Alfabeta - anno II - n. 9 - gennaio 1980

I fratelli Taviani O prato (film) Francesco Alberoni Innamoramento e Amore Milano, Garzanti, 1979 pp 148 lire 4500 Roland Barthes Frammenti di un discorso amoroso Torino, Einaudi, 1979 pp 218 lire 4500 otizie di cronaca nera sui quotidiani degli ultimi mesi F orse solo il delitto d'amore (e non d'onore) resta a frustrare il voler dir tutto sull'amore. lnterrompere una vita «per amore,. è il buco nero di fronte a cui si deve fermare l'accanita ricerca. Il suicidio è ancora nobilmente compreso («possibilità'» continua) in quello che può essere in qualsiasi momento il «discorso del soggetto amoroso». L'omicida «per amore» sarà invece il 'bruto', il camionista ubriaco, l'immigrato disperato, il giovinetto ipodotato, il pazzo che uccide per strada l'amante che lo vuole lasciare, e poi ne copre il cadavere di fiori. Spesso, i giornali raccontano storie d'amore che insanguinano il e sordido ambiente» della prostituzione. Quale «discorso sull'amore», quale raJio sapiente potrebbe bloccare o sospendere la decisione di uccidere? Quale organizzazione estranea di «parole,., quale telefonata, quale lettera o libro potrebbe minare le intenzioni di un amante tradito incolto imbufalito magari disgustoso magnaccia? Gli estremi non si toccano, ma si guardano. Quanto al procedimento di «realizzazione» dell'amore, scrivere un libro, fare un film, ipotizzare un trattato sulla 'cosa', non è un atto tanto diverso o lontano dall'ignoranza e intolleranza di un omicidio «amoroso». In entrambi i casi, un (f)atto interviene a spezzare la spirale (magari ossessiva) dell'eccesso per cui si forma la parola «amore». Una medesima «sociologia» potrà spiegare le matrici (oggi) in genere «incolte» del delitto d'amore e quelle «colte» dello scrivere dire affermare d'amore. Ma è simile il delirio di realtà che si produce, contro la tensione insostenibile del dubbio amoroso. La forma dell'iIJusione, non più sopportata, viene di colpo realizzata, implode in un gesto che testimonia contemporaneamente un volere e un (dir di) sapere, più che un «voler sapere» innamorato. «C'è chi si converte, chi entra in un gruppo politico, e chi si innamora». Per Francesco Alberoni (Innamoramento e amore) l'innamoramento, presentato nel suo libro a ogni istante come esperienza sublime, è il 'caso primo' del manifestarsi dello «stato nascente», uno «stato nascente a d(le»: dove 'stato nàscente' rimanda ovviamente alla sua personale «teoria sociologica» della dialettica tra movimento e istituzione. Reale, ben radicato dentro l'esistente, l'amore sarebbe un momento realmente 'trasfigurante' nei confronti del mondo. Tutto il libro di Alberoni è il tentativo, anzi la continua dichiarazione di un «comprendere» l'amore per far quadrare lo schema.Presumibilmente in preda a 'innamoramento' il «sociologo-psicologo-o-se-si-vuole-filosofo» (vedi ultima di copertina) contemporaneo si accorge sgomento dell'assenza dell'amore dall'agone pubblico della cultura 'odierna': mancano parole e concetti chiari, perdio. Istanze totalitarie e perverse hanno fino a oggi impedito che dell'amore si desse una scienza; i sistemi politici attraversano la coppia in amore; e: «Non che Marx, Lenin, Mao Tze Tung non si siano inMal'amoresì namorati. Certo che si sono innamorati, e come gli altri. Ma questa dimensione della loro vita è tagliata via da quella pubblica, è considerata dimensione privata, priva di valore, oggettoal massimo - di pettegolezzo» ... Il barone rampante si leva quindi contro le definizioni formule spiegazioni sempre distorcenti e inadeguate, sempre volte ad un altro fine (ideologico, politico o religioso). Un discorso di concretezza e di pureZZll,contro gli scandalosi silenzi della 'cultura ufficiale'. «Usando una espressione logora ma molto usata, potremmo dire che la cultura ufficiale, sia essa politica, scientifica o religiosa, 'reprime' lo stato nascente a due, facendone una cosa di cui non si può parlare in modo appropriato. ln questa prospettiva anche la psicoanalisi, in tutte le sue forme, dando importanza alla sessualità e riducendo tutte le esperienze a trasformazioni della sessualità, compie una azione di rimozione. Rispetto al secolo Mare Rothko (Foto di Renate Ponsold) scorso, il processo di rimozione si è invertito. Nel secolo scorso il linguaggio dell'amore romantico serviva come strumento di rimozione della sessualità, oggi avviene il contrario: la sessualità, il parlare di sessualità, le pratiche sessuali, servono per reprimere, rendere inconsci altri desideri, altre forme in cui l'eros si manifesta. li conformismo e la rimozione esistono come prima, hanno solo mutato segno». Non resta che complimentarsi col «cavaliere antiquo» che nel breve volgere di pochi mesi ha risolto a suo favore e per nostro conto la battaglia. • La monoliticia 'cultura ufficiale' sembra aver rapidamente ceduto, e le casualità fascinose dell'industria culturale producono in pochi mesi, di prima pagina in prima pagina, di copertina in copertina, un rimbalzo e un passaggio di mano che fa comparire simultaneamente in edizione italiana testi con date diverse, in un ben orchestrato «nuovo dis-ordine amoroso»; e risplender nuovamente gli schermi di 'storie d'amore'. • a forse si vede troppo bene dove porta la conclamata «libertà dalle ideologie». li movimento minimo e sempre auspicabile e necessarissimo del buon senso che riflette sugli accadimenti minimi, diventa l'assolutizzazione ideologica di un riconoscimento definitivo. Signori, oplà, questo è l'innamoramento. Non fosse del tutto assente come dimensione, si direbbe che fosse l'ironia a portare tutto il discorso di Alberoni che Enrico Ghezzi magnifica e «monetizza» (ai fini di «teorie sociologiche») l'innamoramento senza pietà per gli innamorati; che lo isola in quanto «stato nascente a due» e lo classifica poi con l'impazienza e la ripetitività maniacale e un pochino paranoide di chi vuole «render chiaro ciò che è oscuro». Purtroppo, l'illuminismo dell'intrapresa alberoniana è di bassa lega; non chiarisce nulla; i dati che porta alla luce sono depotenziati e immiseriti nello scrivere sempre e solo affermativo, accettabili forse come parte di un medio «diario amoroso». Le parole si consolidano rapidamente nel luogo comune. E la scrittura, che vuol vincere la stupida e millenaria «ignoranza», si dimostra ignara di se stessa, lontana dai sensi delle parole. li «non riuscire» a sapere d'amore sembra per Alberoni una colpa concettuale, lo scollamento. tra parola e realtà non costituisce problema. li problema è in realtà 'energetico': l'amore è una forza, l'innamoramento è uno scatenamento di energie 'nascenti': analizziamo bene (magari un po' ... meglio, ci permetteremmo di osservare), osserviamo il funzionamento. E, per favore, non sprechiamo; risparmio energetico, ecologia, nuovi sviluppi o «rinascimenti» ... Ora, la «nascita e sviluppo di una dirompente, lacerante, creativa forza rivoluzionaria» diventa l'argomento del giorno. Le «parole» si sanno e si usano; da ogni parte, si rivendica l'amore. (Nessun lo fa, però, con l'efficacia di Woytila) li rovesciamento avviene davvero: il discorso d'amore diventa discorso sull'amore, usando univocamente la «sicurezza» che è propria dell'amore, e sempre tralasciando l'incertezza assoluta che appare ogni volta che l'amore parla. L'insicurezza della «lettura amorosa» diventa proterva dichiarazione di diritti. E i Frammenti di Barthes, infine tradotti, rischiano anch'essi, oggi e da noi, l'imprigionamento definitivo (perché inconsapevole) nell'ideologia. li obbligo disperatissimo, del «discorso d'amore», a essere «discorso singolo», di uno, scrittura unica come una testa e un pene un corpo, impossibilitata a amplessi in «un cuor solo e un'anima sola», si perde nel vaniloquo teorico a proposito della «forza». Opporsi, scrivendo, diventa impossibile. Tutto deve subito far parte di un «sapere». li passaggio, terribile, avviene mediante uno scivolamento del piano del discorso fino all'allucinazione della realtà. Realismo, passione, e serietà tecnologica: odio per le «cose di cui non si può parlare in modo appropriato». Anche se questa «cosa» fa da sempre «parlare» e ancora parlare in un modo che è infinito e ripetitivo proprio perché si sente inevitabilmente improprio, fuori posto, inesatto. Faticoso, contorto, oscuro oppure «inutilizzabile» nella pura e semplice ripetizione, il «linguaggio-amore» non è . riconoscibile nella sbrigliata freschezza che rilancia sul mercato la forza dell'amore. Eppure, proprio nella stessa libreria, il testo di Barthes si pone come summa letteraria dell'incertezza d'amore: tra migliaia di citazioni, la scrittura che non può dir «nulla» dell'amore scrive l'amore. L'arbitrarietà alfabetica del vocabolario diventa scrittura dell'illusione, decifrazione insensata perché senza referenti. Libro, alfabeto, alfabeti; alfa e beta dentro il libro, senza omega cui coniugarsi in sintesi potente e feroce. Magari, ogni tanto, asfissia da serra; ma anche, aperture di finestre, colpi d'aria, uccellini che attraversano rapidi le camere soffocanti in cui si viene meno e ci si interroga guardandosi negli occhi o spiando gli occhi più che aperti di chi dorme. li «libro» barthesiano, senza chiavi, è indifeso: non a caso, è il collage di tutti i «diari d'amore» (quelli storici e quelli «privati»), di tutte le parole indifese che il «sapere» cerca di strappare al «voler sapere» che è proprio dell'amore. «Proprio»: questa è la parola che aleggia impropriamente, ingiusta rispetto alla persistente «improprietà» dell'amore. La sicurezza di «sentirsi», nell'amore, non perde mai il senso di una «non-proprietà» di ciò che accade. Mai si è voluto tanto e mai ci si è sentiti così poco responsabili e autori del proprio volere. E infatti: così poco situabile è l'eccezionalità dell'amore. Essa è subito persa. Diventa regola senza luogo e territorio. Non può essere una nozione, una rema, un movimento riconoscibile. I suoi segni vengonoinseguitiinventati prodotti e riprodotti in ogni anfratto del corpo e del linguaggio. L'innamoramento, l'oggetto d'amore, anticipa sempre come un'ombra il discorso che lo segue e ne descrive senza posa la 'silhouette': il sole, o semplicemente la lampada, sembrerebbe essere per forza dietro le spalle, non visto. li senso e il terrore di un'illusione, di non saperne nulla, non può abbandonare mai la certezza dell'amore, costituendola. li semplice pensiero che anche una sola persona sia morta prima di noi, per quanto giustamente ci culliamo nell'immortalità, mina alla base le sicurezze. L'esperienza del soffrire amoroso non è mai lontana dall'impressione di «essere sbagliati», più ancora che di sbagliare tutto. La felicità dell'amore sommergeva talmente tutto che l'arrivo di un'altra onda 'anche passeggera' a superare un attimo il castello di sabbia incantato non può che atterrire: quest'altra onda è più forte e più vera e più «reale», se va oltre quella là. «Totale». Soprattutto, nessuna complicità o esperienza può andare oltre quella «costrizione a se stessi», che l'infamia teorica di una «realizzazione dello stato nascente» occulta. L'omicidio dell'amante disilluso è così il trionfo dell'illusione. La Cosa c'era, la sua diminuzione distruzione o scomparsa va punita. L'incubo continuo di una scomparsa e del rivelarsi del gioco del miraggio, accompagna invece sia le gioie sia le quiete disperazioni sparse nel privato «libro dei libri d'amore» di Barthes. Non c'è nulla da «smascherare», non da svelare un volto un disegno una Cosa: solo nel vuoto, la cosa si costruisce e si insegue ... 11 ln amore, tutto è vero e tutto è '' falso; ed è la sola cosa sulla quale non si possa dire un'assurdità». Il detto leggc::rosbrigativo e perentorio di Chamfort rende bene la circolarità del discorso d'amore come tentativo inesausto di riprodurre ilmondo e codificarlo riinventandolo. Tutto è da fare, col rischio di non sbagliare mai, di non aver mai parole sicure, nessuno che possa assicurarci di una nostra fedeltà o insubordinazione alla legge. Quando la parola Amore, esploratissima, torna, è gravata di tutto il mondo e di tutti i mondi possibili, è parola che smuove i mondi e «!'altre stelle». Non più Parola, non più Scrittura forse, forse davvero Energia, ma certo non una cosa dentro il mondo: tutta la realtà allora si allucina come, non è il soggetto che porta l'illusione dentro la realtà. Cosi, leggere Barthes solo per perdervisi e alvarsi dal rischio di citarlo e doverlo citare. Accarezzare un corpo che dorme e parlargli mentre il suo orecchio ascolta senza che lui (cioè il corpo di ella) possa ascoltare e capire che sono parole sempre uguali e sempre «citate». Ascoltare un disco dei Modem Lovers; leggere, e non aver più voglia né di leggere né di scrivere né di «ricitare», mascherati da buffoni menestrelli o ideologhi del «piacere»; inseguire il sogno di «sognare lo stesso sogno» in due, che poi quando succederà sarà spaventoso. Spaventarsi; vedere un film che è ancora letteratura, Il Prato maldestro e malscritto e ovviamente barthescitante, e mal recitato come si deve e non si riesce più a non fare. Un film che «non passa», che non muove amore di giovani o di masse; solo il fascino dell'intelligenza che non vuol capire né sapere, ma produce solo teoremi figurativi perfetti. li calmo riproporsi di un discorso solito, in cui l'Amore è solo figura dell'utopia più generale che vorrebbe sconfiggere il male di vivere. Non un film d'amore, allora, e gli occhi si chiudono, leggendo il giornale della sera che dà il debito risalto all'ultimo squallido «delitto passionale1>g: li occhi bruciano, vorrebbero vedere la Cosa, almeno il mostro vegetale «da un altro mondo» del film di Hawks; non sanno dov'è la cosa più; sanno che non la potranno vedere se non dentro altri occhi, allora sicurissimi di vederla ma incertissimi che esista; non sentirla se non da una voce che poi si ferma perché le voci non son mai infinite oddio e poi chissà se riprendono.

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