Alfabeta - anno II - n. 11 - marzo 1980

mento dell'inalleso, del sorprendente è quindi la viaperché /'analisi non diventi ideologia e forse proprio in questo sta uno dei punti fondamentali di deviazione lacaniana della teoria freudiana; leggevo recentemente un articolo in cui si diceva che Jung non usa le associazioni individuali, ma allora l'analisi diventa una cosa di una noia mortale perché ritrovare la stessa cosa fa sì che dopo sei mesi non puoi più andare avanti, a meno di non essere anche tu uno che prova una particolare soddisfazione nel dire l'identico, a meno insomma di non essere ossessivi... e poi questo vorrebbe dire rinunciare a quello che e'è di specificatamente individuale, eccentrico, idiomatico, dialettale, che è invece, secondo me, ilpunto in cui l'analisi diventa qualcosa di appassionante per te e per l'altro, in cui cioè l'analista può scoprire qualcosa e quindi dire all'altro qualcosa che scopre anche l'altro. «Se lapersona in analisi, proprio per il falto di essere in quel momento in analisi, mi viene adire che stapensando al complesso di Edipo o a una qualche teoria lacaniana, è chiaro che io non posso entrare in discussione su questo tipo di argomenti perché altrimenti non potrei più andare oltre, perché farei una controideologia, perché farei un discorso filosofico più o meno serio, più o meno opportuno; se invece lascio andare avanti questo discorso dandogli il valore di qualunque altro enunciato personale che può esser fallo di lì a qualche minuto, allora ne verrà fuori qualcosa che né io né lui sappiamo. L'analisi sarà quindi un flusso che cominciamo ma che non sappiamo come e dove andrà a finire ... è quindi importante non avere memoria per l'analista!». Ma forse è proprio questo sapere dell'inquirente, questo sapere che può produrre domande e interrogativi che non si sa dove andranno a finire, che l'analista rifiuta in quanto sapere che in fondo mette in pericolo il suo stesso ruolo! «Forse anche perché poi la gente generalmente non sopporta di essere angosciata, di non aver la risposta pronta; l'analisi diventa allora un riparo rispello allaprospettiva di mutamento e /'analista finirà anche senza rendersene conto con il diventare lui stesso il più importante elemento di una replica. L'inefficacia dell'analisi dipende in generale dal fatto che ciò che viene detto, la cosiddeua interpretazione, è una cosa già saputa, non ci può esserequindi mutazione perché se ti dico delle cose che in fondo tu già sai, lii rimarrai sempre la stessa; se invece ti dico la parola che ti attraversa il cuore e ti passa dal- !'altra parte e proprio quando tu non te lo aspettavi, si riapre qualcosa, muta qualcosa. lo quindi mi rifiuto di dare una risposta che non sia quella che mi nasce i11 quel preciso momento, personalmente poi io sono uno molto impaziente, mi annoio facilmente per cui se non seguissi questo metodo ... «La cosa più sorprendente, comunque, è che è ancora possibile non essere totalmente mangiati da/l'interpretazione, anche se molti resoconti psicoanalitici sembrano spesso soltanto una lezione o freudiana o kleiniana o lacaniana. Tra l'altro c'è anche un momento, come dire, di insicurezza preliminare; se tu cominci a parlare e io ti ascolto ma non so assolutamente dove vai a parare, è ovvio che appena riconosco qualcosa, te la incollo sopra! Bisogna quindi imparare a stare in silenzio e a parlare solo quando c'è qualcosa da dire; solo così l'analisi può diventare quell'occhio in più, quell'occhio che è però sviluppato anche dall'altro. Ad esempio, se l'analista fa dei lapsus, l'altro è perfettamente in grado di interpretarli, insomma nell'analisi si è in due»' Ma essere in due significa essere alla pari e quindi rinunciare sia ad un ruolo sia ad un sapere, che ha in fondo un compito ben preciso di affiliazione, di conferma, di riconoscimento. «Essere in due non significa quasi mai essere alla pari. La parità, come simmetria perfetta, è un'illusione o.net migliore dei casi un mito. Torno a questo punto alla situazione del Nipote di Rameaa / due interlocutori sono profondamente diversi, l'uno è affascinato dall'altro e entra dentro l'altro, ne viene fuori qualcosa che né l'uno né l'altro avevano previsto, ma nessuno perde la propria identità, nessuno diventa l'altro». Perché tu sei freudiano? «Perché in Freud c'è questa recettività, questa attenzione costante a ciò che è eliminato, la tensione verso ciò che non è noto e quindi inquietante ... ». Tu parli quindi della validità di un metodo di lettura del reale. «... il che poi non toglie che Freud abbia, come dire, costruito il suo metametodo e lì non lo seguo affatto. Mi sono anche interessato alla storia del Todestrieb, ma lì in fondo si avverte che c'è come il passaggio ad una cosa diversa e che forse· se questa cosa si analizzasse avrebbe probabilmente tutto un altro aspetto. Freud comunque ha scritto a diversi livelli; L'interpretazione dei sogni è a un certo livello ma il settimo capitolo de/l'Interpretazione dei sogni è ad un altro livello; Mosé e il monoteismo è ad un altro livello ancora e cosl le lezioni del '15/' 17. Io mi considero quindi freudiano in questo metodo elementare di attenzione a tutto ciò che viene fuori dal discorso analitico e che viene invece cancellato da altri tipi di discorsi su tutto il resto, cioè su tutta l'organizzazione metapsicologica, sulle pulsioni ... ». A proposito delle pulsioni e, in particolare, della pulsione di morte, non ti sembra che in Freud, per lo meno nel Freud di Al di là del principio di piacere e anche di Pulsioni e loro destini, l'elaborazione delle pulsioni di morte e quindi anche del desiderio spetti in qualche modo all'uomo, cioè al potere, mentre alla donna è delegata la funzione di conservare l'omeostasi, la costanza? agli uomini, a q11es1mi ascheroni osceni di vescovi e presidenti che speua I' esercizio del diriuo di morte. E che per Fre11dla posizione masochista è più freq11emenella donna». Ma a parte il fatto non irrilevante che il masochismo «specificatamente femminile» secondo Freud, è soltanto la _conseguenza storica della rinuncia di sé che la donna compie nell'atto sessuale, incui da sempre è stata vissuta e si è vissuta come oggetto, rimane che alla donna spetterebbe solo l'erotizzazione delle pulsioni di morte rivolte all'interno! «Mi sembra chiaro che, guardando storicameme, l'esercizio del diritto di morte è stato fondamentalmente maschile. S11 questo terreno possiamo discutere, la cosa diventa più difficile invece se parliamo di pulsioni di morte». Quindi secondo te il discorso freudiano sulla pulsione di morte non è un punto nodale su cui rivedere la sua teoria, se di una teoria si può parlare? «Per me rimane fondamentale il terreno analitico, in cui lapulsione di mor- . te compare come elemento in contrasto e nello stesso tempo immanente alla pulsione di vita, insomma come conflitto e complicazione del desiderio, del s110mescolarsi alla morte. In questa direzione, un tema che mi ha interessato nel mio ultimo libro è quello del 'culto degli amenati', cioè il rapporto tra morte o meglio l'esperienza della Mario Sironi, Solitudine (prima mostra del Novecento italiano, 1926). «Mi sembra 11nachiave di leuura che va molto al di là di quel che pensava Fre11d... ». Ad esempio, nella rappresentazione pornografica non è casualmente che il desiderio o il godimento femminili, specificatamente femminili, siano sempre assenti: la donna mima la sessualità maschile che è in qualche modo dominata, pervasa dal desiderio di morte. «Sessualitàe desideriodi morte... forse stai pensando a Sade, all'opera di Sade. Ma in fondo bisogna chiedersi chi è veramenteSade? Sade è via via uno dei suoi vescovi e presidenti, insomma uno di q11eimascheroni che ha messo in scena nell'esecuzione di 11ndesiderio di morte? O è anche Justine, la ragazza, il ragazzo continuamente esposto, sottoposto al piacere dell'altro? Varrebbe la pena di approfondire questo punto. Forse si vedrebbe che Sade non è il monumento della sessualità maschile che si pensa di solito, che in lui il maschile non coincide col virile, col fallico, con l'eretto insomma, che c'è anche q11estaparte di assenza, di mortificazione del desiderio che lui stesso attribuisce alle donne, e in cui le donne non si ritrovano, ovviamente. Voglio dire che i giochi sessuali non sono forse così ruo/izzati, così definiti come sembra. In questo senso, non credo che /'elaborazione della pulsione di morte spetti in esclusivaall'uomo. È vero che in Sade è morte nel gruppo e le operazioni di rinnegamento della morte, l'interpretazione della morte come deliuo, come intervento malefico o come punizione per la violazione di norme del gruppo stesso, le misure di distanziamento radicale attraversocui si compie il lavoro del lutto tribale, eccetera». Infatti è. molto importante questa tua analisi della società arcaica come un mondo costantemente in bilico su un equilibrio precario, «continuamente esposto alla distruzione per opera dei morti vendicatori e faticosamente salvato attraverso le osservanze e i riti». Ma ancora una volta anche in questo mondo arcaico le morti non sono eguali, la morte distingue fra gli uomini da un lato e le donne e i bambini dall'altro. Perché la morte delle donne non «disperde una parte della sostanza» del gruppo? «È vero. Questo è un tema che affiora nèl libro, vedo che le ne sei accorta, e che però non ho sviluppato. A un certo punto 11nlibro è come un essere differente da te, si muove con una logica . propria e indipendente da te. E ci saranno certodelle ragioniper questo fatto... Sai anche che cosa non ho sviluppato abbastanza? è il tema dellapredazione ... il nostro è un tempo di predazione, per esempio tutti i movimenti diciamo così di contestazione sono tutti in qualche modo predatori, dalla donna che ruba ai supermercati al brigatista che spara, a quelli che vanno ai concerti senza pagare. In ILI/lic'è q11est'aueggiamemo del prendere, dell'af ferare la prima preda, così come c'è 1111 tempo privo di richiami a/l'indietro, privo di tradizioni, 11111s0postato SLtl1' adesso, s11/q11ie ora. Forse varrebbe lapena di insisteres11questa situazione delle società occidentali che per certi versisembrano vicine a q11elledi gmppi preagricoli, pre-preistorici...». In questo tuo ultimo libro in cui mi sembra realizzarsi fino in fondo quel metodo di ricognizione di un tempo storico che nel saggio sul tempo denaro anale definivi «antropografico» e tale da privilegiare la fondamentale storicità delle produzioni inconscie, c'è anche un distacco ben preciso da alcune correnti dello strutturalismo e più in generale della linguistica, anche se ti rimane un forte amore per LéviStrauss! «SI, amo Lévi-Strauss di Tristi Tropici Anzi, forse amo solo quello. Ma a proposito della storia sei proprio sicura che ci sia q11estoprivilegiamento? C'è sempre una cautela molto spinta nei confronti delle parole storia, storico, e s11che cosa si intende di solito con q11este parole. Ho insistito piuttosto s11i diversi tempi in cui si svolge l'agire dell'uomo». Ma da dove ti è venuto fuori questo interesse per il tempo? «Certamente dalle mie malattie! Voglio dire... sono sempre diviso tra l'interesse per ciò che mi passa accanto in un preciso momento e un uso più profondo, più personale e intenso del tempo. Vorrei dire quasi un uso solitario. È per questo che sono stato così colpito da quest'ossessivo che cercava magicamente di annullare il tempo, e ehe di fatto stabiliva un s110mondo personale chiuso a 111ttgi li altri. Un mio amico mi ha scritto di averci trovato della grandezza. È vero. Pensa che è stato rifiLtlatoda altri due o tre analisti e che per un anno non è riuscito ad arrivare alle sedute, ~alie tanti erano gli atti prestabiliti che doveva compiere in vista del s110scopo. È.da questo uso del tempo, si potrebbe anzi dire da q11esta ricerca s11/tempo, che è nato il libro». Mi sembra molto interessante la tua ipotesi sia sull'origine dell'ossessione, individuata in «una relazione di appartenenza precocemente bloccata», sia sul meccanismo di difesa che ne consegue, in forza del quale il soggetto diventa una «macchina morale» il cui battito preciso, seriale è dato dalla regola, dalla legge, ma di fronte al quale «il male ricostituisce un tempo consecutivo che nella sua continuità permette una storia, seppure interamente negativa, interamente colpevole». Rispetto al meccanismo freudiano descritto con il nome di Ungeschehnmachen come si pone la tua ipotesi dei due tempi dell'ossessivo? • «In Fre11d-,mi pare, il 'rendere non accadwo' è _vistocome 1111 procedimento particolareche tema di infrangere 1111 corso indisc11ssodel tempo. Nel mio scriuo problematizzo questo corso, vedo per esempio il conflitto tra 1111 tempo della 'legge' o della 'macchina' e 1111 tempo conseCLttivochegenera la storia, insomma il tempo si presema come un doppio regime, come qualcosa che deve anch'esso essereanalizzato a fondo». Sempre nell'introduzione al tuo libro affermi che l'interrogazione sul tempo e sulle varie modalità di elaborarlo ti ha portato a riflettere in modo più preciso sul tempo dell'analisi e nell'analisi; mi puoi raccontare qualcosa di più a tale proposito? « Il tempo de/l'analisi presuppone, si fonda, su una certa teoriadel mutamento; cioè questa storia de/I'analisi che deve durare mesi ed anni presuppone in fondo una teoria del mutamento psichico basato su piccole modificazioni, su una certa idea socialdemocratica, per dirla alla Benjamin, dello sviluppo psicologico. Secondo me invece non è così. O non è così per l'essenziale. Nella nostra esperienza, ciò che ci cambia avviene piuttosto per sorpresa, per movimenti improvvisi, non per accumulo molecolare. L'analisi presuppo- • ne attualmente quest'accumulo delle modificazioni, lemo, seduta dopo seduta, anno dopo anno. C'èq11iun'idea del mutamento, di un progresso e di una ma[Ltrazionecome si dice oue11utaper accum11/o.Ma queste cose non avvengono per accumulo; 11011avvengono grad11almente. Avvengono per salti, per lampi, in modo discontù1110.Ecco, vorrei rijlellere s11quest'aspeuo, vorrei meuerlo in correlazione e innestarlo sull'analisi. Q11i è ben evidente per esempio che 111t1empo indefinito molte volte significa rinvio indefinito dei problemi e della loro soluzione». Freud parlava comunque di un tempo interminabile dell'analisi! «In Analisi terminabile e interminabile, Freud si rende conto che qualcosa 1101v1a ne/l'analisi e cerca di comprendere perché. Si rifà ad elementi 'rocciosi' del comportamento nevrotico, sia maschile chefemminile, ad equilibri di forze che non possono essere spostati e così via. Ma non interpella direttameme la struttura temporale della cura che come tale tende di per sé a instaurare una durata indefinita, a trasformare l'analisi da elemento di rottura, di mòvimento, in elememo di 11n eq11ilibriocomplessivo, di un compromesso con l'esistente. La c11ratende insomma al tempo e a/l'inconscio, definito come atemporale, indifferente al conflitto eccetera. Di questo Freud non parla direttamente, anche se nel s110 lavoro non mancano spwui notevoli, quasi laterali. Mi riferisco per esempio a/l'osservazione che fa 1101s1o più dove: '11navolta faticavo a trattenere i malati, adesso non riesco più a mandarli via'. Opp11real fatto di aver fissato la data di fine dell'analisi dell"uomo dei lupi', che oggi q11a/1111qa1n1aelistaprincipiante non esita a definire un errore. Ma è uno di quegli errori che fanno rifleuere, su cui è necessario riflettere più che s11 tante analisi giudiziose. Oppure, per lasciare Freud, pensa all'importanza del ridere in analisi; il ridere è spesso altamente drammatico ma è sempre un elemento dinamico, è 1111 importantissimo elemento di scambio, inparticolare poi con gli ossessivi che sono tendenzialmente del tipo 11morista-freddo». E il transfert? «Quale transfert, q11ellofra me e te?». No, quello analitico. A proposito mi piglieresti in analisi? «Questa sì che è una proposta! Al di là della risposta convenzionale, del fatto che ci conosciamo ... » Perché al di là? «Sto cercandodi dire ilperché ti prendereio non tiprenderei... ma tu vuoi fare l'analisi con me?». Non so se la farei, so che mi piacerebbe... «Non ho obiezioni, ci deve sempre essere una base di interesse, di simpatia pèt iniziare un'analisi anche se può essere una cosa che poi cambia!». E perché il fatto di conoscerci sarebbe un problema? « Perché se due persone si conoscono abbastanza bene ci può essere difficoltà a lavorare con i fantasmi ... a staccarli da un certo tipo di realtà. Freud ag- • gi11ngevapoi che q11andosi è amici, l'analisi fa perdere l'amicizia! Forse non è proprio cosi, ma in ogni caso viene fuori una cosa diversa, una cosa che non_avevamo previsto né tu né io».

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