sensò di un universo metapsicologico perché il reale non è simbolizzabile; di esso si possono cogliere solo tratti. lembi. frammenti. emergenze fluttuanti. Che cosa diventa allora l'interpretazione dell'analista? A quale teoria può appellarsi? Non si tratta forse di abbandonare concetti come teoria. interpretazione e di sostituirli perché resi inattuali dalla proposizione attuale della nozione di reale? Concetto e/o materna? In più d'una delle relazioni si ripeteva il termine di «chiffrage» come puntuazione dell'emergenza del reale nel discorso dell'analizzante in luogo del termine classico di «interpretazione». Cosi come si proponeva un modo particolare di intendere il termine «teoria»: non più come teoria dell'inconscio. ma dell'esperienza analitica limitata dal suo dispositivo. cioè dalla situazione di transfert. dal quadro della seduta; il che significa che non c'è teoria autonoma. che si autonomizzi rispetto alla clinica ed anche che non c"è sapere psicoanalitico che funzioni come un deposito accumulato cui attingere. Ha proposto ad esempio Claude Contè: c'è un sapere dell'analista - sapere che si concreta nella clinica di cui ha esperienza - che può essere interrogato con i concetti della psicoanalisi senza però poter essere conosciuto tutto; un sapere che non potrà che essere sempre detto a metà. Se quindi la teoria psicoanalitica si sottrae alla riduzione in concetti. si pongono di conseguenza due problemi: I) Qual è lo statuto del concetto in psicoanalisi; 2) Come e fino a che punto può trasmettersi ciò che non è concettualizzabile. Il famoso oggetto «petit a». ad esempio. non è un concetto. piuttosto una scrittura. si è detto. In questo senso la progressiva matematizzazione del sapere analitico. che sembra ormai la traccia indicata da Lacan. è da intendersi come scrittura sostitutiva di una teoria come insieme di concetti. Deconcettualizzazione e matematizzazione sembrano così i termini su cui si concentrano gli sforzi per far progredire il discorso analitico. Come quindi può risultare evidente il tratto che ha caratterizzato il convegno è stato di tipo epistemologico. di ridefinizione dello statuto della psicoanalisi. Non sono però mancati lavori che affrontavano temi particolari attraverso la lettura di resoconti clinici. soprattutto da parte di analiste donne. Cosi le relazioni di Nicolle Kress-Rosen e Catherine Millot sul transessualismo o quella di Judith Miller (ma anche di Alain Groschirard. Francois Plahault ed altri) a partire dall'esame dell"Emilio di Rousseau. testo-modello di come l'Ottocento concepisse la sessualità infantile. hanno posto il problema di come e quando al bambino venga proposta la differenza sessuale. Un altro tema infine è stato quello delle «psicosi infantili>. campo di indagine sconfinato che solleva questioni spinose; soprattutto quando si parla di una clinica che riguarda dei soggetti che non parlano. com·è nel caso delle afasie infantili. Come mostrare che sono anch·esse l'effetto di un incidente della «presa nel linguaggio»? Che insomma non è solo a partire dal momento che parla che un S022etto è catturato dal lineuaeeio. ni'a-ne è. fin dalla nascita. un èffetÌo? Come affrontare il mito del «preverbale» così spesso sovrapposto al prelinguistico e usa_tocome suo sinonimo? Problemi aperti ... Ma è appunto al riaprire. affondando la propria lama fino alrimpossibile. che Lacan ha formato le eenerazioni dei suoi allievi. In questo sènso Omicar? e il suo primo convegno gli sono stati certamente fedeli. DomandeP~.l:.,i;ltCaalolvino Italo Calvino Se una notte d'inverno un viaggiatore Torino. Einaudi. 1979 pp. 261-XII. lire 6.000 e onoscevo un amico che amava una donna. ma disperando di poterla avere. non si decideva a dichiararsi. Finché gli venne in mente di scriverle una lettera che ne conteneva altre tre: nella prima lettera (o lettera-cornice o d'accompagno) la pregava di scegliere una delle tre lettere che seguivano e. senza altre operazioni intermedie. di spedirgliela. Le tre lettere erano altrettanto risposte di lei (ma scritte da lui) alla domanda d'amore di lui: nella prima gli diceva che accettava il suo amore. rimproverandogli di avere atteso tanto a dichiararsi; nella seconda gli diceva che rifiutava il suo amore. lamentando che la sua inopinata dichiarazione aveva compromesso anche la loro amicizia; nella terza gli parlava d'altro. facendo finta di niente. Naturalmente il mio amico non ricevette nessuna delle tre lettere di risposta come con certezza sapeva (e aveva dato per scontato) nel momento in cui le aveva scritte (e spedite). Anzi le aveva scritte proprio per prendere atto dell'impossibilità di quell'amore. che quella donna non la avrebbe mai avuta. che forse non esisteva (non esisteva in lui) neppure come attesa. Se fosse stato capace di 'sognarla' non gli sarebbe stato così insopportabile l'impossibilità di averla. No. proprio non esisteva. Era solo un elemento disturbante. causa per lui di una sterile inquietudine. Tanto valeva sbarazzarsene. Allora scrisse quelle lettere e tutto tornò come prima. Perché mi è venuto in mente questo ricordo leggendo il nuovo romanzo di Calvino e perché ho pensato di raccontarlo (il ricordo) nel momento in cui mi accingo a recensirlo (il romanzo) non l'ho ben chiaro. ma sento che me ne farò una ragione via via che mi addentrerò nell'analisi. I ntanto comincio col dire che Se una notte d'inverno un viaggiatore è un romanzo che mostra una straordinaria spesa di intelligenza e di talento da parte dell'autore nonché una tecnica di scrittura di cui oggi in Italia non vi è certo l'uguale. Calvino scrive bene. e questa volta l'espressione non l'adoperiamo per indicare una qualità superflua o. comunque. per marcare la mancanza di altre qualità più importanti: ma per prendere (e rendere) atto di una condizione felice che si manifesta inun agio espressivo. in una capacità fabulatoria che non conosce difficoltà o ostacoli capaci di intorbidirla. Il , tratto essenziale della lingua di Calvino è una sorta di liquidità trasparente che aggredisce superfici oscure e compatte e le disintegra ricomponendole in figure ordinate in forme chiare. dove. se sopravvivono grumi indissolubili è perché sono gemme. ilcui valore sta nell'essere inattaccabili. E di questo linguaggio. della sua capacità di dire tutto. di scoprire tutto. di vedere . tutto Calvino ne aveva proprio bisogno in questo suo ultimo romanzo. dove si impegna in un intreccio impossibile. che si snoda attraverso continue interruzioni. ritorni e riprese. in un vortice inesauribile. che se a un certo punto si interrompe è per motivi estranei quasi per interventi di qualcuno che dal di fuori ha abbassato la manetta della corrente. (A dire il vero non è proprio così: l'intervento esterno è proprio quello di Calvino che conclude il romanzo- inconcludibile - portando al matrimonio i due protagonisti. Che si tratti di una disattenzione del Nostro?) Ma intanto ci conviene appressarci più da vicino al romanzo. e svelare il piano che è alle sue spalle. Basterà riferire i propositi che Calvino attribuisce a un vecchio scrittore che fa parlare proprio dalle pagine del romanzo. Afferma il vecchio scrittore: m'è venuta l;idea di scrivere un romanzo fatto di soli inizi di romanzo. Il protagonista potrebbe essere un lettore che viene continuamente interrotto. Il lettore acquista il nuovo romanzo A dell'autore Z. Ma è una copia difettosa e non riesce a andare oltre l'inizio... Torna in libreria per farsi cambiare il volume ... Potrei scriverlo tutto in seconda persona; «'tu Lettore[ ...] potrei anche farci entrare una lettrice. un traduttore falsario. un vecchio scrittore che tiene un diario come questo diario[ ... ]». In realtà questa è l'idea da cui nasce Se una notte d'inverno un viaggiatore. S embra chiaro che il progetto si fonda sulla possibilità di un atto di spaesamento dell'io: l'autore decide di uscire fuori di sé. rompendo la propria identità. ritenuta troppo mortificante e limitata di fronte al grande impegno dello scrivere. «[ ...] Vorrei cancellare me stesso e trovare per ogni libro un altro io. un'altra voce. un altro nome. rinascere [...] il mio scopo è catturare nel libro il mondo illegibile. senza centro. senza io». Così annota il vecchio scrittore che Calvino. deciso a tenersi da parte. delega a rappresentarlo. E ancora: «Allo scrittore che vuol annullare se stesso per dare voce a ciò che è fuori di lui s'aprono due strade: o scrivere un libro che possa essere il libro unico. tale da esaurire il tutto nelle sue pagine; o scrivere tutti i libri. in modo da inseguire il·tutto attraverso le sue immagini parziali. Il libro unico. che contiene il tutto. non potrebbe essere altro che il testo sacro. la parola totale rivelata. Ma io non credo che la totalità sia contenibile nel linguaggio; il mio problema è ciò che resta fuori. il non scritto. il non scrivibile. Non mi rimane altra via che quella di scrivere tutti i libri. scrivere i libri di tutti gli autori possibili». E Calvino sceglie di scrivere tutti i libri. anzi ne scrive uno che contiene tutti gli altri. o meglio. come egli stesso confessa. sceglie di scrivere i libri di tutti gli autori possibili. Più precisamente ne scrive dieci. quanti appunto ne raccoglie (e ne cataloga) Se una notte d'inverno un viaggiatore. Si tratta di dieci inizi di romanzo. ognuno diverso dall'altro in quanto. afferma Calvino. «ciascuno portatore di una diversa concezione del mondo». Così in un romanzo la realtà è imprendibile come la nebbia; in un altro gli oggetti si presentano con caratteri fin troppo corposi e sensuali; in un terzo è vincente l'approccio introspettivo; in un altro agisce una forte tensione esistenziale proiettata verso la storia. la politica e l'azione; in un altro ancora esplode la violenza più brutale; e poi in un altro cresce un sentimento insostenibile di disagio e di angoscia. E poi c'è il romanzo erotico-perverso. quello tellurico-primordiale e infine il romanzo apocalittico. e ome ~ive_de Se una n~:Jttde'inverno un vtaggtatore conttene un vasto campionario di possibilità romanzesche. che copre la quasi totalità delle sfere d'interesse in cui s'incentra e si sviluppa la narrativa contemporanea. Ma a questo punto farei a Calvino due domande. La prima. Avendo giustamente impostato il suo progetto di scrittura sul superamento dell'io. cioè sulla negazione dello scrittore onnisciente che tende a ridurre il mondo a se stesso anziché portare se stesso al mondo. dove può ritrovarsi soltanto perdendosi. crede proprio Calvino che questo superamento si può realizzare rinunciando al proprio io per entrare (e identificarsi) nei tanti altri io. per diversi che siano a quello esterni? O non crede che per questa strada si finisca per dare vita a un io ancora più grande e imperativo che mentre sembra abbracciare una parte più ampia del mondo in effetti ne esalta i limiti di incomunicabilità e di vuoto? Il superamento dell'io non può risolversi nel suo allargamento; non si rinuncia a se stessi divenendo un altro o tanti altri. La rinuncia a se stessi è la rinuncia a fissarsi in una identità qualunque essa sia. o quella in cui ci siamo finora riconosciuti o anche un'altra o altre di cui trovassimo i modelli fuori di noi. La rinuncia alla propria identità è l'acquisizione di uno stato di disponibilità grazie al quale il rapporto col mondo possa svilupparsi non nei termini del riconoscimento ma nella forma della ricerca. La seconda. Avendo deciso di scrivere i libri di tutti gli autori possibili. crede proprio Calvino che questi possano essere ridotti a dieci o. meno semplicisticamente. che il possibile coincida con l'esistente? O non crede che il possibile non si può numerare. che non è mai il risultato di una somma e che piuttosto si caratterizza come una sorta di linea a perdersi in cui ogni punto tuttavia partecipa del carattere infinito dell'insieme? Così il possibile non lo si coglie scrivendo dieci lil>rio cento ma scrivendone uno che tuttavia si ponga non come una delle tante immagini del mondo (cuna sua immagine parziale>) ma come un organismo capace di produrre quell'immagine come tutte le altre infinite possibili. Non è questo il tratto caratterizzante dei grandi libri della nostra epoca? Come anche di quelli più significativi dello stesso Calvino? Il Barone rampante o Le città invisibili sono due libri inesistenti nel senso che intanto riescono a 'consonarsi' con il mondo in quanto s'ingegnano a dimenticarlo. sapendo che il mondo non può essere testimoniato (o predicato) ma solo disconosciuto. sganciato da ogni sorta di tutela. individuale e collettiva. e restituito alla sua irriducibilità. Prendere le distanze dal mondo «l'unico modo per avvicinarsi ad esso>. M a Calvino afferma che anche Se una notte d'inverno un viaggiatore è un libro inesistente. anzi è il più inesistente dei suoi libri. Infatti è vero che è costituito da dieci romanzi diversi (da dieci inizidi romanzi diversi). ma si tratta di dieci falsi frutto degli oscuri intrighi di un mistificatore. Sicché nel romanzo più che il catalogo delle dieci possibilità romanzesche. che pure è un dato incontestabile. vale la pena di cogliere la presenza di una macchina. riproduttrice. che se ha dato vita solo a dieci esemplari è perché si doveva pur fissare un limite convenzionale che tuttavia. fuor di convenzione. è illimitatamente superabile. Ma è proprio così? Calvino individua con troppa sapienza le dieci possibilità per non scoprire i suoi intenti totalizzanti e la sua sostanziale indisponibilità a una partita più incerta. Né il concetto di «mistificazione> lo aiuta a tenere aperto il gioco. Anzi Calvino se ne serve ( di questo concetto) esclusivamente (e troppo semplicisticamente) per procurarsi lo strumento che gli consenta di far tornare i conti. cioè di far camminare il meccanismo narrativo. Ben altro invece è il valore dell'affermazione che eia letteratura vale per il suo potere di mistificazione. ha nella mistificazione la sua verità>. È troppo semplice cavar fuori dal cappello di questa affermazione la trovata dello scrittore mistificatore intento a produrre facsimilidal vero; è troppo semplice e troppo riduttivo rispetto al reale· significato di quella affermazione dietro la quale si nasconde l'intuizione che per lo scrittore. di tutti gli esseri di natura il più intimamente autentico. non vi è altra strada per raggiungere un testo di verità che affidarlo a un dettato falso. I noltre Calvino. a difesa dell'unitarietà del suo romanzo che solo convenzionalmente si articola in dieci incipit. ci tiene a sottolineare che «nel proporsi. sì. di fare un campionario di possibilità narrative diverse> aveva consapevolmente escluso (e la decisione era stata laboriosa) di dar vita a dei «pastiches. delle parodie. vuoi
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