F. Cassano Il teorema democristiano Bari, De Donato, 1979 pp. 120 lire 2800 G. Baget-Bozzo L'elefante e la balena Bologna, Cappelli, 1979 pp. 336 lire 5500 L. Graziano e S. Tarrow (a cura di) La crisi italiana Torino, Einaudi, 1978 pp. 767 )ire 12.000 (due volumi) ' E opinione diffusa negli studiosi del partito democristiano che la Dc abbia costruito nel dopoguerra un proprio sistema di potere, abbia cioè improntato disé sistema sociale e meccanismi statuali. Inoltre è altrettanto diffuso ormai il riconoscimento di una certa modernità della presenza della Dc e c'è chi accenna ad un americanismo democristiano. Ma in che cosa consiste il carattere del partito americano «classico»? È peculiare dei grandi partiti americani non avere caratteristiche proprie. Scriveva Sombart all'inizio del secolo: «nei due grandi partiti americani non si trova alcuna traccia di una qualsiasi fondamentale differenza tra i punti di vista relativi alle questioni più importanti della politica ... le 'platforms' non dicono altro che frasi generiche sui problemi più scottanti ... si cerca soltanto di girare attorno alla questione a parole e, se riesce, si tenta di evitarla salvando fa faccia». In altri termini l'indeterminatezza e il silenzio, il «vuoto» programmatico, permettono di «aprire» a tutte le domande e gli interessi particolari suggerendo ai sqggetti sociali di dirigere la propria attenzione verso il successo immediato. La natura intrinseca del partito politico americano è infatti questa: non pretendere di uniformare i soggetti a un interesse comune, ma incorporare tutti i distinti e multiformi interessi nell'assenza di principii politici comuni. li politico non pretende di parlare per il sociale, il sociale non intende generare il «suo» politico. Gli interessi individuali necessitano che vi sia un'operatività tecnica per comporsi e soddisfarsi e dunque il sistema politico è preteso dalla società come sistema contingente [cfr. N. Luhmann, «La 'politicizzazione' dell'amministrazione» in: Le trasformazioni dello stato (a cura di G. Gozzi), in corso di stampa presso la Nuova Italia]. È un'immagine della politica che non allude a una forte progettualità. Il partito politico si professionalizza e costituisce a «macchina» quando si relativizza e rinuncia a costruire un suo sistema di potere, diviene potere reale quanto più si riduce a tecnica di potere spogliandosi di ogni attributo «privato» e tendendo all'identificazione con l'essenza astratta del potere. Il partito aperto (al sociale) è un partito vuoto (di sé). Sembra ragionevole riconoscere che la Democrazia Cristiana fra i grandi partiti italiani ha le più spiccate caratteristiche americane, che altro poi non sono che le caratteristiche del moderno operare politico. Le «formule equivalenti stirabili come la gomma» (di cui parla Cassano) non sono dunque peculiarità demo.cristiana o segno di arretratezza, né nel mondo contemporaneo il «governo per assenza» o per «opportunità» pare invenzione italiana. Sarebbe forse opportuno studiare il partito democristiano abbandonando ogni ri•gidoancoraggio alla storia italiana e alla tradizione cattolica. Ricondurre sempre origini e sviluppi della Dc alla «questione italiana» può rappresentare un ostacolo e conduce spesso a interpretare il fenomeno democristiano attraverso i «pregiudizi» della cultura italiana. Già il «pregiudizio economicista», osserva Baget-Bozzo nel suo stimolante saggio su Il partito cristiano e l'apertura a sinistra (Firenze, Vallecchi, 1977), ha prodotto l'ossessione di connettere dati economici e decisioni politiche riconducendo l'operare politico sempre alla «struttura». Baget-Bozzo, per parte sua, riconduce natura e caratteristiche della Dc esclusivamente al rapporto di questa con la Chiesa («la forma dei rapporti con la Chiesa diviene la forma politica generale del partito»). L'«ambiguità» democristiana, l'irrilevanza per la Dc di tutte le questioni che non siano politiche, viene cosi, per altra via, riportata da Baget-Bozzo _al Laforllla'Dc «territorio» italiano. Più frequentemente si analizza la Dc con l'ottica e le problematiche della tradizione socialista. Si parla cosl in molti studi sulla Dc di un partito di massa cattolico, del «consenso» alla politica e ideologia democristiana, di una cultura democristiana ecc. Ma il partito americano è mai stato «rappresentanza» di movimenti collettivi? Si è mai posto - nei termini forti in cui se lo è posto la tradizione socialista- il problema del .«consenso» (cioè l'accettazione consapevole da parte della coscienza individuale)? Ha mai avuto una sua cultura? No. Il partito americano non è «rappresentanza» di movimenti di massa perché realizza gli interessi sociali nell'unica forma che il sociale consente, cioè come interessi individuali; non pone problemi di consenso (interiorizzazione delle norme) in quanto - come «macchina» - non si rivolge alle coscienze bensì punta all'agire impersonale, non considera gli uomini ma le loro funzioni e ruoli e per questa via riesce a com•prendere anche chi «dissente» e a rendere possibili comportamenti collettivi che non presuppongono il consenso. Non ha neanche - questo partito - una propria cultura perché il pensiero è interamente operazionalizzato e si dà come tecnica A leggere molti degli attuali studi sulla «questione democristiana» sembra che la Dc abbia operato in questi ultimi trent'anni in una specie di «comunità» precapitalistica tanta è l'enfasi che si pone sulprogeuo democristiano di disarticolare, segmentare, frantumare un tessuto sociale (e una classe operaia) che, si dovrebbe presumere, sarebbero stati omogenei, indistinti, «naturali». E invece caratteristica dell'agire democristiano sembra proprio l'assenza di progetto e di unità programmatica. • Il «carattere attivo della mediazione democristiana» che Cassano individua, non porta a una visione d'ins-ieme e a una sintesi degli interessi. Lascia aperto ciò che trova. Invero, è il concetto stesso di mediazione che va rimesso in discussione. La mediazione implica sì un «progetto», un «fjne» verso cui tendere e a cui adeguare le parti, il potere no. Nella pubblicistica di sinistra l'assenza di sintesi e di programma della Dc, la sua «gestione del quotidiano», è stata spesso interpretata e ridotta a pratica della «feudalizzazione». L'assenza di progetto e di sintesi dice invece semplicemente che l'intervento democristiano è meramente operativo, più medium tecnico che Giuliano Buselli politico, ovvero il potere politico è con la Dc tecnica di formalizzazione-composizione degli interessi in auto-trasformazione. li ceto politico democristiano si dà tendenzialmente come ceto di operatori di potere. Ciò che Baget-Bozzo legge come «adesione al dato» è adesione all'immediatezza del potere, totale riduzione della politica a tecnica di potere. L'ascesa del ceto politico democristiano - alla luce del concetto di «macchina» e dei processi di burocratizzazione - appare allora come l'ascesa anche in Italia delle funzioni tecniche di potere attraverso la specializzazione del partito. Ciò che in Italia caratterizza l'operare della Dc non è altro che l'operare del politico ridotto a tecnica. Qui si coglie un limite teorico di quanti interpretano in termini «locali> la Dc. «È la cronaca politica immediata la sola che dà materia al dibattito politico: non ci sono temi né criteri finalistici, ma solo politiche immediate», scrive Baget-Bozzo. Eppure questa è la natura intrinseca del partitomacchina: essere «il partito che non può pensarsi» in quanto la tecnica non può pensarsi: Baget-Bozzo rimpiange una politica che agisce «per criteri finalistici», che elabora «disegni politici». C'è la nostalgia per la «creatività politica» di fronte al dilagare della riduzione del politico a tecnica. La «passività democristiana» verso i rapporti di forza esistenti nella società viene cosi interpretata come «mero sopportare>, come se la «non definizione» e l'ambiguità intrinseca della Dc non fossero inerenti l'esercizio del potere. Che cosa significa questo «sopportare» della Dc? I n una recente nota su Repubblica Baget-Bozzo osserva acutamente che il «governo per assenza> della Dc è complementare al desiderio di «non governo> da parte della società. L'indecisione democristiana recepisce insomma una tensione sociale che non tollera le imposizioni di un forte sistema di decisioni. È quanto basta per proporsi di ridiscutere in termini nuovi _ciò che comunemente si dà per scontato, cioè l'opzione da parte della Dc fin dalla nascita per lo stato di stampo liberal-democratico. L'operare democristiano punta a raccogliere il sociale tramite l'amministrazione; invece che analogie con lo stato liberal-democratico, sembra di poter cogliere i caratteri di uno stato sociale in cui l'operatività tecnicaamministrativa procede secondo i rapporti di forza e lo «stato di necessità». La Dc, indifferente alle forme del potere, esiste come potere contingente che assume concretezza giorno per giorno e anziché dar forma alla società, tende quasi a prender forma dalla società. È per questa via che il «partito cristiano> giunge a governare la «società radicale>. Il desiderio di reciproco disconoscimento, lo scarto tra società e stato, la loro «reciproca libertà>, è il motore del processo. Perché non si riesce a staccare la Dc dal potere politico? Forse perché in Italia la tecnica del potere politico è incorporata nella Dc. Qui sta forse la caratteristica peculiare del fenomeno italiano: la coincidenza del partitomacchina con lo stato, di «forma-partito» e «forma-stato>! L'assenza di gioco tra la figura del partito (la politica) e la figura dello stato (l'amministrazione, la tecnica dei rapporti di potere), quindi la reciproca incorporazione tra partito democristiano e amministrazione, hanno esaltato l'omologia tra amministrazione e politica, e reso visibile l'essenza della cooperazione tra le tecniche amministrative e il potere politico. Cosi. la spersonalizzazione del partito si è presentata in Italia come personalizzazione dell'amministrazione. Come forma-stato e forma-Dc tendono a coincidere, il potere politico democristiano tende a coincidere con l'essenza astratta del potere, ad essere «potere puro>; la Dc, per usare una bella espressione di Baget-Bozzo (riferita a Moro), «ha il senso del potere come astrazione ... più che usare il potere lo impersona>. Come condurre la lotta a una forma di potere che è puro potere? In quanto puro potere la Dc non pare sostituibile da un potere «altro>, ma solo dalla dissoluzione del potere, solo la «crisi organica> (del sistema) la minaccia. È ciò che terrorizza la sinistra. La forma-Dc tende ad esser pura forma di potere e non la si può rompere se non rompendo la forma-potere. Per questo l'alternativa al potere della Dc può apparire ed esser presentata come alternativa al potere tout-court. La Dc sembra cosi destinata a succedere a se stessa perché chi vuol sostituirla deve conservarla come macchina di potere. Le ragioni del potere legano alla Dc gli altri partiti. Cassano, seguendo altro percorso e con altra intenzione, coglie questo punto quando individua nella strategia di Moro una strategia «per trasmettere agli altri partiti la propria ottica>. Si può cioè perdere potere-Dc per generalizzare la logica del potere Dc. E una strategia di diffusione e generalizzazione della forma democristiana, dalla originaria tecnica di dispersione delle tensioni si passa alla dispersione della forma-Dc. Annullare la crisi democristiana scaricandola sulla società italiana attraverso l'in0azione della forma di potere Dc e la conseguente svalutazione generalizzata della «decisione politica>. S fugge spesso ai politologi di professione l'omologia tra i processi in atto sulla scena italiana e quelli che stanno ridefinendo l'assetto internazionale. Si continua a parlare di una ingovernabilità italiana contrapponendola talvolta a un sistema internazionale che richiederebbe la chiusura della italiana apertura a «forbice>. Eppure la logica che presiede ai meccanismi interni italiani si ritrova a livello dell'impero americano: questo si relativizza e perde posizioni politiche, ma tenta di diffondere la logica dei domini operativi (Sai!, comunicazioni, controllo dello spazio e del tempo ...), perde la veste nazionale per procedere all'omologazione internazionale di funzioni di potere senza lo stato, potere senza autorità. La situazione italiana, piuttosto che periferica e marginale, sembra al contrario sperimentare la forma più compiuta delle strategie operanti a livello internazionale, soprattutto nel tentativo (ineludibile nei sistemi complessi) di assumere il disordine nella linea dell'ordine, nell'assenza di ogni configurazione fissa del sistema (è tramontato il concetto classico secondo cui l'autorità c'è o non c'è). Il problema del «modo democristiano di governare> sembra rinviare ancora una volta al problema dell' «ordine internazionale>. Chiudendo la propria analisi nella dimensione nazionale, Cassano conclude che la strategia moro.tea è in crisi. Al contrario, a me sembra che proprio quella «caduta di progettualità della sinistra> che Cassano lamenta indica che la forma-Dc si è diffusa a tutta la sinistra. Questa caduta dice che la sinistra gestisce quote di potere (anche formale). Il contrasto formale delle posizioni è oggi la condizione della permanenza della cooperazione sia nei rapporti Dc-Pci sia nei rapporti Usa-Urss. I tentativi di far sopravvivere la forma fanfaniana della Dc (sviluppo delle tensioni invece che loro dispersione) non escludono l'ambiguità moro.tea, anzi le sono complementari. La linea della concentrazione delle tensioni è una funzione di costanza complementare alla funzione di variabilità e Oessibilità rappresentata dalla dispersione. In questo modello di costanza e variabilità, concentrazione e dispersione, lo scenario italiano offre molte analogie con quello internazionale: la Dc sembra tecnicizzarsi sempre più mentre ad altri è rinviato il compito e la funzione sub~ltema di procacciare «legittimazione>. I democristiani sono tecnici di potere per qualunque ideologia, qualunque consenso «altri> voglia costruire. L'ideologia democristiana, scrive Baget-Bozzo, «è ciò che rimane dopo la negazione di tutti icontrari politici>. La Dc sembra riservarsi ilcompito dell'amministrazione (azione specializzata nella produzione di decisioni) e lasciare agli altri partiti l'azione politica (cioè garantire la disponibilità ad accettare le decisioni). Nei termini del rapporto globale/locale: alla sinistra il governo del «locale>, alla Dc la decisione e l'operazionalismo transnazionale, governo locale della sinistra attraverso la politica, potere transnazionale della Dc attraverso la produzione e l'attuazione di decisioni vincolanti. La differenziazione funzionale, che in altri paesi capitalistici è passata storicamente tra organi di partito e organi dello stato, sembra in Italia aver attraversato internamente il sistema dei partiti. In questa situazione, la lotta al potere politico sale velocemente ai meccanismi amministrativi del potere; la reciproca incorporazione Dc-amministrazione, portando l'antagonismo sociale direttamente contro le tecniche amministrative, spinge continuamente la «crisi multiforme> (cioè la segmentazione della crisi in crisi settoriali) a sfiorare la «crisi organica> del sistema e la crisi della «forma-partito> ad estendersi alla «forma-stato>. Ogni incremento di potere ottenuto attraverso la generalizzazione della forma-Dc è accompagnato da un deficit di potere nelle funzioni amministrative; l'inflazione della forma-Dc non consente di accumulare potere, piuttosto pare riprodurre l'immediato. Cosl, alla soglia del potere più astratto (il «puro potere>), questo si mostra impianificabile.
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