Alfabeta - anno II - n. 11 - marzo 1980

I La lottadiTobicaonl'angelo a ~t~ellacapraconillupo ~ I. I/ primo scherzo che mi ha giocalo quel fol/euo che chiamiamo inconscio è di farmi credere che Tobia ha louaro con l'Angelo prima di a//raversareil Fiume. Tobia doveva, voleva, attraversare il Fiume, gel/arsi a nuoto e raggiungere l'altra riva (stavo per scrivere l'altra viva) e riprendere il cammino verso l'oasi agognata, dove scorrono latte e miele e gli alberi sono carichi di frutti spontanei. L'Angelo gli si oppone verso il crepuscolo e comincia una folta corpo a corpo, una stretta forsennata che non ha fine, dura tutta la notte finché ali'Alba l'Angelo scompare e Tobia si accorge di avere un'anca lussata. Così scende nelle acque e lentamente, nuotando sul dorso, tulto di braccia, raggiunge l'altra riva, nel punto dove le acque formano un lago di calma al riparo dai vortici delle limpidissime correnti. Tobia rimane " dunque zoppo per tutta la vita ma è felice. Può finalmente congiungersi con quella viva che aveva desiderato fin dalla nascita, con lei ora si unisce appena varcate le soglie della maturità. Si comincia a sentire battere il cuore dei suoi figli e dei figli dei suoi figli e l'oasi sognata si chiamerà Israele, dove un giorno gli alberi si seccheranno e il miele diventerà pietra. L'alba in cui Tobia si scopre zoppo dopo aver /ouato tutta la notte con l'angelo è la stessa dell'unione con lei. Sull'altra riva c'è Sara che ha visto morire sulla soglia della sua stanza sette mariti prima che comparisse Tobia prima del calare della notte. Qui il racconto biblico è quasi fedele. O meglio: non ricordavo nulla di questo episodio e quando ho riletto la storia di Tobia e ho scoperto che la lotta con l'angelo l'aveva inventata quel folle menzognero che chiamiamo inconscio, ho riscoperto anche la storia della figlia di Rague- /e, la viva che erastata destinata a Tobia fin dal grembo materno, fin da quando la sua prima vena aveva cominciato apulsare per divenire cuore nel giro di poche seltimane. Ora che racconto quest'esperienza devo seguire i miei pensieri e i miei pensieri mi trascinano per i capelli senza farmi male, mi guidano verso il racconto dell'episodio delle nozze, ma prima c'è il fiume. Quando cercavo conferma de/l'episodio della lotta con l'angelo, che ero sicuro di avere letto, ho trovato due altre componenti del mio racconto: l'arcangelo Raffaele e il fiume. Ma sulle rive di questo fiume succede un'altra cosa. «Il ragazzo (Tobia) partì insieme ali'angelo e il cane lo seguì. Camminarono insieme, e il cane dietro, e quando venne la prima sera si accamparono sulla riva del Tigri. li ragazzo scese fino ali'acqua per lavarsi i piedi e un grosso pesce saltò fuori dall'acqua e per poco non gli inghiottì un piede. li ragazzo gridò e l'angelo gli disse: 'Afferra il pesce e non mollarlo!' Il ragazzo riuscì a catturare il pesce e lo tirò sulla riva. L'angelo gli disse: 'Aprilo, togli il fiele, il cuore e il fegato, mettili da parte e geua via le interiora, perché fiele, cuore e fegato sono utili rimedi'. li ragazzo aprì il pesce, prelevò il fiele, il cuore e il fegato, fece cuocere un po' di pesce per ilpasto e ne mise da parte per me//erlo sotto sale». Immagino soltanto che il cane, sempre alle ca/cagne di Tobia (lo possiamo infatti vedere in tutti i dipinti di soggeuo biblico, un cane molto amato anche dai pittori) abbia mangiato le interiora del pesce e si sia addormentato sul petto del ragazzo. li cuore pulsante del pesce finisce nel sacco da viaggio di Tobia, ben custodito e ben conservato, perché si trasformerà in quello più forte dei suoi figli. Tobia ottiene Sara in moglie e comincia il banchetto delle nozze. «Quando ebbero finito di mangiare e di bere si parlò di andare a dormire, e condusser.o il giovane dalla sala da pranzo a qùella da letto. Tobia si ricordò allora dei consigli di Raffaele, prese il suo sacco e ne trasse il cuore e il fegato del pesce, li mise sulla brace dell'incenso. L'odore del pesce infastidì il demonio in agguato che fuggì nell'aria fino in Egitto. Invano. Raffaele lo inseguì prontamente, lo cauurò e lo strozzò senza indugio». Con la fuga e la morte del demonio svaniscono i fantasmi dei selle precedenti mariti fulminati sulla soglia della stanza da /elio nuziale. Ma nessuno lo può ancora sapere. Nel cuore della notte Raguele ha paura e pensa che se anche Tobia, l'oliavo marito, è morto come gli altri seue che lo hanno preceduto, anche se Tobia è quello giusto, quello voluto dal Signore, sarà necessario nasconderlo per evitare le chiacchiere maligne dei vicini, già sconcertati per la morte fulminea di sette mariti. Chissà che cosa succederebbe se anche l'oliavo, l'uomo atteso da generazioni, dovesse esseresopraffallo _daldemonio. Così Raguele si alzò in piena noi/e e si fece aiutare dai servitori a scavare una tomba per Tobia, come se i servitori non potessero parlare, per non coprire di ridicolo il padrone. Raguele era tanto ingenuo da crederlo, ma era preda del panico. Doveva credere di potersi me//ere al sicuro scavando una tomba, come se la tomba potesse conservare un segreto, come se la tomba fosse un luogo di occultamento, il luogo delle rimozioni definitive. Di certo i servi avrebbero approfillato dell'occasione per coprire di ridicolo il padrone indicando la tomba ai vicini. I servi, infaui, sono come i sogni, e la tomba l'immagine di quel nascondiglio così poco sicuro da non esserepiù che un finto nascondiglio cui diamo il nome di inconscio. (Ricordo che questo è un racconto che ha per rema l'inconscio. Ma c'era bisogno di ricordarverlo? Non era già fin troppo evidente, dal momento che l'inconscio spiffera subito tutto e non sa trauenere il minimo segreto?). Allora fu chiamata un serva. Che accese una lampada, aprì la porta della camera nuziale e entrò. Alzò la lampada per vedere meglio e guardò i due che dormivano abbracciati, respiranti, dentro un sonno profondo. La serva uscì dalla stanza e annunciò: «Non è morto, va tutto bene». Sì, va tutto bene, Tobia ha raggiunto il grembo di Sara, è approdato sull'altra riva, ha sentito lei viva rispondergli, e l'angelo lo ha aiutato, non ha mai lottato con lui, non ha perso un piede a causa del grosso pesce che invece gli ha fornito il fegato e il cuore da bruciare per mettere in fuga il demonio assassino. lo ricordavo il contrario: che Tobia aveva lottato con l'Angelo, che aveva vinto e che l'angelo era scomparso e che Tobia era rimasto solo. Nel mio ricordo non c'era Sara. lo stavo ancora al di qua del fiume e immaginavo che ci fosse un'altra riva e avevo voglia di vederla e dt gettarmi a nuoto e non mi decidevo a farlo e dunque pensavo che ci fosse un angelo con cui lottare e infatti l'angelo c'era. C'era l'angelo che io avevo visto lottare con Tobia perché mi ero identificato con lui~ avevo louato al-suo posto. Di questo mi sono reso conto rileggendo l'episodio, come ho deuo, e sono dunque stato costretto a cercare in un altro libro quella lotta di cui ero sicuro e che dovevo solo avere spostato. Ero anche sicuro che fosse scritto così: «E Tobia lottò con l'Angelo tutta la notte e non ne fu sconfitto. Quando venne l'alba si rese conto che il suo avversario non era un Angelo ma Dio che aveva lottato con lui senza riuscire a prevalere. Aveva lasciato un segno, un femore fratturato, per cui Tobia andò zoppo tutta la vita, in memoria della sua lotta con Dio». Era arrivato il momento di rileggere la Bibbia dal principio. Ricordavo perfeuamente il sogno di Giacobbe, le scale infinite che raggiungevano il cielo e sui gradini di quelle scale angeli che salivano e scendevano. Allora Yahvè gli si presentò e gli disse:« La terra dove stai dormendo la dono a te e alla tua discendenza ...». li sogno di Giacobbe cancellava nella mia memoria l'episodio della lolla, come se chi aveva sognato le scale con gli angeli non potesse essere colui che più tardi doveva lottare con Dio. Invece nella Bibbia sta scriuo: «Quella stessa notte si alzò, prese le sue due mogli, le sue serve, i suoi dodici figli e passò il guado di Yabboq. Li condusse tu1ti e li fece passare auraverso il fiume, e fece anche passare tutto quello che possedeva. E Giacobbe restò solo. E qualcuno follò con lui fino a/ levarsi dell'aurora. Poiché non riusciva a dominarlo lo colpì al culmine dell'anca e l'anca di Giacobbe fu sciancata mentre lottava con lui. Egli disse: « Lasciami, perché l'aurora è vicina», ma Giacobbe rispose: «Non ti Amo11ioDonghi, La sposa (mostra del Novecento italiano, Buenos Ai~es /930). lascerò finché 1101m1 i avrai benedeuo». Egli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Giacobbe», rispose. Egli replicò: «Non ti chiamerai più Giacobbe ma Israele perché sei stato forte contro Dio e comro gli uomini e hai vinto». Giacobbe fece questa domanda: «Rivelami il tuo nome, ti prego», ma egli rispose: «Perché mi domandi il mio nome?» e nello stesso istame lo benedì. Il. Allora l'angelo è la figura di un mio sogno, l'immagine contro cui bauermi per attraversare il muro di tulle le immagini in movimento che si oppongono alla mia decisione di geuarmi a nuoto e passare il fiume e raggiungere lei, la viva. Mi fermo su questo punto, che il ricordo del sogno di Giacobbe mi ha cancellato l'immagine successiva della folta e penso che ~ia questa la sua ragione, perché è successiva. li sogno di Giacobbe èpiù che una promessa, è già una realtà, è il suolo su cui sogna, che sarà suo. «Sarà», ecco, non «è». Dunque è necessaria la prova, la /oua con chi ha promesso, l'innominabile, qualcuno che non deve uscirne vincitore affinché la promessa sia mantenuta, nonostante sia infinitamente più forte. Dal punto di vista di una ragione astraua: non si può neppure cominciare, e il corpo a corpo deve essere invece ingaggiato, come nei casi di ma/auie mortali, chi non le acceua, chi le affronta a viso aperto riescea sconfiggerle, ritorna a vivere. I sogni, messaggeri dell'inconscio, come si sa da sempre, sono ingannevoli ma il cumulo di menzogne che il loro mandante ordina di trasmeuere contengono nel loro insieme un messaggio veritiero: che non ci può sourarre alla folta contro i loro stralunati tranelli. Circa un secolo fa, si legge, ciò che era stato chiamato volontà ebbe il nome di inconscio. Dio mio!, quali altre deviazioni. Sento, al contrario, che la mia volontà, il mio prògramma, ogni mio progetto va contro la trama degli inganni, ne taglia la rete, non obbedisce ai segnali sbagliati, affronta corpo a corpo quello che a volte chiamo l'angelo nero. Perché esiste anche un angelo bianco, la figura di Raffaele, il compagno di viaggio di Tobia. È stata una sorpresa scoprire l'Angelo che impedisce a Tobia di scendere, contro la sua volontà, nella tomba che gli era statapreparata in segreto, tanto mi ero assuefallo all'idea di dover lottare sempre senza ricevere mai un aiuto contro quella folla di immagini sognate che mi facevano protagonista di azioni contrarie ai miei desideri, che cercavano di mettere in ridicolo i miei progelli coscienti. Così in sogno non riuscivo a amare una donna, non riuscivo a compiere un alto amoroso, l'angelo nero voleva convincermi dell'impossibilità di un conta/lo, di un'unione. Quando, per mia decisione contraria, questo contatto è avvenuto, l'unione si è compiuta, mi sono subito reso conto che avevo sconfitto molti miei sogni e ne ho provato una felicità tanto forte da farmi uscire a poco a poco da quelli che chiamavo, e credevo, i miei limiti. Raffaele era volato in mio soccorso e aveva strozzato in un baleno l'angelo guardiano, il demonio in agguato sulla porta nuziale di Sara. La rabbia per la mia credulità di un tempo (c'è stato un periodo in cui ho scri//o certi sogni nella convinzione che mi dicessero alcune verità!) e per il sistema dell'inconscio troppo abile nel far circolare monete false come fossero vere, soldoni di cioccolata per dobloni d'oro, rischia di trasformare il racconto di un'esperienza di tràsposizio11iin un'inveuiva che contraddice (o invece incita?) la volontà di /ouare. Ma devo chiedermi, con una certa concitazione, perché mai ciò che è nascosto, o che si crede nascosto, dovrebbe essere vero in contrapposizione a ciò che è palese, illuminato? «Perché mi chiedi il nome?», ha chiesto quel qualcuno che ha sciancato il fianco di Giacobbe. Per sapere la verità. Ma la verità è Tobia, protei/o dalle ali di Raffaele, Tobia, il vero angelo, viltorioso, cambiato, che inseguo da sveglio, ora che il disco immenso del sole nella sua lenta discesa sol/o l'orizzonte rivelamarcati i profili di una ciltà che mi pare tedesca, irta di guglie, che non può essere n dove in questo istante appare, nera su rosso. Forse sono guglie di chiese che non ho mai visto prima, o ciminiere, o tralicci per le linee dell'alta tensione che trasformo in una ciltà tedesca. Penso a Novalis. Penso a un lungofiume sul Meno. A una passeggiata no11urna.Ancora a Novalis che mi si presenta dentro uno specchio nero, campo di scontro dei sogni nemici. Novalis che mi invita a voltare le spalle allo specchio per guardare una pianura tedesca che si distende ai suoi piedi. Sullo sfondo una chiesa gotica con due campanili. L'erba fiu1tua nel vento alle sue porte e i sogni in tumulto distruggono lo specchio, distruggono se stessi. Si sentono voci di ragazzi che giocano, che si alzano, inseguono, abbassano, ridiventano acute quando risbucano da dietro gli angoli. In mezzo si mescolano strida di gabbiani. Non distinguo più le une dalle altre. È calata la noi/e, i ragazzi giocheranno ancora per poco. I gabbiani si sono addormemati. È il momento di chiedermi perché ho accostato la lo1ta di Tobia con l'angelo (e adesso sappiamo che è stato invece Giacobbe a lo1tarecon Dio senza soccombere) quella della capra con il lupo, che è durata tu/la la noi/e ed èfinita alleprime luci dell'alba. Allora la capra, quando ha visto l'aurora salire dietro le colline che circondavano il prato della folta, ha ceduto la gola al lupo e ha lasciato il suo sangue scorrere dal/' arteria tagliata dai denti del nemico, fino a sciogliersi tulio nella terra. Forse la capra credeva che a/Laluce dell'alba il suo sangue potesse scorrere senza morire. Sacrificarsi e rinascere. Capra e angelo. Essenziale era non cedere durante la 110//e,quando il nemico domina nel proprio regno e il sacrificio diventa vano e si trasforma in menzogna. Se invece si resiste fino alle prime luci del giorno in quel momento ci si può abbandonare, perdersi, che significa anche: ritrovarsi altrove, rinascere. Non ne sono sicuro, so che le immagini che ho intrecciato sono queste, so di essere la capra e i sogni le lame dei denti del lupo. « Lasciami, perché l'aurora è arrivata», così ha deuo qualcuno nel corpo a corpo con Giacobbe. La capra, esausta, ha pensato: «Adesso mi lascioprendere, perché la luce è arrivata... ». Quando ha sentito scorrere il sangue ha visto il fiume, si è tuffata e ha raggiunto la riva. Altro, per il momento, non posso aggiungere.

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