Alfabeta - anno II - n. 12 - aprile 1980

«prezioso» e del «sublime», il «maestro nel marinare la scuola». La grande guerra lo sorprende intento a fabbricare perfetti giocattoli meccanici. pervasi da un humor esplosivo. Il dopoguerra lo ritrova vessillifero della musica «povera». «primitivo che scopre un nuovo mondo». «maestro del bello inespressivo e silenzioso». Basterà una seconda guerra mondiale per scoprire la modernità del suo linguaggio (strutture a blocchi giustapposti e intercambiabili. abolizione delle transizioni, rinuncia a qualunque sviluppo e conseguente annullamento della dimensione tempo). I neo-dadà renderanno omaggio. in un comune rifiuto della categoria arte, all'inventore del readymade musicale. I concettuali constateranno che. come la pittura antiretinica di Duchamp. anche la musica di Satie è «fatta di materia grigia». I post-moderni riconosceranno nella sua trancemusic. la loro ricerca di annullamento dell'Ego. li più curioso è che nessuna di queste annessioni. at.tribuzioni e interpretazioni. risulta del tutto stonata e inopportuna. Refrattario agli intruppamenti. all'ideologia. ai compromessi. alle complicità come ai fanatismi («Benché sia cattolico. non ho mai desiderato che gli arcivescovi di Parigi fossero circa trecento»). Satie ha viceversa dimostrato vita natural durantee. come sì vede. anche dopo - un profondo rispetto delle prop'1e contraddizioni. Affatto preoccupato - a differenza di tanti - di prefabbricarsi il proprio monumento (anche se ne ha immaginato l'epigrafe: «sono venuto al mondo molto giovane, in un tempo molto vecchio»). passa tranquillamente dalla musica «in ginocchio» alla canzone da caffè-concerto. dalla setta esoterica al patronato comunale laico, dal cabaret simbolista ai Balletti Russi. Basta la sua presenza. però. a segnalare analogie insospettate: lo zen di alcuni suoi adepti non è poi cosi lontano dalla sua ascesa medievaleggiante. la musica ecclesiastica ha le stesse matrici della musica popolare. esoterismo e avanguardia tendono - separatamente. ma parallelamente - a esprimere sensati discorsi attraverso un linguaggio apparentemente privo di senso. Lf interesse che (a differenza di tutti gli altri compositori. se si esclude il caso .particolare di Wagner) Satie suscita in ambienti non particolarmente musicali. trova il suo corrispettivo nella diffidenza. spinta a volte fino alla condanna senza appello. della critica autorizzata: «È bene ricondurre Satie alla sferà della socialità. della vita culturale francese. scrive ad esempio Mario Bortolotto. ma si deve certamente escluderlo come capitolo. sia pure infimo. della storia della musica» (2). C'è da stupirsi che un critico attento. colto e sottile come Bortolotto. difenda così spietatamente la specificità dei mezzi di espressione. in un'epoca incui tutte le frontiere tra i generi crollano una dopo l'altra. li saggio di Adriana Guarnieri-Corazzol lo aiuterà difficilmente a cambiare opinione. Malgrado un'analisi accurata e una documentazione coscienziosa (che non esclude però le lacune. gli errori e le confusioni di persona). esso risulta insufficiente proprio per il partito preso - dettato certo dalle migliori intenzioni - di una sistemazione razionale in un ambito specificamente musicale. secondo i canoni della critica accademica. Vi ritroviamo le tediose suddivisioni in «periodo mistico» e «periodo umoristico» a cui ci ha abituato la critica satista da sessant'anni a questa parte. con l'evidente risultato di far rivivere all'autrice i tormenti di Goethe di fronte ai mostri di Villa Palagonia. (Deciso a dividerli in due categorie: «umani» e «bestiali». il sommo poeta tedesco perse per un momento quell'olimpica calma che lo ha reso giustamente famoso. di fronte a raffigurazioni di animali dal volto umano). Leggendo il libro della Guarnieri non si capisce assolutamente perché il capitolo Satie- espulso periodicamente. ma mai definitivamente. dalle storie della musica - si ritrovi così spesso nei trattati sull'arte contemporanea; come mai significative allusioni alla • figura o all'opera del compositore si riscontrino nelle pagine di Blaise Cendrars. Tristan Tzara. Gertrude Stein. Massimo Bontempelli o Alberto Savinio. nonché nelle opere plastiche di Picasso e Picabia. Calder e Magritte. Mirò e Brancusi. Rauschenberg e Man Ray; perché. oltre che al Museo teatrale alla Scala. nei teatri dell'Opera di Roma e di Parigi. e nella parigina Biblioteca Nazionale. un'esposizione Satie sia stata presentata nel museo Stedelijk di Amsterdam; come mai i grafismi di Satie siano oggi l'oggetto di un seminario di composizione architettonica alla Facoltà di Architettura di Milano (3); e ancora. come mai tanti rappresentanti della new dance. da Merce Cunnigham a Paul Taylor, da Yvonne Rainer a Barry Moreland. includano Satie nel loro repertorio. e soprattutto come si spiega che malgrado l'ostilità della maggior parte della critica francese. l'Opéra de Paris abbia fatto recentemente eseguire - come mai per nessun altro compositore - l'integrale della sua opera. mentre a Londra. a Montréal. a Berlino. a Varsavia. a Tokyo. e. proprio in questi giorni. a Milano. si organizzano delle Satie non stop di ventiquattr'ore consecutive. con un richiamo particolare sui giovanissimi. È anche vero che niente di tutto questo ci viene detto. Quel che manca soprattutto al libro della Guarnieri è un esame soddisfacente di quella che Luigi Rognoni. nella sua introduzione. ben definisce come «la complessa dimensione semantica di Satie. che non è solo quella del linguaggio musicale. ma anche (e in modo indissolubile) del segno grafico. che rimanda a recuperi ancestrali. e della riflessione critico-letteraria. che si rivela come l'analogon di quella musicale». Presenti. ma destinati a rimanere invisibili. come la trama di un tappeto. i testi che Satie introduce. come di soppiatto. tra i pentagrammi. proibendo di leggerli. servono - a dispetto della loro apparente incongruenza - a sottolineare alcune particolarità strutturali. a rivelare - se decifrati- il gioco dei rimandi. le associazioni di idee musicali. Composti generalmente prima della partitura cui si riferiscono. quasi a fissarne il programma. questi testi anomali contribuiscono alla non-identificazione dell'autore con l'opera. Esaminati di per sé. senza la musica corrispondente. costituiscono l'equivalente letterario del processo di scomposizione, stravolgimento e defunzionalizzazione, praticato sul linguaggio musicale ( 4). La decifrazione dei manoscritti è però quasi scoraggiata. di primo acchito. da una presentazione grafica - o meglio calligrafica - che disporrebbe piuttosto alla pura contemplazione. Indissociabili dall'immagine mentale che suscitano i loro contenuti. queste calligrafie sembrano a volte proporre i misteriosi quesiti di un arabesco islamico. o di una formula magica. L'importanza presa dall'espressione grafica nella musica di questi ultimi anni. rischia però di falsare ai nostri occhi il loro senso. Anziché tendere come i nostri contemporanei a un massimo di comunicazione e di personalizzazione. Satie infatti sembra avere piuttosto voluto sottolineare. con le sue esasperate calligrafie. il paradosso per cui il compositore è costretto ad esprimersi in una forma-la forma grafica - che. per definizione. non giungerà mai come tale all'ascoltatore. M anca ancora al saggio della Guarnieri un'analisi pertinente del comportamento di Satie, qui sbrigativamente liquidato come «paranoide». Non abbiamo mai pensato - con buona pace di tutti i biografi parapsicanalitici - che la vita di un autore possa spiegare la sua opera; altrimenti tutti gli orfani di madre sarebbero Edgar Poe. tutti gli 11man1di el proprio chauffeur Marce! Proust e tutti i fotografi di bambine Lewis Carroll. Non si può non convenire. però. che una vita, modellata giorno per giorno dalle esigenze di un Progetto. ne sia in definitiva il prodotto. ne porti comunque l'impronta e consenta. di conseguenza, utili verifiche. Pur comprendendo la repugnanza dell'autrice per l'aneddotica pittoresca. non crediamo però sia da sottovalutare il fatto che la vita di Satie si presti a una legende dorée. che si arricchisce ogni giorno di nuovi. spesso immaginarii. episodi. Non a caso stimola la fantasia dell'osservatore la minuziosa organizzazione della sua solitudine che lo spinse a fondare una Chiesa per suo esclusivo uso e consumo. a fissare appuntamenti a se stesso per via postale. o a trascrivere le proprie visioni fantastiche sotto forma di annunci pubblicitari destinati soltanto a risvegliare la propria attenzione. Né è priva di interesse l'applicazione con cui Satie si adopra ad assumere, fisicamente. l'aspetto di una maschera - portando per sette anni di seguito lo stesso vestito di velluto. fulvo come la sua barba. acquistato a sette identici esemplari. e. per i trent'anni successivi. trascorsi perlopiù in mezzo alla variopinta bohème di Montparnasse, la severa uniforme del burocrate. Come Man Ray. a chi gli rimproverava di dipingere paesaggi da cartolina. Satie avrebbe potuto rispondere: «Piuttosto che perdere tempo a épater le bourgeois preferisco disorientare i surrealisti». A proposito del carattere eccentrico di Baudelaire. scrive Benjamin, in Angelus novus, che «era una maschera sotto la quale egli cercava di nascondere. per una sorta di pudore. la necessità superindividuale del suo destino di vita>. Ci sembra di poter applicare un simile concetto anche all'autore delle Memorie di un Amnesiaco. « essuno più di Satie. ha scritto il compositore Maurice Ohana. ha saputo cancellare se stesso per lasciar passare, sola, la musica... Situate fuori dal tempo e, per cosl dire. fuori dallo spazio delimitato della loro epoca. le opere di Satie sembrano indicare una radura dell'arte, nella quale gli estetismi risultano aboliti e dove solo la musica passa, senza neppure fare allusione al suo autore ... Il contenuto psicologico è a tal punto epurato da queste pagine, che, più che a un individuo. si è tentati di attribuirle a una sorta d'istinto collettivo della razza umana» (5). '' Se i miei sogni vi sembrano divertenti. avvertiva modestamente il dottor Freud. sappiate che non è merito mio». Non si può negare il carattere onirico delle rallegranti immagini di Satie: usignoli con il mal di denti. conigli che cantano. paesaggi che non sanno che pesci prendere. Constatando le reazioni dei suoi simili. Satie diceva d'altronde: «L'uomo è fatto per sognare così come io sono fatto per avere una gamba di legno>. Nella sua tesi. Clwracteristicsof the music of Erik Satie that suggest the id ( 6). Barbara FerreU-Hill identifica la musica di Satie al linguaggio deU' Es. il che spiegherebbe anche il suo singolare potere di penetrazione subliminale e la sua incompatibilità con il giudizio supponente. E curioso notare che proprio «ES» è la sigla con cui Alfred'-Leslie-Erik Satie. detto anche Esotérik Satie, firmava abitualmente i suoi messaggi. Prima. naturalmente. che Freud coniasse questo termine. ote (1) «Le Monde de la Musique» n. 19. gennaio 1980 (disco CBS 61874). (2) M.B. Rinnovare senza dilmanrismo. in John Cage. Dopo di me il silenzio, Milano. Emme. 1979. p. 126 (3) prof. Corrado Levi. SariL (Erilc, 1866-1925). L • Architettura da portaunere. dispense di composizione architettonica. V. Milano. 1980. (4) Henri Béhar. Erik Sarie I! il conformismo ironico in H.B. Teatro dadà I! SUlll!alista, Torino. Einaudi. 1976. p. 69-72. (5) Jean Roy. Prlsences contemporaines, Musique française. Paris. Nouvelles Editions Debresse. 1962. p. 388-389 (6) The University of Colorado. 1966 Unamisteriosraaccoltdaidonne Renato Pedio L'altra metà dell'avanguardia 19101940 Mostra in Palazzo Reale, Milano, 16 febbraio-13aprile 1980. Responsabile, Lea Vergine; progetto allestimento, Achille Castig.lioni; realizzazione e grafica, Grazia Varisco; redaz.ione, Elisabetta Fermani; note sui movimenti del Novecento, Stefano Casciani. Lea Vergine L'altra metà dell'avanguardia 19101940. Pittricie scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche Comune di Milano. Ripartizione Cultura. Molte riproduzioni di cui alcune a colori, voci bio-bibliografiche di AA.VV.; una lettera critica di Giovanni Lista • Milano, Mazzotta, 1980 pp. 282, lire 12.000 I viventi quadri subivano quell'alternanza figura-sfondo che è tipica di certe forme ambigue. S'erano appena fatti figura, scollati per mano di Lea Vergine dalla foschia di ilenzi sprezzanti e cantine vischiose; ma now si facevano sfondo, socializzandosi nel gelo di osservazioni esperte, tutte incontrovertibili, e dunque si ritraevano, divenivano un 1101, un non sl. Contesi tra i reticoli del bilancio critico e le furie di un disagio rimosso, mischiato, esistenziale, non rimaneva loro che nascondersi all'incrocio delle dissolvenze mondane. Qui dunque per te, cortese lettore, prima il bilancio; poi il disagio. Riassumiamo le note critiche alla svelta, poiché sono pressoché unanimi, e vere. A tutti gli effetti, in quelle sale di Palazzo Reale ci si trova in un museo d'arte moderna (un 450 pezzi) di buon livello. Sotto questo aspetto, che le opere siano tutte prodotte da donne ha rilevanza solo in un senso; la cittadi- ·nanza è piena, la legittimità è garantita, e l'avanguardia registra infine la partecipazione femminile sul piano della norma e non su quello dell'eccezione. È importante perciò, benché ovvio, sottolineare il rigore della difficile operazione; esso elimina, alla sorgente e al ricevente. il rischio di razzismo femminista o antifemminista. Vengono riparati lucidamente non pochi né piccoli torti; la riparazione è efficace perché il livello professionale è alto in tutta la mostra. Il volume-catalogo malgrado i refusi della fretta (converrà una ristampa) è assai utile; quando le notizie bio-bibliografiche sono scarse, è di solito perché non si conosce altro. Dunque, campo integrabile da necessari studi futuri, ma partenza esatta. Questo livello critico non è compromesso dalle lacune più o meno reali che qualche esperto fa notare. Quando esse esistano, sono dovute ad una delle seguenti ragion,: a) per quanto affascinante, e/o tragica, sia stata la vicenda umana dell'operatrice, il prodotto non era a livello; b) oppure, i pezzi non sono stati concessi, specie dall'estero e per motivi talora bizzarri; c) ovvero, non valeva la pena di concentrare troppo tempo o troppi dei non molti soldi su personaggi acquisiti (tipo GonQ!rova); d). o magari l'artista ha Germaine Kru/1, Ritratto di Frédéric Lefèvre ( 1930) declinato l'invito (come Tanning, la cui spiritosa missiva è puntualmente esposta e tradotta); e) o forse si tratta di figure fuori dell'avanguardia (per es. Valadon); f) l'eccezione Accardi, troppo avanti quanto a date, è ovviamente deliberata, per amore di patria. Infine, l'allestimento di Castiglioni con la Varisco, fatto di candide stesure di teli obliqui che tagliano fuori «l'altra metà» degli spazi, in sostanza è riuscito; le obiezioni riguardano dettagli, solo nelle prime sale il volumetrizzarsi a terra e la conseguente convessità dei diaframmi lo rendono, se si vuole, un poco prevaricante: ma a quei volumi lievi tu volgi subito le spalle, perché guardi i quadri, che si leggono tutti mirabilmente. A me, scottato da una recente mostra a Roma, sembrava il paradiso: la luce diffusa è davvero perfetta. Di conseguenza: si può senza dubbio e si deve prolungare la mostra a Milano e farla viaggiare in Italia e fuori. Questa, in pedestre digest, la «vernice> blanda e inevitabile imposta sul mistero entro un minuto dalla palingenesi. Il brusio peripatetico, nella mostra impossibile, pareva un altro. La stupenda lamina di Oppenheim, presente in tutte ossa, perdeva la ferocia. Magma per decine di articoli commozioni conversioni metafore turpitudini lapsus, man mano da ritagliare e impastare all'ingresso: compresa, nel bene e male, la presente pagina. Una soglia: un'unica sala buia, a prologo. Qui sei Humbert-Humbert giganti, Breton Eluard Char, Parigi '34, ascoltano una troppo composta educanda-prodigio leggere qualcosa che di lì a poco Guy Lévis Mano comporrà a mano e tirerà al torchio. Una Prassinos paffuta e improbabile risucchia il cono immagine verso un fuori, come in certe inquadrature di Pudovkin. Un trent'anni dopo, quando lo andai a trovare, Guy forse impaginava allo stesso modo L 'homme au chagrin, un'altra cosa. Vi è una sala in cui di necessità il telo fa coppa, manifesta con impudicizia !'«altra» sua faccia interna. Immaginai quasi che vi si annidasse Gertrude Stein. di cui ricordai particolarmente un testo (ed. '49) dal titolo A play ca/led nor and now: «Una misteriosa raccolta di donne. Tre ragazzi che parevano uomini [ ...] I tre ragazzi che parevano uomini non erano molto vicini alla misteriosa raccolta di donne».

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