Alfabeta - anno II - n. 9 - gennaio 1980

Perundizionaricoritico deldiritto Sanzione 1. La sanzione giuridica (non cmorale», né genericamente csociale» )è, in senso stretto, la conseguenza afflittiva predisposta da una norma giuridica per un atto illecito. In senso lato, è talora considerata sanzione la conseguenza spiacevole predisposta da un ordinamento giuridico per una qualunque violazione di una norma ad esso appartenente: non dunque soltanto per le violazioni che consistono in e atti invalidi». In questo secondo senso risulterebbero qualificabili come sanzioni anche le varie figure di cnullità» e di cannullabilità» che rappresentano le conseguenze giuridiche degli atti invalidi. Peraltro, secondo gli usi linguisticiprevalenti tra i teorici del diritto, per sanzione s'intende soltanto la conseguenza giuridica dell'atto illecito; le conseguenze giuridiche degli atti invalidi sono invece comunemente denominate annul- ~nti. Le sanzioni giuridiche (in senso stretto) si distinguono in penali, civili e amministraJive. Le sanzioni penali- o cpene» - hanno normalmente funzione retributiva o punitiva. Le sanzioni civili- cesecuzione in forma specifica» e crisarcimento del danno» - hanno, non diversamente dagli annullamenti, funzione riparatrice. Ma la distinzione tra i vari tipi di sanzioni è essenzialmente normativa, cioè fondata sulla natura giuridica dell'illecito e sulle modalità di applicazione della sanzione. Sono dunque sanzioni penali o pene (pena, principi teorici) le sanzioni che conseguono agli illeciti penali o reali (reato,principi teorici) e che sono inderogabilmente applicate nella forma del processo penale (processo penale, principi teorici). Sono sanzioni civili, o riparazioni, le sanzioni che conseguono agli illeciti civili, o torti (inadempimenti e illeciti extra-contrattuali), e che possono essere applicate nella forma del processo civile, ma anche per attuazione spontanea o infine, incidentalmente, nel processo penale su richiesta della parte lesa del reato costituitasi parte civile. Quanto alle sanzioni amministrative, o misure amministrative, esse hanno presupposti, contenuti e modalità di applicazione atipici; si distinguono a loro volta in misure disciplinari e di polizia, a seconda che conseguano a illeciti disciplinari o a forme di devianza che configurano pericolo per la sicurezza o per l'ordine pubblico (misure cautelari di polizia; misure di prevenzione; misure di pubblica sicurezza; misure di sicurezza). 2. Sia in senso stretto che in senso lato (comprensivo degli annullamenti), la sanzione è comunque configurabile come cconsegu~nte» di una condizione cantecedènte». Questa nozione formale di sanzione è stata simboleggiata da Hans Kelsen con la nota formula cA ._ B» (cse A, allora B»), dove A sta per catto illecito» (o se si vuole, più genericamente, per catto giuridico») e B sta per csanzione» (o se si vuole, più genericamente, per e effetto giuridico spiacevole», o se si vuole, ancor più genericamente, per ceffetto giuridico»). Si tratta di una relazione comunemente denominata nesso di imputazione o di causalitàgiuridica, e che Kelsen ha interpretato in termini, anzichè di cessere» (Sein ), di cdover essere» (Sol/en) ( e Se A, allora deve essere B»). Questa connotazione rappresenta in effetti, per Kelsen, l'elemento distintivo della causalità giuridica, ove l'effetto (per esempio la sanzione) si configura come conseguenza giuridica o normativa (che cdeve essere»), rispetto alla causalità naturale, ove l'effetto si configura come conseguenza naturale o di fatto (che cè»). E vale anche a distinguere le norme giuridiche dalle leggi naturali: le prime in quanto costituiscono (o prescrivono) il nesso di causalità giuridica, le seconde in quanto riflettono (o descrivono) la causalità naturale (Seinsollen; imputazione, principio di). Il valore teorico di questa costruzione è nel fatto che essa evidenzia il ruolo centrale rivestito dalla sanzione (io senso lato) nei sistemi giuridici positivi, che sono essenzialmente tecniche di regolamentazione e di controllo sociale che operano attraverso la minaccia e l'applicazione di sanzioni. Sotto questo aspetto le sanzioni, o per meglio dire la loro applicazione, costituiscono le condizioni d' cefficacia» delle norme giuridiche e più io generale di ceffettività» dell'intero ordinamento. Hans Kelseo ha voluto sottolineare questo ruolo primario della sanzione denominando morme primarie» le norme o i segmenti di norma che prevedono e Luigi Ferrajoli/ Ugo Rescigno dispongono le-sanzioni, e enorme secondarie» le norme o i segmenti di norma che prevedono e vietano i comportamenti illeciti (o più in generale le violazioni) configurati come presupposti delle sanzioni. Il valore pratico - e politico - della, suddetta nozione formale di «sanzione» è nella configurazione di questa: a) non come prius o antecedente o misura preventiva, ma come posterius o conseguente o misura repressiva, in quanto condizionata dalla commissione di «fatti» ovvero di specifiche violazioni giuridiche, e b) come conseguenza predeterminata da norme giuridiche, sia quanto ai contenuti, sia quanto ai presupposti. In questo duplice senso, la nozione di «sanzione» come conseguenza giuridica o normativa equivale a un principio essenziale di civiltà giuridica: il principio di legalità- codificato (artt. 1 e 2 cp) e costituzionalizzato (art. 25,2° comma Cost.) per quanto riguarda le sanzioni penali - secondo cui misure afflittive possono essere irrogate solo come effetto di atti illeciti e in quanto pre-disposte normativamente. 3. La concezione formale o normativistica della sanzione che qui si è sommariamente illustrata riflette quella che, in via di principio, è la natura della sanzione (o meglio, per cosl dire, CategoriYe!t~,hienuove U n Dizionario critico del diritto (vedi le «voci» qui anticipate, Sanzione di Luigi Fe"ajoli e Divisione dei poteri di Ugo Rescigno) vuole oggi qualche giustificazione. O meglio vuole ancora giustificazione, poiché-almeno cosl credo-presto, nei prossimi anni la cultura critica-e forse proprio quella più aperta e meno specialistica-si ritroverà a interrogarsie a riflettere su di un universo ch;eper un decennio apparve desueto e rouo, disponibile all'agonia - quasi di essa ansioso - pronto a «deperire» almeno, come voleva la citazione marxiana, usata piuttosto a mo' di slogan che come analisi. Ma oggi né diritto né Stato sembrano deperire -almeno nel senso marxiano -anche se laproduzione e l'applicazione della norma sempre più si dislocano fuori dalle istituzioni cui rimangono residue funzioni prodamatorie e araldiche. Il comando concreto prevale - non ultimo quello del denaro - e la figura stessa del diritto è mutata, con forme di «socializzazione» della norma ormai non più generale e astratta, forme destinate a sboccare - e lo avremmo visto poco dopo aver definito il progetto di questo Dizionario nei primi mesi del 1977 - in stigmatiuazione interna alla società civile. Se i giuristi ortodossi, forti di una vecchia filosofia del common sense vorranno, ora e in futuro, sentiregolosi odori di «revenche» ciò sarà proprio perché non hanno potuto riflettere spregiudicatamente sulle categorie «vecchie» del diritto cosl da non vedere poi le «nuove». Ritorno al diritto, dunque? È uno dei refraios che già suonano nell'aria e che i tam-tam del/'ordine e della legalità riecheggeranno volenterosi e monotoni. Ma l'aver poco illuminato la storicitàdei modelli attraverso i quali il diritto del nostro tempo è stato pensato e reso pensabile da un secolo di lavoro «teorico» (razionalizzante e apologetico) varrà probabilmente a mantenere nell'ombra mutamenti non irrilevanti e nuove dislocazioni. Allora, ritorno a Marx? O non piuttosto ritorno al diritto di chi erapassato attraverso Marx, per tentare una lettura disincantata di tòpoi del diritto, una lettura che gettasse qualche filo tra il vecchioe il nuovochesi andavapro/i• landa? È il caso di ricordare una riflessione di Sartre - nella Critica della ragione dialettica - che si è rivelata una buona traccia: « UnpreJeso 'superamento' del marxismo sarà, nel peggio, nient'altro che un ritorno al premarxismo, e nel migliore dei casi la riscoperta di un pensiero ùnplicito nella filosofia che si era creduto aver superata». Il tentativo è stato più specificamente altro, quello di «superare» un modo di prendere in considerazione categorie e istituti del diritto borghese, di rendersi conto - e di far apparire al lettore - come occorramettere in chiaro (in questo senso sl, superando i teorici del «socialismo realiuato») quegli aspetti del pensiero giuridico che sono inequivocabilmente legati alla borghesia e alla sua storia; il che è diverso sia da una lettura economicistica del diritto (la spiegazione perenne del diritto con il riferimento all'economia) sia da una interpretazione esaustiva in termini di interessi di classe immediatamente individuati. Si è voluto - per quanto possibile in un lavoro cosl limitato ed esplorativo, in certo senso «ingenuo» -evitare ogni forma di «positivismo di sinistra» proprio perché scarsamente scientifico (quindi premarxista, in questo senso) e ancorato necessariamente ali'idea di «giustizia». Forse disordinata (le «voci» sono più di cento e le assenze su temi significativi non mancano, e sono silenzi che denunciano difficoltà non superate, difficoltà di fondo e non solo accidentali) la ricerca riassunta in questo Dizionario ha tentato di aprire un campo d'indagine ponendo in relazione l'analisi del carattereideologico dell'apparato conoscitivo del diritto con l'analisi dei rapporti esistenti tra giuridico e sociale. Viene cosl in primo piano il problema di relazioni sociali libere e non giuridiciuate, ovvero, detto in negativo, il problema del bisogno (indotto e diffuso) di normatività oggi .esistente.Problemi non disgiuf!gibiltdal vocabolario giuridico e legati a carenze di analisi della «vecchia» norma. Problemi che dietro il velo magico di un'apparentemente continua e fluente normatività perenne, occultano l'albeggiare di una «nuova» norma, quella che si agglutina in una oppressione sistematica di «valori sociali», in una accettazionesubita di adeguamento politico, in una censura continuamente riproposta e diffusa tra -incessantemente rinnovate - tolleranze e comandi. La norma giuridica della «democrazia» guidata dall'alto. Immediatamente ciò si colloca alla base dell'illusione di una ricerca di norme che liberino dalla normatività, paradossosolubilesolo con il riconoscimento che spazi di libertàsono reperibili solo nei fatti e versus il diritto. E il tema stesso del garantismo, tanto dibattuto negli ultimi mesi, (cui una «voce» è dedicata) si presterebbe da questo punto di vista a riflessione, nel senso di vederlo vuoto - proprio perché «forma» giuridica - quando trasferito dal contesto della rivoluzione borghese disponibile al compromesso su posizioni di forza al contesto odierno. Non è isolabile dall'oggi più di un aspetto conclusivo del Dizionario e in particolare l'interesse che di fatto - e malgrado lo sforzo di non sconfinare dal giuridico al politologico, settore d'altronde cosl ben lavorato dal Feltrinelli-Fischer curato da Negri -si sono viste riservaredeterminate areegiuridiche e, viceversa, le difficoltà (i silenii) che ha suscitato il dirillo privato, chiuso, anche se regressivamente, nella sua forma. Ma questa osservazione meriterebbe più spazio, non foss'altro per non ribadire involontariamente la funzione _ ideologica ben nota della distinzione scolastica fondamentale, utile a condensare allenzione allapoliticità sufi'area del diritto pubblico quasi che non fosse proprio nel cuore del dirittoprivato il nucleo duro del carattereborghese del diritto. È stato dunque inevitabile - anche per il caratteredi lavoro iniziale: non è escluso infatti un secondo volume che integri le lacune del primo - che a dominare fossero «voci» che si collocano nellafilosofia e teoriageneraledel diritto, nel diritto pubblico e costituzionale, nel diritto del lavoro e del/'ecnnomia e - con spunti di particolare attualità - nel diritto penale. E cosi le 400 pagine del Dizionario (che l'editore Savelli pubblicherà nei primissimi mesi del/'80) attraverso anche questo «taglio» spostano la critica di non-neutralità dagli apparati statali alla «forma» diritto e alla società stessa. Era allora corretto, per questo impianto di denuncia, che i collaboratori(*) anche se non legatia scuole marxiste, fossero relativamente omogenei, e la maggioranza di essi è identificabile infatti nella redazione della rivista Critica del diritto e in alcuni giuristi francofoni del collellivo Critique du droit (**), la cui collaborazione prelude a una edizione elaborata per i lettori francesi. Mentre sembra farsi strada un principio «collettivo» di subordinazione a dare nuova « forma» al diritto -e i processi affidati ai mass-media sono solo la punta emergente dell'iceberg - ci è parso utile tenerci all'analisi, con qualche sforzo - non sempre felice forse - di coinvolgere nella riflessione sul dirilto quanti lavorano a produrre cultura,sempremeno abilitatial disinte• ress,e. (*) Laura Ammannati, Antonio Bevere, Alisa Dal Re, Bruno Dente, Luigi De Ruggiero, Cesare Donati, Luigi Ferrajoli, Riccardo Guastini, Gianni Kaufman, Antonio Negri, Antonio Malaschini, Fabio Mazziotti, Paolo Pelta, Ugo Rescigno. (.. ) Laurance Boy, Miche! Jeantin, Jaques Lenoble, Miche! Miaille, François Osi, Miche! Van De Kerchove. il suo «dover essere», in contrasto, come si dirà, con il suo «essere» reale) negli ordinamenti giuridici moderni. lo effetti il diritto borghese moderno nasce con la monopolizzazione da parte dello Stato del potere di irrogare o autorizzare sanzioni e con la connessa istituzionalizzazione e formalizzazione delle sanzioni giuridiche, sia civili sia soprattutto penali, nonché delle ·procedure necessarie alla loro applicazione. Questa istituzionalizzazione e questa formalizzazione si realizzano, grazie anche alle codificazioni (➔), attraverso la disciplina giuridica delle sanzioni in una triplice direzione: a) attraverso la predeterminazione e formalizzazione normativa dei presupposti della sanzione, ovvero delle violazioni giuridiche (atti illeciti e atti invalidi); b) attraverso la predeterminazione e formalizzazione normativa dei contenuti e della misura delle sanzioni (non più misure afflittive atipiche e di contenuto indeterminato, ma conseguenze tassativamente prestabilite); c) attraverso la predeterminazione e - formalizzazione normativa dei soggetti abilitati e delle procedure necessarie all'accertamento empirico (o prova) della violazione e all'applicazione della relativa sanzione (processo penale o civile o amministrativo). Si tratta di un fenomeno che è tutt'uno con la nascita dello Stato borghese liberale come «Stato di diritto» fondato sul principio di legalità: cioè con il processo di concentrazione della forza nello Stato e al tempo stesso di regolamentazione e limitazione giuridica (o legale) dell'uso statale della forza. Dal punto di vista del cittadino la formalizzazione della sanzione nel triplice senso sopra indicato rappresenta, almeno io via teorica e di princi_- pio, un insieme di garanzie di «certezza», e insieme anche di «immunità», contro i possibili arbitri dell'autorità. Ciò vale soprattutto nella materia penale, ove le tre forme suddette di disciplina della sanzione corrispondono rispettivamente ai principi, costituzionalizzati nel nostro ordinamento e in generale in tutti gli ordinamenti evoluti, di «stretta legalità e tassatività dei reati», di «stretta legalità e tassatività delle pene» e di «giurisdizionalità» (reato, principi teorici; pena, principi teorici;processo penale, principi teorici). 4. Naturalmente lo schema teorico sopra identificato resta io gran parte uno schema ideologico. Nella pratica si danno sanzioni non formalizzate, sia per quanto riguarda i loro presupposti, sia per quanto riguarda i loro contenuti e le loro modalità di applicazione. Tali sono soprattutto le sanzioni amministrative, siano esse disciplibari (basti pensare ai margini di arbitrio concessi alla potestà punitiva delle autorità dai regolamenti di disciplina militare) siano esse di polizia ( -t misure cautelari di polizia; misure di prevenzione; misure di pubblica sicurezza). Ma non mancano purtroppo ipotesi di sanzioni non rigidamente formalizzate neppure nel campo del •diritto penale: mi riferisco non solo alle misure di sicurezza, di cui va riconosciuta la natura amministrativa (-+ misure di sicurezza), ma anche, in molti casi e per molti aspetti, alle pene (---+ reato, profili reali; pena, profili reali; processo penale, profili reali;sospetto, reati di). In virtù di questa contraddizione tra principi teorici e sistema concreto, tutto l'insieme dei poteri sanzionatori dello Stato, ivi compresi quelli di carattere strettamente penale, appare contrassegnato da una sorta di legalità attenuata o degradata che rende scarsamente (e sempre meno) attendibile la sua qualificazione come Stato di dirillo. Luigi Ferrajoli

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