2. Criptomelodieinfantili- Flautofonieed altro - Le sirene Collana Nova Muslcha n. 19 - Cramps 5206 119, L. 7.200 Ritagliate e spedite a: Disco Club .- Disco Mail Casella Postale 602 20100 Milano Telefono 02/8053395 lo I 1 □ lo I -------- Desideroricevereil Catalogo-Guidache pagherò in contrassegnoe che mi verrà scontato al primo ordine. Desideroricevere i dischicome da lettera allegatache pagherò in contrassegno. Desicjeroriceveregratuitamentee senza alcun impegnola proposta Discoideae il Vs. listino prezzi. I cognome_____________ _ I nom__e____________ _ ria' c,tta_______________ _ N.B. Le spese postali sono a caricodel destinata r importi fino a L. 65.000, oltre tale cifra son
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